Esperienze d'Africa del maggiore Bottai

Esperienze d'Africa del maggiore Bottai Esperienze d'Africa del maggiore Bottai Son due di solito 1 pericoli che corrono i combattenti quando si accingono a mettere nero sul bianco per raccontarci com'è andata: cadere nel reducismo e andar dispersi nei particolari. Il reducismo è, in fin dei conti, un « fatto personale », un'informazione gratuita sulle proprie vicende non senza sconfinamenti nel magico settore degli stati d'animo: perfino dove bisognerebbe avvertire « è vietato l'ingresso ». Non pochi libri di guerra (non parliamo, si capisce, di quelli destinati alla storia militare o addirittura alla Storia, i libri dei condottieri) infastidiscono proprio per una spiacevole vacanza di umano riserbo: manifestazioni di ingenuità che poi passano, ma intanto anche il libro è passato. La guerra, ogni guerra, è un fat to collettivo, del popolo che la com batte o in qualche modo la vive gli umori, le reazioni degli attori non principali e sinanche le gesta — se non siano epiche sul serio non interessano molto il cortese lettore. Il quale, segnatamente s'è rimasto a casa, non osa protestare dtma più non vi legge avante. Non'diverso effetto ha la dovizia del particolare. Chi ha vissuto, e spesso magari « sofferto » il piccolo episodio non sa liberarsi dal ricordo che, anzi, la distanza ingrandisce, slarga in evento. Ottimismo; giochetti della nostalgia. E' da uomo saper resistere alle tentazioni, abbandonandosi se mai al- la '< nostalgia del futuro », tanto più ricca di suggestioni sottili, mi- steriose... Tutt'altro il caso dell'autore di questo Quaderno affricano (San-soni. Firenze, XVin), gran signore della parola, scrittore sma¬ liziato, attento ed espertissimo. Nessuna meraviglia che il taccuino africano di Giuseppe Bottai si faccia leggere d'un fiato — e poi rileggere — per la nobile conciì sione, il nitore della prosa, il semplice e puro linguaggio, la fecondità delle idee, l'elegante giuoco delle luci e il disciplinato calore dei toni, l'interesse costante se pur variamente emotivo del racconto. Si deve aggiungere che questo libro di uno fra i più originali e compiuti letterati del nostro tempo, sapiente cesellatore e dosatore di parole, non è per niente unacosa letteraria be fatalmente compromesso ciò che avreb-laspontaneità delle notazioni e il lo-ro valore di testimonianza. Sicchése è probabile (e c'è da augurar-selo) che ben più di un passo del« Quaderno » figuri nelle prossimeantologie, pur è vero che il libroi a o o singolarissimo documento di stileresta, in sostanza, quale dev'essere, un racconto di guerra vissuta« il memoriale dei pensieri e dellosservazioni » di Bottai durante la guerra africana. Delle quali osservazioni il supremo interesse sta nell'esser volte insieme ai fatti contingenti, immediati e al loro valore in prospettiva. L'episodio appartiene al panorama e lo illumina, com'è prò - &p^ min'sprio della vita di ognuno di noch'è nostra e non solamente nostrama anche del clima, della razzadel tempo cui apparteniamo, diuna storia che si fa di continuo eil cui ritmo è accelerato, appuntodalla guerra. « Dal 1914 — scrive Bottai — laguerra è il fatto che domina la miavita. Venfanni e più dentro laguerra ». E' una dichiarazione im--\ ferma all'istintivo confronto fra le guerre 1915-18 - • guerre 1915-18 e 1935-36 ci e!partecipato (un raffronto che -'istato di tutti i combattenti 1935-36 cui ha sarà delle-ìdue imprese), ma, storicamente ai considerando questo drammatico e -Llorioso ventennio, riconosce nella -." f n Sminante — nrn-o °u?rra " f?"° dominante^—pro-'f™ «>™« sua vita individua-'^ — la «cifra» di questa parte e del secolo. Vivere come attore la - guerra d'Africa è non soltanto net- diritto del fascista e nella logica-!del rivoluzionario ma è ancoran nell'interesse del politico il quale e . .. esnérienzft accrescerà ™n"°y*,Ì^?2SJ^2n^2£ a-\ ?sua < coscienza sro/ita aena pomi nuca», un interesse tutto spirié;tuale e tipico di chi concepisce e-jla politica come perno della vita n- à ami tutt' intera, non dunque politicasoltanto nel senso stretto e corrente ma anche con significato soperfino religiosoa\^f< flc° £ f u-jTip co di chi ha appreso quel dete,to di Mussolini: - Fuori della stoo ;ria l'uomo è nulla». ^'| In A. O. Bottai (il quale ha—— l'età giusta per ca'" 1 pire la guerra: quarant'anni; ma 1 come scrìve fli 4 ci- sembra che anche a venti o a trenta o a cinquanta la si può capire, è il modo di viverla in noche cambia) è maggiore di Fanteria. E' un grado interessante, dsoddisfazione. Gli uomini sono ancora .<alla mano» ; si preparano già i piani se non delle battaglie almeno dei combattimenti. Il battaglione ha sufficiente autonomia perchè sia lecito figurarselo come unagrande famiglia. Il maggiore sase il sottotenente Caio ha dell'inisi Piativa e se al caporale Tizio non 1 -Ti mancano i numeri per comandarall'occorrenza più di una squadraParlando dei suoi soldati il magdi he er on ia n-; essere un0 fra j più singolari e afo- ,»„;; ,,,T*„?;„ „„.. „r a etigiore ha un certo modo per dir« 1 miei uomini » che vi senti la poesia di una non fittizia paternità spirituale. Per il fatto di essere stato ministro, governatore dell'Urbe e dfascinanti oratori d'Italia, per essere insomma Giuseppe Bottaquesti avrebbe ben potuto, con raro prestigio, portare di Divisionin Divisione la sua parola di effio-icace propagandista; avrebbe ani eio d oatla nre nche potuto, con sicuro rendimente — data la particolare dislocazione dei Comandi nella guerra dAfrica — non senza personale rschio, rimanere addetto alla Grande Unità cui da principio fu destnato. Ma egli chiese subito — come gli era consentito dal regolmenti — di andarsene a comadare un battaglione. Volle esseil maggiore Bottai, e niente piùLo accontentarono, salì al rdottino, parlò alla truppa 1 vento dal popolo, ho sempre marciatcol popolosi, compì quella, stessnotte il giro completo del!" gua die, fece conoscenza con le sue trentanove « Caterine » dette anche mitragliatrici, preparò sè e l suoi all'ora decisiva. Un suo consiglio da ricordare fnè sotto le armi soltanto): '(Non v'è dettaglio. Tutto è al centro del problema ». Marce nelle notti fosche. Marce sotto il sole a picco. Raggiustare i collegamenti. Pensare ai viveri. Quando verrà l'ora x? Sistemare le difese nella sosta. Non sprecare i proietti: « Calmo i miei tiratori; li invito a un fuoco lento, di precisione. Accanto mi cade un portatreppiedi, secco. Falciamo il nemico... Nel sole ardente saliamo verso la cima dell'Aradàm..... Andiamo, corriamo fra i sibili... Dovunque, chiazze rosse di sangue... ». La vittoria ha il colore dei capelli di Saffo, il colore che poco prima del tramonto hanno i monti tigrini: « Una veste viola e odora di gelsomino dai cespugli ». Ogni combattente sa di essere rinviato, il rappresentante dell'Italia guerriera e proletaria, il legionario del Duce che ha creato la civiltà del lavoro. « Non vi è trac- 'eia d'uomo; non case, non strade Siamo i primi lavoratori piombati su questa solitudine sovrana ». Il 29 febbraio si apprende che Amba Alagi è nostra. « La notizia ci ha sospinti tutti verso lo sperone del colle aguzzo, donde l'azzurro triangolo meglio compare all'orizzonte... I soldati vi vedevano davvero Toselli, essi che ne : parlano come di conoscente o ami i co ? ». Certamente, lo vedevano, I Proprio come lo vedevano i legio- nari della «XXI Aprile» che quel |medesimo_giorno, col ritornante o e r . e e a nome di Toselli sui labbri, mossero a distruggere l'esercito dì Immerù, il più forte generale del Negus. Ma la guerra non sempre è marcia, sangue, assalto, veglie all'addiaccio, acqua con lo steridrolo, minestrone Chiarìzia, indimenticabili canzoni. A Bottai un giorno arriva l'ordine: — Andare dal Maresciallo. Assumere il governo civile di Addis Abeba. — Bisogna lasciare il Battaglione. « Se non fuggo, piango ». Il maggiore non osa guardare i volti dei suoi uomini. Lasciarli, « quasi di corsa, sotto queste tende, sotto questo sole, in questa gloriosa miseria di strac-1 ci> di privazioni, di sudore, dì sea te... Il cuore duole». -1 Son pagme semplicemente stué;pende. Bottai è qui l'interprete --limpido, schietto e potente dei llsentlmentl dl 0S^1 ufficiale, di ogni e!vero ufficiale verso le proprie trupo, IPe- Ed è anche la prima volta, e, ea, e a ulmtaò crediamo, che Bottai — aristocratico per temperamento e cui il gusto della misura spinge ad un cotal riserbo, quasi freddezza, quasi esagerato compiacimento di non svelarsi — ci appare qual è "dentro, sensibile cuore, non vigilante intelligenza soltanto ma anche calda generosa e gentile umanità, ch'è poi quell'intelligenza dell'anima la quale aiuta gli uomini a vicendevolmente comprendersi ed a si oijvlvere e lavorare msieme. a) Ritornando in Patria « dopo aa, ver messo ordine nella città scondi volta», il maggiore Bottai rivede e le ambe che conobbero la virtù del o, suo battaglione: «Ti ho salutato, Aradàm, dall'alto, trasvolando tra a]le tue vette- A rivederti, così, apa i Pena "levato sull'immenso spiea cmo dl terra. mi pareva di risco-ÌPl'irti in me' sprofondato nella me- e more fantasia ». Carlo A. Avenati

Luoghi citati: A. O., Addis Abeba, Africa, Firenze, Italia, Urbe, Xvin