Risaliamo verso il "continente,,

Risaliamo verso il "continente,,Risaliamo verso il "continent,," Dove si apprende, oltre qualche altro errore proveniente dai dialetti meridio nati, che c'è nel mondo un'infinità di maniere diverse per pronunciare la "r, ! ' ! \ |i" [marzo. |COSTA JONICA (da Crotone a Catania) L'Italia avrebbe un nome diver- iiso, e perciò anche la lingua ita-:.liana si chiamerebbe chi sa come, ise Ercole non avesse vagato — e| [proprio in questi paraggi — alla li—i— — -,—r—. i,ricCrca di un vitello fuggito dalla|sua mandria. ; Se 11 voleva portare tutti in. Grecia, i bovun prest a Cenone in|Spagna; dopo le peripezie laziali (visita ad Evandro, uccisione di Caco) eccolo vagante lungo quest'arco di costa jònlca, chiedendo dovunaue: i — Avete visto passare un vi tello? e' evidente che, per essere com preso, Ercole dovè dire « vitello » ne] linguaggio locale: italòs. E da Utalòè egli diede il nome di Malia a tutta la regione nella quale ri cerc0 j] fuggiasco capo di bcstiame E' leggenda: ma chi ce la rife- porMne di italòs rfiogografo Éllanico scriveva un paio di secoli dopo la fondazione della più antica colonia greca di Sicilia: Naxos, presso il ca- risce — il logografo Ellanico di Lesbo — fiori nel V secolo prima dell'era volgare. Grande importanza ha una testimonianza simile, non tanto per le vicende del vitello, quanto per po Schisò, era 734 av. Cr . stata fondata nel av. Cr.: Crotone, colonia achea della Magna Grecia càlabra, sorse due decenni più tardi. E' sintomatico che, ai tempi di Ellanico, il nome italòs (ossia vitiilus) fosse ancor riconosciuto come vocabolo non greco, ma indigeno di queste parti: esso era apparso bizzarro ad Ercole, che se ne servì per dare il nome alIV Italia ». Si può sostenere che Ercole j ìmai esistito; ma non si!può certo pensare che l'eroe na-: donale della Beozia non parlasse ;?reco. I|non s Scambi con la Grecia Letterariamente, si respira an- cor oggl atmcs£era ellenica, su ^"" , T "X i He'°fi"'CM>'' a Crotone ti riconduce ! questa costa ca'abro-sicula dello,Jonio: Crotone è V<: urbs hospitis\ persino la storia della « tavola pi tagorica ». A nord di Catania, le , ave etnee non hanno colmato inte^amentfef 11 tV0rt"3 tnM" poco piu a «ttentnone, emergono an $ora dal. mare ,e TU^ .che P""femo e ' 3U°'. c°mV*B™ ac^na™n°_c:ontro di Iui: gh Sco*U de,| Ciclopi Ma non bisogna esagerare: la vercsimiglianza della tradizionale unità etnico-lingulstica greco-italica sta affievolendosi sempre più. Coincidenze non mancano: ma assai spesso non sono limitate alle due lingue greca e latina: la parentela non sembra più essere di primo grado: ossia non discendenza o scroranza, ma rapporto fra cugine: e il punto di genealogica congiunzione è assai remoto, nel tempo e nel luogo. " Le differenze dialettali dell'Italia d'oggi — e quindi anche le di¬ velse pronunzie regionali — si rafforzarono in epoca relativamen te recente, non molto tempo prima ehe il latino prendesse forma mo derna, diventando italiano. Tali ca ratteristiche regionali vennero at tuandosi appena sette o otto se.c°h or sono: ed in esse riaffiora- _ rono, per mirabile fenomeno, le . non mai sopite energie dell'Italia i preromana: energie italiche, Le frontiere linguistiche fra I nostrl dialetti — nella loro generale ripartizione — coincidono con quelle che già v'erano prima che le genti di diversa parlata accettassero istituzioni e leggi romane e anche quella lingua che, con co stante evoluzione, è divenuta l'ita liano, con tutto l'insieme dei suol giaietti: svariatissirhi dialetti ma, senza eccezione, dialetti latini, I Greci, sopravvenuti in tempi storici, trovarono già su queste coste popolazioni italiche, la cui parlata non subì influenze esoticne più durevoli di quelle che, in epoca più recente, poterono lasciarvi I gli invasori calati dal nord musulmani che vennero a predare jdal mare e si insediarono in Siicllia. ! Non dal'a Grecia in Italia ven- imiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiimiiiiiiiiiiiiii [ne ti vocabolo italòs: dall'Italia | In Grecia lo portò Ercole o chi i per lui. :., . , ... . Magari che vuol dire « anche » | Molte parole greche ebbero i Ro- imani. ma le preaero essi stessi: le |portarono a ^oma con le merci e ; con la cunura. e parecchie, più . ^rai, vennero piuttosto da Bisan|zio cne un'Attica. Questa parte d'Italia che fu Manna. Graecia, e dovunque, in Sicilia, i Greci edificarono teatri e templi, da Siracusa ad Agrigento e a Selinunte — la più occidentale lor colonia nell'isola — rimangono imponenti ruderi: ma j il linguaggio non è fatto di pietre: e ben poco rimase nel dialetto. Senza dubbio è greca, ad esempio, è una tipica espressione nostra, che nelle altre lingue si sviluppa in più parole: il nostro efficacissimo « magari! ». Però proprio in Sicilia essa ha un uso diverso che in greco, e diverso che in tutto il resto del Regno. — Mar/ari Ciccio facesse cosi! Questa frase non ha che un significato, dal Moncenisio al Capo S. Maria di Leuca: è bizzarro fenomeno che soltanto in Sicilia essa possa intendersi in due modi diversi: oltre che nel senso ita liano, essa, da un Siciliano, può essere compresa come equivalente a f. Anche Ciccio farebbe così ». E ciò perchè, in dialetto, « magari » significa < anche », e l'uso del congiuntivo imperfetto (« facesse ») invece del condizionale presente («farebbe») è corrente: soltanto un siciliano di discreta cultura riesce a correggersene quando parla italiano. Ma nè runa nè l'altra di queste ìdue caratteristiche siciliane han!no nulla di ellenico: il makàri del :greco antico (Cfr. i lessicografi E ;?ichio del v sec. d. Cr., e Suida Idei X) ha proprio lo stesso valore che in italiano puro e non mai quello di « anche»; ed i Greci di oggi dicono magari come noi prò ^abilmente per influenza della vo i ! tempi antichi ma storici, il g \,ce nostra \ In cambio di vocaboli che, in | ci ha dati, noi ne abbiamo dati non pochi al greco moderno: dal levàntcs al poncntes, dal pòrton al (intoni, dal kapetànios al mùtsos («mozzo»), dal salóni alla riama. dal velùdo alla kaltsa, dalla pènna al kumbàros (« compare »)... La « r » sibilante Per pronunziare il puro italiano, i Siciliani e i Calabresi meridionali debbono correggere il loro r sibilante: e non è cosa facile. E' quasi un rs: e lo si potrebbe supporre originariamente greco, poiché i Romani (che avevano orecchio finissimo, e basta scorrere il de Oratore di Cicerone per trovare in gran numero rilievi fonetici interessantissimi) nella loro trascrizione distinguevano Vr greco dal latino: Reggio era Rhegion o Rhegium, la caparra era arrhabo, e ia rhetorica non perde il suo h nemméno nel trattato di Quintiliano. I Greci stessi avvertivano qualcosa di speciale nel loro r (r/io) e perciò, se iniziale, lo contrassegnavano con quello stesso «spirito aspro » che distingueva le vocali aspirate. Ed il segno è rima- _, .sto* sotYoTo"rmaVi hrpersino'nel-1 i , „„„„„„,, , ,„„„, le lingue moderne a scrittura etimologica, pur in vocaboli dei quali i Greci antichi non ebbero nemmeno l'idea: l'elettrotecnica ha il « reostato », che va scritto rheostat in inglese e tedesco, e rhéostat. in francese. La corrente è elettrica, ma essa scorre secondo il verbo rhéo, che è antico greco. Esiste, in Europa e nel mondo, un sì gran numero di r e sì differenti fra loro, che si potrebbe affermare: «Paese che vai, r che trovi ». Il vocalico r dell'antico indiano rimane nel serbo, e può avere persino l'accento tònico, come in tsrkva (« chiesa »), prst (« dito »), \brz («rapido»), tsrn («nero»). Dalla penisola iberica alla Finlandia vi è tutta una gamma di r: per alcuni di questi suoni la fo netica deve usare paroloni tecnici jche hanno sapore clinico: « r uvu- lare», t.r invertito», «r uvulo-velare»... L'r berlinese coincide strana- mente con quello che si ode a Lon- dra: e, invece, l'« r yrasseyé » francese, che si fa risalire alle« Précieuses » del XVII secolo, non è esattamente l'« r parisien*. E la completa soppressione dell'r fuuna delle affettazioni degli « In■ 1 croyables », ossia dei gagà del Direttorio. Giustissimamente il Marc'Aurelio, il Travaso, il Bertoldo e il Marameo prendono in giro la rara specie dei gagà dall'c r moscio » : questo, appunto perchè « moscio », non è italiano. Ricorrere al ciottolino ? Il nostro >• è limpido, trillante: la punta della lingua deve vibrare liberamente, come la lamlnetta di un rocchetto di Ruhmkorff. Nell'Italia settentrionale, e specialmente in Piemonte, è frequente l'r grasseyé: ma non appartiene ad una determinata regione, nè nella lingua nè nel dialetto: è individuale, e moltissimi piemontesi hanno un r perfetto. Si narra che appunto queste lettera formasse l'ossessione di Demostene: e che egli si curasse! tenendo in bocca un sassolino per sollazzare la punta della lingua, abituandola cosi alla necessaria scioltezza. Ma, se una pietruzza era ri- medio sufficiente, perchè il gran- de oratore avrebbe pagate ben10.000 dramme all'istrione Satiro cile gli diede lezioni di corretta pronunzia? Sarebbe comico dare ai Sicilia- nl il consiglio di usare il leggen-darlo demostenico ciottolino in bocca per correggere il loro tipico r quando voglion parlare buon italiano! Una tradizione inglese fa risa- jbury ed è mentovato da Shake [speare. 1 Dobbiamo attribuire ad Ulisse io, insomma, ai Greci la respon- sabilità di aver lasciato in Sicilia !il tipico r locale? ' E' assai poco probabile. In que'sta regione più che altrove i suo ini del linsuaggio sono tutti indi geni: di remota e misteriosa origine. ma generati da quelle mi ! raeolose forze italiche che sono lire l'origine del Northumbrian burr (il caratteristico r del Nor-thumberland l a. un difetto di prò- nunzia di quel celebre capitano Henry Percy. soprannominato Hotspitr. che fu ucciso a Shrews-! vive tuttora. La Sicilia è un'isola, ma non linguisticamente, nè sotto molti altri aspetti. Sulle cassette postali siciliane — ma soltanto ai fini pratici dello smistamento — è la curiosa indicazione ■ Continente » per le lettere che debbon passare lo Stretto. A leggerla, li o negli annunzi economici dei giornali, hai l'impressione che la terraferma debba essere lontana assai. Invece, i battelli porta-treni compiono la traversata in pochi minuti. E. grazie al Cielo, non si chiaman più femj-boats, ma, italianissimamente. « navi-traghetto », con un vocabolo che, alla porta dello Jonio, ti ricorda le gondole del Canal Grande. Toddi \i■ La dicitura « Continente » non ha che valore postale.

Persone citate: Cicerone, Greci, Henry Percy