Torre di guardia

Torre di guardia Torre di guardia a i l o - o a a Dai piedi all'animo Si legge nella Novissima Guida Artaria del 1845: « Le strade di Milano, anticamente così anguste e tortuose, hanno assai guadagnato attualmente sotto ambo i rapporti, ed in pochi anni, grazie aU l'infaticabile zelo della Municipalità, Milano non potrà più nulla invidiare alle altre belle capitali. Se le sue contrade non sono sempre rette, in compenso sono di una estrema pulitezza, e ciò deriva dal modo con cui sono selciate, e dal sistema di condotti sotterranei che servono allo scolo delle acque piovane. Il selciato, che si potrebbe chiamare un elegante pavimento, è composto di ciottoli posti in piano e ben connessi; poi nel mezzo della via e per tutta la sua lunghezza corrono due lastricati o trottato] di granito su cui ruotano le carrozze j>. L'urbanistica però va soggetta al tempo, e ciò che al compilatore della Guida Artari sembrava il massimo della comodità, diventa supremamente scomodo agli Artari del 1940. Oggi, gli edili milanesi vanno a snidare fino nei suoi ultimi rifugi 1'* elegante pavimentazione » dei ciottoli e dei trottatoi, e la sostituiscono con una lucida crosta di asfalto; ma sono ben sicuri di non.ammollire con ciò l'animo dei cittadini? Quando i selci del corso Umberto, a Roma, cedettero il passo ai cubetti di asfalto, un giornale vivamente deplorò che « l'animo del quirite non avesse più modo di temprarsi sugli antichi selci romani ». Resta a spiegare il mistero di questo inaspettato podismo dell'animo, ma, superata questa difficoltà, non si può negare a quel giornalista la tempra dell'educatore. Anche Federico Guglielmo di Prussia, padre di Federico il Grande e della Principessa Guglielmina, insegnava la temperanza, e quando il cameriere riportava in, tavola la zuppa di cavoli che, meno che nelle feste e nei pranzi di gala, costituiva l'ordinario della mensa reale, il re-sergente si serviva una seconda volta, ma, perchè i suoi figli non fossero tentati di fare altrettanto, sputava denItro la zuppiera. Cosi almeno è 'scruto nelle Afenioriedi Guglielmi! na, margravia di Bareith, che Voltaire lodava come uno dei libri più belli del suo tempo. Buco nel paravento Ascoltando un dialogo tra una signora milanese e il suo cocchiere, Stendhal (Romes, Naples et Florence, pag. 72) udì imputare alla strada del Sempione, fatta da quel malsdett Bonapart, i freddi precoci che dopo la rivoluzione francese si erano abbattuti sulla Lombardia. Le dame milanesi credevano che la catena delle Alpi, visibilissima dal corso Venezia, costi.uisse come un muro di riparo contro i venti del nord, e che Napoleone avesse aperto una breccia in quel muro. Noi, per parte nostra, stupiamo dello stupore di Stendhal. Conosciamo un tale, editore di libri d'arte, il quale molto si meravigliò, quando gli dicemmo che i fiumi non sono acqua deimare che se ne va a zonzo per la campagna. La strada del Sempione si chiama ancora « la Napoleona », il qual nome ha questo difetto però di far pensare meno a una strada, che a una donna cicciosa e gigantesca. Per non, sbagliare « I Persiani usano discutere i loro affari più importanti in istato di ebrietà, e l'indomani si fanno ripetere a digiuno ciò che avevano trovato buono nella discussione: se lo trovano buono anch.2 a digiuno lo accettano, altrimenti ci rinunciano. In compenso, una cosa già discussa a digiuno, tornano a discuterla quando sono ubbriachi ». Questo dice. Erodoto nel primo libro delle Storie, e lo stesso modo di deliberare Tacito lo attribuisce ai Germani. Quando Erodoto lesse le sue Storie alle olimpiadi, l'entusiasmo fu tale che ai nove libri furono imposti per acclamazione i nomi delle nove muse. Il primo libro, come si conviene, è dedicato a Clio, che in greco si scrive kleio e significa « chiudo ». Il nome della più severa delle muse rivela la vera fun; zione della storia, di > racchiudere » via via le nostre azioni nel (passato, a fine di toglierci il loro ! Peso. di S0Pra Ie nostre sPalIe- e Ilaici ritrovare ogni mattina un I animo nuovo, I n. . . , ' Divinità per telegrafo ! e i vecchia di quanto si crede Lo stesso Erodoto narra che gli Efesii. assediati da Creso, tìglio di Aliatte. consacrarono la loro città ad Artemide, e, a fine di accaparrarsi il potere della dea, tirarono un filo tra il tempio di essa, collocato fuori porta, e il muro di cinta. Come si vede, l'invenzione del telegrafo è molto più n a, a*vente. i' Come si giudica an filosofo Domandarono a Jules Renard che cosa pensasse di Niethzsche. . Penso, rispose Jules Renard, che ci sono molte lettere inutili nel suo nome ». Postilla grammaticale Abbiamo scritto « domandarono », ma, meno attenti, avremmo potuto scrivere < chiesero », con che avremmo commesso un errore. Si chiede per avere, ma per sapere si domanda. Come vedete, ci sforziamo anche noi, secondo le nostre posse, di collaborare al risanamento della lingua. Dare la caccia agli esotismi è bene, ma non sarebbe male dare la caccia anche alle sgrammaticature che sulle pagine dei giornali spargono tanti puntolini neri. Dopo il secondo terremoto di Anatolia, un grande quotidiano scrisse che egli (il terremoto) aveva fatto molte vittime. Più di quante credeva lo seri- Alberto Savinio

Luoghi citati: Anatolia, Artemide, Lombardia, Milano, Prussia, Roma