Per una concreta intesa
Per una concreta intesa Per una concreta intesa Roma, 28 agosto. (e. d.) Il convegno di Vienna, il cui solo annuncio ha richiamato l'attenzione delle diplomazie e dei popoli di ogni Paese, si raccomanda alla vigile considerazione delle genti sia per il momento in cui si produce, sia per le questioni che possono legittimamente presumersi all'ordine del giorno. Quali siano i termini della vertenza in atto tra Ungheria e Romania, è noto e sarebbe forse ozioso ricapitolarne per sommi capì la genesi e i lineamenti. Sarà sufficiente ricordare che la Romania, dopo lo sfacelo dell'Impero austro-ungarico, ha acquistato, a scapito dell'Ungherìa, la Transilvama e altri territori per un complesso di 102 mila chilometri quadrati e una popolazione di oltre 5 milioni dì abitanti in gran parte dì nazionalità magiara. L'Ungheria non si è mai rassegnata alla perdita di questi tenitori e di queste popolazioni, sicché si può dire che la vertenza ungaro-romena risalga al 1919, con un seguito di alterne vicende politiche e diplomatiche che hanno dato molta materia dì cronaca, se non di studio, agli esperti della stampa internazionale. Con la revisione in atto delle frontiere così incautamente segnate dal funesto sinedrio di Versaqlia, la vertenza è giunta alla sua fase terminale e la sua soluzione non tollera ulteriori rinvìi. Poiché le Potenze dell'Asse hanno fin qui saggiamente operato per preservare il settore balcanico dai malanni di una guerra che le democrazie avrebbero invece tanto volentieri veduto divampare, Romania e Ungheria sono state invitate, da Roma e da Berlino, a discutere il problema direttamente e a dargli quella soluzione equa che, tenendo conto delle rispettive esigenze nazionali, potesse assicurare per l'avvenire ai due Paesi una condotta di buon vicinato. Le Delegazioni all'uopo nominate dai Governi di Budapest e di Bucarest si sono incontrate a Turnu Severin, ma l'esito delle conversazioni non ha dato luogo ad alcun accordo specifico, anzi si è rivelata una certa disparità di vedute che i delegati, lasciati a se stessi, hanno mostrato di non saper superare. Con la tempestività e l'accortezza proprie della diplomazia dell'Asse, i Ministri degli esteri d'Italia e di Germania hanno invitato a Vienna i Ministri degli esteri di Romania e d'Ungheria, per discutere insieme il problema della revisione delle frontiere ungaro-romene e dare ad esso la soluzione migliore, quella cioè capace di far nascere fra i due Paesi un'avveduta normalità di rapporti e di assicurare all'intera regione un'era di benessere e di tranquillità. Sui limiti del convegno non si hanno notizie ufficiali tali da poter consentire una precisazione. Si può tuttavia fondatamente presumere che la presenza del conte Ciano e di von Ribbentrop non darà luogo ad un vero e proprio arbitrato, e non c'è quindi da attendersi la emanazione di un lodo impegnative per le due parti. Ma poiché Roma e Berlino desiderano sinceramente che il problema trovi la sua soluzione migliore, e all'uopo impegnano la responsabilità ed il prestigio personale dei loro Ministri degli Esteri, non è fuori luogo pensare che dal convegno di Vienila, Ungheria e Romania potranno trovare la base di una concreta intesa. Il conte Ciano, data la passioìie con la quale ha studiato i termini della vertenza, dato il suo illuminato acume, dato il suo esercitato senso di equità, saprà certo indicare ai due Paesi le vie per giungere ad un pacifico accordo, preservando la regione dalla calamità di una guerra, cancellandovi le iniquità dì Versaglia il cui pesante fardello il Duce ha da tempo indicato come la ragione prima del malessere europeo durato venti anni. Il che non è soltanto nei voti di Roma e di Berlino, ma anche di Budapest e di Bucarest.
Persone citate: Ciano, Duce, Turnu Severin
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