Colui che cerca l'anima e la vita della morta umanità di Pompei ed Ercolano

Colui che cerca l'anima e la vita della morta umanità di Pompei ed Ercolano >I¥C INCECNCSE. STRANIE. DIFFICILI Colui che cerca l'anima e la vita della morta umanità di Pompei ed Ercolano lmncrcPOMPEI, gennaio, \dE' un curioso mondo, quello di\dPompei e di Ercolano: è morto, ed echeggia d'una vita che d'anno in anno si fa più folla c d'uno stato civile sempre più vasto; la sua folla d spersa e anonima, di cui sono rimasti nella forma di cenere rappresa le sembianze, gli atteggiamenti, i gesti, la forma delle vesti, e insomma la statua umana nel suo disperato realismo, da anno ad anno acquista nome, memoria di lontane abitudini, di ore d'una, vita lieve e spensierata, di cure e di occupazioni giornaliero. In queste città, al contrario che fra i viventi, si rìsale dalla morte alla vita, dal nulla ai piccoli, nonnulla che formano la trama del vivere. Si va a ritroso del tempo E' po uno di quegli strani libri moder-Ì^„i.„ i»„ j„ <„„„j«i.^icm che hanno capovolto le tecmche\sqpcdclla narrazione e dell'invenzione. L'anatema di Cotino Per esempio, un secolo fa renne ' vfuori il nome di un certo Cotinus: duno dei tanti graffiti murali av-'rvertiva chi li voleva trovare, che mcerti Fabio e Falìuce erano alla mCuria di Cotino. Questi tre nomi dnon ebbero, per un secolo, altro isignificato che quello nudo delle msillabe che li compongono: e la lo- pro storia fu tutta in quell'appuntamento. Ed ecco die nel 1934, il dott. Matteo della. Corte, Direttore degli Scavi di Pompei, insistendo in uno dei suoi temi favoriti come quello della presenza di comunità cristiane a Pompei, tema dibattutissimo fra gli archeologi vgil di tutto il mondo, scopre un altrograffito in cui quel Cotino assu-me una personalità singolare: eglisarebbe stato il capo della comunità cristiana di Pompei. Il graffito dice: « Cosi, secondo l'anatema di Cotino. ecco che la cenere e lapilli di questa catastrofe coprono la coppa in cui libava l'A- luoghi della catastrofe che som merse la città, videro tanta rovina, e poiché erano Cristiani miracolosamente scampati, si ricordarono della maledizione di Colino, cristiano anche lui, che aveva prc- dultera». L'iscrizione fu tracciata\ da esploratori i quali, tornati sui pentito il flagello. Quanto all'A- ^S^SS cn«a della quale, come nel simbolo steslìo dJa ^ /(( tracctata quella sentenza. Così riaffiorano i personaggi sommersi dal diluvio, e con essi uno stato d'animo che do- veva essere diffuso, ammonitore di rovina e di lutto, se anche il ritornello delle due parole Sodoma Gomcra echeggia qua e là pei muri di Pompei. E' un momento di vita, lo specchio d'una società ignara e spensierata, ma intimamente travagliata da un oscuro presentimento, cui dava forma e voce il « Dies Irae » cristiano. La cultura sui muri Matteo della Corte vive inseguendo gli echi di quella vita nelle innumerevoli iscrizioni che la voluttuosa e volubile città segnava sui muri come un suo diario quotidiano. Con gli occhi un poco offesi dal continuo scrutare in migliaia di iscrizioni tracciate sul muro con la punta d'un temperino o d'un chiodo, egli ha accumulato, accanto alla testimonianza degli scavi, questo diario d'una città intera in cui non manca neppure l'appello estremo, come nell'ultima pagina d'un giornale di bordo. Quest'anno sono quattrocento e più nuovi graffiti che tornano alla luce, disegni, caricature, simboli, richiami, appuntamenti, echi di passioni, invettive, sarcasmi, e sempre l'ingenua esercitazione di chi traccia sul muro la sequenza delle lettere dell'alfabeto, e sempre lo stesso atteggiamento, in certuni di questi scritti, di chi proclama la bellezza d'una ragazza, o di chi, magari solitario in una sera di primavera, si vanta di avere avuto, proprio in quest'angolo, i baci di una fan ciulla. Innamorati e penitenti, libertini e rivoluzionari, belle ra gazze e annunziatori di sventure il diario di questa città è assai più vivace di quello che leggiamo talvolta sui muri di qualche no stro paese e quartiere, segno elo quente della vita privata e pub blica. E, quello che a Pompei t sorprendente, quasi sempre in tali graffiti è un senso della forma una cadenza che raggiunge qualche volta la misura d'un verso; quando non si tratta di veri e prò pri versi, o addirittura di citazio ni di versi di grandi scrittori: fra quelli trovati ora si legge il pri ino verso di Lucrezio (che studi recentissimi vogliono nativo di Pompei), l'invocazione a Venere: « Madre degli Eneadi, piacere degli uomini e degli Dei »: e qualche verso di Virgilio, e la famosa frase del canto di Alessi, che dice: tpfifrdmlsnsasdavunccamuvmnqgalammiltlrdms pQndamtdMpcf« Ognuno è tratto dal suo piacere». Insomma, un livello, anche nelle scritte dei muli, di società colta, o almeno d'una cultura diffusa e arrivata assai profondamente. Un maestro, che evidentemente gli allievi disertavano alla fine del mese per non pagarlo, promette la protezione del Cielo a chi lo pagherà puntualmente; e noi avevamo già veduto a un cantone un ammonimento simile e una simile promessa di protezione celeste a chi si astenesse da lordure. Un'altra iscrizione consiglia ai Pompeiani di prendere un calmante per rimettersi dalla sconfìtta che la locale squadra sportiva toccò da una forestiera, e vi è disegnato accanto un omino tutto tremante che somiglia a quei pupazzetti che si vendono nelle fiere, che hanno braccia e gambe fatte di piccole molle di fil di ferro, tremanti a ogni piccola scossa. I piccoli amorì Era quasi un distico l'iscrizione della profezia di Cotino che abbiamo riferita, e sono quasi due falena, o come noi diremmo, endecasillabi, queste due confidenze d'innamorati, i quali riaffiorano quest'anno con la storia lieve del loro amore. Uno di essi, Lucilio, ha scritto sul muro, in diversi punti della città, il saluto alla sua bella, al suo astro, alla sua gemma, dovunque si trovi: « Lucilius lucidae ubìque sai (utem)»; mentre l'altro, non cosi accecato dall'amore, dichiara che una bella pupa è carina con lui, che si chiama Ceio, ma anche per molti altri: « Ceio et multis pupa venusta ». Per chi sa un po' di latinetto, è un'emozione veder questa lingua, che nella me. moria si compone con la solen nità delle statue, e che anche quando scherza ricorda la pallida grazia dei piccoli marmi o degli\Qantichi fiori degli affreschi, pullu-'lare in un linguaggio frizzante e appena inventato, la vecchia armonia svolgersi come creata ora, mettersi in movimento il corso e il ritmo della frase e la misura e l'accento, ricordando che non soltanto la poesia e l'oratoria erano legate da leggi di numero e di ritmo, governate dal battito del dattilo, dal respiro deità cesura, ma la stessa frase che correva le strade e l'espressione energica e plebea prendevano la stessa energia e fiato d'un principio di verso. E in mezzo a queste cose, che novità rappresentano le parole nuove, come Chrestianos, e quelle equivalenti con cui si designavano i Cristiani in un linguaggio iniziatico di setta: Plaquideus che ll.1ldEcasvfts piace a Dio, Deusdat diodato, Quodvuldeus che Dio vuole; parole nuove, che fanno irruzione nell'ordine del linguaggio antico, come accade nella storia dei popoli nei momenti in cui parole nuove portano fatti nuovi e sono la semenza dell'avvenire. Il ricercatore In mezzo a queste cose vive Matteo della. Corte e, ad ascoltarlo parlare, egli è tutto in questo \ corso di vita simile al fiume di fango rappreso che si vede nel ta- e .17/10 di Ercolano, in cui è indurito l'antico corso del fango coi suoi diversi strati, fermo e corrente. Egli vive su quell'astro antico la cui luce impiega duemila anni per arrivare a noi. Abita una casa rustica al margine della città morta; vi si entra per un orto di quelli folli e felici del napoletano; una terrazza, e si è subito nella sua stanza calcinata di rosa. Un tavolo ingombro di carte è pressapoco l'unico mobile delia stanza, e in quest'aria di contado, certe fotografie ai muri si potrebbero credere come suggerisce l'ambiente di parenti e di amici, 0 di figli andati a nozze; sono di regnanti e di principi visitatori degli scavi. Presso un braciere è il nostro personaggio, ha uno scialle sulle spalle, poiché il Vesuvio e i monti Lattari sono coperti di neve, alza un viso arguto e rubesto d'uomo che passa la vita sulla terra, singolare contadino d'una umanità morta e ritornante. Le sue, non sembrano le mani di chi ha tracciato migliaia di fogli in una scrittura mi nuta e ordinata, illuminata a trattidalle iscrizioni in maiu8coletto,\■resa folta e irta da un'infinità di richiami, abbreviazioni, citazioni, numeri di capoversi e di versi: sono mani anch'esse da scavatore su cui il contatto quotidiano con l'arida terra ha tracciato un'arida rete. Siccome egli legge attraver- i ! 2ione, «odo complesso per il quale la scienza moderna dei libro non offre ancóra scioijlimento. Alcuni so certi grossi occhiali, dà l'impressione che più che leggere indovini, o cavi lo scritto e il senso da una memoria sicura, come cava il resto d'una parola da un'abbreviazione e da un frammento di parola, quasi che in un calcolo matematico egli arrivi a risultati di vertiginose operazioni. E intanto la sua memoria ricorre dì continuo agli storici, ai poeti, ai trattatisti antichi ritrovando in una di queste parole il principio d'un verso, riferendo una tracciata qui a un'altra di un folto poema 0 delle pagine d'una cronaca, offrendo riscontro a un'espressione, verosimiglianza a un'ipotesi, conferma a un episodio. Perà, abituato alle apparizioni delle cose nuove nella storia dei popoli, é preparato a tutte le più profonde modificazioni e alle apparizioni più inattese. Siccome gli dico di aver veduto la Croce scoperta di recente a Ercolano nella stanza d'un servo, e gli chiedo se creda davvero che il mobile trovalo là presso sia un inginocchiatoio, egli non esita un istante a crederlo proprio un inginocchiatoio, )nobi.e inedito in tutta l'antichità, il primo che si conosca e che porti quella positura umiliante dell'uomo in ginocchio alla maestà del culto; mabi/e fralmente adulto in questa sua prima forma, e da allora immutato, da lasciar congetturare tutt'altro. « Quando si sta in mezzo a queste cose, bisogna essere preparati a tutto ». egli dice. L'ultima scoperta Sono alcune migliaia le iscrizioni decifrate e portate alla luce da Matteo della Corte; e cioè accanto ai documenti artistici e di vita degli Scavi, l'attestato della paiola, del frizzo, dell'annotazione d'un'ora, che egli lega agli avvenimenti e alle vicende e agli anni della grande storia. E' riuscito a stabilire anche le date a questa umile e ardua epigrafia. Ora, una recentissima scoperta fatta a Ercolano, e di cui non s'è data ancora notizia, è di qualche centinaio di tavolette cerate e scritte con lo stilo, che contengono atti di compra e vendita. Si sono trovate in un blocco appiccicato dalla cera sciolta dal calore dell'erti¬ frammenti di queste tavolette sono leggibili a chi sa; e Matteo della Corte dubita se rischiare ancora i suoi provarissimi occhi a un'impresa simile. Uno di tali testi è iZ documento della vendita d'uno schiavo giovane. La compratrice è una signora, e il prezzo è di novecento sesterzi. Un'altra di queste tavolette parla di un orto in cui ii proprietario dà facoltà a un tale di entrare e cogliere ogni frutto pendente dall'albero, maturo 0 ini- mutino. E' uno di questi orti chesi vedono attorno, tra il Vesuvio ei Monti Lattari, nella valle più popolosa e più fertile d'Italia, la valle dei cinque raccolti annuali, eiche dettò a Virgilio la visione fé- ^ della vita dei campi. La data \»> **va scritta ai piedi del docw-1 ■mento, e sul margine sinistro della tavoletta sono i nomi dei con-traenti e il sigillo del notaio Tra ; questi nomi se ne affacciano alcuni che hanno un suono di nomi di fa- j miglie d'oggi. Corrado Alvaro ; Il Gladiatore disegnato dalla mano tutt'altro che inesperta d'un appassionato sportivo. (Palestra dell'Anfiteatro). L'uccellino e la foglia. gndrrn ti Ceio et multis pupa venusta ». (E' una bella ragazza per Ceio e per molti altri). SIC IN \ Quel]0 dell'innamorato Che In più luoghi della città scrisse un sa luto alla sua bella « Lucilius lucidae ubique sal(utem) ». Colui che cerca l'anima e la vita della morta umanità di Pompei ed Ercolano >I¥C INCECNCSE. STRANIE. DIFFICILI Colui che cerca l'anima e la vita della morta umanità di Pompei ed Ercolano lmncrcPOMPEI, gennaio, \dE' un curioso mondo, quello di\dPompei e di Ercolano: è morto, ed echeggia d'una vita che d'anno in anno si fa più folla c d'uno stato civile sempre più vasto; la sua folla d spersa e anonima, di cui sono rimasti nella forma di cenere rappresa le sembianze, gli atteggiamenti, i gesti, la forma delle vesti, e insomma la statua umana nel suo disperato realismo, da anno ad anno acquista nome, memoria di lontane abitudini, di ore d'una, vita lieve e spensierata, di cure e di occupazioni giornaliero. In queste città, al contrario che fra i viventi, si rìsale dalla morte alla vita, dal nulla ai piccoli, nonnulla che formano la trama del vivere. Si va a ritroso del tempo E' po uno di quegli strani libri moder-Ì^„i.„ i»„ j„ <„„„j«i.^icm che hanno capovolto le tecmche\sqpcdclla narrazione e dell'invenzione. L'anatema di Cotino Per esempio, un secolo fa renne ' vfuori il nome di un certo Cotinus: duno dei tanti graffiti murali av-'rvertiva chi li voleva trovare, che mcerti Fabio e Falìuce erano alla mCuria di Cotino. Questi tre nomi dnon ebbero, per un secolo, altro isignificato che quello nudo delle msillabe che li compongono: e la lo- pro storia fu tutta in quell'appuntamento. Ed ecco die nel 1934, il dott. Matteo della. Corte, Direttore degli Scavi di Pompei, insistendo in uno dei suoi temi favoriti come quello della presenza di comunità cristiane a Pompei, tema dibattutissimo fra gli archeologi vgil di tutto il mondo, scopre un altrograffito in cui quel Cotino assu-me una personalità singolare: eglisarebbe stato il capo della comunità cristiana di Pompei. Il graffito dice: « Cosi, secondo l'anatema di Cotino. ecco che la cenere e lapilli di questa catastrofe coprono la coppa in cui libava l'A- luoghi della catastrofe che som merse la città, videro tanta rovina, e poiché erano Cristiani miracolosamente scampati, si ricordarono della maledizione di Colino, cristiano anche lui, che aveva prc- dultera». L'iscrizione fu tracciata\ da esploratori i quali, tornati sui pentito il flagello. Quanto all'A- ^S^SS cn«a della quale, come nel simbolo steslìo dJa ^ /(( tracctata quella sentenza. Così riaffiorano i personaggi sommersi dal diluvio, e con essi uno stato d'animo che do- veva essere diffuso, ammonitore di rovina e di lutto, se anche il ritornello delle due parole Sodoma Gomcra echeggia qua e là pei muri di Pompei. E' un momento di vita, lo specchio d'una società ignara e spensierata, ma intimamente travagliata da un oscuro presentimento, cui dava forma e voce il « Dies Irae » cristiano. La cultura sui muri Matteo della Corte vive inseguendo gli echi di quella vita nelle innumerevoli iscrizioni che la voluttuosa e volubile città segnava sui muri come un suo diario quotidiano. Con gli occhi un poco offesi dal continuo scrutare in migliaia di iscrizioni tracciate sul muro con la punta d'un temperino o d'un chiodo, egli ha accumulato, accanto alla testimonianza degli scavi, questo diario d'una città intera in cui non manca neppure l'appello estremo, come nell'ultima pagina d'un giornale di bordo. Quest'anno sono quattrocento e più nuovi graffiti che tornano alla luce, disegni, caricature, simboli, richiami, appuntamenti, echi di passioni, invettive, sarcasmi, e sempre l'ingenua esercitazione di chi traccia sul muro la sequenza delle lettere dell'alfabeto, e sempre lo stesso atteggiamento, in certuni di questi scritti, di chi proclama la bellezza d'una ragazza, o di chi, magari solitario in una sera di primavera, si vanta di avere avuto, proprio in quest'angolo, i baci di una fan ciulla. Innamorati e penitenti, libertini e rivoluzionari, belle ra gazze e annunziatori di sventure il diario di questa città è assai più vivace di quello che leggiamo talvolta sui muri di qualche no stro paese e quartiere, segno elo quente della vita privata e pub blica. E, quello che a Pompei t sorprendente, quasi sempre in tali graffiti è un senso della forma una cadenza che raggiunge qualche volta la misura d'un verso; quando non si tratta di veri e prò pri versi, o addirittura di citazio ni di versi di grandi scrittori: fra quelli trovati ora si legge il pri ino verso di Lucrezio (che studi recentissimi vogliono nativo di Pompei), l'invocazione a Venere: « Madre degli Eneadi, piacere degli uomini e degli Dei »: e qualche verso di Virgilio, e la famosa frase del canto di Alessi, che dice: tpfifrdmlsnsasdavunccamuvmnqgalammiltlrdms pQndamtdMpcf« Ognuno è tratto dal suo piacere». Insomma, un livello, anche nelle scritte dei muli, di società colta, o almeno d'una cultura diffusa e arrivata assai profondamente. Un maestro, che evidentemente gli allievi disertavano alla fine del mese per non pagarlo, promette la protezione del Cielo a chi lo pagherà puntualmente; e noi avevamo già veduto a un cantone un ammonimento simile e una simile promessa di protezione celeste a chi si astenesse da lordure. Un'altra iscrizione consiglia ai Pompeiani di prendere un calmante per rimettersi dalla sconfìtta che la locale squadra sportiva toccò da una forestiera, e vi è disegnato accanto un omino tutto tremante che somiglia a quei pupazzetti che si vendono nelle fiere, che hanno braccia e gambe fatte di piccole molle di fil di ferro, tremanti a ogni piccola scossa. I piccoli amorì Era quasi un distico l'iscrizione della profezia di Cotino che abbiamo riferita, e sono quasi due falena, o come noi diremmo, endecasillabi, queste due confidenze d'innamorati, i quali riaffiorano quest'anno con la storia lieve del loro amore. Uno di essi, Lucilio, ha scritto sul muro, in diversi punti della città, il saluto alla sua bella, al suo astro, alla sua gemma, dovunque si trovi: « Lucilius lucidae ubìque sai (utem)»; mentre l'altro, non cosi accecato dall'amore, dichiara che una bella pupa è carina con lui, che si chiama Ceio, ma anche per molti altri: « Ceio et multis pupa venusta ». Per chi sa un po' di latinetto, è un'emozione veder questa lingua, che nella me. moria si compone con la solen nità delle statue, e che anche quando scherza ricorda la pallida grazia dei piccoli marmi o degli\Qantichi fiori degli affreschi, pullu-'lare in un linguaggio frizzante e appena inventato, la vecchia armonia svolgersi come creata ora, mettersi in movimento il corso e il ritmo della frase e la misura e l'accento, ricordando che non soltanto la poesia e l'oratoria erano legate da leggi di numero e di ritmo, governate dal battito del dattilo, dal respiro deità cesura, ma la stessa frase che correva le strade e l'espressione energica e plebea prendevano la stessa energia e fiato d'un principio di verso. E in mezzo a queste cose, che novità rappresentano le parole nuove, come Chrestianos, e quelle equivalenti con cui si designavano i Cristiani in un linguaggio iniziatico di setta: Plaquideus che ll.1ldEcasvfts piace a Dio, Deusdat diodato, Quodvuldeus che Dio vuole; parole nuove, che fanno irruzione nell'ordine del linguaggio antico, come accade nella storia dei popoli nei momenti in cui parole nuove portano fatti nuovi e sono la semenza dell'avvenire. Il ricercatore In mezzo a queste cose vive Matteo della. Corte e, ad ascoltarlo parlare, egli è tutto in questo \ corso di vita simile al fiume di fango rappreso che si vede nel ta- e .17/10 di Ercolano, in cui è indurito l'antico corso del fango coi suoi diversi strati, fermo e corrente. Egli vive su quell'astro antico la cui luce impiega duemila anni per arrivare a noi. Abita una casa rustica al margine della città morta; vi si entra per un orto di quelli folli e felici del napoletano; una terrazza, e si è subito nella sua stanza calcinata di rosa. Un tavolo ingombro di carte è pressapoco l'unico mobile delia stanza, e in quest'aria di contado, certe fotografie ai muri si potrebbero credere come suggerisce l'ambiente di parenti e di amici, 0 di figli andati a nozze; sono di regnanti e di principi visitatori degli scavi. Presso un braciere è il nostro personaggio, ha uno scialle sulle spalle, poiché il Vesuvio e i monti Lattari sono coperti di neve, alza un viso arguto e rubesto d'uomo che passa la vita sulla terra, singolare contadino d'una umanità morta e ritornante. Le sue, non sembrano le mani di chi ha tracciato migliaia di fogli in una scrittura mi nuta e ordinata, illuminata a trattidalle iscrizioni in maiu8coletto,\■resa folta e irta da un'infinità di richiami, abbreviazioni, citazioni, numeri di capoversi e di versi: sono mani anch'esse da scavatore su cui il contatto quotidiano con l'arida terra ha tracciato un'arida rete. Siccome egli legge attraver- i ! 2ione, «odo complesso per il quale la scienza moderna dei libro non offre ancóra scioijlimento. Alcuni so certi grossi occhiali, dà l'impressione che più che leggere indovini, o cavi lo scritto e il senso da una memoria sicura, come cava il resto d'una parola da un'abbreviazione e da un frammento di parola, quasi che in un calcolo matematico egli arrivi a risultati di vertiginose operazioni. E intanto la sua memoria ricorre dì continuo agli storici, ai poeti, ai trattatisti antichi ritrovando in una di queste parole il principio d'un verso, riferendo una tracciata qui a un'altra di un folto poema 0 delle pagine d'una cronaca, offrendo riscontro a un'espressione, verosimiglianza a un'ipotesi, conferma a un episodio. Perà, abituato alle apparizioni delle cose nuove nella storia dei popoli, é preparato a tutte le più profonde modificazioni e alle apparizioni più inattese. Siccome gli dico di aver veduto la Croce scoperta di recente a Ercolano nella stanza d'un servo, e gli chiedo se creda davvero che il mobile trovalo là presso sia un inginocchiatoio, egli non esita un istante a crederlo proprio un inginocchiatoio, )nobi.e inedito in tutta l'antichità, il primo che si conosca e che porti quella positura umiliante dell'uomo in ginocchio alla maestà del culto; mabi/e fralmente adulto in questa sua prima forma, e da allora immutato, da lasciar congetturare tutt'altro. « Quando si sta in mezzo a queste cose, bisogna essere preparati a tutto ». egli dice. L'ultima scoperta Sono alcune migliaia le iscrizioni decifrate e portate alla luce da Matteo della Corte; e cioè accanto ai documenti artistici e di vita degli Scavi, l'attestato della paiola, del frizzo, dell'annotazione d'un'ora, che egli lega agli avvenimenti e alle vicende e agli anni della grande storia. E' riuscito a stabilire anche le date a questa umile e ardua epigrafia. Ora, una recentissima scoperta fatta a Ercolano, e di cui non s'è data ancora notizia, è di qualche centinaio di tavolette cerate e scritte con lo stilo, che contengono atti di compra e vendita. Si sono trovate in un blocco appiccicato dalla cera sciolta dal calore dell'erti¬ frammenti di queste tavolette sono leggibili a chi sa; e Matteo della Corte dubita se rischiare ancora i suoi provarissimi occhi a un'impresa simile. Uno di tali testi è iZ documento della vendita d'uno schiavo giovane. La compratrice è una signora, e il prezzo è di novecento sesterzi. Un'altra di queste tavolette parla di un orto in cui ii proprietario dà facoltà a un tale di entrare e cogliere ogni frutto pendente dall'albero, maturo 0 ini- mutino. E' uno di questi orti chesi vedono attorno, tra il Vesuvio ei Monti Lattari, nella valle più popolosa e più fertile d'Italia, la valle dei cinque raccolti annuali, eiche dettò a Virgilio la visione fé- ^ della vita dei campi. La data \»> **va scritta ai piedi del docw-1 ■mento, e sul margine sinistro della tavoletta sono i nomi dei con-traenti e il sigillo del notaio Tra ; questi nomi se ne affacciano alcuni che hanno un suono di nomi di fa- j miglie d'oggi. Corrado Alvaro ; Il Gladiatore disegnato dalla mano tutt'altro che inesperta d'un appassionato sportivo. (Palestra dell'Anfiteatro). L'uccellino e la foglia. gndrrn ti Ceio et multis pupa venusta ». (E' una bella ragazza per Ceio e per molti altri). SIC IN \ Quel]0 dell'innamorato Che In più luoghi della città scrisse un sa luto alla sua bella « Lucilius lucidae ubique sal(utem) ».