Il bombardamento di Suez di Giovanni Artieri

Il bombardamento di Suez Il bombardamento di Suez Uijiattesa comparsa delle ali e la pioggia delle bombe italiane in una zona che l'orgoglio inglese presumeva irraggiungibile (Da uno dei nostri inviati) Campo M, settembre. Un capo equipaggio, l'altra mattina, riunì sei uomini: il secondo pilota, il puntatore, il motorista, il radiotelegrafista, l'armiere e il fotografo per un breve rapporto. Disse presso a poco questo: « Domani vi troverete al campo avanzato di M fra le 9 e le 10 con l'apparecchio. Caricate tanti litri di benzina, tante bombe, tanti panini imbottiti quanti siamo, vino, caffè, tè freddo, frutta». Dei motori e delle mitragliatrici non fece parola, perchè queste — s'intende — sono cose ali tenersi pronte e a punto in ogttì ora del giorno e della notte. Né aggiunse altro, lasciando ad ognuno la briga di almanaccare a suo modo. Ma certo dal carico di carburante e da quello dei viveri, i sei uomini di quell'equipaggio arguirono di che si trattava: un volo lunghissimo (non s'era mai dato a bere tanta benzina ai serbatoi di un « S. 79 » da bombardamento normale), e per di più diurno. Un interrogativo e un calcolo Quegli aviatori si chiesero forse dove si sarebbero diretti: Alessandria, Porto Said, o mare aperto? Non certo verso i consueti campi inglesi pestati ogni giorno dai nostri, troppo vicini per tanta riserva di carburante; e nemmeno sulla flotta, dati i calibri e certe caratteristiche delle bombe da mettere a bordo. Uomini del mestiere, però, ognuno faceva mentalmente i conti del peso. Gli aviatori, gira e volta, finiscono sempre col preoccuparsi più dell'aeroplano che di se stessi. A furia di frequentarla, la loro viacchina, di guidarla, conoscerla, condurla tra cieli diff»-ili, attraverso arcipelaghi di scoppi e palmeti di schegge, questa macchina diventa una parte di loro stessi, una persona cara di cui ad ogni volo si tasta il polso e ci si accerta della sua buona salute. Chiedere a un « S. 70 » di decollare riempito a quel modo di carburante, uomini, bombe, armi e munizioni non <:>iWd^ «™ "»»os,buc, ma , ^pensarci. Staccarsi, in questo caso, diventa un piccolo grande problema di coraggio e di perizia. Perizia e coraggio v'era da buttarne in quell'equipaggio: sette uomini che, tra guerra e pace, potevano mettere'insieme parecchi milioni di chilometri volali: il comandante, di professione trasvolatore di oceani e di continenti; il secondo pilota, un «vecchio manico » rotto a tutte le avventure ideila navigazione aerea; il pan tatare-, specialista in quel bizzarro liro al bersaglio che consiste nei lasciar cadete tonnellate di esplosivo dall'alto di migliaia di metri esaltamente su bersagli microscopici all'occhio di chi ti guarda; il radiotelegrafista, conoscitore di onde elettriche quasi altrettanto che di belle ragazze; l'armiere, veterano della mitragliatrice adoperata diecine e diecine di volte contro i « Gloster » britannici; il fotografo, anch'esso uno specializzato in un genere di fotografie assolutamente inteidetto ai dilettanti. Non si è fatto alcun cenno del motorista, e lo merita davvero. Questo, dell'apparecchio comandato dal tenente colonnello K. è un tipo soprannominato « il farmacista », titolo di massimo elogio per un motorista della Regia Aeronautica. « Farmacista » perchè i suoi tre motori vanno con ia perfezione di una bilancia di farmacia ? « Farmacista » perchè le cure dedicate alla macchina ricordano la meticolosa pedanteria delle confezioni farmaceutiche? «Farmacista » perchè le carburazioni regolate da lui danno miscele ai (■illudi i dosate come gli ingredienti di una ricetta medica? Io non potrei dirlo adesso; ina so che, bravo tra i bravi, il motorista di quell'« S. 79 », destinato due giorni fa a una lontanissima misteriosa missione, si gloriava e si gloria del soprannome di « farmacista ». «Andiamo a Suez» Cosi come era stato ordinato, l'apparecchio « S. 79 » si trovò, con i sei uomini, pronto alle 10,30 di ieri l'altro, sul campo di M. Il comandante arrivò con il generale fino al portello della macchina, e disse ai suoi uomini: «Andiamo a Suez ». / tre motori, a piccolo regime, riscaldavano l'olio; l'equipaggio monta; dalla cabina (le eliche davano adesso voce ora più fioca ora più rombante, ma i motori suonavano « rotondo ») si intravide un vago gesto di saluto, e poi sul rumore gommoso del carrello la macchina partì. Da qttell'aeroporto avanzato (si ascolta vicinissimo il rombo delle artiglierie inglesi) fino a Suez doveva percorrere oltre mille chilometri. Ma erano mille chilometri, e altrettanti al ritorno, in cielo nemico. Dopo cinque minuti, Va S. 79 ? entrava nella zona di pericolo pressoché irreparabile, perchè un solo apparecchio da bombardamento, isolato, sovraccarico, sarebbe stato facilissima preda di una squadriglia di caccia. Inoltre, per ulmeno un'ora la macchina so litaria non avrebbe potuto contare neppure sull'occultamento dell'altezza. In quei sessanta minuti necessari per arrampicarsi su in al- o e i i a a a a a n a , to, i sette uomini giuocavano d'azzardo con la morte. Nè si poteva, per stare entro i limiti ristrettissimi della scorta di benzina, raggiungere la quota di crociera girando a spirale sulla sicura verticale del campo di partenza. Timone « a salire », il bombardiere solitario avanzava scalando V invisibile piano inclinato nel cielo avversario. Vennero così trasvolate le più pericolose basi della caccia inglese. L'altimetro segnava con una lentezza irremissibile: 1500, 2000, 2500... e le lancette andavano lente gitasi inafferrabili allo sguardo, come quella che segna le ore in un orologio. In fusoliera, l'armiere, pronto, })(iss<rai dallo sportello di destra a quello di sinistra, alla botola di puntamento, per avvertire i possibili cacciatori. Il « farmacista » non aveva occhi che per il manometro dell'olio e orecchi che per la voce piena dei motori, v. Andrà, andrà, anche stavolta », mormorava tra sé. Quando finalmente furono all'altezza voluta (nessuno li vide dal basso, nessuno pensò che ci potesse essere un pilota e un equipaggio così «pazzi » da andarsene dì pieno giorno da soli a svolar sulla testa dei cacciatori britannici) il « farmacista » rinnovò un vecchio rito: tirò fuori dai vestiti un grappolo di uva e l'offrì al comandante. Uno, il primo dei cattivi momenti, era passato. Sulla valle del Nilo Altissimo, perduto nel fulgore del meriagio egiziano, il bombardiere solitario è arrivato in vista della valle del Nilo. E' « entrato » sul delta, si lascia Alessandria di poppa perdendola nella- profondità dell'orizzonte marino. Alla quota di navigazione, con lo splendidissimo tempo che fa, immensa terra tra i due bracci |maggiori del fiume e la rete delle I minóri vie d'acqua, brulica di obij tati che costeggiano le macchie | chiare dei campi di aviazione. L'ora è buona: sono le 1~ | presso i britanni si celebra adesso ^«^rlosn^/r di q'iel remotissimo tranquillo moscerino che se ne va per i falli suoi reso il Cairo. E''roln il Cairo infatti, e poco prima Kirdasa sulla sponda a snecchio delle eterne acane; e poi Ilelunfi e la distesa abbacinante l\,n.\ ' ! \| i ; del deserto puntegi'iata dalle pi-1 o n , e rum idi: Sagqara, Giza, la mole della Sfinge. Il fottonilo lavora per conto suo, esultante. Il comandante mette prua a novanta gradi sul Nilo e si apre, sotto la 'fusoliera- la superba- distesa delle rovine di Memfi: trasvola la fascia di deferto orientale e artista il mare, il Mar Rosso. Alle 13.18 In macchina italiana, inosservata, è a. Suez; gira sull'abitato ver localizzare, sen- za danno delle ponolazioni civili, i ' il suo bersaglio. Rimette onta a sud. accosta ancora, e l'obiettivo si scopre: la zona dei serbatoi di petrolio, nitida, precisa c nel mirino del fotonrafo e nei traguardi del puntatore. Questa spiaggia dove la « Shell » fece costruire un allineamento di enormi cilindri di acciaio — sedici a contarli sulla fotografia — la vedemmo temvo fa, di ritorno da un viagoio in A. O. Riparata dai venti dei deserti del costone di Atalca alto circa ottocento metri, a circa due chilometri e mezzo dalla città, era occupata durante l'estate da stabilimenti balneari. Abbastanza virino, arili scali del porto Teivfik, si prestò benissimo a una utilizzazione più spiccatamente industriale per la possibilità di concentrarvi l'olio grezzo proveniente dai giacimenti sotto controllo malese ver la via del Golfo Persico. Traccialo marittimo breve, sicuro, facile smistamento per la via del canale verso il Mediterraneo. Le procelle politiche in Europa consigliarono i britanni a tentare la costruzione di serbatoi sotterranei, ma per varie impossibilità, questo progetto renne abbandonato. Tutto calcolato, si credette che l'eventuale nemico (leggi l'Italia) non avrebbe mai potuto raggiungere con una offesa diretta la pòrta meridionale del canale e la spiaggia di Suez. Si elevarono perciò i serbatoi all'aperto, si impiantarono torri e macchinari per la raffineria e il «crking», il processo di arricchimento supplementare dei carburanti; e si dormì in pace. Dodici minuti sul bersaglio Quale sia stato il risveglio non sappiamo ancora; certo è che il Comandante diresse il suo solitaro apparecchio stili' « OH zone» in leggera picchiata, tenendosi a 3800 metri sulla verticale. A due, a quattro, a. sci caddero le bombemine e le incendiarie, in tuia prima passata. Più oltre la seconda serie: ancora sei bombe precipitarono e i fragori, come uditi attraverso un spesso vetro, raggiunsero debolmente gli uomini in fusoliera, protesi sulla botola di puntamento a fissare i rouiiiosiì effetti. Il fotografo freddamente. premerà il bottone della sua « pa- noramica»: se all'occhio sfuggi-\vano, i risultati non sarebbero sfuggiti alla macchina. Ma già in dodici mimiti di permanenza sul bersaglio, avevano visto e distìn- to, con quella speciale pupilla pio- , e a » i a o i | .,,-!„,„ e fessionale che l'aviatore da bombardamento si fa nel cofso delle sue spedizioni, i fumi neri degli incendi e quelli bianchi delle bombe cadute nella sabbia. Ora, per la costruzione stessa degli enormi cilindri (capaci di milioni di metri) il fuoco di quelli colpiti non può non comunicarsi a ciucili momentaneamente scampati. La sicurezza assoluta in cui si erano cullati gli inglesi avevano indotto i costruttori delle installazioni a disporre i serbatoi a qualche metro l'uno dall'altro. Comunque, già quando l'« S. 79», alle 13.30, metteva la prua al deserto sulla ria del ritorno, un inferno dì fiamme e di fumo carbonoso copriva il campo del tiro. Un altro mito intaccato Non è possibile precisare di più; ma l'arrivo del bombardiere italiano su. Suez ha distrutto oltre che una imprecisabile, comunque enorme quantità di carburante inglese, qualche cosa di più importante: la matematica sicurezza per la flotta del Mediterraneo orientale e per l'aviazione britannica in Egitto di ricevere dalle basi del Mar Rosso il carburante necessario ai suoi apparati motori. Non clic un simile colpo alla radico dei rifornimenti di combustibili liquidi possa considerarsi definitivo. Ma è intaccato un altro mito strategico della Gran Bretagna. E' un altro interstizio dell'armatura bellica inglese aperto di sorpresa. Alle 13,30 — come ho detto — era tutto finito. L'« S. 79 » mette la prua a Sud-Ovest; ha ancora mille chilometri da fare col vento di faccia, prima di mettere il carrello su terra di casa. Si trova sulla città di Suez dove un disordinato allarme si è propagato, e la antiaerea spara, ma a vuoto Ad un tratto l'armiere fa cenno lai «farmacista », c'.ie sta in cpie\sto momento alla mitragliela di \ torretta: «Guarda fuori, guar ! da ». Dal campo di aviazione si \sono levati infatti tre « Gloster ». | // « farmacista » scrive ràpidai mente la notizia e la passa al eo; mandante. Anche lui guarda fuori e li vide i tre « Gloster» montare in quota, ma lontano, come quelle falene che cercano di uscire dalle finestre chiuse. Cercano, infatti, battendo il campo ora qui ora là. 1 Per il cielo. La quota del nostro è già di quattromila metri e il co mandante sa come regolarsi. Lo cercano verso nord lungo il canale; ed egli porta il bombardiere per sud-ovest mettendosi fra il sole accecante e il nemico. Non lo vedranno più, ora, in quell'infiammato biancore di platino del pomeriggio egiziano. Se ne vanno, se né vanno lungo il sentiero d'acqua del canale. Quando sono scompensi, il «farmacista» ritorna ai cestini delle colazioni e, giacché i ne è l'ora, ne porge uno al cornali ' dante e gli fa un gesto come per dire: « L'uva è già dentro ». Allei/gerito, veloce, il bombardiere solitario incrocia il lago di Birket Qarun, saluta l'oasi e, fissa la bussola su di un parallelo noto, entra nel grande deserto, fulvo e mansueto. Giovanni Artieri