Messinscena dell'arte decorativa di Marziano Bernardi

Messinscena dell'arte decorativa LIA TMENNAM F IDI /HJULANO Messinscena dell'arte decorativa Milano, 5 aprile. Lo spettacolo che di triennio in triennio ci offre la grande esposizione milanese al Parco è pur sempre di quelli che al godimento visivo di tante cose belle e perfette aggiungono un senso d'orgoglio e di solida pienezza. Orgoglio, perchè un cosi vario ed intenso lavoro che tosto, dall'organizzazione alla scelta, ricomincia quando l'ultimo visitatore è uscito dal Palazzo dell'architetto Giovanni Muzio per concretarsi in una nuova mostra dopo più di mille giorni, è lavoro inconfondibilmente italiano non solo come produzione ma come spirito, se è vero che l'Italia è il Paese esemplare del nativo genio artigiano, il genio che si manifesta in modo originale, individuale e Ubero — e cioè poeticamente — là dove altri popoli, per ottenere risultati affini, debbono ricorrere ad una perentoria disciplina tecnica che, se favorisce la compiutezza, frena la gioia creativa e quindi il pàlpito della fantasia. Sensazione, poi, di solidità e di pienezza perchè qui alfine s'avverte che l'arte non è soltanto un sogno per pochi solitari, una nuvola bianca che sul cielo azzurro d'istante in istante si plasmi alla forma di fuggevoli idee, ma qualcòsa di tangibile e di utile pur nel l'evoluzione del gusto e nella la "ibilità della moda. Questo sforzar- si continuo per raggiungere la perfezione (o la creduta perfezlo- ne) di un modello, questa tesa at- tenzione per ottenere da un ve- tro la sua più miracolosa traspa- renza, da una ceramica il suo |smalto più lucente, da un mobile j la funzione più adatta, da una stoffa la piacevolezza più leggiadra, da un pizzo la vaporosità più delicata, da un metallo tutto il timbro della materia genuina, e questa stessa manualità diligente nel tornire, rifinire, levigare un oggetto fino a portarlo al limite del la perizia artigiana, mentre costituiscono arte in quanto foggiano una ragionata bellezza, danno altresì la confortante persuasione che quest'arte non è nè un gioco dell'intelligenza nè un godimento di qualche privilegiato, ma una necessità collettiva, un bisogno che va soddisfatto in ogni aspetto della vita pratica e quotidiana. Se pittura e scultura possono essere l'indice dell'altezza intellettuale di una classe di autentici creatori, la misura della maturità estetica di un popolo è soprattutto fornita dal livello della sua arte decorativa perchè dal merletto al cuoio, dall'arredamento più elementare a quello più lussuoso, essa coinvolge tutta quanta l'attività di vastissime maestranze. Un ritratto dipinto o scolpito è il col loquio fra un artista e un modello. L'arte della ceramica o del vstro, del metallo o del legno, dell'ammobiliamento e della decorazione sono espressioni di masse e dal progettista fino all'ultimo verniciatore, ciascuno può apportare all'oggetto un segno della propria valentia, un'impronta del proprio buon mestiere. Architettura Appunto questo collettivismo di intenzioni e di scopi, di fatiche e di risultati, mentre spiega la complessità dei problemi affrontati — anche per la settima Triennale che domani s'inaugura alla presenza del Re Imperatore — da Raffaele Calzini, da Marcello Piacentini, da Giovanni Ponti e da Carlo A. Felice insieme col loro cento e cento collaboratori specializzati (e si pensi che quest'esposizione cui partecipano, con l'Italia, la Svizzera, la Romania, la Francia, la Svezia, il Protettorato di Boemia e Moravia, la Germania, l'Ungheria, è stata vittoriosamente organizzata in un periodo di gravissima crisi politica ed economica, e fra tutte le difficoltà tecniche che una simile crisi comporta, dalle materie prime alla mano d'opera e ai trasporti), ci conduce subito alla sezione che è come il centro ideale di tutta quanta la mostra: la sezione dell'architettura. Si tratti dei grandi e bellissimi plastici della Piazza Imperiale e dei maggiori edifici per la E 42, della Piazza alla Foce di Genova, della Piazza della Vittoria a Bolzano, della Stazione di Termini a Roma, della sede nuova del Popolo d'Italia, della sistemazione della Piazza del Duomo a Milano; si tratti della prospettiva solida della Via della Conciliazione o del' le fotografie che illustrano le nuove città del Regime e i più interessanti esempi della nuova edilizia italiana; la stessa inscindibile aderenza alla vita ch'è caratteristica dell'arte decorativa, ai palesa la qualità prima di ogni opera architettonica. Tutti i problemi dello stile, tutte le ricerche innovatrici e relative polemiche, tutte le volontà di esprimere in aspetti durevoli lo spirito di un determinato tempo, che compongono il fenomeno del gusto, trovano allora nell'archltettur'. lo specchio più limpido, la più efficace definizione; ed anche il termine di confronto.~ie certiI« capricci » nella sistemazione della sala di soggiorno d'una villa o nel disegno di un mobile per il salotto di una signora possono a prima vista apparire anche divertenti e Intelligenti, ecco che tosto se ne scopre la vacuità e l'ozioso dilettantismo non appena essi sono trasferiti nel campo della vera e propria architettura. A una ceramica, a un vetro, a una steffa, a un pannello decorativo si può facilmente perdonare . il segno spesso frizzante e gustoso — della moda. In un'architettura (e qui se ne vedono, dalle loro immagini, parecchie che in pochi anni sono terribilmente invecchiate e già ci saziano) questa indulgenza è una colpa, anche perchè se di anno in anno il prodotto dell'arte decorativa accompagna il corso della vita e quindi nasce, si evolve e si consuma con chi lo usa e ne gode, l'edilizia dura dei secoli, e da sii- le a stile costituisce, nelle sue vittorie e nelle sue sconfitte, il più pericoloso dei paragoni. Sarà davvero costruito il grattacielo di Piazza Diaz che, superando di molti metri il fastigio del Duomo milanese, incomberà con la sua mole su tutto il rinno vat0 complesso urbanistico visto dallo sbocco della Galleria mengo niana? L'ombra non metaforica di questo ciclope edilizio che giusta mente potrebbe anche esser con siderato come un'affermazione orgogliosa non aduggerà fra venti o cinquantanni coloro che già og- i contemplano con smarrimento i parallelepipedi giganteschi di Piazza Fiume ? L'interminabile colonnato che correrà tutt'lntorno la maggior piazza della E. 42 non si avvantaggerebbe di qualche pausa, di un più meditato equilibrio fra vuoti e pieni? E se si dovesse ora rifare Via Roma di Torino (e non comprendiamo perchè in questa mostra che vuol prospettare le maggiori soluzioni urbanistiche ed architettoniche attuali manchi la documentazione di un risanamento edilizio che non ha riscontro in Italia) la famosa questione delle due chiese non sarebbe ripresa in esame e forse risolta diversamente? Nello sterminato panorama di produzioni artistiche ch'è la settima Triennale giova dunque in modo singolare questa mostra dell'architettUra ordinata da Marcello Piacentini ed arricchita da una scelta accuratissima, di Agnoldomenico Pica, concernente la trattatistica architettonica da Vitruvio al Quarenghi, da Leon Battista Alberti al Milizia: — giova soprattutto a bilanciare con la sua realtà severa e controllata la scenografia sbrigliata e talvolta eccessiva d'altri ambienti. Prodotti e presentazione Nessun dubbio infatti che un'esposizione destinata a centinaia di migliaia di visitatori esiga un suo aspetto «spettacolare», e accoramente perciò sfrutti tutti gli elementi della sorpresa, della grandiosità, della fantasia. II fattore della « messinscena » va nelle mostre acquistando un'importanza sempre maggiore, e. proprio ora ne tocca alcuni problemi Guglielmo Pacchioni in un articolo di Le Arti. Qui dal grande bassorilievo su cartone di Ferruccio Pasqùi eseguito dall'Istituto d'Arte di Firenze, al « Cavallo » che Dante Morozzi ha scolpito in legno per collocarlo sull'asse della prima rampa dello scalone; dal vasto « Inno alla civiltà fascista » dipinto a tempera da Filiberto Sbardella con composizione un po' troppo pigiata ma di vivace effetto coloristico, all'altra bella e chiara decorazione murale (un Campigli meno geometrico) di Gian Giacomo Dal Forno — « Le donne italiane al lavoro » — per la maggior sala della mostra dei tessuti dei ricami; dalle statue decorative del Melotti, al pianterreno, e dalla fontana del Ciuti ai musaici di Campigli, e di Salvadori, alla I« Testa di Medusa» plasmata da Lucio Fontana ed animata croma ticamente con tessere musive, alle due sculture acefale del Raimondi; lo « spettacolo » della Triennale è allestito senza economia e nello stesso tempo senza sprechi: quanto basta per animar sale, vestiboli, atri, gallerie e accompagnare piacevolmente il visitatore alla vera e propria realtà della mostra, cioè agli oggetti esposti. La messinscena cui accenniamo è invece altra cosa; e può accadere che qua e là tanto predomini da distrarre un po' troppo chi chiederebbe di osservare con tranquillità un vetro, una terracotta, un tessuto, un arredamento. Vogliamo dire che la moda dei graticci, dei sostegni di tubi metallici, dei boccascena-vetrine, dei fili tesi per reggere giganteschi <: fotomontaggi » l credo che davvero oggi si abusi di ingrandimenti fotografici, anche se destinati ad or- nar stanze da lavoro di intellettuali come quella progettata dal Pica nella Galleria dell'Arredamento), sta dilagando pericolosamente. Quasi parrebbe che ogni architetto ordinatore di un ambiente sia ossessionto da un timore: non sembrare abbastanza originale e bizzarro, non « stupire * abbastanza l'osservatore. Si trat- pendi vetri lavorati a rotella, quello di Ignazio Gardella per la mostra dei vetri veneziani e degli oggetti in « leghe leggere » (ottima la figura volante di Gennl), quello di Gabriele Mucchi per la mostra del pizzo antico, e i vari altri che fanno delle sale dedicate ai tessuti, al ricamo « Bandera », e al ricamo moderno una serie di ta, lo so, di richiami e di riferi-[menti intelligentissimi e raffina- ì tissimi, di allusioni culturalmente | acute, di tentativi le più volte squi- siti di accordar la metafisica dlluna visione personale con la Sem-,plice realtà d'una poltrona o d'uno iscaffale; ma spesso ne deriva che'fra tutti questi affastellamenti di!aggeggi preziosissimi l'autentico!pregio della cosa esposta vada-smarrito od almeno non sufficien-j temente goduto. 4 .• • .Artisti e artigiani. !Da questo punto di vista — di;far trionfare cioè il prodotto ar- !tistico e non la sua cornice — è jesemplare l'allestimento di Pietro >Chiesa che espone alcuni suoi stu- ! visioni d'incomparabile grazia e freschezza. Sia la sezione delle ceramiche con le « personali » di Melandri e Morozzì, e coi ceramisti di Albisola, di Faenza, di Firenze, di Vietri, di Bergamo, e della i-Laveno » e «Richard-Ginorii-; sìa la lunga galleria dell'E.N.A.P.I. dove Giovanni Guerrini ancora una volta, e con risultati sempre migliori per bellezza di modelli ed eccellenza di mano d'opera, ha vittoriosamente radunato i suoi cento e cento artigiani; sia infine la mostra delle Scuole d'Arte in cui quell'appass^nato insegnante ch'è Ferruccio Pasqui ha portato documenti egregi della serietà e della sensibilità con cui si vanno oggi, nelle Siuole d'Arte italiane, preparando i futuri progettisti ed artigiani (e basti ricordare la recente superba affermazione della grande mostra romana); ci sembrano fornire un esempio felice di saggio equilibrio fra messinscena e prodotto artistico. Il panorama, abbiamo detto, è immenso e la sua segnalazione non sì esaurisce in brevi note. La Triennale milanese segue un suo preciso programma che è quello di portare al massimo l'efficienza artistica dei modelli e nello stesso tempo di facilitarne un'esecuzione perfetta su scala sempre più larga; e quando si osservano i tavolini a piano di marmo intarsiato che i Bencini di Firenze hanno eseguito su progetti del Salietti, si capisce qual possa essere la collaborazione dell'artista con l'artigiano; e lo stesso dicasi per la grande industria delle stoffe, dei metalli, delle ceramiche, dei mo bili. Ma il suo compito non si esaurisce in questo reciproco scambio di doni intellettuali e manuali, Tutto un campo-sterminato di ricerche si offre all'arte decorativa moderna: i problemi del gusto si confondono con quelli della pratica, le interferenze fra gli uni e gli altri aspetti dell'attività arti stica sono infinite. Si veda quali « proposte » possan scaturire da un attento esame della mostra del cinema come l'hanno intesa gli ar- chitettl comencini e Lattuada per analizzare la formazione del cine matografo e « cercare di indivi duarné, dalle sue origini ad oggi j movimenti spirituali che rispondono alle correnti storiche del nostro secolo»; si vedano le interpretazioni moderne del più tradizionale dei linguaggi artistici nel padiglione riservato all'arte sacra; si vedano le interessantissime deduzioni dell'architetto Giuseppe Pagano nella mostra internazionale della produzione in serie, dov'egli vuol dimostrare la tendenza naturale ed umana alla produzione « di serie », il livello estetico raggiunto dalla produzione industriale, e prospettare le possibilità future nell'architettura e nell'urbanistica di un simile principio, che consiste nella limitazione del la molteplicità dei tipi, nella suddivisione del lavoro, nella ricerca dei suoi più perfetti ed economici sistemi. Ciò parrebbe contrastare recisamente coi concetti informativi che regolano la produzione degli oggetti « d'arte » esposti, in tanta copia, in altre sezioni. E' una contraddizione più apparente che reale, perchè in arte decorativa i limiti fra il prodotto artistico propriamente detto e quello dell'industria a grande gettito si fanno (vedi i tessuti) sempre più labili. Ed è questa un'altra prova del crescente interesse che esposizioni come la Triennale posson suscitare in tutte lo categorie del pubblico più vasto: sempre che il pubblico si sforzi di capire. Marziano Bernardi Plastico della Piazza Imperiale (verso l'ingresso), quale apparirà all' « E. 42 » zgtmpsbd Squisiti cristalli scolpiti di Pietro Chiesa Particolare della pittura di F. Sbardella, « Inno alla Civiltà Fascista »