Il romanzo della macchina da scrivere di Francesco Argenta

Il romanzo della macchina da scrivere Il romanzo della macchina da scrivere Tutti la ritengono soltanto uno strumento da lauoro ed è, inuece, un congegno che registra con la fedeltà di un apparecchio da laboratorio i dati psicofisici della personalità del dattilografo IVREA, febbraio. La rievocazione di Giuseppe Ravizza svoltasi a Novara la settimana scorsa e la consegna al podestà di quella città del « cembalo scrivano » che l'avvocato novarese aveva ideato un secolo fa, precorrendo, in tutti i dettagli, la soluzione industrialmente data più tardi al problema della scrittura meccanica, ci introducono al romanzo della macchina da scrivere. E' un Tomanzo pieno di interesse, ricco di svolte inattese, di soluzioni impreviste. Chi sospetterebbe che quanto è ormai acquisito intorno al valore del gesto grafico individuale può essere trasportato nel campo della scrittura meccanica e che la macchina da scrivere, ritenuta, per definizione, il congegno ideale per depersonalizzare una delle manifestazioni più individualizzate della personalità umana, rappresenta, invece, uno strumento capace di registrare con una fedeltà paragonabile soltanto a quella dei più sensibili apparecchi di laboratorio, i dati psicofisici, i tratti, in concreto, della personalità di colui che la usa? Profezie americane Non si tratta — e lo vedremo più avanti — di una teoria incerta e malferma, ma di un dato che scaturisce, con il valore e la fermezza di una legge, dalle elaborazioni sperimentali che la scienti ha condotto intorno alle applicazioni dattilografiche. Si tratta, comunque, di un capitolo recentissimo, e fra l più bizzarri, di un romanzo che si dipana, sin dall'inizio, su uno sfondo favoloso e presenta, in tutto il suo corso, una ininterrotta successione di passaggi a sorpresa. Allorché, nel '67 — dieci anni dopo l'invenzione dell'avvocato novarese — furono divulgati in America. i principi su cui si imperniava il funzionamento della macchina «Pterotype» ideata \da John Pratt e che tuttavia non poteva dirsi^ancora, a differenza del «cembalo» di Ravizza, la progenitrice dell'odierna macchina da scrivere, si ebbero cori di esclamazioni e di profezie. Semplici e chiassosi, e tuttavia, come quelli di oggi, dotati di senso pratico, gli americani intuirono subito le applicazioni che potevano trarsi dalla invenzione. *Lo « Scientific american », il più accreditato giornale scientifico del tempo, spiegando che il problema della scrittura meccanica interessava In America al più alto grado, non tardò a vaticinare: « Presto o tardi, l'impiego della penna sarà considerato tedioso e poco soddisfacente. L'insegnamento fastidioso della calligrafia nelle scuole, sarà ridotto all'arte di apprendere la grafia del proprio nome. Chiunque riuscirà a costruire una buona macchina da scrivere, realizzerà non solo una cospicua fortuna, ma renderà un servizio ancora maggiore all'umanità ». Sono passati pochi decenni ed anche quella che appariva come la profezia meno realizzabile sta oggi per avverarsi, appunto in America. Una nutrita corrente di studiosi — educatori, psicologi, pedagoglsti — sostiene che al fanciullo deve essere risparmiata, per l'apprendimento della scrittura, la noia e la tortura dei soliti esercizi, e che l'insegnamento sarà incomparabilmente più facile e dilettevole se il bimbo sarà collocato dinanzi ad una macchina da scrivere ed esortato a pestare, come per giuoco, sui tasti; in capo a pochi giorni egli si orienterà facilmente: riconóscerà 1 segni, Individuerà le lettere dell'alfabeto, manifesterà il desiderio di tracciarle ccn la propria ninno. Esperimenti in tal scn-ò se t stai compiuti su larga scala e con! risultati che gli studiosi a cut risale l'ideazione del singolare metodo di insegnamento, giudicano univoci e concludenti: nessun tedio per il fanciullo durante tutto il corso degli esercizi d'apprendimento, ma un manifesto diletto, e l'ansia, quasi, di giungere rapidamente a tracciare colla mano i segni impressi sulla carta mediante la percussione dei tasti. 12 milioni di dattilografi..- Se si ha da restare scettici intorno alla pratica possibilità che questo metodo abbia a diffondersi ed a generalizzarsi (l'insegnamento della calligrafia si ridurrebbe in effetto « all'arte di apprendere la grafia del proprio nome») si ha, per contro, da restar sbalorditi dinanzi alla vorticosa generalizzazione che le applicazioni dattilografiche hanno avuto altrimenti. Secondo una statistica elaborata di recente in America, con dati raccolti in tutti i paesi del globo, si contano oggi nel mondo dodici milioni di dattilografi: dodici milioni di persone che trovano la loro ragione di .vita nelle applicazioni dischiuse dalla conquista della scrittura meccanica; un esercito sterminato e formidabile, anche se composto per oltre 11 sessanta per cento di donne (si vuole che nel lavoro dattilografico la donna dia un rendimento superiore del 20 per cento a quello che può ottenersi dall'uomo) e che destinato ad ingrossarsi via via, quotidianamente, è rincalzato ancora dalla schiera di quanti si servono della dattilografia saltuariamente e ne fanno un'applicazione, per cosi dire, personale e privata. Sarebbe assurdo, mentre ognu no di noi è spettatore partecipe 0 promotore del trionfante movimento con cui la macchina da scri¬ vtssnbcnnclzza vere penetra e si Impone nella pratica quotidiana, insistere sugli aspetti della rivoluzione che laU nnlscrittura meccanica ha generato ; cnella vita d'ufficio. Se ne trarreb bero, senza dubbio, motivi spetta- cauDDio, motivi spellaciesarebbero motivi gia;midmaivascolari, ma noti. Spettacolari e, tuttavia, sco nosciuti, sono, invece, gli aspetti che presenta il fenomeno produttivo. La « cospicua fortuna » che lo « Scientific american » preconizzava per il costruttore di una buona macchina da scrivere è toccata a più d'uno. Per darsi alla costruzione delle macchine scriventi, Remington, sullo scorcio del secolo! passato, trovò conveniente abban-j donare, nella sua fabbrica d Ilion, mla fabbricazione dei fucili. Larma nche doveva sbaragliare e sostituì- tre la penna nelle incruente lotte pepistolari, trovava sul mercato un assorbimento più facile delle armi da fuoco. Del resto, il baratto risultò]fruttuosissimo. E questo sin dagli;anni che accompagnarono le pri- ■ me applicazioni industriali della',scoperta. Nell'81, Remington giàlinvadeva l'Europa con la sua pro-'duzione in serie, mentre il nostro Ravizza, al quale oggi nessuno oserebbe più contestare la priorità della clamorosa invenzione, era costretto, dalla incomprensione e dalla neghittosità degli italiani del tempo, a struggersi ancora nei sogni e nella speranza. « Ho portato al signor Fantonl — egli annotava nel suo diario, il 12 novembre di quell'anno — la macchina n. 16, che serve. Egli è intenzionato e deciso di rivendicare all'Italia la priorità di questa invenzione e di diffonderla in Italia, abbandonando la macchina americana. A quest'uopo valersi anzitutto della superiorità della scrittura visibile, prendere il brevetto, costituire una potente società, fare un tipo scevro dai difetti dell'attuale e superiore a quello Remington, farne costruire 200 e portarle all'Esposizione di Torino. Oh che bel programma! ». Ma il programma non potè, neppure embrionalmente, essere attuato. Quattro anni dopo il Ravizza si spegneva: stanco e sfiduciato, egli aveva assistito al crollo di tutti i suoi sogni, mentre dall'applicazione dei prin¬ U cipi che egli aveva per primo enunciato, prorompeva e dilagava nel mondo la fortuna, il successo di altri. |...e 10 milioni di macchine iQua e e la durata, la vita ai una normale macchina da scrivere ? | Tutti i tecnici sono concordi nel-, l'affermare che essa spazia fra i ; clnque e i venticinque anni: il fat- ; tore che concorre essenzialmente j a determinarla è l'usura a cui la macchina è sottoposta. Ma i tecnici sono concordi altresì nel rilevare che il limite massimo di durata è oggi toccato solo in rarissimi casi. In questa nostra tempestosa epoca, anche l'invecchiamento delle macchine da scrivere si è fatto precoce. E' per questa ragione che [il ritmo produttivo delle fabbriche non si acqueta, non si attenua, ma si vivifica e si rinfocola, invece, anche In ragione delle intermitten-1 ti e favorevoli prospettive che pre-|senta il mercato; in ragione, so-! prattutto, dello scatenarsi della concorrenza. Praticamente, la produzione annua mondiale di macchine scriventi supera le possibilità di assorbimento che offre il mercato, eccede di un margine non lieve il fabbisogno corrente. Star lo alle rilevazioni degli statistici iiiiericani che si sono cimentati, come già abbiamo visto, nel determinare il numero dei dattilografi esistenti ne! mondo, le macchine da scrivere in esercizio nel mondo non sarebbe meno di dieci milioni. Orbene, la produzione mondiale supera largamente il dieci per ; cento della consistenza delle macchine globalmente in funzione: si ieieva| ogni ann0| ad un milione e;mezzo di macchine. Una grande, una potentissimaindustria-e qui si dischiude unodei capitoli più avventurosi nel ro-manzo della macchina da scrivere a^och^'anni3' pelalo sfruttamento industriale dei principi che il Ravizza, con generosa anticipazione, aveva indicati. Negli Stati Uniti, soltanto, la produzione annua su ! j ; due terzi della produzione mondiale: più di 600 mila macchi ne KStandard,. circa 400 mila por. tatm Per n clnquanta per cento la produzione americana, il cui vaio rg attinge cifre favolose, è destii nata ail'esportazione. Ma per Te spoliazione lavorano oggi attivaò]mente anche le fabbriche sorte in i;Europa. Quanto all'Italia, dove le - ■ macchine in esercizio sono più di a',450 mila, le cose sono molto camàlbiate in questi ultimi anni. Lar-'gamente tributari all'estero sino o à l o e , e a i , e l'estero. Ed a questa produzione, o che per il 25 per cento si irradiaad un passato recente (dieci anni fa si importavano ancora 20 milamacchine all'anno, per un valoreche incideva sulla bilancia com- merciale per quasi venti milioni)siamo oggi in prima linea nel mo-vimento di esportazione. Ce lo ri-velano i tecnici, ce lo dicono. congiusto senso d'orgoglio, gli operaidi questa fabbrica, che è la pri- ma sorta in Italia. Piena autarchia in Italia In cifra tonda, la produzione na-zionale supera oggi di due volteIl quantitativo di macchine che il mercato assorbiva in passato dal- n tutti i paesi europei ed a„chelin quelli transoceanici, gli stabili-!menti.Olivetti concorrono per il 75per cento. Vedremo in seguito co- ne questa produzione si ottenga, attraverso quale favoloso ciclo sicompia la lavorazione dei tremilaelementi da cui risulta formata una comune macchina da scrivere, con quale attenzione si elaborinoi piani di lavorazione, si studino 1 dettagli di costruzione, si cerchi il perfezionamento di ogni elemen-to. Ma su una fase, che corrispon- te, in concreto, ad una metà del processo lavorativo, conviene sin da ora indugiarsi. Chiusa ormai da anni epoca nelle grandi invenzioni (colla co- mune macchina da scrivere si so- no ottenute la « macchina scriven-te ed addizionatrice» ed, infine. la «telescrivente», la quale per-mette di scambiare rapidamente SSrSff 'r,t pumi comunque distanti, collega- ti da una linea telegrafica o tele- fonica) gli sforzi dei costruttori sono indirizzati oggi verso un'uni- ca mèta: ottenere che la macchina offra un'uniforme locità di scrittura. ed elevata vp- Non altra è laevoluzione in atto nella tecnica co-struttiva. Mala portata pratica diquesto indirizzo evolutivo è più vasta di quello che si possa a tut-ta prima supporre: essa non in- veste soltanto l'indice qualitativoche potrà presentare la macchina in «<cf>„.in.. ™„ „• ..; 2^, n costruzione ma si ripercuote sul lavoro che il dattilografo compirànell'usare la macchina. Francesco Argenta Una delle operazioni più delicate nel montaggio della macchina da scrivere: la saldatura dei martelletti che recano i caratteri. ! Il romanzo della macchina da scrivere Il romanzo della macchina da scrivere Tutti la ritengono soltanto uno strumento da lauoro ed è, inuece, un congegno che registra con la fedeltà di un apparecchio da laboratorio i dati psicofisici della personalità del dattilografo IVREA, febbraio. La rievocazione di Giuseppe Ravizza svoltasi a Novara la settimana scorsa e la consegna al podestà di quella città del « cembalo scrivano » che l'avvocato novarese aveva ideato un secolo fa, precorrendo, in tutti i dettagli, la soluzione industrialmente data più tardi al problema della scrittura meccanica, ci introducono al romanzo della macchina da scrivere. E' un Tomanzo pieno di interesse, ricco di svolte inattese, di soluzioni impreviste. Chi sospetterebbe che quanto è ormai acquisito intorno al valore del gesto grafico individuale può essere trasportato nel campo della scrittura meccanica e che la macchina da scrivere, ritenuta, per definizione, il congegno ideale per depersonalizzare una delle manifestazioni più individualizzate della personalità umana, rappresenta, invece, uno strumento capace di registrare con una fedeltà paragonabile soltanto a quella dei più sensibili apparecchi di laboratorio, i dati psicofisici, i tratti, in concreto, della personalità di colui che la usa? Profezie americane Non si tratta — e lo vedremo più avanti — di una teoria incerta e malferma, ma di un dato che scaturisce, con il valore e la fermezza di una legge, dalle elaborazioni sperimentali che la scienti ha condotto intorno alle applicazioni dattilografiche. Si tratta, comunque, di un capitolo recentissimo, e fra l più bizzarri, di un romanzo che si dipana, sin dall'inizio, su uno sfondo favoloso e presenta, in tutto il suo corso, una ininterrotta successione di passaggi a sorpresa. Allorché, nel '67 — dieci anni dopo l'invenzione dell'avvocato novarese — furono divulgati in America. i principi su cui si imperniava il funzionamento della macchina «Pterotype» ideata \da John Pratt e che tuttavia non poteva dirsi^ancora, a differenza del «cembalo» di Ravizza, la progenitrice dell'odierna macchina da scrivere, si ebbero cori di esclamazioni e di profezie. Semplici e chiassosi, e tuttavia, come quelli di oggi, dotati di senso pratico, gli americani intuirono subito le applicazioni che potevano trarsi dalla invenzione. *Lo « Scientific american », il più accreditato giornale scientifico del tempo, spiegando che il problema della scrittura meccanica interessava In America al più alto grado, non tardò a vaticinare: « Presto o tardi, l'impiego della penna sarà considerato tedioso e poco soddisfacente. L'insegnamento fastidioso della calligrafia nelle scuole, sarà ridotto all'arte di apprendere la grafia del proprio nome. Chiunque riuscirà a costruire una buona macchina da scrivere, realizzerà non solo una cospicua fortuna, ma renderà un servizio ancora maggiore all'umanità ». Sono passati pochi decenni ed anche quella che appariva come la profezia meno realizzabile sta oggi per avverarsi, appunto in America. Una nutrita corrente di studiosi — educatori, psicologi, pedagoglsti — sostiene che al fanciullo deve essere risparmiata, per l'apprendimento della scrittura, la noia e la tortura dei soliti esercizi, e che l'insegnamento sarà incomparabilmente più facile e dilettevole se il bimbo sarà collocato dinanzi ad una macchina da scrivere ed esortato a pestare, come per giuoco, sui tasti; in capo a pochi giorni egli si orienterà facilmente: riconóscerà 1 segni, Individuerà le lettere dell'alfabeto, manifesterà il desiderio di tracciarle ccn la propria ninno. Esperimenti in tal scn-ò se t stai compiuti su larga scala e con! risultati che gli studiosi a cut risale l'ideazione del singolare metodo di insegnamento, giudicano univoci e concludenti: nessun tedio per il fanciullo durante tutto il corso degli esercizi d'apprendimento, ma un manifesto diletto, e l'ansia, quasi, di giungere rapidamente a tracciare colla mano i segni impressi sulla carta mediante la percussione dei tasti. 12 milioni di dattilografi..- Se si ha da restare scettici intorno alla pratica possibilità che questo metodo abbia a diffondersi ed a generalizzarsi (l'insegnamento della calligrafia si ridurrebbe in effetto « all'arte di apprendere la grafia del proprio nome») si ha, per contro, da restar sbalorditi dinanzi alla vorticosa generalizzazione che le applicazioni dattilografiche hanno avuto altrimenti. Secondo una statistica elaborata di recente in America, con dati raccolti in tutti i paesi del globo, si contano oggi nel mondo dodici milioni di dattilografi: dodici milioni di persone che trovano la loro ragione di .vita nelle applicazioni dischiuse dalla conquista della scrittura meccanica; un esercito sterminato e formidabile, anche se composto per oltre 11 sessanta per cento di donne (si vuole che nel lavoro dattilografico la donna dia un rendimento superiore del 20 per cento a quello che può ottenersi dall'uomo) e che destinato ad ingrossarsi via via, quotidianamente, è rincalzato ancora dalla schiera di quanti si servono della dattilografia saltuariamente e ne fanno un'applicazione, per cosi dire, personale e privata. Sarebbe assurdo, mentre ognu no di noi è spettatore partecipe 0 promotore del trionfante movimento con cui la macchina da scri¬ vtssnbcnnclzza vere penetra e si Impone nella pratica quotidiana, insistere sugli aspetti della rivoluzione che laU nnlscrittura meccanica ha generato ; cnella vita d'ufficio. Se ne trarreb bero, senza dubbio, motivi spetta- cauDDio, motivi spellaciesarebbero motivi gia;midmaivascolari, ma noti. Spettacolari e, tuttavia, sco nosciuti, sono, invece, gli aspetti che presenta il fenomeno produttivo. La « cospicua fortuna » che lo « Scientific american » preconizzava per il costruttore di una buona macchina da scrivere è toccata a più d'uno. Per darsi alla costruzione delle macchine scriventi, Remington, sullo scorcio del secolo! passato, trovò conveniente abban-j donare, nella sua fabbrica d Ilion, mla fabbricazione dei fucili. Larma nche doveva sbaragliare e sostituì- tre la penna nelle incruente lotte pepistolari, trovava sul mercato un assorbimento più facile delle armi da fuoco. Del resto, il baratto risultò]fruttuosissimo. E questo sin dagli;anni che accompagnarono le pri- ■ me applicazioni industriali della',scoperta. Nell'81, Remington giàlinvadeva l'Europa con la sua pro-'duzione in serie, mentre il nostro Ravizza, al quale oggi nessuno oserebbe più contestare la priorità della clamorosa invenzione, era costretto, dalla incomprensione e dalla neghittosità degli italiani del tempo, a struggersi ancora nei sogni e nella speranza. « Ho portato al signor Fantonl — egli annotava nel suo diario, il 12 novembre di quell'anno — la macchina n. 16, che serve. Egli è intenzionato e deciso di rivendicare all'Italia la priorità di questa invenzione e di diffonderla in Italia, abbandonando la macchina americana. A quest'uopo valersi anzitutto della superiorità della scrittura visibile, prendere il brevetto, costituire una potente società, fare un tipo scevro dai difetti dell'attuale e superiore a quello Remington, farne costruire 200 e portarle all'Esposizione di Torino. Oh che bel programma! ». Ma il programma non potè, neppure embrionalmente, essere attuato. Quattro anni dopo il Ravizza si spegneva: stanco e sfiduciato, egli aveva assistito al crollo di tutti i suoi sogni, mentre dall'applicazione dei prin¬ U cipi che egli aveva per primo enunciato, prorompeva e dilagava nel mondo la fortuna, il successo di altri. |...e 10 milioni di macchine iQua e e la durata, la vita ai una normale macchina da scrivere ? | Tutti i tecnici sono concordi nel-, l'affermare che essa spazia fra i ; clnque e i venticinque anni: il fat- ; tore che concorre essenzialmente j a determinarla è l'usura a cui la macchina è sottoposta. Ma i tecnici sono concordi altresì nel rilevare che il limite massimo di durata è oggi toccato solo in rarissimi casi. In questa nostra tempestosa epoca, anche l'invecchiamento delle macchine da scrivere si è fatto precoce. E' per questa ragione che [il ritmo produttivo delle fabbriche non si acqueta, non si attenua, ma si vivifica e si rinfocola, invece, anche In ragione delle intermitten-1 ti e favorevoli prospettive che pre-|senta il mercato; in ragione, so-! prattutto, dello scatenarsi della concorrenza. Praticamente, la produzione annua mondiale di macchine scriventi supera le possibilità di assorbimento che offre il mercato, eccede di un margine non lieve il fabbisogno corrente. Star lo alle rilevazioni degli statistici iiiiericani che si sono cimentati, come già abbiamo visto, nel determinare il numero dei dattilografi esistenti ne! mondo, le macchine da scrivere in esercizio nel mondo non sarebbe meno di dieci milioni. Orbene, la produzione mondiale supera largamente il dieci per ; cento della consistenza delle macchine globalmente in funzione: si ieieva| ogni ann0| ad un milione e;mezzo di macchine. Una grande, una potentissimaindustria-e qui si dischiude unodei capitoli più avventurosi nel ro-manzo della macchina da scrivere a^och^'anni3' pelalo sfruttamento industriale dei principi che il Ravizza, con generosa anticipazione, aveva indicati. Negli Stati Uniti, soltanto, la produzione annua su ! j ; due terzi della produzione mondiale: più di 600 mila macchi ne KStandard,. circa 400 mila por. tatm Per n clnquanta per cento la produzione americana, il cui vaio rg attinge cifre favolose, è destii nata ail'esportazione. Ma per Te spoliazione lavorano oggi attivaò]mente anche le fabbriche sorte in i;Europa. Quanto all'Italia, dove le - ■ macchine in esercizio sono più di a',450 mila, le cose sono molto camàlbiate in questi ultimi anni. Lar-'gamente tributari all'estero sino o à l o e , e a i , e l'estero. Ed a questa produzione, o che per il 25 per cento si irradiaad un passato recente (dieci anni fa si importavano ancora 20 milamacchine all'anno, per un valoreche incideva sulla bilancia com- merciale per quasi venti milioni)siamo oggi in prima linea nel mo-vimento di esportazione. Ce lo ri-velano i tecnici, ce lo dicono. congiusto senso d'orgoglio, gli operaidi questa fabbrica, che è la pri- ma sorta in Italia. Piena autarchia in Italia In cifra tonda, la produzione na-zionale supera oggi di due volteIl quantitativo di macchine che il mercato assorbiva in passato dal- n tutti i paesi europei ed a„chelin quelli transoceanici, gli stabili-!menti.Olivetti concorrono per il 75per cento. Vedremo in seguito co- ne questa produzione si ottenga, attraverso quale favoloso ciclo sicompia la lavorazione dei tremilaelementi da cui risulta formata una comune macchina da scrivere, con quale attenzione si elaborinoi piani di lavorazione, si studino 1 dettagli di costruzione, si cerchi il perfezionamento di ogni elemen-to. Ma su una fase, che corrispon- te, in concreto, ad una metà del processo lavorativo, conviene sin da ora indugiarsi. Chiusa ormai da anni epoca nelle grandi invenzioni (colla co- mune macchina da scrivere si so- no ottenute la « macchina scriven-te ed addizionatrice» ed, infine. la «telescrivente», la quale per-mette di scambiare rapidamente SSrSff 'r,t pumi comunque distanti, collega- ti da una linea telegrafica o tele- fonica) gli sforzi dei costruttori sono indirizzati oggi verso un'uni- ca mèta: ottenere che la macchina offra un'uniforme locità di scrittura. ed elevata vp- Non altra è laevoluzione in atto nella tecnica co-struttiva. Mala portata pratica diquesto indirizzo evolutivo è più vasta di quello che si possa a tut-ta prima supporre: essa non in- veste soltanto l'indice qualitativoche potrà presentare la macchina in «<cf>„.in.. ™„ „• ..; 2^, n costruzione ma si ripercuote sul lavoro che il dattilografo compirànell'usare la macchina. Francesco Argenta Una delle operazioni più delicate nel montaggio della macchina da scrivere: la saldatura dei martelletti che recano i caratteri. !

Persone citate: Giuseppe Ravizza, John Pratt, Ravizza, Remington