Voci di Roma alla frontiera orientale

Voci di Roma alla frontiera orientale Giro d'Italia in cerca della buona lìngua Voci di Roma alla frontiera orientale Un bellissimo dialetto veneto, il triestino, ed uno ancor più vicino alla matrice latina, quello del Friuli MONTE RE, maggio. Nel darli un appuntamento, un [Triestino dirà: Arrivederci a tre ore! E' espressione regionale, poi che in buona lingua nazionale si l(ljce ftoffó „.e )( » 1 m„ scandalizzeremo il 90 per |cento dei puristi affermando che \ha ì tipici caratteri della «regio «offtA» anche «il tocco», pur re:^*"''0 — nella sua accezione 'ora'Ja ~ da i vocabolari e prediletto da alcuni manierati scrittori toscaneggiatiti. Sul massiccio di monte Re Nei pressi di Ponte Vecchio, a pjrense, o sotto la Torre del Man già, a Siena, ci si può incontrare « ai tocco»: via è una stonatura ìlinguistico-geograjica darsi convoL'/no « al tocco» in piazza Fontane 'Garose a Genova, o in Galleria a n<* W^'W.Colea lgeo o rfej pantheon, chieda se e già suonato il « tocco », usa una espressione altrettanto fuori posto quanto se domandasse: — Per favore, in che punto si traghetta la Via del Tritone? Non sì può imporre alle altre'.quìndici regioni d'Italia questa le-\ziosa espressione toscana, più di1 \qucl che sia lecito introdurre ncl-\la lingua italiana la traduzione del « dòi hot » (« le due »), del pie- montese, o addirittura quella pe-\ alitare formula con la quale ì Na-\ poletanì, anche parlando italiano, | indicano le J, e .',0: «le 5 meno un terzo ». | Che il triestino «tre ora» per\«le tre* sia la traduzione del te-\aesco «drei Uhr»Y Nonio si potrebbe giurare: ma.\se anche lo fosse, una singola',espressione isolata non proverebbe gran che. lLe due «Rive» che fiancheggia-\ !no Quella del Mandracchio ebbero - c"me tutta 1(1 toponomasticaì Érjes<i)1„ _ nomi italilmi ima di>iessere consacrate a Nazario Sauro';e aUa data fatidica del 3 Novetn-[bre; la piazza principale di Trie- w, n, liiirin/miB ui a.iio- ste era «Piazza Grande», in at-!« Unità «' I 'osa di intitolarsi alla nazionale, 1 Da quando, nel 1,2 ai). Ci:, il con ^we di Roma fu portato dal Bit \biconfì al Rjsano (aUora Formio ne/> Tc,.f/esfe divfmne co,0„j:( ,.Q : «tana; e da allora ebbe a sua bai':] iric/a non le mura con le quali il triumviro Cesare Ottaviano,{sconfitti i Dalmati, la cinse a rfi- fenderla dalle invasioni barbari- '.che; non le Alpi massicce chetuttora son «Giulie» nel nome diC. Giulio Cesare; ma quegli invt-sibili e possenti baluardi che lejisibj" e, Possen/' baluardi che tehr* barbariche attraversarono, \senza che i loro fonèmi e i toro[vocaboli riuscissero a. demolirli, Nel In congresso Nazionale di -\Fonetica Bioloyica e Foniatria -o tenutosi a Roma nell'aprile 1936 |_ ,„ .,«,„.„ „, ,;,.»,, „„„osi a Roma nell'aprile 1936 i— lo stesso giornalista che ora- \ ne m girovagando pei. Vitalia- in corca dellu buona m pose- iw discussione il problema «biolo-o ,jic0 » dj allesti yrundiosi buluur- idi, doppiamente intangibili, poi cheo non si lasciano demolire a storici -\colpi di etniche catapulte e non, sj lasciuno esaminare dall'arma-: mentano delle scienze positive. Ed ' ,'a,olosi convenuti di ambo i ses- — t,ltti espertissimi in fonetica\blologica e in foniatria — dovet- itero ammettere che il problema 'non poteva spiegarsi con gii stru- i ,. . ,. .- e le teorie. c,lc " iutt'oggila scienza possiede. Meglio che nell'Istituto ^« - i e e' - Ue forze endogene hanno sollevatoe1 i di Fi- sita, veniamocene dunque quassù: a studiare o, almeno, a contem-piare il fenomeno imponente fiati|Wlaes'0S0 belvedere naturale del0 Monte Re. II.gran massiccio roccioso, chea 1100 metri, strapiomba versomeridione e libeccio su Prevullole sulla valle del Vipacco; dietro di esso, a settentrione e grecale,sono i valichi per i quali passa-l rono vittoriosi i legionari roma-ni: poi per essi irruppero, in sen- '.so inverso, gli Bruii di Odoacre, \gli Ostrogoti di Teodorico. Inva1 no il numerus tergestinus — il re\parto di militi confinari sul val lùm dell'Alpe Giulia — tentò di opporsi alla calata dei Longobardi, \ _ . . , ... . \ qui arrivo Alboino | Da f[uest0 grandioso belvedere natta-ale, il loro re, Alboino, con| tempio la pianura triestina, la pe\nisola istriana, aspirò aria adria\tiCa: e si precipitò avidamente al fa conquista. \ n monte ,sj chiama perciò tut ',t„,„ Monte Re, secondo una tra-' dizione che i posteri avrebbero\lignoralo se essa non fosse stata \registrata nella Historia Lango 1 bardorum, in latino,.da Paolo Diaìcono, longobardo di nazione, nato > hmli, istruito negli studi clas'sici da un maestro di stirpe ro- [matta, Flaviano, prima di divenir monaco benedettino: «Alboino, inoiiaco ucncuciiinu. « AiDouiD, ! essendo arrivato con tutto il suo\'esercito e con una moltitudine diì] Insieme con gli armati e le don ] ne e i bimbi irrompevano nella pe ' nisola anche le parole ed i suoni jjdet linguaggio. \] Da questo gigantesco belvedere,!ìcompiamo un fantasioso sforzo*\per immaginarci una grandiosaìbattaglia di fonèmi e di vocaboli.] La principale caratteristica delj donne agli estremi confini dell'Ita-iIla, sali sopra un monte che si eleva in quei luoghi e di là, quan-l to potè vedere, contemplò dell'Ita-\lia » (Hist. Langob., II, 8). \i La principale caratteristica del[longobardo (vedi Briickner, Vie ;Sprache der Langobarden, 1895) è di aver partecipato a quel biz-i zarro fenomeno linguistico del--ìl'alto-tédesco che fu chiamato « di-6' sordina mento di suoni» (Lautver- „;„„u.»k..-„.. .!.. 6'sordinamento di suoni » (Lautver a schiebung): l'aver trattato in mo-a\do tutto suo le consonanti 0cclu-e'sìve della lìngua madre indoeuro--ìpea l secondola « legge di Grimm»-'la quale porta il nome del glot-e\tologo tedesco che la scoprì) e l'aver spostato l'accento di inten-'sità dì tutti ì vocaboli sulla si!-]laba radicale fanno sì che le Un-,gue germaniche siano le più al- terate fra le lingue indoeuropee.- L'imponente flusso sonoro, ab- \ bondantemente consonantico, a- riebbe dovuto sconvolgere ogni[armonìa italica, deviare il proces- : , ,, \so evolutivo attraverso il quale illatino si avviava a diventare la- 're le terminazioni dei casi, agil tino moderno, ossia italiano; e la morfologia, la struttura lessicale e sintattica, ' Avvenne esattamente il contraino; net linguaggio vìvo, il latino,ìlingua sintetica, continuò graduai- Unente a trasformarsi in analitica:e'gradualmente dovevano scompari-'.mentc sostituite dalle preposizioni, ìEd è un perfezionamento, poi che 'lo stesso latino classico non po,[teva fare a meno di queste, ma, \anzi, ne ampliò maggìormente'l'uso (adottò, ad esempio, lo in|ed abolì l'arcaico locativo). i mi i ■ 11 u nei itili i ■ it immillimi i sRimasero e rimangono intanto. in piena efficienza quelle mistcrio-\sse energie (non diciamo « forze »,\giacché il vocabolo è troppo fisico) | do determinano inflessioni dia-Llettali: energie modificanti ed\energie conservatrici. [A maestrale del Monte Re, il\friulano conserva ancora voci e\forme dell'idioma di Roma: scelse'— e non certo per influenza nor-\dica — il plurale consonantico in\sibilante (vedi La Stampa del 19 frut fa al plurale frutis; aprile) e frutis è ancor oggi il bellissimo vocabolo friulano con cui si ^•\eano i bimbi, Qg rinup viene « mula u** * Nella Longobarclia, ossia in Lombardia, una graziosa ragazza è un bella tosa: e Za responsabilità del curioso vocabolo dialettale spetta ad un'usanza dei Longo¬ bardi, ma non al loro linguaggio:. '.|'| «*»» *'•portava la chioma lunga ogni /«»-,ciiiWa, prima di andare a nozze da mulier, la « donna ». \ Tutte voci di Roma, insomma. ! Dall'alto del Monte Re. dovun- *<l'le lo, sguardo spazii, verso la co\sta adriatica, verso le propaggini 'cnrsiche o verso il bacino dell'Ison\~°> sono regioni venete e friulane, erf era perciò puella intonsa, etti la tosa milanese. E tosi e toséti sono i bimbi reneziani; a Trieste, una ragazza è una mula, nome stranissimo che può apparir persino buffamente zoologico, se non si pensi al latino Isono regioni venete e friulane, dalle tipiche intonazioni e loci- *>°ni regionali, alcune delle quali \persistono anche quando Veneti e friulani parlano italiano. Ad e- \sempio, dicono entrambi «scavi- [par via» nel significato di «scap- !««.•«»_ il ««;;.,«« .. \Pa,'e»—ii bel verbo italiano sce- \nicainente pittoresco poi che de--riva etimologicamente dal gesto di gettar via la « cappa » per aver\maggior libertà nella fuga — c ,«Cosa è nato.'» invece di « Che\è accaduto:' ». ' Son frasi da correggere, se de- 'sideriamo l'italiano puro. ì'. Ed agli amici goiiziani o ndinc- 'si diremo'anche che non sono del \buon italiano altre tipiche locuzio- \ni: «Caro il mio^ tu!» («ghar el'\rae tu!»), «La Peppìna l'è feti- ce... » (« La Pepiza l'è feliza... »). \ In italiano, c'è una differenza:\vedo » (insistendo sul «vedo» ] meglio « io non li vedo neanche »l -il friulano tende ad usar la pri , ma espressione dandole il signifi cato dell'altra, per influenza del di significato tra « io neanche non ti fedo » rsi pone fonicamente in rilievo ii «neanche», e la frase equivale a «neanche io ti vedo »,ich'è migliore) e «io neanche tiin tipica espressione dialettale jo nangha no ti viodi ». Tutte influenze del dialetto sul-la lingua, ma nelle quali Alboino \e successori non hanno nulla a i che vedere. | Proprio i Friulani, al contrario, w mini munii imiiimiiiiimn possono insegnare a tutti gli Italiani quale sia la genuina pronunzia Intinti del nome della loro regione: capita spesso, altrove, di udir « Friuli », con accentuazione sdrucciola: è anzi la pronunzia più diffusa nel Regno. Ed è erronea: qui si dice Friuli, conservando l'accento tonico sull'u latino (che era anche lungo) di Forum Julii. Nello stesso modo, in Romagna, si è formato Forlì da Forum Livii; sicché pronunziar Friuli è altrettanto erroneo quanto sarebbe il dir Fòrli. E', anzi, più anormale ancora, giacché in Forum Livii c'è un accento sull'o, mentre dicendo Friuli si fa cader l'accento sul g di Giulio (JuliU.' Consonanti che muoiono / Longobardi, qui, non spostarono neppure un accento. La loro lingua, secondo il Kluge tRomanen und Germanen in ihren Wechselbeziehungen.1 si spense sulla fine del X secolo; il Briickner (op. cit.) le concede un secolo di più, là dove maggiore era stata l'invasione: nulla ne rimaneva, insomma, nell'anno 1100, mentre il . voi,jare latino andava assumendo \sempre più netta la sua forma ita\uana. | ji popolo vinto vince assimilanLj0j poj che ha dietro di sé Roma \con ;e sue istituzioni e la sua lin [gita: «i Longobardi non tardaro- \no „d adottare tutto l'ordinamen\fo della proprietà fondiaria, e poi 'lifli aHe cuu„ra e, in parte, \anche dirUt0 ». fA_ Soimi) st. del \diritio ital., 1908, pag. 101). Accadde fatalmente quel che già accaduto per gli Ostrogoti, le citi leggi rappresentano una cau¬ \ù1tua^ne dei diritto romano (A . '.Solmi, p. J/7). Il celebre Edictum |Theodorici Regis è compilazione 'di un magistrato romano, su. fon| ti romane, senza alcun elemento di diritto nuovo. Accettammo voci gotiche, ma a patto che esse si latinizzassero: delle consonanti che non avevano ;...,if ,.i7,,/i>ie neiiour una ve¬ ,,,'.. „ :,„,;, ' „ a jin,Jti. i , nelrò in italiano né nei dialetti le spiranti th e dh vennero sostituite da t e d: il thahso divenne tasso.i/ widharlon si mutò in guiderdone. Già s'era spenta l'h aspirata latina: tanto meno poteva vivere lineila germanica: dovette o scomparire o rinforzarsi: perciò il verbo hardjan è irriconoscibile in ar dire come sléht in schietto "(vedi W B, àcLer Charaktèristik der W. Bilichile , Chaidktenstik der german. Elcmente in Italieni- °onen) vi,.,,nn f„ttn,.„ «»7 n/icfvn miir, l .,,„,., ...e...,,, >„, „•,*..•-, ...ito-l, ■ J':;-^-;-";^,- < <> d est noma t.cfte Mp.Ms.on i '"'e quali, tn alti e lingue, coiri- e spandono locuzioni storicamente - «ssa. meno significative. « C'est - <ta grec pour mot! » «ce «m - rese di ciò che egli non riesca a co-m «rendere: nello stesso senso - comprendere -, uno Spagnolo dice che « es grie- o go! »; e persino in inglese si usa, r'con identico significato, « That isc greek to me!». Noi, invece, face, damo allusione ai due idiomi che, per forza di eventi, avrebbero do- - vitto maggiormente diventarci fa ìmiliaii, insinuandosi nel nostro - linguaggio come i popoli che li l parlavano invasero vittoriosi le - nostre terre, e che ci rimasero ìnl'fece totalmente estranei; e dicia-- ino appunto «Per me è arabo! . e « Parlo forse ostrogoto? ». a: Ricordiamo con queste due ti-n piche espressioni le due invisibili n frontiere — nordica e meridiona- e le — èfte gli invasori attraversa-,irono, ma sulle quali lo spirito ta-ifino della lingua non arretrò wem-jmeno di un passo. E adesso possiamo riprendere la nostra peregrinazione italica: discendere da questo storico bel- vedere, ad oriente del quale ri- e mungono le rovine del valium ro- Lmanò. -\ ¥<* «rovina» non è il vocabolo o [adatto, poi che esprime soltanto a ciò che resta di materialmente vi- \sibile c tangibile... ,\ Toddi mnmii iiiiiiiiiiiiiiiiuiiiiiiiiiiiininiiiiiiiiiiiiiiii Monte Re visto da PrevaKo a . , l o a Truppe tedesche in Norvegia. iiiiiiiiiiiiniiiiiMiiiniiMiiMUiiiiiiiiiiiiMiiuiiiniiniiiiMniMMiniiMMiiiiiiiiniiniiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiuiiii

Persone citate: Cesare Ottaviano, Grimm, Kluge, Longo, Paolo Diaìcono, Regis, Solmi