Ore di Sant'Elena di Angelo Nizza

Ore di Sant'Elena Gli inglesi di ieri e di sempre Ore di Sant'Elena Il solo nome di Sant'Elena ci fa pensare all'esilio del grande còrso. Pensiamo alla sua lenta agonia, amara e triste, alla sua vita di prigioniero minata più dalla sofferenza morale che non dal male fisico, spenta dal dolore. "Nulla fu risparmiato al glorioso vinto per rendergli la prigionia più penosa. I suoi guardiani si studiarono di comportarsi come carcerieri e aguzzini. Gli era proibito di uscire senza la scorta di un ufficiale inglese. Tutti i sentieri erano guardati da una sentinella. A colui che aveva battuto in lungo e in largo l'Europa alla testa delle sue armate vittoriose, venne misurato lo spazio, mercanteggiata la aria da respirare. Aveva posseduto cento palazzi: fu alloggiato in una capanna. Per umiliarlo maggiormente e dargli la sensazione della sua caduta, lo condannarono ad un'esistenza miserevole: abitazione in rovina, mobilio rudimentale, nutrimento ripugnante. L'esilio a Sant'Elena fu cosi atroce che i compagni volontari di Napoleone finirono di non poterne sopportare le torture. Questi cortigiani del tempo felice si scoraggiarono, sentirono venir meno la loro devozione sotto l'influsso di una vita uniforme, triste e dissolvente. Il loro spirito divenne inquieto, il loro umore s inacidì. Nacquero fra loro delle rivalità, delle gelosie, delle quali l'Imperatore era l'oggetto e la vittima. Li questo ambiente di meschinità, fra le liti dei suol fedeli, sotto la stretta vigilanza persecutrice de suoi guardiani, languì per anni Napoleone. Tr. sci.aò le sue giornate leggendo, dettando le sue memorie, radunando i ricordi folgoranti della sua esistenza, so¬ gnando il passato. Quest'uomo che era stato un gigante del lavoro, peri nell'inerzia. La sua salute venne meno. Un male del quale egli stesso non sospettava la gravità lo uccise ancora giovane, ad un'età nella quale gli anni non erano sufficienti a piegare la sua robusta costituzione, il suo genio possente. Ecco sotto quale aspetto ci appare la prigionia di Napoleone a Sant'Elena. E questo aspetto è rinforzato dalla storia e dalla leggenda che si è venuta creando intorno a questo Prometeo incatenato dall'efferatezza inglese, posto nelle mani del gretto Hudson Lowe, britannico al cento per cento. Il Memoriale di Las Cases, apparso nel 1823, è la più celebre pubblicazione sugli ultimi anni di Buonaparte. L'autore era il compagno favorito di Napoleone, aveva ricevuto innumeri segni della sua amiclzia. Ammiratore fanatico del suo imperatore, lo venerava come un idolo e lo presentò nel suo Memoriale come una figura sublime. Non solo: Las Cases era un cortigiano. Era in più uno scrittore di professione. Può aver visto nel racconto della prigionia mortale un magnifico soggetto letterario, avere spinto la narrazione per ricerca di effetti. SI sa, ad esemplo, che preoccupato di fare del pittoresco e di drammatizzare, noi: ha esitato ad introdurre nel suo volume dei fatti inventati di sana pianta. Ora — a parte la testimonianza delle memorie di Montholon, apologista strenuo di Napoleone e del Diario del barone Gourgaud, che nutriva per l'Imperatore un tumultuoso affetto — la storia dellla tragica prigionia di Sant'Elena e la leggenda fiorita prima e dopo la morte dell'Aquila possono far sorgere dei dubbi. Questa tradizione sull'efferatezza degli inglesi (come non bastassero le mille altre prove offerte in mille altre occasioni) risponde a verità? La prigionia di Napoleone fu cosi rude come l'immaginiamo? Non sarebbe storia modificata dalla poesia, alterata dalla leggenda? Più che il Contromemoriale di Hudson Lowe, comparso in Italia da poco tempo, andiamo cercando nella stessa letteratura inglese le testimonianze sul fatto. Se Las Cases è parziale, Lowe non lo sarà meno. Il compagno di cella e 11 carceriere non ci servono per stabilire appieno la verità. Cerchiamo fra gli storici britannici. Una pubblicazione poco nota in Italia, apparsa nel 1900, ci Illumina in pieno. Si tratta del libro « Napoleone, ultima fase » di Lord Rosebery, che fu presidente del consiglio inglese, capo del partito liberale, continuatore di Gladstone. Un uomo quindi non certo sospettabile di Inimicizia verso Londra. Diamogli atto, anzi, di un certo coraggio a pubblicare un libro sui carcerieri al Napoleone, e veniamo senz'altro alla materia che egli tratta nella sua fondamentale opera. Rosebery si mostra fin dalla prefazione rivoltato dalle vessazioni, persecuzioni, umiliazioni alle quali venne sottoposto, fin dalle prime ore di prigionia, l'Imperatore caduto. Dal momento in cui Napoleone mise il piede sul ponte del Northumberland comincia a sgranarsi il rosario delle sofferenze e delle umiliazioni. L'ammiraglio Cockburn lo considera « come un generale inglese a disposizione » e gli assegna una cabina di dodici piedi per nove; quando egli appare sul ponte a capo scoperto, gli ufficiali rimangono con il cappello in capo e una sentinella è sempre alla sua porta per impedirgli di comunicare con l'equipaggio. La nave arriva a Sant'Elena dopo una dura traversata di due mesi. Il primo aspetto dell'isola è tale da Ispirare un senso di spavento e disperazione. Lo scoglio perduto nell'oceano è una terribile prigione. La cadente residenza di Longwood viene tuttavia definita ironicamente da Cockburn « graziosa come Saint-Cloud ». L'Imperatore ed i suoi compagni avrebbero potuto viverci se fosse stata dotata di quel confort cosi indispensabile al britannici, o se avessero goduto di una libertà anche relativa. Ma questo non era il disegno del governo di Londra. Gli inglesi volevano trattare Napoleone come un criminale, infliggergli un vero e proprio supplizio. Affidando a Hudson Lowe, che prese possesso del suo posto nell'aprile 1816, la guardia del prigioniero, V Inghilterra sapeva di aver scelto un carceriere. « Non vi è, scrive Rosebery, nella storia un nome cosi infamato come quello di Hudson Lowe. Il suo destino, giocandogli un brutto tiro, volle che accettasse un posto difficile per chiunque, insostenibile per lui. Era un uomo di mentalità gretta, ignorante, Irritabile, senza ombra di tatto ». Tutte le testimonianze, d'altronde, concordano su tale punto, anche quelle dei rari difensori di Hudson Lowe (a Londra non sono mancati). Citiamo un nome inglese autorevole, quello di Wellington, che disse: « E' stata una scelta deplorevole. Manca di educazione e di giudizio. E' uno stupido ». Uno stupido cattivo. Uno dei primi gesti di Hudson Lowe fu quello di invitare Napoleone a cena. Il testo di questo invito dipinge il ritratto del carceriere. « Se le faccende del generale Buonaparte non vi si oppongono. Sir Hudson e Lady Lowe lo pregano di venire a cena da loro, lunedi alle sei, per incontrarsi con la Contessa ». La « contessa » era lady Moira, moglie del governatore delle Indie. Bertrand portò l'invito all'Imperatore il quale si limitò a dire: — E' troppo stupido. Nessuna risposta! Un'altra volta Montholon offre al commissario francese Montchenu qualche seme di fagioli bianchi e verdi da piantare. Nulla da in¬ sospettire. La mentalità di Hudson Lowe non era comune. Annusò il complotto: vide negli innocenti legumi un'allusione alla bandiera bianca dei Borboni e all'uniforme verde abitualmente Indossata da Napoleone. E scrisse gravemente a lord Bathurst, ministro delle colonie: « Questi fagioli verdi e bianchi sono in rapporto con la bandiera bianca del Borboni, con l'uniforme del generale Buonaparte o con la livrea dei domestici di Longwood ». Rosebery narra il fatto e, constatando a che punto di eccentricità e di bassezza Lowe portò il suo spionaggio, pensa « eh egli ha dovuto perdere la testa sotto il peso della sua responsabilità». Lowe non si staccò un istante da questa severità grottesca e odiosa. Il governo Inglese sconfessò moralmente Hudson Lowe. come si fa con gli amici e i servitori compromettenti; si affrettò ad allontanarlo, non gli affidò che posti secondari e finalmente lo rimosse dalle sue funzioni togliendogli la pensione. Sistemi inglesi! La storia non giudica su queste ristrette basi. Lo stesso Rosebery (inglese al cento per cento, non dimentichiamolo! ) non ammette che l'alta responsabilità del trattamento inflitto a Napoleone possa essere declinata. Infatti, Lowe non agi di propria iniziativa. Sebbene zelante, non era che un agente. La vera responsabilità dei suoi atti risale ai suoi capi diretti e, in particolare, al ministro Bathurst. Rosebery scrive: « Non sarebbe giusto imputare a Lowe o a Cockburn la responsabilità di queste ignominie, o attribuir loro il principio generale secondo il quale l'Imperatore fu trattato. Essi non facevano che eseguire alla lettera, e in modo grossolano, una sordida e brutale politica... (sic). Il grande colpevole fu il governo inglese, la condotta |del quale fu assolutamente spoglia di ogni dignità ». Rosebery dà le prove di quanto afferma studiando gli atti e i provvedimenti di lord Bathurst, allora sottosegretario di Stato delle colonie in Inghilterra. Per tatto e educazione, Bathurst rivaleggiava con Hudson Lowe. Fu lui ad ordinare di rodere sul bilancio, già cosi magro, di Napoleone e dei suoi compagni; lui a decidere che nessuna lettera poteva giungergli se non attraverso il governatore; lui a mandare dall'Inghilterra una cancellata per chiudere solidamente il recinto nel quale l'Imperatore era autorizzato a passeggiare. Bathurst non ha la mente meno turbata del suo dipendente. Una delle piaghe di Sant'Elena erano i topi. Il segretario di Stato scrisse su tale argomento al governatore: «Riceverete una lettera particolare relativa agli Inconvenienti di cui sono causa i topi dai quali la sua (di Napoleone) casa è infestata. C'è qualcosa di comico in questa lagnanza proveniente da un monarca decaduto e il fatto pare in contraddizione con la sagacia che si attribuisce a questi animali. Sebbene abbia ragione di ritenere che la loro moltiplicazione è dovuta alla negligenza dèi suoi domestici, negligenza ch'egli probabilmente incoraggia, mi sembra conveniente fare un'inchiesta sull'estendersi del male... ». « Tutta questa corrispondenza, scrive Rosebery, è sordida e lamentevole. Pur ammettendo ogni considerazione da parte inglese, vediamo in essa un misto di bassezza e di viltà. Ma la responsabilità di questo ignominioso episodio, di tutta questa politica da spie e da Shylok, non è a Sant'Elena con i Lowe ed i Cockburn: è a Londra con i Llverpool e i Bathurst, sebbene i ministri abbiano tentato, come si vedrà, di sottrarsi alla sinistra rinomanza di Lowe, facendogli al suo ritorno l'accoglienza più glaciale » Rosebery illustra la ridicola meschinità degli inglesi nell'ignorare affettatamente che Napoleone portasse il titolo di Imperatore. Napoleone esigeva assolutamente il suo titolo. Lo aveva conquistato con la forza, ma tutta l'Europa, salvo l'Inghilterra, glle- I lo aveva riconosciuto. E la stessa Inghilterra, avviando i negoziati con Napoleone nel 1806, 1813 e 1814, l'aveva implicitamente trattato come Sovrano. Egli era sta: to consacrato dal Pontefice e so| lennemente incoronato. Vedendo ile cose dall'alto, Napoleone si diceva che negargli il suo titolo di imperatore era oltraggiare il suo passato e le vittorie dei suol soldati. Ma il governo inglese non volle mai acconsentire al riconoscimento del titolo. Per quale motivo? Ce lo dice Rosebery. «Riconosciutolo Imperatore, doveva trattarlo come tale sotto ogni rapporto ». Era impossibile considerarlo un I prigioniero. Londra decise cosi di non accordargli che 11 titolo di generale. « Cockburn aveva risolutamente inaugurato, a bordo della sua nave, questa solenne buffonata». Appena sbarcato rispose ad una lettera nella quale il Maresciallo Bertrand menzionava il nome dell'Imperatore: « Signore, ho l'onore di accusare ricevuta della vostra lettera in data di ieri. Questa lettera mi costringe a spiegarvi che non mi è noto un qualsiasi imperatore dimorante in quest'isola, nè una persona rivestita di tale dignità, che abbia, come voi affermate, viaggiato con me sul Northumberla-id ». Cockburn manda questa lettera a Bathurst, con una nota nella quale è fatta menzione del generale Buonaparte, poiché egli suppone « che con la parola imperatore, il signor Bertrand intendesse designare tale individuo ». Lowe trova il mezzo di infierire nella sciocca insolenza. Pone il fermo su un libro recante la dedica latina « Imperatori Napoleoni ». Non lascia passare le lettere indirizzate « all'Imperatore » se non provengono dai suoi parenti o dai suoi ex-sudditi. Fa delle difficoltà ad autorizzare la consegna di un gioco di scacchi perchè una N incoronata è incisa sulla scatola. Finisce col non tollerare che si scriva il nome di Napoleone sulla sua bara, a me¬ no che non venga aggiunto il cognome di Buonaparte. Sembra incredibile, ma è vero. Gli inglesi accordano almeno al prigioniero le risorse necessarie per la vita che gli infliggono ? Neanche questo. Mercanteggiano e lesinano continuamente. Rosebery non esita a dire che la questione di denaro è « la più disgustosa di tutte ». Pare perfino che, su questo punto, Lowe abbia mostrato minor rigore del ministero londinese, il quale aveva fissato il bilancio di Napoleone e del suo seguito (in tutto cinquantun persone) ad ottomila sterline (200 Imila franchi). Ma a Sant'Elena tutto « è salito a prezzi stravaganti ». Lowe propone allora di portare le spese a dodicimila sterline (la stessa cifra ch'egli percepiva come assegno). Ma questa generosità non ebbe lunga durata. O Lowe ricevette ordini perentori oppure volle far pagare al prigioniero la sua indocilità tagliandogli i viveri, il fatto si è che si preoccupò incessantemente di ridurre il bilancio. Fece delle rimostranze a Montholon sul consumo del vino e della carne. Mise gli ospiti a regime e contenne le porzioni. Napoleone che aveva dapprima lasciato carta bianca al suo governatore, purché non lo impicciasse in tali questioni, chiamò il suo intendente e ordinò delle economie. Visitò la mensa dei domestici e constatò che avevano appena di che mangiare. Il vino spesso mancava alla sua stessa tavola ed era, come la carne, di qualità inferiore. L'Imperatore si adirò: fece . vendere una parte dell'argenteria. Più tardi, venendo a mancare 11 combustibile, ordinò di bruciare il suo letto. Lowe si impressionò, temendo che la notizia di quei fatti si spargesse in Europa e accadesse uno scandalo. Balbettò deile scuse Ma ben presto ricominciò. Forni a Napoleone i libri ch'egli voleva per scrivere il racconto delle sue campagne. Ma gli rimise nel contempo un conto salatissimo. Angelo Nizza CContintto. Domani la 2* puntutaj