ELOGIO DEL RISO

ELOGIO DEL RISO mi i ii 111 ii i iti limili mini imiimimimimmmmmmi lumini n n miiiiiimmmmii uniUN HESE IN THAILANDIA ELOGIO DEL RISO o r o r r e (DAL NOSTRO INVIATO) LOPBURI, novembre. « Andate nell'interno! — mi consigila un italiano, che, in ven-\ Vanni di residenza, ha visitato la cThailandia da capo a fondo. — LalThailandia non è solo Bangkok? Umcdtthai della capitale sono i meno 'drappresentativi, allenali come sono ,val bianco dal gusto del piccolo nguadagno quotidiano. I thai del-\lll'inter'no e delle campagne sono i Epiù puri. Più puri come razza,'Sgcome costumi e mentalità...». I "Cosi, un bel giorno, io sono par-'ctifo per il Nord. Lo sapete: in nT/taiZatidin. esistono poche strade kautomobilistiche. La capitale sles- nsa ha sfogo verso l'esterno sol- rtante per mezzo delle ferrovie e sdel Me-nam con relativi affluenti. Per andare verso il Nord occorre, Tperciò servirsi della ferrovia di sCiang-mai o del Me-nam. In fer- erovia, si avanza abbastanza ve- dlocemente. Tre volte la settimana, nun rapido con vagone letto e risto- arante copre i 750 chilometri del dtragitto in 26 ore: primato non in- fldifferente, date le'numerose fer- rmate obbligatorie e le forti salite.^pSulle strade d'acqua dolce, similiÌCprimati sono impossibili. E questo,]Snon perchè i fiumi siano tagliatinda ripide, cascate o salti che ren-\Hdono la navigazione difficile, incin"•■ 'perchè i vaporetti in servizio sono preistorici battelli a due ponti, che navigano come possono, sussultando e sbuffando. Dopo averne osservato uno nel porto di Bangkok, malgrado il pittoresco della navigazione fluviale, ho preferito il treno. I treni, che ancora risentono delle cure dell'ingegnere torinese Canova, per lunghi anni direttore e costruttore delle ferrovie thai, sono puliti e presentano un conforto discreto. Secondo la natura — accelerati, diretti, rapidi — vanno a legna, a carbone, a nafta. E la velocità è in proporzione. Verso il nord Nel primo tratto dopo Bangkok .„ ze per un paio di centinaia di chilo-\metri, la Thailandia non è pitto resca, né invitante. Sempre e sempre, risaie e canali: canali con le case basse dei villaggi seminati lungo le rive, con le piccole barche piatte scivolanti senza rumore e senz'onda; risaie d quadrati, a rettangoli, con i buffali immersi nel fango e i contadini nudi fino alla cintola, i calzoni rimboccati sulle ginocchia, i larghi cappelli di paglia, non puntuti come quelli cinesi, ma Slittili a funghi. Io sosto ad Ayudhya, a Lopburi, le antiche capitali risorte dopo la distruzione sotto forma di modesti villaggi, rifugiantisi all'ombra dei vecchi templi in rovina. E, in questi villaggi, io non soffro il supplizio della curiosità, che, quattro anni addietro, mi afflisse durante il mio viaggio nell'interno della Cina verso l campi di papaveri. I coìitadini non interrompono i lavori dei campi, tiè gli artigiani ed i commercianti si affacciano sulla soglia delle botteghe per vedere passare Io straniero bianco. La gente, beninteso, si volta al mio passaggio, mi osserva e mi segue con là sguardo. Ma il suo sguardo è benevolo. Nelle larghe faccìe dagli zigomi sporgenti, dalle labbra un po' sollevate agli angoli, negli occhi sottili, affiora un sorriso chiuso, senza modulazioni, senza fremiti, senza vita, un sorriso che ha l'impassibile serenità dei Buddha e dal quale io veggo discen dere, come dal profondo dei secoli,\l'indifferenza sovrana dei thai per ... pei l'esistenza terrena. Se qualcosa di afferrabile vi è nell'anima thai è appunto tale indifferenza impalpabilmente resa dal sorriso immoto del volto, delle labbra, degli occhi. E il sorriso e lo sguardo di questa gente non mi dicono come il sorriso e lo sguardo dei cinesi: « Ecco il fantasma dal volto bianco! ». Non ini dicono neppure: « Ecco un uomo che ha il fucile al posto del cuore!». Mi dicono: « Ecco un uomo che ha paura della morte, perchè fa dei beni materiali la sua mistica suprema! ». Mi dicono ancora: «Ecco un disgraziato che si affanna per possedere, per possedere, mentre, secondo il detto del Saggio, in letizia noi viviamo, noi che non possediamo nulla! ». E, quando io passo, il thai delle campagne non mi getta ai piedi, come il cinese delle campagne, lo scrocchio e l'ingiuria: « Yango, diavolo d'imo straniero! », bensì mi saluta quasi sempre, le mani congiunte all'altezza della fronte. Per primitivo, per isolato che sìa, per attaccato che sia alla sua religione, ai suoi costumi, alle sue tradizioni, il thai delle campagne non. conosce la xenofobia, intesa comrj odio innato per lo straniero. Per lui, la tolleranza è la regola, l'amore per tutti gli esseri e per tutte le cose vive essendo la sua legge La nostra civiltà con i suoi apporti — macchine, ferrovie, telefoni, petrolio —, egli la giudica nel suo giusto valore: un mezzo per accelerare la corsa alla ricchezza e a tutte le facilità della materia. Perciò, l'accetta per quanto essa presenta di utile e vantaggioso nella vita quotidiana, ma, nelle abitudini, nei gusti, nel lavoro stesso, egli resta quello che per secoli furoi:c i suoi avi: un primitivo con tutte le qualità ed i vizi suscettibili di fiorire in «n'aiu¬ \ contadino cinese. Il suo corpo, dal le anche strette e dalle spalle lar Uj*3i sembra sbocciare al di sopra ma semplice, in continuo contatto i con la natura. LDal punto di vista fisico, il thai cdelle campagne non è bello. Tut- ntavia.non ha l'aspetto bestiale del 7lnvend 'della cintura alla maniera di un ,vul°: Benché all'apparenza poco nutrito, è sano e robusto. Oli è che, _\lls.\'° principale alimento è il riso. N E » riso, si sa, nutrisce senza in- «'Sgrassare. Il riso 3ta al thai come\tI " P.ane sta agli europei del Sud, l'cosicché il prendere i pasti vie-\ ne d> solito designato con kism- kna"fv mangiare riso; i beni fm- niobiTi, con tabuca-khang, masse-\ r'~<e e riso; ed essere senza pane - si din « essere senza riso». | cJ Pe. simile vitale importanza, in « Thailandia viene attribuito al ri-]m so "» carattere d'ausvicio ed esso\c entra a far parte di tutti i ri*ì\x domestici. Simbolo di feconditàin nelle feste nuziali, di fortuna in * altre, il riso è strumento efficace,n di esorcismo contro i malefici in-\s flussi, specie se abbrustolito o pu-iy"Marna viva. Esiste,d rificato'dalla fiamma viva. Esiste,d^persino una dea del riso. E questa 'ÌCerere asiatica ha un culto vivis- ]Simo. Prima di ogni pasto, il t7iai|ne manda un saluto pio e, durante]\H pasto, la ricorda spesso. In ge-\nerale, il thai delle campagne,\ ' -» n„i0, no„ nnria ' p,en- e a o e n i della casa e mangia affrettata' mente seduto sui talloni, i gomiti sulle ginocchia, la scodella all'altezza della bocca. Mangiare per lui non è tanto una necessità fisiologica. Il pasto, che ripara le forze e incorpora all'uomo i frutti della terra, costituisce per il thai un rito sacro. Nutrirsi per lui è un comunicarsi. Il Saggio non ha detto: « Come le onde e la schiuma si immedesimano nel fiume, così l'uomo, incorporando ì frutti della terra, si immedesima con tutte le cose create » ? Nessuna meraviglia, quindi, se il riso costituisce la coltura na zionale. Le statistiche precisano \che le terre a r,s°> nel '38, rag quando manqia, non parla. Pren-\de la tazza di riso con pezzetti di pesce secco, si mette sulla soglia\'giungevano i 22.626.71/0 rai, vale a dire oltre tre.milioni di ettari, i nove decimi delle terre coltivate, Le stesse statistiche aggiungono che la produzione media di riso, negli ultimi sei anni, toccò i 70.067.962 plcul, il plcul equivalendo a 60 chili. Tutti consumati nell'interno? No. Ogni anno ne viene esportato un buon terzo: esattamente, nel '37, annata buona, 25.870.1/1/5 picul per il valore di !)5.9h!/.l/l/5 tfcali, circa un mi- _ Nardo di lire; nel '38, annata.cntti «a, 18.370.253 picul per 75.31/3.512 ticali, quasi ottocento milioni di lire. \ ... • Un miliardo' di DOC the r.„M/,J„0l„M., T, Wo„ A ,„ \ ^S^^^^Edè «na^t -« dclla ìnailandia. Ed e una vie| cJ{ef"J,,°"r'lJ £2*** Pe,nf/o « -J*™***£^T2>™^Se«JZi-Tr ]men<°- non eda temasi. Se in al\c!im J'!'e,sl s< brucia il grano ed \xl.cape troppo abbondanti, si aninwnt<ln° ""'ioni di balle di coto *•>.« massacrano porci e mqnto,n} m eccesso; se, in «(tri, si pa\st.rano le piantagioni di caucciù o iy. c"nna da zucchero, in ,dxa> \^vece, la coltura del Thailan ,dia, invece, ta coltura del riso mi '»e»*<J ^i^^'S,m%S^rhl\ !e"=„ ,fw,,,?,>P „//^ I|"0"!? Potuto sfuggile alla fonili-' ]aabUe e universale contrazione del \l" d2^"da-feijKi* ",eiL« ""■: \ •? Pi'irne, scoppmta nel 88, si ri difaUi, catastrofica per i pae- i r i i è a , i \'. ?' confinanti o viciniori della Thai a\ln.ndl'!:J.nd"?>m'> Malesia, Birma- 'nxa, Indie Olandesi, Indie Inglesi Il petrolio, lo zucchero, il caucciù, il tè, lo stagno, tutti prodotti col tìvati ed esportati in Europa a va pori completi, precipitarono. I lo ro corsi di esportazione caddero in pochi mesi, nè riuscirono più a risalire. Dopo una momentanea caduta, dovuta ad una minore richiesta, minore richiesta dovuta a sua volta ad una minore ricchezza dei paesi consumatori, il riso, invece, si riprese e sorpassò i corsi del '2S. Perchè? Perchè la grande consumatrice di riso è l'Asia con il suo miliardo e più di bocche affamate. Di qui. il programma del Governo di Bangkok di raddoppiare il più presto la produzione del riso. Ma vi riuscirà? Paolo Zappa iimii iimmuiimiimiiummiiiiiiu i ni ELOGIO DEL RISO mi i ii 111 ii i iti limili mini imiimimimimmmmmmi lumini n n miiiiiimmmmii uniUN HESE IN THAILANDIA ELOGIO DEL RISO o r o r r e (DAL NOSTRO INVIATO) LOPBURI, novembre. « Andate nell'interno! — mi consigila un italiano, che, in ven-\ Vanni di residenza, ha visitato la cThailandia da capo a fondo. — LalThailandia non è solo Bangkok? Umcdtthai della capitale sono i meno 'drappresentativi, allenali come sono ,val bianco dal gusto del piccolo nguadagno quotidiano. I thai del-\lll'inter'no e delle campagne sono i Epiù puri. Più puri come razza,'Sgcome costumi e mentalità...». I "Cosi, un bel giorno, io sono par-'ctifo per il Nord. Lo sapete: in nT/taiZatidin. esistono poche strade kautomobilistiche. La capitale sles- nsa ha sfogo verso l'esterno sol- rtante per mezzo delle ferrovie e sdel Me-nam con relativi affluenti. Per andare verso il Nord occorre, Tperciò servirsi della ferrovia di sCiang-mai o del Me-nam. In fer- erovia, si avanza abbastanza ve- dlocemente. Tre volte la settimana, nun rapido con vagone letto e risto- arante copre i 750 chilometri del dtragitto in 26 ore: primato non in- fldifferente, date le'numerose fer- rmate obbligatorie e le forti salite.^pSulle strade d'acqua dolce, similiÌCprimati sono impossibili. E questo,]Snon perchè i fiumi siano tagliatinda ripide, cascate o salti che ren-\Hdono la navigazione difficile, incin"•■ 'perchè i vaporetti in servizio sono preistorici battelli a due ponti, che navigano come possono, sussultando e sbuffando. Dopo averne osservato uno nel porto di Bangkok, malgrado il pittoresco della navigazione fluviale, ho preferito il treno. I treni, che ancora risentono delle cure dell'ingegnere torinese Canova, per lunghi anni direttore e costruttore delle ferrovie thai, sono puliti e presentano un conforto discreto. Secondo la natura — accelerati, diretti, rapidi — vanno a legna, a carbone, a nafta. E la velocità è in proporzione. Verso il nord Nel primo tratto dopo Bangkok .„ ze per un paio di centinaia di chilo-\metri, la Thailandia non è pitto resca, né invitante. Sempre e sempre, risaie e canali: canali con le case basse dei villaggi seminati lungo le rive, con le piccole barche piatte scivolanti senza rumore e senz'onda; risaie d quadrati, a rettangoli, con i buffali immersi nel fango e i contadini nudi fino alla cintola, i calzoni rimboccati sulle ginocchia, i larghi cappelli di paglia, non puntuti come quelli cinesi, ma Slittili a funghi. Io sosto ad Ayudhya, a Lopburi, le antiche capitali risorte dopo la distruzione sotto forma di modesti villaggi, rifugiantisi all'ombra dei vecchi templi in rovina. E, in questi villaggi, io non soffro il supplizio della curiosità, che, quattro anni addietro, mi afflisse durante il mio viaggio nell'interno della Cina verso l campi di papaveri. I coìitadini non interrompono i lavori dei campi, tiè gli artigiani ed i commercianti si affacciano sulla soglia delle botteghe per vedere passare Io straniero bianco. La gente, beninteso, si volta al mio passaggio, mi osserva e mi segue con là sguardo. Ma il suo sguardo è benevolo. Nelle larghe faccìe dagli zigomi sporgenti, dalle labbra un po' sollevate agli angoli, negli occhi sottili, affiora un sorriso chiuso, senza modulazioni, senza fremiti, senza vita, un sorriso che ha l'impassibile serenità dei Buddha e dal quale io veggo discen dere, come dal profondo dei secoli,\l'indifferenza sovrana dei thai per ... pei l'esistenza terrena. Se qualcosa di afferrabile vi è nell'anima thai è appunto tale indifferenza impalpabilmente resa dal sorriso immoto del volto, delle labbra, degli occhi. E il sorriso e lo sguardo di questa gente non mi dicono come il sorriso e lo sguardo dei cinesi: « Ecco il fantasma dal volto bianco! ». Non ini dicono neppure: « Ecco un uomo che ha il fucile al posto del cuore!». Mi dicono: « Ecco un uomo che ha paura della morte, perchè fa dei beni materiali la sua mistica suprema! ». Mi dicono ancora: «Ecco un disgraziato che si affanna per possedere, per possedere, mentre, secondo il detto del Saggio, in letizia noi viviamo, noi che non possediamo nulla! ». E, quando io passo, il thai delle campagne non mi getta ai piedi, come il cinese delle campagne, lo scrocchio e l'ingiuria: « Yango, diavolo d'imo straniero! », bensì mi saluta quasi sempre, le mani congiunte all'altezza della fronte. Per primitivo, per isolato che sìa, per attaccato che sia alla sua religione, ai suoi costumi, alle sue tradizioni, il thai delle campagne non. conosce la xenofobia, intesa comrj odio innato per lo straniero. Per lui, la tolleranza è la regola, l'amore per tutti gli esseri e per tutte le cose vive essendo la sua legge La nostra civiltà con i suoi apporti — macchine, ferrovie, telefoni, petrolio —, egli la giudica nel suo giusto valore: un mezzo per accelerare la corsa alla ricchezza e a tutte le facilità della materia. Perciò, l'accetta per quanto essa presenta di utile e vantaggioso nella vita quotidiana, ma, nelle abitudini, nei gusti, nel lavoro stesso, egli resta quello che per secoli furoi:c i suoi avi: un primitivo con tutte le qualità ed i vizi suscettibili di fiorire in «n'aiu¬ \ contadino cinese. Il suo corpo, dal le anche strette e dalle spalle lar Uj*3i sembra sbocciare al di sopra ma semplice, in continuo contatto i con la natura. LDal punto di vista fisico, il thai cdelle campagne non è bello. Tut- ntavia.non ha l'aspetto bestiale del 7lnvend 'della cintura alla maniera di un ,vul°: Benché all'apparenza poco nutrito, è sano e robusto. Oli è che, _\lls.\'° principale alimento è il riso. N E » riso, si sa, nutrisce senza in- «'Sgrassare. Il riso 3ta al thai come\tI " P.ane sta agli europei del Sud, l'cosicché il prendere i pasti vie-\ ne d> solito designato con kism- kna"fv mangiare riso; i beni fm- niobiTi, con tabuca-khang, masse-\ r'~<e e riso; ed essere senza pane - si din « essere senza riso». | cJ Pe. simile vitale importanza, in « Thailandia viene attribuito al ri-]m so "» carattere d'ausvicio ed esso\c entra a far parte di tutti i ri*ì\x domestici. Simbolo di feconditàin nelle feste nuziali, di fortuna in * altre, il riso è strumento efficace,n di esorcismo contro i malefici in-\s flussi, specie se abbrustolito o pu-iy"Marna viva. Esiste,d rificato'dalla fiamma viva. Esiste,d^persino una dea del riso. E questa 'ÌCerere asiatica ha un culto vivis- ]Simo. Prima di ogni pasto, il t7iai|ne manda un saluto pio e, durante]\H pasto, la ricorda spesso. In ge-\nerale, il thai delle campagne,\ ' -» n„i0, no„ nnria ' p,en- e a o e n i della casa e mangia affrettata' mente seduto sui talloni, i gomiti sulle ginocchia, la scodella all'altezza della bocca. Mangiare per lui non è tanto una necessità fisiologica. Il pasto, che ripara le forze e incorpora all'uomo i frutti della terra, costituisce per il thai un rito sacro. Nutrirsi per lui è un comunicarsi. Il Saggio non ha detto: « Come le onde e la schiuma si immedesimano nel fiume, così l'uomo, incorporando ì frutti della terra, si immedesima con tutte le cose create » ? Nessuna meraviglia, quindi, se il riso costituisce la coltura na zionale. Le statistiche precisano \che le terre a r,s°> nel '38, rag quando manqia, non parla. Pren-\de la tazza di riso con pezzetti di pesce secco, si mette sulla soglia\'giungevano i 22.626.71/0 rai, vale a dire oltre tre.milioni di ettari, i nove decimi delle terre coltivate, Le stesse statistiche aggiungono che la produzione media di riso, negli ultimi sei anni, toccò i 70.067.962 plcul, il plcul equivalendo a 60 chili. Tutti consumati nell'interno? No. Ogni anno ne viene esportato un buon terzo: esattamente, nel '37, annata buona, 25.870.1/1/5 picul per il valore di !)5.9h!/.l/l/5 tfcali, circa un mi- _ Nardo di lire; nel '38, annata.cntti «a, 18.370.253 picul per 75.31/3.512 ticali, quasi ottocento milioni di lire. \ ... • Un miliardo' di DOC the r.„M/,J„0l„M., T, Wo„ A ,„ \ ^S^^^^Edè «na^t -« dclla ìnailandia. Ed e una vie| cJ{ef"J,,°"r'lJ £2*** Pe,nf/o « -J*™***£^T2>™^Se«JZi-Tr ]men<°- non eda temasi. Se in al\c!im J'!'e,sl s< brucia il grano ed \xl.cape troppo abbondanti, si aninwnt<ln° ""'ioni di balle di coto *•>.« massacrano porci e mqnto,n} m eccesso; se, in «(tri, si pa\st.rano le piantagioni di caucciù o iy. c"nna da zucchero, in ,dxa> \^vece, la coltura del Thailan ,dia, invece, ta coltura del riso mi '»e»*<J ^i^^'S,m%S^rhl\ !e"=„ ,fw,,,?,>P „//^ I|"0"!? Potuto sfuggile alla fonili-' ]aabUe e universale contrazione del \l" d2^"da-feijKi* ",eiL« ""■: \ •? Pi'irne, scoppmta nel 88, si ri difaUi, catastrofica per i pae- i r i i è a , i \'. ?' confinanti o viciniori della Thai a\ln.ndl'!:J.nd"?>m'> Malesia, Birma- 'nxa, Indie Olandesi, Indie Inglesi Il petrolio, lo zucchero, il caucciù, il tè, lo stagno, tutti prodotti col tìvati ed esportati in Europa a va pori completi, precipitarono. I lo ro corsi di esportazione caddero in pochi mesi, nè riuscirono più a risalire. Dopo una momentanea caduta, dovuta ad una minore richiesta, minore richiesta dovuta a sua volta ad una minore ricchezza dei paesi consumatori, il riso, invece, si riprese e sorpassò i corsi del '2S. Perchè? Perchè la grande consumatrice di riso è l'Asia con il suo miliardo e più di bocche affamate. Di qui. il programma del Governo di Bangkok di raddoppiare il più presto la produzione del riso. Ma vi riuscirà? Paolo Zappa iimii iimmuiimiimiiummiiiiiiu i ni

Persone citate: Canova, Paolo Zappa, Thai

Luoghi citati: Asia, Ayudhya, Bangkok, Cina, Europa, Malesia, Thailandia