La eroica marcia colonna Chiaramonti

La eroica marcia colonna Chiaramonti I NOSTRI NEL BACINO DEL DONEZ La eroica marcia colonna Chiaramonti "i Storia di poche settimane e già è nata la leggenda ■ Un battagliare continuo dal 18 ottobre al 12 novembre su un percorso a piedi di oltre 240 chilometri, con una temperatura fra i 18 e i 30 sotto zero (DA UNO Vm NOSTRI INVIATI) Fronte del Donez, dicembre. Vi racconterò, con «Jenni episodi, la storia della colonna Chiaramonti nella sua marcia verso il bacino del Donez; una storia di poche settimane addietro e già va tramutandosi in leggenda. Che in essa rilucono lo slancio combattivo e lo slancio cameratesco, l'irruenza e la resistenza, lo spirito di sacrificio e la serena valutazione del pericolo: tutte le qualità, insomma, dei nostri fanti, tutte le virtù della nostra razza. Compirono, questi fanti della « Pasuoio », oltre B40 chilometri a piedi su quelle strade russe che più volte ho descritte; scavalcarono con facilità le prime resistenze e s'affacciarono al bacino del Donez in dieci giorni. Qui il nemico li attendeva in trinceramenti apprestati da tempo con artiglierie numerose e forze imponenti. Conquistarono, casa per casa, Shelesnoje uno dei grandi agglomerati industriali dei Donez. Conquistarono Gorlowka- il più grande centro del bacino minerario dopo Stalhio. Puntarono su- Nikitowka dove shocca l'oleodotto proveniente dai pozzi di Crozy. E qui, premuti da forze cinque volte superiori, per sei giorni seppero resistere, difendersi e contrattaccare. Senza possibilità di rifornimenti, lesinarono sulle munizioni, ma ogni pallottola sparata aveva la sua vittima. Senz'acqua, raccolsero la brina e la fecero fondere. In un giorno furono attaccati otto volte. Gli esploratori: ragazzi di fegato Ma oltre gli attacchi sovietici dovettero sopportare un altro attacco. Un attacco atroce, senza fracasso e senza fiamme, ma nginlmente violento. Quello del freddo. Da temperatura scese all'improvviso, raggiunse di nollc i 30 gradi sotto zero, e oscillò dì giorno sui 18. Come reagire al freddo, come resistervi in quei luoghi e in quelle condizioni? Non si grida « Chi va là > al freddo; al freddo che lega gli arti li immobilizza e li rattrappisce, che fa lacrimare gli occhi e torce il ventre e gli intestini; al freddo cosi intenso che l'acciaio dei fucili bruciava la pelle delle dita. L'inverno era caduto con violenza spietata nel vivo de'la battaglia. Oltre al numero, i 1:0 vietici sperarono di battere i fanti della «Pasnbio* con t'aiuto del « Generale Inverno ». Perc è credevano di sapere essi soli combattere con il freddo. Ma i fanti venuti dal Paese del soie, batterono i sovietici ed il freddo. Erano partiti da Pawloijrnd il 18 ottobre. Io li vidi passare sul ponte di barche gettato dii «ostri pontieri. All'inizio la colonna è composta dì alcuni battaglioni alleggeriti di molte impedimento., perchè dovranno camminare in fretta e a piedi dato che il cattivo stato delle strade da giorni immobilìzza gli automezzi. Quattro giorni appresso la colonna viene raggiunta e rinforzala da altri battaglioni. Da Pawloijrad essa è scesa finora con direttrice °Aidzfist e sta pun*ir_*o, vÈilcm&nte a<f^8tM'ob!eti;,T<fyéf.nitivo non lo conosce neppure il comandant'. Di giorno in giorno la mèta viene comunicata dal Comando del Corpo di Spedizione. Si sa tuttavia che si va verso il bacino carbonifero del Donez quale estrema ala- sinistra marciantn dell'Armata corazzata e motorizzata di i>on Kleist. Scendendo dn Pawlograd la colonna attraversa il solito paesaggio ucraino a ondulazioni lente, qnasi nudo di alberi. Campi di stoppie, campi di girasole dal tondo fiore ormai avvizzito e nero, zone paludose e incolte. Il cielo si manteneva sempre basso, chiuso e compatto. L'assenza di orizzonte, così, accresceva la sensazione della lontananza della, vita e degli uomini. Il primo nucleo nemico, un nucleo di distruttori, viene affrontato e distrutto dal plotone esploratori. Sono ragazzi di fegato, questi esploratori, sono gli arditi della pi esente campagna. Nulla li ratliene, li arresta. Sempre primi, sempre in testa, si buttano a volte nelle situazioni più imbarazzanti e riescono sempre nei modi più impensati. Tornano quando ormai r.on sono aspettati più, e portano sempre del bottino, dei prigionieri e delle informazioni preziose. Siccome qui le distanze sona grandi, il pae&s da esplorare vasto e il nemico inabilissimo, con il consenso del colonnello essi hanno raccolto d'i cavalli abbandonati e ne hanno fatto le loro monture. Si trulla dì bestie che le fatiche, gli strapazzi e il digiuno hanno ridotto a scheletri; non /anno che dondolare la testa, mordicchiare gramigne e stoppie e levare con aria t-asognata gli occhi dolci e stanchi. Gli arditi esploratori hanno curato con amore questi cornili, ne hanno medicato le lesioni e, tirando sono issati sulle loro grop; ■• tentano d'imprimere anche ad t :si un'aria marziale. • Seminatore di mine Con queste bestie gli esploratori si spinsero tanto «tinnii da finire fra r."vhi nemici di resistenza appoggiati dalle artiglierie, che subito tentano di accerchiarli. Nacque uno scontro breve e furioso che fini a favore dei nostri, i quali riuscirono ad aprirsi un varco con i fucili mitragliatori e a colpi di bombe a mano. Il nemico rivelatosi in tal mono venne attaccato con forza e decisione. Si trattava di gruppi distruttori perchè lasciarono nelle vostre mani un autocarro carico di esplosivo e di seghe circolari: U seghe per inoliare i pali fcsZe(irafì'ci, l'esplosivo per far saltare i ponti e le rotaie. La colonna cammina ora lungo la ferrovia per chilometri e chilometri nella piana ondulata. Del nemico poche tracce. Solo i segni d:lla su'" ritirata: ponti distrutti, Vinari spesoti, pali telegrafici abbattuti e mine. Molta mine. Sono ooHooate sul sentiero che costeggia la ferrovia o a fianco del sentiero. Qualcuna è posta attorno ai pali abbattuti che lo ostruiscono. Molte sono isolate. E tutte a pochi centimetri sotto terra, sempre con una, ^bottiglia Molotof » vicino per aumentare la violenza dello scoppio. Non è facile scoprirle. Ci vuole un occh-o esperto e fino per rilevare le zolle mosse, la lieve curvatura del terreno o il filo teso nella stoppia fra mina e mina per provocare l'inciampo # lo scoppio. A X, sempre lungo la ferrovia si presenta ai nostri esploratori un giovanotto piuttosto alto, dal parlare incerto ma dai modi decisi Che cosa dica, in verità, i nostri esploratori non riescono a rapire con esattezza. Sembra però che voglia mettersi al nostro servizio o per lo meno fare qualcuna di utile per noi. A un tratto infatti prega i nostri di seguirlo per una cinquantina di metri, li fa fermare mentre egli procede per altri venti metri, si china, gratin la terra delicatamente e poro dopo ne estrae una cassetta: una mina. Solleva la mina sulle palme delle mani e ride. — L'Ilo messa io — dire quando arriva- l'interprete — nr ho messo molte altre lungo la ferrovia, quasi tutte. Posso tonliòrle con facilità. E spiega- di essere un cosacco del Kuban, figlio di un ricco proprietario terriero che i bolscevichi hanno spogliato dei suoi beni. L'uomo invece che viene incontro alla colonna, nel villaggio successivo, di età matura, con una barbetta brizzolata che ricorda vagamente il protagonista nel film Pasteur, tiene nelle mani un berretto da ciclista, che stona coi suoi lineamenti fini. Non ha alcun servigio da offrire, vuole solo esprimere la sua gioia per il nostro arrivo. — Sono vent'annl che vi aspettavo! — esclama inchinandosi. E' un professore di fìsica, czarista. Non ha rimpianti per il passato. La sua gioia sta tutta nel sapere il suo paese liberato, alla fine, dalle orde sovietiche. — Adesso — aggiunge — posso morire tranquillo. A C. viene ripreso il contatto col nemico. Sono nuclei di resistenza che si fanno vivi con scariche di fucileria e con raffiche di mitragliatrici che i nostri espio ratori, a piedi e a cavallo, infati cabilmente scovano, seguono e perseguitano. A N., in un'azione di più vasta portata, gli esploratori catturano un intero plotone con un ufficiarle; gente bene equipaggiata e bene armata. Portano abbondanti pastrani invernali, fucile a cannocchiale. Il loro compito era dì attenderci appostati a distanza per coglierci di sorpresa. Dopo qualche reticenza essi informano che tre reggimenti di una divisione sovietica sono schierati a S., a protezione del fianco destro dì un corpo d'armata e ci attendono ben trincerati e appoggiati da molta artiglieria. — Benissimo — esclama il co-, ìonnella Chiotrav. aRff. — 'Andresti» a trovarli suuìto. E dà l'ordine di affrettare i tempi. Due giorni dopo, all'alba del 25, la colonna si schiera a battaglia davanti a S. Gli esploratori spintisi alle prime case del paese hanno i primi contatti col nemico. Si sente difalti il ranocchìare basso della «- Maxim », rotto'di tanto in tanto dallo schianto delle bombe a mano squillante rome un colpo di martello sull'incudine. Il secondo battaglione avanza in ordine .sparso per fissare la linea. E' seguito dal terzo che ha un compilo di fiancheggiamento. Il colonnello ha preso buona nota del'e informazioni dei prigionieri facendo segnare sulla carta gli .sbarramenti, le postazioni di artiglieria, i nidi di mitragliatrici, i campi di mine. Nella notte ha assegnato oli obiettivi e predisposto i movimenti, — E il comando dove va T — domanda l'aiutante maggiore quando le truppe stanno attestandosi, • — Oià —■ risponde — il comando * Lo metteremo lì. IA nella radura fra le stoppie di grano, poro oltre quel cespuglio; non si trova che un pagliaio, uno di quei grossi paaliai un poco a ogiva-, «mussati agli angoli, che visti da lontano possono scambiarsi per i.she di contadini. — IA, dietro fi pagliato elsa U colonnello. pre- Non è certamente il posto '■ idleale per dirigere uno scontro. Ma per il momento presenta alcuni vantaggi notevoli. Anzi tutto l'iene a trovarsi quasi a ridosso delle linee. E, si sa, il colonnello Chiaramonti ha l'abitudine di portare il comando nelle prime linee. Poi chi si affaccia dagli spigoli può vedere, non visto, una larga fetta di orizzonte. Infine, vantàggio non trascurabile, dona una. certa sicurezza almeno contro lei pallottole dei fucili e delle mifra-l .oiiafriei. Nella paglia, le stessei pallottole penetranti non si smorzano e muoiono dopo un metro rèi massimo? Il colonnello, dunque, va a dirigere i suoi uomini di destra al pagliaio, controllandone di tanto in tanto sul terreno i movimenti e controllando nel tempo; stesso le postazioni nemiche che mano mano 1s1n.no ristandosi. Il giorno frattanto si leva a poco a poco, un giorno grigio, di una tristezza monotona. Si direbbe che esiti a rischiarare il paesaggio, caotico susseguirsi di campì risucchiati -da grandi agglomerati industriali. Di fronte, a destra e a sinistra, non si vedono nella foschia che le sagome diquesti agglomerati, i quali da vicino presentano la desolata atmosfera- dei giorni di sciopero: tutto è fermo tutto è silenzioso. Sbavature di fumo nero ai bordi delle finestre denunciano gl'incendi o i tentativi di incendio; vetri rotti, carcasse d'automobili, di autocarri e trattori, qualche arma per terra e i fili dei telefoni e dei telegrafi tagliati indicano il passaggio di una furia devastatrice. S. è uno di quei tanti agglomerati del bacino del Donez, il primo incontrato dalla colonna sulla stradda di Gorlowka, Ha fabbricheplumbee, case operaie rettangola-ri massicce e rigide come caser-me, e molte cosucce e piccoli ortidove i contadini, diventati per requisizione operai, tentano di ritornare comodini almeno per qualche ora il giorno. L'attacco di Gorlowka Appena i nostri si scoprono si scatena l'inferno. I prigionieri hanno detto la verità, il nemico è numeroso e possiede numerose artiglierie. Queste sparano dal centro dell'abitato appostate tra le fabbriche e i casoni, sparano dalla periferia appo\state fra gli orti e le cosucce. Tirano salve di batteria sui mirti obbligati, nei crinali delle ondulazioni che i fanti scavalcano di corsa; tirano colpi singoli sui gruppi, tirano all'uomo. II terzo battaglione, che avanza in un prato per andarsi ad appostare, è sorpreso dal fuoco concentrato di una ventina di pezzi. 'I colpi arrivano a quattro, a otto, a dodici la volta. Sollevano fonitane di terra e di fuoco, di fumo. 'Tutti gli uomini del battaglione, come ad una esercitazione di piazza d'armi si sono gettati a terra. Attorno ad essi, in mezzo ad essi, si lacerano le granate. E su dì essi plana continuo quel vibrare metallico che precede e segue l'arrivo dei colpi, quel vibrare metallico che, come una pila elettrica, scarica dalla nuca lungo la colonna vertebrale, le braccia e le gambe correnti diacciate che scuotono anche l'uomo più forte e lo spingono a cercare un ricovero qualunque. Eppure non un fante si muove, perchè l'ordine è di non muoversi. Si rialzano soltanto all'ordine dcl colonnello di riparare dietro un co sione. Platone per plotone, come in piazza d'armi, il battaglione sfila via. I rossi continuano a picchiare con le artiglierie fino a sera e per tutto il giórno successivo e per un altro ancora-. Occorrono tre giorni continui, di accortezze e di manovre, di finte e controfinte allo scopo di trarre in inganno il nemico prima che sia scagliato l'attacco definitivo. E occorrono due ore di lotta, casa per casa, prima che S. sia saldamente nelle nostre mani. I fanti l'hanno appena occupata che i russi già vengono al contrattacco. Respinti, ritornano di nuovo e più in forze e più armati. E cosi per due altri giorni, fino a quando, presi suZ fianco da un nostro battaglione, sono liquidati definitivamente. La lotta tuttavia non finisce qui. S., con le sue « balka » è la porta di accesso di Gorlowka, il più importante centro del bacino minerario dopo Stalino. Da semplice paesane quale era al tempo degli Zar, con dodicimila abitanti, due sole miniere in attività e una pie-cola fabbrica, Gorlowka ora su- pera i centomila abitanti, esatta-mente 105 mila, possiede nove mi-niere, quattro grandi officine ca-paci di produrre quattrocent ornilatonnellate di ghisa, quattrocento-ventimila di 'acciaio, quattroccn- tonovantamila di laminati, nonchéfabbriche di distillerie di carbone,ed allinea palazzoni amministru tivi come la casa dell'elettricità e la « Casa rossa ». }attacchi sornioni, finte puntate che arrivano diritte e veloci verso i nostri capisaldi ed è - necessario stroncarle a colpi di bombe a mano. Ricorrono anche al trucco degli uomini che fingono di arrendersi per meglio avvicinarsi. Negli intervalli fra attacco e attacco, un bombardamento continuo: mortai da 110, cannoni da 76 e, di tanto in tanto, salve da 152. Cercano di fiaccare la nostra resistenza con un uragano di fuoco. E cercano soprattutto di impedire ogni rifornimento. Guai a chi esce dalle case! Dai fucili a cannocchiale, 0 dalle mitragliatrici viene fulminato di colpo. E le munizioni incominciano a diminuire, i viveri scarseggiano, l'acqua manca. Per l'acqua, vi sarebbe un pozzo, ma i sovietici vi hanno incrociato sopra il fuoco di parecchie mitra anatrici. Tre donne Una donna nondimeno mole andare al pozzo. I suoi due bimbi hanno sete, piangono. Anche qui gli abitanti non si sono mossi. Vivono l'assedio, e quando una granata scoppia in una camera vicina, non cercano \nemimeno di ripararsi; stanno in piedi, immobili, le mani davanti al ]volto. La donna, dunque, va al pozzo; ìper essere riconosciuta ha indossafo il suo vestito più sgargiante; ìma fatti pochi pas3i cade fulmi] nata. ] Una seconda ritenta la prova strisciando a terra; anch'essa « :fulminata. Così una terza. Solo .una ragazza ventenne riesce a isi^aUe armi, ^, tornare, ferita, dal vano tentativo. Per dissetarsi, al mattino i fanti raccolgono la brina e la sciolgono. L'acqua cosiffatta è rigorosamente razionata. Per mangiare? Un giorno un gruppo di mortaisti ha una fortuna sfacciata. Un porco passa davanti alla postazione. E' un porco magrolino per i lunghi digiuni, ma è ugualmente mandato dal Cielo. Due 0 tre uomini si buttano fuori e lo accoppano ; riescono a tornare con il porco senza pagare lo scotto ai cecchini sovietici. Un altro giorno viene scovata un'oca; i fortunati scopritori ne offrono una coscia al colonnello, che a sua volta la diride fra gli ufficiali. E le sigarette? Si fuma di tutto. Sedano pelle di patate, pelle di cipolle arrostite. Pare che la pelle di cipolla ubbia un vago sapore di Macedonia. La situazione, ad ogni giorno che passa, si fa più critica, con quel bombardamento che non la smette mai. E' critica, ma non abbastanza di emozionare i capi Buoni tiratori, si mettono anch'essparano la mitragliatrice e il mortaio, sparano anche feriti, come il sottotenente P. di Mantova. Il colonnello è ovunque, ed il cappellano pure. Un genovese, questo cappellano, dell'SO, don Traversa, dal naso filato a prora nave. L'hanno proposto per la meffoyj''0 d'argento sul campo. . "7»s r-rfeS—g'omi — egli raccolti — honhaUà^^'JZnW,E un'Avc. Incominciavo é su£r.° dopo /eriti da curare. Riprendevi l'« Are Maria, Madre di Dio >, bom.', un'altra cannonata e via a vedere di nuovo. I russi sparavano sempre e molte granate scoppiando fra le ci.se, io dovevo continuamente spostarmi di qua e di là, a destra e a sinistra, per assistere i feriti. Così mi fu difficile arrivare al « Cosi sia ». E gli uomini? E' una frase fatta, lo so, ma delibo dire rhe gli uomini si son .battuti di leoni. Se però doman^iotf. foro un episodio, essi non vi {raccontano rhe la vicenda del fante Randazzo, e lentamente, con lunghe pause, come si racconta la « leggenda. ». Un fante come tanti altri, Rosario Randazzo, umile, silenzioso e disciplinato; ad un tratto egli esce dal silenzio dei ranghi, assurge alle luminose vette dell'Eroismo, diventa una leggenda, un simbolo. Egli fa parte del plotone mitraglieri del sottotenente P. La sua arma è posta a sbarramento del\punto di congiunzione fra il frontei 'est e il fronte nord, dove i russi tentano di passare; e per passare non Je.s'iuaiio i mezzi nè gli uomini. Attaccano di continuo. In due giorni, gli uomini del gruppo-tiro, ' uno ad uno, vengono messi fuori combattimento. Anche il sottotenente P.. ohe, ferito, ha continuato a sparare, deve alla fine deci- dersi a recarsi al posto di medica-zwne Non resta che Randazzo; chino sull'arma, la manopola ben salda nelle mani, sgrana i suoi nostri mortali contro i nuclei nemici chetentano senza posa di avvicinarsi, Attorno scoppiano le granate dei mortai, battono con un tonfo, sra-ixino nella terra quelle loro carat-teristiche buche a scodella. Il tirodei mortai si infittisce. Una gra- nata esplode a qualche metro, una scheggia gli porta via un brar-rlo, il destro, netto come una la-ma. Il fante Randozzo continua, a sparare. Con la sinistra tiene salda1 impugnatura, con i denti premela leva di sparo. Non si cura della ferita, non cerca nemmeno di fermare l'emorragia. Se per un istante smettesse iì tiro, il nemico forse potrebbe passare. E il nemico non deve passare. Egli ha la consegna di non lasciarlo passare. Continua a sparare premendo con i denti sulla leva di sparo e tenendo l'impugnatura con la sinistra, mentre il sangue fluisce dal bracao mozzato. Spara che il nemico è a cinquanta metri, spara fino a ricacciarlo indietro, fino a stroncarne l'azione, spara fino a che, colpito in pieno da una- raffica, si abbatte sulla sua arma. Lo proporranno per la medaglia d'oro. Che il fante Rosario Randazzo di San Cono, in quel di Catania, classe 1920, diventi l'Enrico Toti dì questa guerra! Che i nostri ragazzi se ne raccontino la vicenda, lentamente, a lunghe pause, come si raccontano le «leggende*'. Tl 10 novembre, H Comando Superiore comunica per radio che sta per iniziarsi l'azione di sbloccamenio; nei due giorni succc.ssi- Ivi i fanti la seguono, questa azio- ne, dalle loro feritoie. Nel paesaggio listato dalle ciminiere, punteggiato dalle piramidi di detriti minerari, fra i boschetti 1 di acacie e di robinie, essi- vedono t bersaglieri del 3" e i camerati del Ì7!V> attaccare i russi in terreno \scoperto, li vedono avanzare e inlsinuarsi nel vivo drl cerchio nemi'co e intaccarlo. Vedono pure i nò stri caccia piombare dal cielo per martellare i rinforzi clip i rapi soìvie-tini spingono avanti dalle loca\lità. vicine; e si accorgono che il ^nemico, premuto sui fianchi, apre poro l'artiglio proteso. la poro ÌLa sua pressione infatti diminuisce, l'artiglieria batte con minore intensità, tutto il fronte si alleggerisce. Il 12. il colonnello dà l'ordine di sgomberare. Prima i feriti. Sono portali su borrii* di fortuna composte con lr.r/nì c teli da tenda. Sono le 16. / i-ossi sano senza pietà. Sempre noi lì abbiamo lasciali venire sotto le nostre posizioni per raccogliere i loro morti e i loro feriti Essi invece sparano sui nostri feriti. Lo sgombero perciò viene rinviato all'imbrunire. Parte per il primo il secondo battaglione con i feriti. Lo segue il primo, ultimo il restante battaglione che lascia gruppi dì mitragliatori per dare al nemico l'impressione che siamo sempre nelle case. Non un uomo, non un'arma, neppure un «-occhio; nulla resta nette mani dei sovietici. Paolo Zappa

Persone citate: Are Maria, Chiaramonti, Enrico Toti, Paolo Zappa, Pasteur, Platone, Randazzo, Rosario Randazzo

Luoghi citati: Catania, Macedonia, Mantova, San Cono