Fatto politico e fatto militare sulla frontiera egiziana di Mario Bassi

Fatto politico e fatto militare sulla frontiera egiziana Fatto politico e fatto militare sulla frontiera egiziana Le operazioni belliche nel deserto - La solita carta straccia dei trattati dell'Inghilterra - Due punti fermi (DA UNO DEI NOSTRI INVIATI) Libia, frontiera orientale. Su questa frontiera orientale della Libia, frontiera libico-egiziana, la guerra è stata contraddistinta per i suoi caratteri particolari che in molte parti mantiene quali più quali meno nettamente individuabili e che nell'insieme la rendono spiccatamente diversa da quella che si è combattuta e si combatte su altre frontiere. Che sia guerra specialniente difficile e dura comprende subito chi abbia una conoscenza pur superficiale delle condizioni geo-fisiche e meteorologiche ed ambientali in genere della regione, anzi delle varie similari regioni per cui la frontiera stessa si estende. Ma questo, dell'ambiente e del clima, è un elemento o complesso dì elementi nella caratteristica di questa guerra; e per quanto di importanza fondamentale e che comporta i piti tipici aspetti e modi e andamenti del conflitto, possiamo ordinatamente rinviarlo ad un secondo esame. Esso concerne esclusivamente il fatto militare; che se è il più appariscente della guerra non è però la totalità e nemmeno la sostanzialità della guerra; ma consegue al concepimento ed al fatto politico, ma serve a preparare le conseguenze politiche. La guerra è prima di tutto un fatto politico, origini sviluppo fini. Bisogna prima di tutto guardare al fatto politico nella sua ampiezza ed alle specifiche condizioni palili fatto politico nella sua più vasta ampiezza che consiste nell'urgente necessità dell'Italia di liberare il Mediterraneo da ogni inclusione estranea a questo mare, di liberarsi dal proprio imprigionamento e da ogni altrui dominazione e vessazione nel Mediterraneo, aprirsi le vie agli oceani, procedere libera per le grandi comunicazioni mondiali come vogliono le sue elementari esigenze di vita e la sua ascensione imperiale; questo fatto che è la realtà delle origini della nostra guerra ed il suo scopo preciso è già stato illustrato cosi esaurientemente e si mostra del resto così patente per sè stesso che sarebbe superflua qualunque spiegazione e conferma. Basta citarlo che non è più argomento in contraddittorio nè materia comunque discutibile; è ozioso insistere. Consideriamo invece questo settore di guerra, attesta frontiera libico-egiziana e la questione politica che direttamente vi si riconnettc. Siamo nel caso specifico che è appunto distintivo qua del conflitto, come questo si è sviluppato e come si concreta la stessa azione militare. nessuna ostilità contro l'Egitto Frontiera, dunque, tra la nostra Libia e l'Egitto, tra la Libia ed il Sudan anglo - egiziano. Regolarmente all'atto della nostra dichiarazione di guerra contro le potenze alleate Inghilterra e Fran eia si doveva supporre che se le ostilità si accendessero sulla frontiera occidentale e meridionale della Libia, frontiera libico-tunisina e libico-algerina, e della Libia con l'Affrica occidentale ed Affrica equatoriale francese ossia tra noi e la Francia per i confini del suo protettorato tunisino e delle sue colonie dell'Affrica Set tentrionale ed occidentale e cen frale; niente invece accadrebbe su questa frontiera orientale della Libia, frontiera egiziana e del Sudan anglo-egiziano. Che l'Inghilterra abliia soggiogato c tenga vassallo l'Egitto nessuno saprebbe contestare in linea di fatte; ma che a rigor di termini, a fede di trattati internazionali, a fede di fede promessa, l'Inghilterra non abbia diritto e non possa legittimamente pretendere ad altre ingerenze in Egitto che per la garanzia dell'indipendenza egiziana, questa è la posizione giuridica statuita e riconosciuta. Ora l'Italia non minacciava nulla all'Egitto; anzi escludeva di portare qualunque ostilità, contro questa Nazione, rinnovava solennemente la assicurazione della propria tradizionale amicizia. L'impegno era esplicito e categorico nella parola del Duce, nello storico discorso del 10 giugno, il discorso stesso della dichiarazione di guerra all'Inghilterra ed alla Francia. E l'impegno fu scrupolosamente mantenuto. Non ugualmente l'Inghilterra dal canto suo manteneva i propri impegni riguardo all'Egitto. Ancora una volta essa calpestava i trattati internazionali veramente e soltanto come pezzi di carta e carta straccia. Ogni statuito accordo fu apertamente e brutalmente violato e la fede rinnegata spudoratamente; fede inglese che non conobbe mai altro che il proprio tornaconto e servì a trainare e nascondere l'inganno cento volte nella storia; e oggi ancora una volta. Così contràriamente alle stipulazioni fintiate, contrariamente a quei patti della Società delle Nazioni pur congegnati e disposti da essa Inghilterra in combutta con la Francia, così in Palestina, in territorio di mandato, Società che per statuto appunto escludeva ogni armamento, erano state costituite ed armate formidabili basi navali ed aeree: ad esempio quella capitale di Caifa (e come io stesso avevo occasione di appurare e descrivere in una serie di corrispondenze a La Stampa che datano dall'autunno del 1935, ciò che è più allegro e supremamente inglese erano stati pagati, quei formidabili apprestamenti bellici, non dall'Inghilterra ma col danaro degli ebrei, con prelevamenti adeguatamente cospicui sui fondi enormi del « focolare di Swnne » patrocinato e montato dalla stessa Inghilterra tutto e solo ai propri fini è del proprio dominio). E così parimenti, in violazione della neutralità che l'Egitto altrettanto che noi avrebbe voluta rispettata, l'Inghilterra non ha esitato a giovarsi delle basi navali e aeree egiziane per portare le ostilità contro di noi senza restrizioni in ogni loro possibilità e potenzialità. E non solo; ina ha manomesso e manomette l'Egitto, Stato indipendente e sovrano, trattandolo alla stregua di una propria colonia, senza blandimenti, in ist ile perentorio; e il territorio egiziano trattando come territorio di propria sovranità assoluta; e dal territorio egiziano, trasformato in campo per le proprie forze armate imperiali, è mossa e muove all'attacco dei «ostri confini. Guerra episodica sulla copertura Qui, ecco, il fatto politico specifico, come accennavo, spiega lo andamento, finora, delle operazioni militari su questa frontiera libicoegiziana. Taluno avrà certo osser¬ vato e potrà anche essersi stupito che la nostra guerra, su. questo fronte, si sia svolta con iniziativa ritardata e con misurata cautela difensiva: abbia insomma scrinato il passo, guerra episodica, più che altro, urti locali, vicende di singoli scontri fra modesti renarti di copertura. Lasciamo a parte, per il momento, quelle condizioni ambientali che tuttavia hanno influito e influiscono decisamente e incliminabilmente a rendere lenta e,, frammentaria e complicata questa'' papazsmmtsscpur tanto dura nu^™"™?, '<";.•""\slo e inilonnonn £n%-%'e d,'Ce," VpreLraiZe ci £ n™™"1™-' d,\<"KUnàimp JP 1Lj£2WteS!a*i2n? W~£*^£^wt,e- m/Jenti e ardui,\szncon problemi la cui soluzione sì presenta molto spesso un pressoché della quadratura del circololasciamo questo da parte, quantunque concorre decisamente e inelìminabilmente; ma c'è stato, prima, a determinare lo speciale andamento delle operazioni militari su questo fronte, c'è stato il fatto politico: che noi volevamo di proposito, come vogliamo astenerci da ogni ostilità contro l'Egitto, ostentare senza equivoci il nostro scrupoloso riguardo nei confronti dell'Egitto. S'intende, l'Egitto, appunto in quanto Stato indipendente; e quando l'Inghilterra, essa, lo trasforma in base d'operazione, e di quali minacciose operazioni: aeree navali terrestri, resta ben assodato e inconfondibile che noi replichiamo « armata manti » all'Inghilterra, combattiamo contro l'Inghilterra e non contro l'Egitto. Non c'è nessun motivo di nascondere o velare l'andamento della guerra su questo fronte, finora, dopo la premessa delle circostanze e delle ragioni politiche che hanno diretta e contenuta l'azione militare. Non soltanto su questo fronte noi non abbiamo prima pronun ciato e nemmeno accennato nessuna specie di offensiva; ma anche il nostro stesso atteggiamento difensivo si è limitato, per terra, alle precauzioni di una sostenuta vigilanza del confine. Fino al momento che.,. Però, in un primo tempo, nei primi giorni della guerra, abbiamo subiti quegli attacchi delle forze imperiali inglesi che gli inglesi si sono troppo affrettati a strombazzare come propri rilevanti successi; mentre in verità non infirmarono nemmeno la nostra linea avanzata di copertura o coinvolsero la nostra difesa mobile, ma solo incidentalmente e momentaneamente le impegnarono. E la resistenza che l'avversario incontrò, inflessibile, su questa stessa linea di copertura e le pronte e efficaci reazioni della nostra difesa mobile, lo convinsero ben presto che la partita diventava assai più aspra e pericolosa che esso forse dapprima non si fosse illuso e lo costrinsero a moderare le proprie velleità spavalde. In verità, l'avversario non operò se non con reparti di autoblinde e carri armati che effettuarono audaci ma saltuarie puntate offensive, appoggiati da artiglieria autotrasportata; e mai le sue fanterie comparvero davanti alle nostre linee e mai, so- ddelgagcfssstnlmcchcorqpcqRnnsaddcsbtnzfi ,, '' prattutto, fu questione di un vero attacco che mirasse a fondo. Poi venne il secondo tempo. Superate logicamente le ragioni che avevano dettata quella nostra iniziale condotta militare, la nostra stessa difensiva è diventata immediatamente attiva nel senso più mosso e valido della parola, e controffensiva che ha picchiato secco sulle ritentate puntate dell'avversario, le ha prevenute o schiacciate. E l'avversario, dal canto è diventato immediatamente \suo, e aweniaio immeamtamente V™*<>nte; poi s'è ridotto, lui, a una \<"fesa passiva delle proprie post WonUjafforzandole al tempo stes \so affrettatamente con moltiplica zione di mezzi, uomini e macchi ne e materiali, che dinota ad evi- , denza il gran conto che esso fa della nostra capacità aggressiva, e la sua preoccupazione. Qui mi converrebbe riassumere la cronaca particolare di questa guerra per comprovare come si sia attuata, nelle azioni guerreggiate, giorno per giorno, la sequela dei concetti che ho sopra esposto. Ma forse è oggi troppo presto per questa rievocazione che vorrebbe essere di documentata autenticità, sfatante dicerie e fantasticherie: troppo presto, dacché la situazione odierna e il nostro processo della, gueira scaturiscono naturalmente da tali antecedenti effettivi, e per modo che si può ritenere meno opportuno informarne difilato l'avversario o fornirqliene controllo riguardo a circostanze che esso forse ignora o che non ha ancora riconosciuto per esteso. Conclusivamente, questo è ben certo: primo: l'avversario non ha ottenuto nessun progresso territoriale, nemmeno infinitesimo: su questa frontiera che si prolunga per circa 1600 chilometri — si dicono circo 1600 chilometri, ossia qualche cosa come la distanza da Reggio Calabria a Berlino in linea d'aria — per questi sterminati spazi dalla Marmarica al deserto libico l'avversario non è avanzato di un jiasso, non ha guadagnato un centimetro quadrato di terreno; e, secondo; ogni offesa che l'avversario ha tentato, terrestre aerea navale, è stata invariabilmente respinta e controbattuta; e gli è costata tanto più che non a noi; mentre la nostra reazione lo ha reiteratamente colpito. E questi sono stati punti fermi; fino al momento che... Mario Bassi

Persone citate: Duce