IL PRINCIPE EUGENIO di Filippo Burzio

IL PRINCIPE EUGENIO IL PRINCIPE EUGENIO PIEMONTESI del Settecento li a corso Principe Eugenio» in Torino è una tranquilla e onesta via, un'arteria secondaria e uri spo''appartata, che collega l'otto-|"centesca o carissima a me piaz za Statuto con quel famigerato Rondò d' la Fórca, sacro alle quasi mcdiocvali ricordanze torinesi del boja; e oggi quadrivio già un cotal poco suburbano, fino a cui, da una parte, agevolmente spingesi e confina la città vecchia, su dal quartiere della Consolata, mentre dall'altra vi cominciano le zone sacre alle gran di ombre cristiane del Cottolengo c di Dou Bosco, e dei loro mirabili istituti. Con le sue case basse e senza stile, intorno a cui l'aria e una pacata luce, e un silenzio d'altri tempi possono ancora farla da padroni, il corso Principe Eugenio — che c, insieme a via Pietro Micca, una delle poche diagonali che osino intersecare l'ordinato scacchiere torinese — non ha conosciuto gli alti e bassi, le improvvise fortune edilizie di altro zone cittadine, ma conserva una sua onesta e lieta floridezza. Io non so se questa posizione occupata dall'arteria a lui dedicata nella gerarchia delle vie torinesi corrisponda esattamente, sì o no, al gradino spettante al principe sabaudo — che Napoleone poneva, accanto ad Alessandro Annibale, Cesare, Gustavo Adolfo, Turenna © Federico di Prussia, fra i sette grandi capitani del mondo — nella scala dei fattori militari e politici della storia subalpina e italiana: penso, tuttavia, ebe non fosse molto nel vero il Forges Davanzati quan sosnet- fava nel principe Eugenio una["■u":Ll'° . ^ . .. . volontà sabauda, anzi addirittu ra «italiana» avanti lettera, che troppo palesemente egli, per l'epoca in cui visse, per gl'idea''che servì, per gli ambienti, levicende, le mète cui indirizzò la sua azione, non ebbe e non poteva avere. No, 6alvo l'episodio della battaglia di Torino, la sua importanza nella storia patria è grande sì, ma indiretta e tutta di riflesso, per la luce che dalla sua gloria su noi si riverbera ; mentre diverso è il metro su cui conviene misurar la sua statura; altri i veri problemi che rispetto a lui si pongono; altre le peculiarità di questa figura, su cui conviene fissar l'attenzione. Questi problemi sono, a mio avviso, i seguenti: 1") un problema ira filare"^èvident'e "di 'natura"oliasi.' . . 1 ..tecnico-professionale : e cioè qualisiano le caratteristiche del gran-de capitano, rispetto ai suoi predecessori -e ai successori ; 2°) un problema politico, possiamo anzi dire, in senso lato, spirituale: Eugenio, cui la sorte non consentì, per varie ragioni, di metter la spada al servizio del proprio paese (come già accadeva allora, da secoli, alla maggior parte dei grandi guerrieri spagnuoli, francesi, inglesi, e anche tedeschi), si differenzia e distanzia però nettamente, non diciamo nemmeno dalla tradizione dei capitani di ventura, ma dai 6iioi più recenti predecessori italiani, gli Spinola i Doria i Montecuccoli, per una più spiccata, ed alta e conscia, fedeltà a due grandidee universalistiche (se pure, asuoi tempi, già leggermente antiquate), che di lui fanno, ben più di un deraciné, una sorta dgrande, non sappiamo poi se antico o modernissimo, a europeo»: l'idea dell'Impero, e l'idea della Cristianità. L'Impero, ch'egli ha servito ininterrottamente, con devozione superiore al proprio interesse, non solo, ma con lungimiranza innovante la stessa tradizione imperiale; la Cristianitàche nelle sue gloriose battaglie contro il Turco invasore sente come un'ultima eco, e quasi un supremo sussulto, di crociata; sda far accorrere in folla sotto le sue bandiere cavalieri e princippur dei paesi nemici — momenticome già a Lepanto, di miracolosa ed effimera unità di questa Europa, sempre lacerata e divisa. Eugenio è un fedele di entrambe le grandi idee, che per lui hanno un ritorno di vigore (foriero magari, a voler tirare un po' la corda ! di future, se pur diverse, fortune); è una specie di paladino e di crociato, che la sensibilità popolare ha esaltatonella famosa canzone dedicataglidel prode cavaliere — quasi ravvisando una feudale coerenza e legittimazione nella condotta nelle imprese di lui che, principsabaudo, è, come dev'essere, in nome della sua Casa, da sette secoli ligio all'Impero. Che a tutto ciò, a questa serie di splendidragioni, si aggiunga un tenacodio verso Luigi XIV, antico offensore e dispregiatore della sua giovinezza, non fa che dare un più piccante e completo saporumano al suo caso. Se, dal punto di vista esclusivamente militare (e specialmente nella serie dei capitani imperiali) il suo predecessore immediato è un altro Italiano, il ÌMontecuccoli, sotto l'angolo visualpiù generale e più important(che abbiamo ora indicato) di fidile dell'Impero, ci sembra convenga risalire più addietro netempo per trovargli un degno antenato ideale ed emulo, il Walleustein. Nota il Burckhardt, ne può recente Richelieu, come, d fronte al gran Cardinale france-'pse, il geniale e tenebroso Tedesco ladi Boemia — clic ha ispirato, cohi|suo magico alone, e con la tem-jd"pcstosità della sua fortuna, uno|cdei capolavori della poesia tede-1msca — si erica durante la Gucrra'ldei Trent'anni. quasi rappreseli-.ptante di un altro mondo, più an-gtico e superato ma. insieme, più dricco di futuro: quasi rapprcsen- Xtante cioè di un'unità europea,ilnon più feudale e non ancora mo>-derna. di cui sarà nemico n.or bncn(J ie o a n e a . e ì e i a l tale (più tempistico, ma a niù eretto) il particolarismo na iSlinnnlUfa ni-nmn«n da Riehelien • 1 l4 1 ' ImNon è a dire che Wallenstcin cnon guardasse, a tratti,'nella di-i rczione de suo grande contempo lmraneo Richelieu Anche Wallén- : pStein cercò di neutralizzare gli!csterili antagonismi religiosi cheL^T^ont^^^: maksi trovava indeciso, come uomo|idall'intelligenza troppo sovrana ecimparziale. ... Egli era l'uomo dildepoche diverse, in realtà di nessu 1 a introdu storia del za consi vittoriosa, tori, essi s proprio grandi, tori e dei leggono segni della una luce d'avvento. ... Evidentemente, a restar nelli sfere del mito, fra la tragedia sehilleriana e la canzone del prò-j\dc cavaliere; tra 1 afflato poeticoi t- irradiante dalla nSura del a 1lf»8ntein e. 11 M umaM0 prestigio|di Eugenio di Savoia ci corre un| bel tratto; ma, per compenso, esu! terreno concreto della guerraide della politica non si può non\cosscrvare che il bilancio storico!v«imperiale», catastrofico per il u primo, si chiude invece in bri 1- l laute attivo per il secondo: _ la space di Weslfalia, elio termina c la Guerra dei Trent'Anni, segna tinvoro l'inizio del cinquanlenniojtdi vera e propria egemonia fran-jnce^e in Europa; cioè di quell'ego- pmoliia cui, proprio a seguito del- ple grandi vittorie di Eugenio, le tpaci di Utrecht e di Rastadt poh- mgono invece la parola fine, col|0 drammatico declino di Luigi R XIV. E non è senza commuovere (la fantasia, dello storico a pateti- d>-l« considerazioni, il fatto dio la l battaglia di lonno del 1/06 in cui la fortuna personale di bu-) iS"1»10 sl congiunse felicemente, 1 l'c1' lln tempo, alla fortuna della Imi a patria e della sua Casa — costituisca uno dei momenti cui- i j addirittura lml.. . „,„.„„-,.. : pice. di quella riscossa europea [!contro la tirannia del He sole, jLi,,, a(j Eugenio (suo massimo.Lkonente e promotore) procura |insieme la gioia de la grande rm-|ccita militare e politica, e quella! lde]|a vendetta personale I Salimi- 1 „,.„,„ ,„ tr;„ „,„/,, inj" I si reca a Bruxelles aa aporacciar- „ J,a gioia della vendetta si me--jscolò un poco a quella della vit- vi la madre, Olimpia Mancini, che versa lacrime nel rivederlo:oi tona » egli scrive ; e un altra voi- ta, quando il vecchio re trance-ose .nel 1 i 10, al puntop.u basson|della sua fortuna, dicesi abbia esclamato: Mi metterò alla lesta deila mia nobiltà, c mi farò uccidere, Eugenio chiosa: « Lo avrebbo fattoi xon \0 so <$0 che una volta, essendo in trincea, vo¬ leva andarsene, e ne fu dissua so... ». E ancora quando, qual che anno dopo, la coalizione an tifrancese, sfasciandosi, permette a Luigi di concludere alla meno peggio la pace, confessa: «Fu per me un colpo di Fulmine »; e persuade il suo imperatore a con tinuar la guerra da solo. Poi la morte del gran nemico lo placa; 0 già- prima, ai preliminari di Rastadt, là cortesia settecentesca (e quasi un'eco della gran bontà dei cavalieri antiqui) sfavilla in lui quando - ricevendo il suo il lustre avversano, , Villars I alti conversari militari e politici,\p che i! Francese esclama, ad un certo punto: « In f.-de mia, Moli- signore, noi parliamo senza ac-idmaresciallo o mi rati iene in cosi| „;,„ „ ., [pione a, Campi jcorgercene come Annibale e SciKlisi! ». Bello sarebbe ancora (se lo spa- ou lo vietasse) colisi L)0 () .k.,.a|. , in ,mii K;igenÌ0) |80ijtar;0 scapD|0 umanista, fra i ! uac|r; c j |jm.j f|(1| sl|n jmmell6o naia770 f ,jPalaz?°tdel l?e,vodore« di cui hn. Itracciato egli stesso 1 )rmm,m]a Vienna barocca del primo /,„/,,„,a lumeggiando, nel pre-i 1nuovj metodi - dMeasor'è „ 'maestro"''^''gran-i 1.!. T?pflpnVn l'i,,;■/,'-,A-b -A t iniziatore di quei Iella guerra aina- nuca, che troveranno poi nella - manovra napoleonica ' -lperfetta espressione, o, . al Filippo Burzio 'jrui a loro più

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