Aviatori che tornano di Giovanni Artieri

Aviatori che tornano Aviatori che tornano La prima sigaretta dopo il volo inizia la conversazione sulla " serie „ e la discussione continua fino all'ultima sigaretta della giornata (DA UNO DEI NOSTRI INVIATI) X, IN MARMARICA, luglio. « Uno, due, tre, quattro ». « Manca uno ». « No, risponde un'altra voce, avrà atterrato al campo Z, qui vicino ». Si riconta: « Uno, due, tre, quattro... ». Ma adesso la squadriglia gira sul costone per scendere col vento in prua e qualche macchina è scomparsa. Un altro strepito, questo su d'un piano sonoro più remoto. E tutti a puntare il naso da quella parte. « E' lui, il quinto; allora non è andato a Z. S'è attardato. Il perchè lo sapremo tra qualche istante ». I primi tre sono già a due metri dal suolo; toccano; lieve palleggio delle ruote, anche la coda è a terra. Ripresa urlante del motore laterale, la macchila vira come una nave e poi col suo passo gommato di anitra s'approssima al limite dì campo. Le automobili sono andate incontro, il portello è abbassato e, sulla scaletta, il mitragliere di centro, più vicino all'uscita ha messo la testa fuori e agita la mano alla gente lontana che corre. Vengono avanti 1 due piloti, il motorista, il fotografo con la sua cassetta preziosa. Sigarette. Via i caschi. Chi al posto dell'elmetto di volo ha stretto un fazzolettone di seta da apparire un gitano sonatore di chitarra, si cava anche quello e il vento, la polvere rossa, i turbini d'aria calda s'impadroniscono delle capellature. Ciascuno a suo modo Nulla di straordinario che siano tutti sani, cosi come sono partiti, quattro ore fa. Le stesse « tute », i gesti consueti, le cure abitudinarie: l'armiere ha scaricate le mitragliatrici, il motorista ha chiuso tutti i volantini e leve e rubinetti, i piloti hanno riportata fuori la grossa busta di cuoio delle carte e del libro di bordo. Le medesime funzioni della partenza fatte all'incontrano. Soltanto tra quattro ore fa e adesso c'è un volo: cioè un'azione, cioè un bombardamento, o una ricognizione lontana, un lungo affacciarsi in casa del nemico. Sono duecentoquaranta minuti di storia della guerra singolarmente diversificati dall'imponderabile della sorte. Quando ritornano è ben questa l'osservazione più interessante: la reazione di ogni equipaggio al suo volo particolare. Non crediate che la vita effimera di un'azione della guerra aerea sia uguale, nell'apparenza e nella sostanza per ognuna delle macchine che, insieme, vi partecipano. Ala contro ala, i cinque aeroplani che voi vedete profondati in cima al quattromila metri (la loro rigida apparenza meccanica vi fa dimenticare che contengono uomini) fanno ognuno un mondo a sè: un cosmo di cinque persone, un pianeta di cinque abitanti che gravita, come tutte le cose — stelle ed astri — galleggianti nell'atmosfera attorno al capo della formazione, al sole del comandante; ma racchiude anime e vite diverse unificate soltanto dalla legge rischio. Non è quindi detto che un pattugliere debba pensarla come un altro circa il « lancio » fatto un'ora prima. Non è quindi detto che chi ha bombardato dall'apparecchio di sinistra abbia le stesse opinioni del compagno di centro. Pure, voi sapete che lassù i due apparecchi volavano alla distanza di quaranta metri, anche meno, anche molto meno; voi sapete, per esempio, che il bombardiere gregario ha sganciate le sue pillole a distanza di una frazione infinitesima di secondo, alla vistadelle bombe sganciate dal suo comandante, nell'apparecchio di punta. Quel medesimo ha visto poi i lanci altrui, delle pattuglie seguenti (o precedenti), ha séguito il perforamento della verticale di aria dalla carlinga all'obiettivo. E non sono d'accordo, questi piloti. Perciò appena a terra ecco s'apre il discor¬ iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiHiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii ». e al a: a o è eeo o; a ea oo a li è e a e o o n e si a o o e e a e a e a a : a a o e a i n e e l l e o n a i i ni oi hi a o e di no ro ¬ so, un discorso lungo quant'è il giorno e la serata, un discorso che comincia: « Quando ho « fatta » la prima serie... ». Pensiero fisso: la serie La « serie » è l'argomento dei bombardieri. Voi profano non potete capire bene cos'è una serie: non soltanto una determinata scarica di bombe, non soltanto una pioggia di proiettili perpendicolari con impennaggio ed elica, pesanti dai 50 ai 250 e oltre. Non è l'equivalente di un cannoneggiamento, nè di un tiro a bersaglio: cosi come nel gergo dei pittori un colpo di pennello non è la «pennellata». La «pennellata», voi lo sapete, è un tutto che contiene lo stile il colore il tratto il disegno l'aura di un pittore. La « serie » per il bombardiere è qualche cosa di simile, è il « tocco » del pianista, qualcosa che sta dentro tra l'anima e i polpastrelli I polpastrelli, perchè oggi il bombardiere mira e lancia premendo una tastiera. Viene di II, o da un altro remoto istinto artistico questo infinito disquisire degli aviatori sulla « serie » ? Non lo so. O viene forse dalla labilità del gioco, dalla difficoltà e dal i-ischio di quel loro daffare con elementi inafferrabili come l'aria, il vento, la luce, le nuvole: ingannevoli fluidi maneggiati, sino adesso, soltanto dai poeti? Non lo so. Ma è un fatto che gli aviatori pensano alla « serie », giorno e notte, e, forse nelle commessure dei loro tranquilli sonni notturni è solo essa che viene a introdurre una maligna lama di coltello. Ecco sono usciti dalle macchine, si sono riuniti, s'avviano alla Casina del comando o della mensa. E: « la tua l'ho vista. E' andata un po' fuori... ». « Macché fuori, che ho le fotografie... ». « Ho centrato, almeno tre le ho messe bene... ». Discussioni. La « serie » dell'uno si confonde con la « serie » dell'altro. Il colonnello finirà col dare il verdetto definitivo con le prove stampate alla mano. Ma non cessano i dubbi, non cessano le rivendicazioni: le bombe purtroppo non portano il nome di chi le ha lanciate, o quanto meno della squadriglia e dello stormo (che anche di questo limitato onore l'aviatore si accontenterebbe). Le bombe arrivano come grappoli di banane troppo mature e quando sono giù il fumo degli scoppi e quello del bersaglio esploso o incendiato, al primo istante fanno tutt'uno. I depositi di benzina, le polveriere, ì mucchi di proiettili — oh, quelli si — quelli sono identificabilissimi. Ma non sempre si bombardano obiettivi tutta polpa, non sempre, quando si «sdruma», ci s'accorge che si è davvero « sdrumato » per benino. E' questo l'assillo dell'aviatore da bombardamento che non può (ma qual-1 che volta la notte sogna questo inverosimile sogno) calare le sue buone 250 con un bel filo d'acciaio sottile sottile e lucente, un filo lungo tre o quattromila metri fino al bersaglio e misurarlo bene, che sia beilo verticale come una gran lenza, e poi mollare, tutto d'un colpo. L'avventura « Uno, due tre, quattro... ». Qualche volta uno non torna. E non ha atterrato neppure al campo Z e nemmeno a quello K e neppure a quello Y. Non è tornato. I discorsi sulle « serie » si sospendono e si parla con una lieve preoccupazione del sottotenente V., del maresciallo C e del loro equipaggio che non è rientrato. Però c'è luce: ci saranno ancora cinque ore di ilice; nessuna speranza è da metter via. Si ritiene opportuno rammentare che il sottotenente V. e il suo equipaggio sono tra i più in gamba dello stormo e' si caveranno d'impaccio. I pattuglieri raccon- spcnSgptavstdèTtttagassslttatcnngLdsmrsmrcspsseclnpslptnnolEallurlvvmdcnrtstncdmtsmdidasbdfcvmtano la storia dell'ultimo istante iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiniiiiiiiiii in cui hanno visto la macchina assente. « Gli calava un motore, mi pare, e s'è arretrato. Ho chiesto con la radio se aveva bisogno di nulla. — Nulla —• mi ha risposto». Sta di fatto che in quella pattuglia (di tre o di cinque, non importa) l'alea buia è toccata al sottotenente V. Ha avuto un'avaria al motore di sinistra, ha perduto velocità, è rimasto in coda, ha visto scomparire i compagni e contava di rientrare un poco (un quarto d'ora soltanto) più tardi, quando ancora sul terreno nemico gli è salita incontro la caccia inglese. Tre « Gloster ». E' un po' troppo tre « Gloster » dopo d'aver sopportato trentacinque minuti di bombardamento terrestre, sugli obiettivi; cannonate su cannonate, sventole di quelle mitiagliere controaeree più malefiche e noiose della peste, e schegge e impallinature e granate tutto attorno e dentro le ali, che è un miracolo abbiano preso e malconcio il solo motore dì sinistra. Adesso: tre « Gloster ». Si sono messi sul piano di coda, nell'« angolo morto » e sparano. Quattro per tre sono dodici mitragliatrici, con quel proiettilini minuti e argentei simili a quelli delle rivoltelle da signora, proiettili p che comparivano sul banco dei reperti nei processi per tragedie passionali. Anch'essi uccidono: il mitragliere,' il motorista, sì, sono via. Le tre armi di coda hanno cessato di difendersi. Il maresciallo, secondo pilota, è salito alla torretta della quarta mitragliatrice e spara da disperato. S'interrompe un attimo e il sottotenente V. crede di essere ormai solo nella cabina con un carico sanguinante. Ma no, quel vecchio manico del maresciallo possiede una macchina fotografica e prima di ripigliare la mitraglia ha sparato una fotografia sull'avversario. Quanti proiettilini d'argento entrano nel corpo dell'apparecchio? Sette, ottocento. Non si sa: la fusoliera è tutta bucata, i piani di coda tengono che Iddio solo può dirlo. Tre Gloster, cioè la fine sicura. Il motore di sinistra « cala » di giri, ancora. Gli altri due per tenersi su schiattano di fatica. Alla fine (sono stati dieci minuti in tutto) i caccia se ne vanno. Hanno esaurite le munizioni o credono che l'italiano sia diabolicamente corazzato. Se ne vanno. E il sottotenente V. (il carrello di atterraggio non viene fuori perchè la pompa è rotta) piglia terra nelle linee con la fusoliera. Scassa un poco, si ammacca. Ma l'apparecchio è a casa. Buon umore ristabilito Voi avete capito perfettamente la terribilità di questa breve avventura del sottotenente V. e che valore abbiano avuto quei dieci minuti trascorsi nel ventaglio di dodici mitragliatrici inglesi. Ma che succede a mensa? V. è tornato: l'umore dei bombardieri è ristabilito. Que1 ragazzone di ventidue anni, così fresco di adolescenza e di Accademia, interessa tutti — si capisce — per una buona mezz'ora. Alla fine però qualcuno gli chiede: — Di', ma prima dell'incidente, la tua « serie » come è andata? Accade spesso, di sera, nella cittadina d'immediata retrovia che ci si lasci rapire dall'incanto dei palmeti incisi sulla piastra d'argento dell'ultimo crepuscolo. E' un'ora immobile, piena di silenzio candido tra le candide mura delle case arabe. S'odono passi attutiti per le strade polverose e chi sta alle basse finestre può ascoltare le voci della via. Stranamente si odono frammenti di conversazioni, presto comparsi presto dispersi e talune volte accade d'ascoltare: « Nel bombardamento di stamattina, però, la mia serie li ha... (Il resto si perde nella metallica pace della sera estiva. Ma il pensiero completa la frase mozzata) : ...« sdrumati » per benino... ». Giovanni Artieri iiii .i

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