I "Bibiena,, maghi della scenografia

I "Bibiena,, maghi della scenografia I "Bibiena,, maghi della scenografia Una famiglia prodigiosa di fertilità inventiva: crearono incendi, arrivi di vascelli, crolli di ponti, tutto nel breve spazio di un palcoscenico cento alla fine del Settecento, fon- vrf a a Bo,0Sna da un modesto di-|yFIRENZE, maggio, 'n■ I Bibiena furono una vera aina-!mstia artistica, signora della sceno-1Fgrafia italiana ed europea per un j ssecolo dalla seconda metà del Sei-jpScepolo dell'Albani, Giovanni Ma-jlirla Galli,-di cui la pinacoteca fel-l l'sjnea conserva una piccola e festo-lssemente colorita Sacra Fa miglia, nCostui era nato in Toscana, a Bib- pbiena presso Arezzo; e poiché nel- ba bottega dell'Albani — come ricordò Corrado Ricci — lavorava un altro Galli che si chiamavaI pure Giovanni, il maestro, per di-dstlnguerli, prese a indicare lo sco-iliIaro forestiere col nome del paese cd'origine: Bibbiena, anzi Bibiena csecondo 11 modo di pronunziar le edoppie d'ogni buon bolognese; e el'appellatlvo rimase a lui, e perfcent'anni a tutta la sua celeber-idrlma discendenza. Questo tanto'lper spiegare il perchè i figli, ijdnipoti e il pronipote di Giovanni!gMaria Galli, essendo bolognesi, si dchiamino con un soprannome to- lascano, e perchè venendo in Emilia fquel nome quasi aretino abbia la- fisciato una b per strada. jaA11<mn «imnnn ; nVguanti turano sSfrondiamo il folto albero genea- ^mlogico. Ecco anzitutto i tre figli : pdi Giovan Maria, una Maria Oria- fna che secondo Giampietro Zanot- dti, storico dell'Accademia Clemen- qUna di Bologna, dipinse « male, iassai male»; poi Ferdinando e aFrancesco: il primo, architetto elzplttore alla corte di Ranuccio Far-Innese a Parma, quindi a Barcellona jna ideare apparati meravigliosi per j d!e nozze di Carlo ed Elisabetta, |nposcia a Vienna «pittore di feste fe di teatri», e infine a Bologna ddove si confortò della sopravvenu-lnta semi-cecità scrivendo trattati | sd'architettura e di prospettiva; il ssecondo, in giro per l'Italia e per | dl'Europa a costruire i teatri di vMmVienna, di Nancy, di Verona, di iRoma, a decorar sale, oratorii erville a Bologna, a Novellara, a ; aPiacenza, a Parma, creando mi- ngliaia di progetti scenografici e ar-l schitettonici e anch'egli scrivendoledellarte sua. Morto Francesco nel d1739 lasciando fra i suoi figli un!dGiovanni Carlo che dipinse e ar-jschitettò a Bologna ma se ne andòjrGiovane per distinguerlo dall'avo, lavorò a Praga assai comodamente avendo sposato una donna ricca; Alessandro fu architetto e pittore alla corte di Pfalz in Baviera do%'e diede prove del suo ingegno nel castello e nella chiesa di Mannheim; Giuseppe, che dopo aver collaborato a Barcellona col padre l'aveva sostituito a Vienna, pio digò le sue invenzioni a Praga, a Dresda, a Monaco, a Breslau, a Gratz, a Lintz, dovunque un teatro europeo richiedesse una grandiosa messinscena, ed a Bayreuth, costruendovi un teatro, precorse il wagneriano golfo mistico nascondendo l'orchestra alla platea, cosa che già aveva fatto suo zio Francesco nel teatro di Verona creando fra l'una e l'altra una parete divisoria; Antonio, destinato dal padre alla vita religiosa, a vent'anni invece d'occuparsi di teologia già aiutava lo zio Francesco alla costruzione del teatro d'Aliberti in Roma, e da allora per mezzo secolo peregrinò da Vienna a Budapest, da Presburgo a Belgrado, dipingendo grandi scene poi a Milano, edificando a Bologna il Comunale malgrado le lotte scatenategli contro da Alfonso Torregia- ventennio, ed anche lui s'appresta- |ya a correre da Bayreuth a Ber 'ni, architetto suo rivale e trasfor-|d!mando totalmente la Pergola di d1Firenze. Quando morì nel 1774.'s j suo nipote Carlo, figlio di Giusep- : rjpe, era già celebre da oltre un |cjlino, dalla Francia all'Olanda, dall l'Inghilterra alla Russia ad appre- smezlstar scene, trionfi, apparati perjb nozze e funerali; e con Carlo ap- ! p punto sì chiude la dinastia dei Bi-|V biena, nel 1787. I Una famiglia impressionante, -dunque, quasi mostruosa di fertiilità inventiva, di attività, di capa cita produttiva. S'era nel tempo in cui la vita, dall'arte al costume, era essenzialmente «spettacolo; ed anche il teatro, svago predifetto delle corti e delle clientele idi ricche famiglie, ma tosto, sul'l'esempio antico di Venezia, anche jdi sempre più vasti pubblici pa!ganti, aveva il compito anzitutto i di stupire. Ed il diletto, il gaudio, la meraviglia (per usare i termini favoriti da quei cronisti) erano af¬ fidati per la più gran parte, ahimè, jalla messinscena che sproporzio- ; natamente gravando sull'autentica sostanza poetica del dramma o del ^melodramma, doveva costituire di : per sé stessa « teatro ». In questa frivolezza estetica mascherata delle più spettacolose e magnilo quenti apparenze, i Bibiena furono impareggiabili maestri. Finzioni abilissime di incendi che terrorizlzavano le dame e facevano impalIndire cavalieri finché sul palcoscea jnico le lingue di fuoco d'un tratto r j dileguavano nell'improvvisa visto |ne d'un lussureggiante giardino e fresco di ruscelletti canori mentre a dalla platea ai palchi correvan fi-lnalmente compiaciuti sorrisi e i | scoppiavano applausi di stupore e l sollievo; crolli altissimi di ponti e r | di mura dai quali tosto apparii vano immensi saloni dorati dove eMapcrm Helln f i«yinrio!smaestri Clelia tinziOne!igasvfsi il virtuoso a suo agio poteva cele- errare le belliche glorie; favolosi j a ; animali volanti e deità assise sulle j- nubi; coreografici sbarchi da va- -l scelli ancorati in azzurre marine'ole combattimenti d'eroi sulle torriil dei castelli; palazzi che svanivano!n!d'incanto per far posto a tenebro-'-jse caverne; tutto ciò era gioco da òjragazzi pei discendenti di Giovan pdivertito a far schiumeggiare giù t dal palco verso gli spettatori scio- tscianti cascate tanto che questi —^q racconta suo figlio Domenico forse |s|con un po' della necessaria fanta-fisia d'ogni onesto cronista — « sti-|mmando ciascuno disgrazia ciò cheicera arte, chi frettolosamente al-1qzossi per fuggire, chi, salendo sui sjbanchi, cercò di farsi superiore allV! pericolo >, Ferdinando Bibiena a f|Vienna — narra lo Zanottl — nonizesitava a trasformare la gran pe- b!schlera della Favoritii addirittura,E!in un teatro nel cui fondo si scor- ,tgeva «un reale palazzo d'ottima oarchitettura ». Poi di colpo tutto jsspanva in modo che « muno si av- rvedeva ove il teatro e il palazzo sfosse ito », e sullo specchio d'acqua Msi avanzava una doppia armata dnavate. «Qui si comincio un riero rcombattimento che fu spettacolo ; nil più giocondo che mai si vedes- ! rse *; e a definir gioconda si tre- !pmenda battaglia proprio ci vuol !atutto l'amore dei contrasti per cui!sTllTl° brÌllaVa fi" "elle gUei"1 re vere , sTecnica e fantasia !sMa a ideare, congegnare, attuare simili stupefacenti macchine teatrali non bastava la fantasia: occorreva una sapienza architet-j tonica di prim'ordine. una prontez-j za ed una sottighezza pittorica ec-|cezionali. E qui, fra i tanti sceno- grafi che peri pubblici assetati di ;messinscene sempre più spettaco-!tose lavorarono dal Sei al Sette-;cento, si rivela la genialità del Bi-,biena, che anche nei minimi schiz-, zi non dimenticano mai di essere anzitutto architetti. Lo si vede nella piccola ma in- teressantissima ed esauriente mo- stia che in occasione del «Maggio fiorentino » e stata ordinata sotto jla presidenza di Ugo Ojetti nella|sala dei concerti del Teatro Co munale da una commissione com posta da Valerio Mariani, Baccio Maria Bacci, Guido Zuccini, Ginoi j Chierici, Antonino Rusconi e Ales-1 jsandro Giuntoli. Circa centocin-1 quanta disegni, spesso rilevati da 'bistro od acquerello, talvolta toc- i icatl a seppia, ed alcune pitture a|o!tempera di maniera, son qui ve-1'nuti da raccolte pubbliche e priva- a te di Firenze, Roma, Bologna, Mi- n lano, Trento e Cagli: i più nu-; andro e di Antonio. Sette del diei Bibiena sono dunque rappresenati. « La natura stessa della scenorafia — osserva nella prefazione al catalogo illustrato Valerio Mariani — che si fonda sulla materiale provvisorietà e si giova in ogni effetto dell'improvvisazione geniale, della reciproca collaborazione, se costituisce l'elemento fondamentale di questa persona lissima manifestazione, ci ha tolto 'per sempre la possibilità non sol tanto di godere, ma persino di giù t]iCare jn modo esatto del valore di ^quest'arte; a meno che, nella giu |sta rivalutazione della seenografia barocca non si giunga con a- |moroso fervore a riportare sul palicoscenico gì, scenari fastosi, con 1quei balletti e costumi, quella mu sica e que]ie iUCi cne fecero mera- lVjg]jare ]e f0ue d'Europa ma che forse alla nostra consumata periizja tecnica rischìerebbero di sem brare gentili giochi fanciulleschi». ,E[1 infatti, poiché finora non è sta ,t0 possibile determinare a quali opere teatrali si applicassero que jsU progetti, la mostra non si rife risce tanto _ per alcune e nuove specifiche documentazioni cultura M _ a]la storia del teatro europeo dei sei-Settecento, quanto alla sto ria del contemporaneo gusto sce ; n0grafico, e quindi, per gli stretti ! rapporti che soprattutto in quel !periodo corrono fra scenografia ed !arch-:tettura, alla storia del pen!siero architettonico barocco. 1 Mirabilissimi inventori e delizio, si disegnatori si possono allora con !siderare i' Bibiena, più accesi e sfrenati nella fantasia esuberante e sontuosa gli anziani, Ferdinando e Francesco specialmente, più castigati e leggiadramente sobrii gli epigoni, e in special modo Carlo, e -j -j ^"^ila sua^TiDertà '"leggiadra: -|ne]]a conclsione eloquente dei se- Rella suprema eleganza del i ;focco descriufvo ricorda u tlitta-!tore settecentesco dell'arte pie-;mont Filippo Juvarra : ma tut-,ti quantt - sempre - magnifici -, arcflitetti anche quando dipingo-e no la veduta d'una reggia d'Alcina o quando studiano prospettive - flabescne. Solo col senso della piu - autentica architettura si schizzano o iaotOnsu spettacolosi di Ferdinano jdo e di Francesco, i colonnati vea|ramente musicali di Giuseppe; ein tutti quanti è poi innato l'istinto della costruzione, se il calcolo delle forze spesso è accennato ino oimarE.;ne e lo gtudio dee-li elemen -1 ti è n0rt'ato fino all'esprem a accu-1 ratezza Scenografi maghi del tea a tro senza dubbio' questi infati- i cabiu lavoratori Ma i loro disegni a|sono una testimonianza della com-1Pietezza del mestiere artistico che - fu peculiarità italiana fino a un - aecol0 e mezzo fa- completezza -;poi perdutasi nella concezione ro