I giacimenti carboniferi delle zone piemontesi

I giacimenti carboniferi delle zone piemontesi imbwnatibiH nostrani I giacimenti carboniferi delle zone piemontesi Ciò che si è fatto e ciò che ancora si può fare Dichiarazioni di un esperto del Politecnico di Torino In altra parte del giornale pubblichiamo il comunicato riferentcsi alle direttivo impartite dal Duce ni presidente dell Associazione nazionale, per il controllo della combustione circa l'azione da- svolgere in seguilo al divieto di impiegare carboni esteri e i cokes da essi derivali per il riscaldamento degli edifici pubblici e privali, divieto clic avrà effetto a. partire dal 1" ottobre del corrente anno. Si tratta sostanzialmente di prepararsi già fin d'ora all'uso dei combustibili nazionali e di conseguenza a quegli opportuni adattamenti degli impianti che consentono di trarre il mangiar profitto da. tali combustibili.'Come fi noto, l'Associazione fi suddivisa in undici sezioni che hanno la sede nelle principali città d'Italia, con raggio dazione nelle rispettive regioni. Fra esse vi è anche Torino per il Piemonte, con sottosezioni ad Alessandria, Biella, Novara. E' stato annunciato che martedì prossimo i direttori delle sezioni si riuniranno a Roma; ed è presumibile che solo in seguito a questa riunione si possano'avere gli elementi per l'opera da svolgere. Abbiamo intanto avuto occasione di intrattenerci in tema di produzione nostrana, di combustibili ^minerari, e più particolarmente piemontesi, con un intenditore della materia, il prof. Luigi Peretti del R. Politecnico della nostra città. Dopo aver elencato i carboni fossili in torbe, di formazione attuale e recente (epoca quaternaria), in Ugnili di età più aulica (epoca terziaria I, e in litantraci e antraciti di età remotissima (epoca secondaria e paleozoica); e dopo aver chiarito che le migliori ligniti, quanto a requisiti applicativi, si avvicinano ai litantraci, i quali a loro volta sono i meglio indicati per la produzione del coke metallurgico e perciò si distinguono dalle antraciti, il prof. Peretti, venendo a, parlare del Piemonte, dove i lembi carboniferi dell'alta Vaile d'Aosta ricompaiono nelle Alpi marittime e nelle alte valli della Bormida, ha precisato che primeggiano per importanza mineraria i giacimenti antraciferi di Porta Littoria, già La Tintile, sui quali La Stampa cicca sette anni or sono fu la prima, con mia visita alle miniere, a dare ampie ed esaurienti notizie. Superficialmente escavati da oltre un secolo — ha proseguito il professore — i giacimenti in parola furono oggetto di rinnovati studi da parte degli ingegneri dell'Ufficio geologico, seguiti da razionali coltivazioni in grand-e stile. Costituito di parecchi banchi d'antracite subparalleli, di poco spessore ma con ingrossamenti rilevanti e di notevole estensione, essi sono sfruttati dalla Società Nazionale Cogne. Il quantitativo estraibile è accertato in un minimo di oltre IO milioni di tonnellate, ma i lavori di ricerca in atto faranno salire assai questa cifra. L'antracite di Polla. Littoria, assai ricca di ceneri, ma esente da zolfo, viene arricchita, liberandola, dalla parte sterile, e in piccola parte impastata con pece di catrame nello stabilimento di Valdigna. Meglio che per focolari domestici, la sua combustione risulta redditizia negli impianti industriali dì riscaldamento di forni metallurgici da cemento e da laterizi, ecc. Caratteristiche analoghe (assenna di zolfo e ceneri abbondanti) presentano i giacimenti antracitiferi, assai più esigui e meno conosciuti di Demonio e Valloriate e quello di Vallone di Fissele presso Acceglio (d'età Manca) in provincia di Cuneo: essi furono oi/getto di assaggi numerosi, ma non vennero mai coltivati profondamente per lo spessire dei banchi, che pare non superi, in media, alcuni decimetri. Ancor geograficamente piemontesi, seppure amministrativamente liguri, .si intagliano le formazioni carbonifero dello valli della Bormida di Mollare, di Pallore, di Origlia e di Murialdo, mettendo qua e là allo scoperto lenii appianile d'antracite buccioide, un po' grafitasti. Le coltivazioni in superficie si succedeiIero a più riprese e i loro risultati fanno ritenere oggi opportuni nuovi lavori di ricerca per una rivalutazione, del i/iacimento, che appare povero, ma- abbastanza esteso. Le ligniti piemontesi risolvono in gran parte al perindo oligocenico dell'era terziaria — talune al miocene 0 al pliocene, e costituiscono strati per lo più, sottili e regolari intercalati fra banchi di sedimenti terrigeni di deposito litoraneo. Gli affioramenti di lignite picea nelle Langhe meridionali, furono fin dal secolo scorso sfruttati localmente per la facile combustione del carbone. Fra Bagnasco, Massimino e Gambcrone (Nuceto) furono riconosciuti tre strati Ugnitici, cadano da m. 0,50 a m. 0,10 di spessore, fra marne arenarie e conglomerati longriani. ripiegati a bacino. Sì affermò che l'estensione del giacimento fosse di centinaia d'ettari, ma i pareri sono discordi, le coltivazioni furono sospese ed occorsero trivellazioni che ragguaglino sull'effettiva consistenza della miniera. Del resto si tratta d'un buon Materiale, di elevato rendimento tecnico, utilizzabile anche per distillazione. Più spesso gli straterelli lignitici provenienti da fluitazioni locali pluvio-lacuslri di frustoli vegetali, non raggiungono una potenza su. un'estensione tale da consentire l'economica estrazione : così accade per le ligniti oligoceniche di Poggio di Ceva, di Monte Orditane (Val Gorzente), di Ponzane (Acqui), per le lenticelle lignitiche oligomioccniche riscontrate in più, punti delle colline torinesi, per i depositi miocenici di Vicoforte di Mondavi e per quelli pliocenici dì Castelelto Cervo e di altre località bieìlesi e di Momcllo presso Lonzo. Quotilo alle torbiere quaternarie hiteimoreniche di Trana, Torre di Bwiro, Romano, S. Martino, Piaifrè, Montaldo, Alice, presso Ivrea, e a quelli di Scalenglie, di Buttigliera, di Mercenago, Gattico e Borgo Ticino nel Novarese, attivamente coltivate un secolo addietro con urna produzione annua che sor passò le S0.000 tonnellate, esse possono considsi-arsi pressoché esaurite del loro materiale miglio re. Le torbiere attuali di Azeglio, Pìverone e Avìgliana, finora non sfruttate, non fanno sperare di ri trame torbe industrialmente utilizzabili perchè troppo commiste a sedimenti terrigeni, ricchi di a& qua e in letti sottili. In complesso — ha soggiunto il prof. Peretti — le risorse di combustibili fossili del Piemonte non possono paragonarsi — salvo che per le antraciti — a quelle della Sardegna, delle Venezie, della Toscana e dell' Umbria. Giacimenti generalmente assai modesti 0 meno che modesti; larboni mediocri 0 scadenti; ubicazioni delle miniere non favorevoli; intrapprcnditori timorosi dell'alca inerente ad ogni impresa mineraria ed inadeguata- iiiiiimiitniiiiiiii min iniiiiiiiiiiiii I giacimenti carboniferi delle zone piemontesi imbwnatibiH nostrani I giacimenti carboniferi delle zone piemontesi Ciò che si è fatto e ciò che ancora si può fare Dichiarazioni di un esperto del Politecnico di Torino In altra parte del giornale pubblichiamo il comunicato riferentcsi alle direttivo impartite dal Duce ni presidente dell Associazione nazionale, per il controllo della combustione circa l'azione da- svolgere in seguilo al divieto di impiegare carboni esteri e i cokes da essi derivali per il riscaldamento degli edifici pubblici e privali, divieto clic avrà effetto a. partire dal 1" ottobre del corrente anno. Si tratta sostanzialmente di prepararsi già fin d'ora all'uso dei combustibili nazionali e di conseguenza a quegli opportuni adattamenti degli impianti che consentono di trarre il mangiar profitto da. tali combustibili.'Come fi noto, l'Associazione fi suddivisa in undici sezioni che hanno la sede nelle principali città d'Italia, con raggio dazione nelle rispettive regioni. Fra esse vi è anche Torino per il Piemonte, con sottosezioni ad Alessandria, Biella, Novara. E' stato annunciato che martedì prossimo i direttori delle sezioni si riuniranno a Roma; ed è presumibile che solo in seguito a questa riunione si possano'avere gli elementi per l'opera da svolgere. Abbiamo intanto avuto occasione di intrattenerci in tema di produzione nostrana, di combustibili ^minerari, e più particolarmente piemontesi, con un intenditore della materia, il prof. Luigi Peretti del R. Politecnico della nostra città. Dopo aver elencato i carboni fossili in torbe, di formazione attuale e recente (epoca quaternaria), in Ugnili di età più aulica (epoca terziaria I, e in litantraci e antraciti di età remotissima (epoca secondaria e paleozoica); e dopo aver chiarito che le migliori ligniti, quanto a requisiti applicativi, si avvicinano ai litantraci, i quali a loro volta sono i meglio indicati per la produzione del coke metallurgico e perciò si distinguono dalle antraciti, il prof. Peretti, venendo a, parlare del Piemonte, dove i lembi carboniferi dell'alta Vaile d'Aosta ricompaiono nelle Alpi marittime e nelle alte valli della Bormida, ha precisato che primeggiano per importanza mineraria i giacimenti antraciferi di Porta Littoria, già La Tintile, sui quali La Stampa cicca sette anni or sono fu la prima, con mia visita alle miniere, a dare ampie ed esaurienti notizie. Superficialmente escavati da oltre un secolo — ha proseguito il professore — i giacimenti in parola furono oggetto di rinnovati studi da parte degli ingegneri dell'Ufficio geologico, seguiti da razionali coltivazioni in grand-e stile. Costituito di parecchi banchi d'antracite subparalleli, di poco spessore ma con ingrossamenti rilevanti e di notevole estensione, essi sono sfruttati dalla Società Nazionale Cogne. Il quantitativo estraibile è accertato in un minimo di oltre IO milioni di tonnellate, ma i lavori di ricerca in atto faranno salire assai questa cifra. L'antracite di Polla. Littoria, assai ricca di ceneri, ma esente da zolfo, viene arricchita, liberandola, dalla parte sterile, e in piccola parte impastata con pece di catrame nello stabilimento di Valdigna. Meglio che per focolari domestici, la sua combustione risulta redditizia negli impianti industriali dì riscaldamento di forni metallurgici da cemento e da laterizi, ecc. Caratteristiche analoghe (assenna di zolfo e ceneri abbondanti) presentano i giacimenti antracitiferi, assai più esigui e meno conosciuti di Demonio e Valloriate e quello di Vallone di Fissele presso Acceglio (d'età Manca) in provincia di Cuneo: essi furono oi/getto di assaggi numerosi, ma non vennero mai coltivati profondamente per lo spessire dei banchi, che pare non superi, in media, alcuni decimetri. Ancor geograficamente piemontesi, seppure amministrativamente liguri, .si intagliano le formazioni carbonifero dello valli della Bormida di Mollare, di Pallore, di Origlia e di Murialdo, mettendo qua e là allo scoperto lenii appianile d'antracite buccioide, un po' grafitasti. Le coltivazioni in superficie si succedeiIero a più riprese e i loro risultati fanno ritenere oggi opportuni nuovi lavori di ricerca per una rivalutazione, del i/iacimento, che appare povero, ma- abbastanza esteso. Le ligniti piemontesi risolvono in gran parte al perindo oligocenico dell'era terziaria — talune al miocene 0 al pliocene, e costituiscono strati per lo più, sottili e regolari intercalati fra banchi di sedimenti terrigeni di deposito litoraneo. Gli affioramenti di lignite picea nelle Langhe meridionali, furono fin dal secolo scorso sfruttati localmente per la facile combustione del carbone. Fra Bagnasco, Massimino e Gambcrone (Nuceto) furono riconosciuti tre strati Ugnitici, cadano da m. 0,50 a m. 0,10 di spessore, fra marne arenarie e conglomerati longriani. ripiegati a bacino. Sì affermò che l'estensione del giacimento fosse di centinaia d'ettari, ma i pareri sono discordi, le coltivazioni furono sospese ed occorsero trivellazioni che ragguaglino sull'effettiva consistenza della miniera. Del resto si tratta d'un buon Materiale, di elevato rendimento tecnico, utilizzabile anche per distillazione. Più spesso gli straterelli lignitici provenienti da fluitazioni locali pluvio-lacuslri di frustoli vegetali, non raggiungono una potenza su. un'estensione tale da consentire l'economica estrazione : così accade per le ligniti oligoceniche di Poggio di Ceva, di Monte Orditane (Val Gorzente), di Ponzane (Acqui), per le lenticelle lignitiche oligomioccniche riscontrate in più, punti delle colline torinesi, per i depositi miocenici di Vicoforte di Mondavi e per quelli pliocenici dì Castelelto Cervo e di altre località bieìlesi e di Momcllo presso Lonzo. Quotilo alle torbiere quaternarie hiteimoreniche di Trana, Torre di Bwiro, Romano, S. Martino, Piaifrè, Montaldo, Alice, presso Ivrea, e a quelli di Scalenglie, di Buttigliera, di Mercenago, Gattico e Borgo Ticino nel Novarese, attivamente coltivate un secolo addietro con urna produzione annua che sor passò le S0.000 tonnellate, esse possono considsi-arsi pressoché esaurite del loro materiale miglio re. Le torbiere attuali di Azeglio, Pìverone e Avìgliana, finora non sfruttate, non fanno sperare di ri trame torbe industrialmente utilizzabili perchè troppo commiste a sedimenti terrigeni, ricchi di a& qua e in letti sottili. In complesso — ha soggiunto il prof. Peretti — le risorse di combustibili fossili del Piemonte non possono paragonarsi — salvo che per le antraciti — a quelle della Sardegna, delle Venezie, della Toscana e dell' Umbria. Giacimenti generalmente assai modesti 0 meno che modesti; larboni mediocri 0 scadenti; ubicazioni delle miniere non favorevoli; intrapprcnditori timorosi dell'alca inerente ad ogni impresa mineraria ed inadeguata- iiiiiimiitniiiiiiii min iniiiiiiiiiiiii

Persone citate: Duce, Luigi Peretti Del R., Mondavi, Montaldo, Novarese, Origlia, Peretti, Vaile