Chiromanzia sulla spiaggia

Chiromanzia sulla spiaggia Chiromanzia sulla spiaggia Alcuni giorni di estate che ho trascorso in compagnia di donne aristocratiche mi hanno dimostrato il seguente che sapevo di già ma che mi piace di ripetere : donne di gran mondo die affogano in un bicchiere d'acqua, nel bicchiere d'acqua della non poesia. Persone — cioè — che professano arditi sensi di poesia, ma che, viceversa, hanno timore di non sapere stare un giorno fuori del■-i loro regole e loro consuetudini. E questa è come quella di molti (o diremo di alcuni) che si recano a teatro: vedono, sulla scena, i personaggi vivere ed agitarsi ; non applaudono fino a tanto che i gesti dei personaggi siano tali da strappare le lacrime; applaudono Romeo che entra vivo a morire nella tomba di Giulietta: si richiude il sarcofago sopra l'amante vivo e l'amante morta: ma molte spettatrici del dramma amoroso, si guarderebbero bene dal ripetere, per conto proprio, il gesto di Giulietta o di consigliare il proprio amatore a fare come Romeo. a Tanto — dice ciascuna — non sarebbe ascoltata ; e, Romeo, se dicesse di sì, non sarebbe — nell'istesso bel ntondo — minimamente ascoltato. Non sarebbe ascoltato giacché il bel mondo è tale che non crede a quello che fa. Fa per fare ; apre la bocca per aprirla; dice le solite cose; non aspira ad altre. Legge i libri? Li legge per inerzia ossia per addormentarsi di sera. Non vuol trovare, nei libri che legge, idee gravi o idee melanconiche. Si diverte, piuttosto, a leggere il libro d'un bello-spirito. Un a bello spirito » significa, per la mondanità, uno spirito eguale a quello, per esempio, di certuni libri; libri da « responso magico » e che precisamente ho visto, in quest'ultima estate, in mano a delle signore. Libri da responso; come sarebbe a dire di quelli nelle cui prime dieci o venti pagine sono segnate — in ordine di numeri cardinali — alquante domande. Domande che si riferiscono per lo più a pensieri, desideri, ad indagini, dell'istesso bel mondo: « Mi mariterò? » i Mi vuol bene? » « Cosa sarà di me fra due o tre mesi? » « E, di me, fra due anni? ». Oppure: a Amate voi contraddirvi ? » ir. Tornate mai sopra le vostre decisioni? » « Aspirate ad un miglioramento delle vostre condizioni finanziarie' b « Considerat.e la vostra posizione precaria?» ecc., ecc.: che, gli eccetera del le domande occuperebbero tutto 10 spazio di questo mio scritto Invece, voglio spiegare il gioco e dirò che dopo prescelta una domanda e visto il numero a cui corrisponde (per esempio, il numero sette) si chiude il prezioso librettino chiromantico e siccome nella sua copertina è segnato un reticolato di dodici quadretti in ciascuno dei quali è rappresentato un segno dei dodici dello Zodiaco si chiude gli occhi: ossia la persona che vuol sapere il responso magico dionisiaco itifallico piupesco della sua domanda, chiude gli occhi. Chiude gli occhi mentre un'altra gentile signora le mette sotto il naso la tavola Zodiaca. Ad occhi chiusi la persona del responso appunta il dito sopra il quadrante ; supponiamo che il dito sia andato a toccare il segno del Capricorno: allora si passa a considerare una Beconda tavola del libercolo nella quale, ed in senso orizzontale ed in alto, sono segnati i segni dello Zodiaco mentre in senso verticale sono segnati — da sinistra a destra — dei corrispondenti numeri a quelli delle domande. Allora nell'incrocio, in questo caso del numero sette e del segno del Capricorno si trova un nuovo numero. Si torna a riaprire 11 libro e lo si fa alla pagina segnata da quest'ultimo numero. Aggiungerò che in altre pagine del libro sono allineate, contrassegnate da numeri, delle file di risposte. E nel nostro caso non si tratterà che di andare a ricercare quella che corrisponde al segno del Capricorno (ogni segno di Zodiaco è ripetuto in queste pagine). Giuoco che s'impara facilmente, o con molto meno difficoltà della lettura dei Dialoghi li Platone. Ma non è questo che. volevo alludere. Osservavo sol- anto che di tali giochi sono pieìe — fino al sazio saturo 6tufai — le dolci spiagge d'estate. Veè, d'altro canto, che anche gli iticbi domandavano a Dioni5, all'orecchio del Dioniso sira1 .ano, così come all'Apollo di \\fo, il responso per antiche doVero è anche che i modi il proprio tempo sono he il bel mondo credi credere che tutto \ saper trovare un •o modo di perdere anche d'altro causante — che, per ipa filosofia tutto i tempo, le cose tituendo per l'anon delle più o ,s di tempo ; vee per essi scet•fcto dello stare ce una inav)ile perdita di è serio, nienè immortale :ede dell'uoumortale la , sa varia di ndimeno io voglio domandare, a me stesso,|quanto gusto provai, passato il primo momento di curiosità, ossia quello di quando posi una certa attenzione — dovuta attenzione — alle regole del giuoco, in quello delle n domande a responso ». Ne provai poco, pochissimo fin dal primo momento. E fin dal primo momento mi accorsi che noiosamente mi riadducevo — dalla contemplazione del mare — al misero della miseria del bel mondo mortale. Al misero uomo di mondo che niente sa fare meno quello di perdere quando può — il proprio tempo: niente da fare — spiego meglio — per se, a suo favore, a sua gioia spirituale allorché egli ne cerca il modo. Ed intanto — ed a titolo di esperienza — io dovetti per lunghi e per lunghi giorni, e per lunghissime ore di ciascuno, stando in compagnia di donne bellissime elegantissime aristo craticissime, sorbirmi di assistere a questi giochi da responso, e che terminai col maledire, trovandoli, per me, insopportabili. Infatti, a cagione di essi giochi le belle signore stavano sempre sedute, pressoché immobili, nelle loro seriche vesti, sotto le tende azzurre celesti e turchine. Io, in sostanza, pensavo, mentre assistevo a questi giochi, che essi costituiscono l'onanismo — solito — costituito dai fatti e dalle azioni del bel mondo. Indifferente bel mondo, eguale in tutti i tempi. Bel mondo che non sa compiere un fatto amoroso ma che sa semisbadigliare seniilanguire e semidesiderare soltanto. Semilanguire: ma tanto poco da non saperne formare materia di bello e nobile dolore. Desiderare ma molto meno che in modo da languirne. * * Racconterò anche che, spesso, vicino ad esse belle persone e mentre si stavano facendo le solite carte era una tale S. (che non posso nominare) signorina bellissima, « gauguiniana bianca i come io la chiamavo. Gauguin si sa che pittore sia, sfido io. Ma spiegherò che cosa con ciò io volevo dire: gauguiniana ossia thaitiana, ma ancora non ho detto quel che volevo dire. Infatti si sa che cosa, letterariamente, poeticamente, significhi Thaiti. Thaiti e cioè un terrestre paradiso da pittori e da poeti. Terrestre ma lungi, in pieno oceano, dagli umani. Paradiso dove le agavi centenarie innalzano al loro cielo i loro calici bianchi alla sommità di rami e di steli diritti come candelieri. Thaiti e cioè colossali verdi palmizi dal tronco zegrinato, con ombre color di viola. Thaiti: dove dietro alle superbe foglie che come ali si culno al vento della sera piropeggia il crepuscolo. Candide capanne isolate a gran distanza una dall'altra e fatte celesti, di sera, ai riflessi del tramontare del sole. Su tali oasi, donne stanno selvagge e semignude. Michelangelo discendo dalla sua caverna della Cappella Sistina e si fa a Thaiti pittore: tali, infatti, le donne dipinte da Gauguin sulla riva del mare. Ma se esse sono nere di carnagione o mulatte e la loro pelle è serica e molle sotto ad una possente elastica muscolatura, tale era, ma non mulatta, sebbene diventata di « color mulatto » la bella Sa... sulla nostra spiaggia. I suoi capelli erano lisci come quelli o semilisci come quelli del apelvenere. Come quelli delle donne che sapendola lunga in fatto di suprema eleganza naturale hanno abolito (per amore dei poeti) la sevizia d'ogni elettrica cura. Abolito l'elettrico arricciolamento dei capelli, il presuntuoso semi-imparruccarsi stile rococò. Semi-ùnparruccarsi ottimo soltanto per le fantesche o per cameriere ; tutto al più tollerabile in esotiche istitutrici ecc., ecc. Ma una ragazza elegante deve abolire ogni elettrica ondulazione. Ed infatti la bella Sa... aveva i suoi capelli neri e lisci ; bagnati dal mare apparivano dolcissimi ed appena erano arricciolati agli orli estremi dove riposavano sopra le più belle liscie spalle che io abbia mai visto. Spalle più belle d'un dorso dij iolino : ed al quale dorso, come meglio dirò, esse assomigliavano soltanto per il fulvo colore eguale nel legno e nella pelle. Ebbene, lasciatemi anche dire che, per me, era uno strazio il vedere la bella Sa... perdere, sciupare il suo tempo a domandare, alle consunte carte, all'antipatico libro di romantico chi .fosse la persona che a lei volesse bene e Quale non gliene volesse PKJ f c nóUn plio HmìiWask» i^in losse quena ine ueaiuti»aao per amore e chi la desiderasse, ìnvece, per vizio. Chi pensasse alla sua dote — vistosa — di denari o chi, come me, non pensasse minimamente al denaro o che di simile. Ma sovente e mentri' ella stava a fare o a farsi fare le carte appoggiava la divina sua schiena ignuda fra le mie gambe robuste. Io stavo — intanto — sedutosopra ad uno sgabello mentre«Ila «fava in or- oonì ieri ra ia t aeiLd stava, invece, semisaraiaia sulla calda ed asciutta arena, b, così, io la vedevo, io la contem-piavo sotto ai miei occhi C'ade-vann i miai nonki ra 1 -nm vano, ì miei occni, Bopra il som-mo della sua cervice. La bella ginocchia lo sue a me comi' da elei l ri ti. Ella socchiudeva adagiandosi verso di io osservavo le sue eii Sa..., aveva d spalle fresche come è d'estate acqua che scorre|sotto il sole Appoggiate alle mie spallo taceva no i cuscinel- - palpebri: ir meni re la eh,. a]i- parivano arcate <.. lunghe comejquelle degli scarabei. K si sa dcljmio immensa artistico amore por gli scarabei. Le accarezzavo qua!- che rara volta — e facendolo di nascosto degli altri i lisci ca- pelli, umidi — ripeto e lucidi sotto il polpastrello delle dita della mia mano sinislra. Gioca- vo con l'indice e il pollice della destra a lambirle ora l'uno ora l'altro lobo delle orecchie eorai- line. Ebbene, cosa in avrei polii- to fare di meglio.' Anche questo erà un gioco. Era un gioco a pà- rere, a fingere, ed a « fingere dinon essère ò di noti dare a vedere d'essere », di non parere inna-| n,ita a cullare sulle mie ginoo chia con le sue spalle «tenere e dure» sopra o fra le mie villosa ginocchia. Non vi sarebbe vènu la se non vi avesse provato, la prima volta, piacere; e che, àu zi, min si sarebbe azzardata nep- morati; mentre io me ne ero ih- namorato; cri ella se no èra di Line: altrimenti o come iiidica|il Imoii elementare senso — ella non sarchile sottostata alle mie, quantunque brevi, carezze. E' naturale — dico — che ella un'altra volta non si sarebbe ve- puro una volta di farlo se non àvessr supposto che ciò, piacen rio uri un suo amoroso calcolo, ristesso calcolo io avrei fatto pro vandone lo stesso piacere Ma: oli. Sa...! Oh bella Sa... ! Quante cose migliori dell'interrogare le carte si sarebbero potuti' - - in tanto l'ari' in spiaggia! E con i in non intendo alludere a quel lo che )ion si può faro perchè non si può fare; ma alludo a ciò che si sarebbe potuto fare se non si avesse prescelto lo stupido divor limcnto ri stupido pretesto delle ehiromantiche carte! H. per esempio, ' che cosa io avrei voluto fare con Sa...? lo s avrei voluto passeggiare, cammiLare. Dove non c'ò°più alcuno in |riva al mare lì sostare. E non potendo l'are quello che non si può fari', avrei voluto per lo' meno mettermi a parlare. Spif-j gare, runo all'altro. Candida-; meni" niellerò in metaforica ta-i vola ali re carte. Candidamente, | dico, farsi rifili' domandi' <• riarsi delle risposle. Domande e risposte alquanto più interessanti — come quelli' l'ho verlono sopra l'esistenza e la ragione della poesia e delle arti — ohe non siano quello le quali si possono trovare nei libri ehiromantioi negromantici. IO. infatti, secondo me impossibile, è banale, è puerile, assurdo, è triviale, che earte o libri rli tal genere possano sapere din. quello che può sapore diri- un libro di poesia, o più semplicemente un labbro innamorato. K qui m'accorgo che ora dovrei dire tutto quello rli cui avrei voluto parlare con Sa..., o domandare a Sa.... Ma qui ora che non c'è altro spazio non lo' posso più dire. Forse lo dirò! luì altra volta ' Luigi Bartolini

Persone citate: Gauguin, Luigi Bartolini, Platone