"Ciao, ex funzionari...,,

"Ciao, ex funzionari...,, III LPCSTC SICURO. "Ciao, ex funzionari...,, 0 e Vitti ce n'andiamo. Buffalo Bill e il piccolo Cahiouse diranno addio a Toro Seduto, l'unico dei tre che rimanga al ministero. Vitti, che è ragioniere, ha trovato occupatone presso un'importante azienda industriale diletta da un amico del padre: potrà, dice, far molta strada. Sarebbe strano, del resto, che non lo dicesse. Io ho avuto la nomina a insegnante nelle scuole elementari. Quando andremo via? Domani, dopodomani? Non sappiamo ancora. Io con la nomina in tasca, e Vitti con l'invito della, ditta, da tre giorni veniamo puntualmente, mattina e pomeriggio, al ministero, e facciamo regola'niente il nostro lavoro come se nulla di nuovo fosse avvenuto. Non abbiamo ancora detto nulla a nessuno, nemmeno a Fracassi ed Agosla. Anzi, lavoriamo più volentieri, perchè da tre giorni non è più, il nostro, un lavoro senza speranza e senza via d'uscita: possiamo abbandonarlo quando vogliamo, anche fra un minuto, anche adesso. In queslo momento io, volendo, potrei gettar via la penna, mettere i piedi sul tavolo, fumare un grosso sigaro, e dire: « Basta! ». Anche Vitti volge in mente sigari e piedi, e mi guarda sorridendo. Ma appunto perchè possiamo abbandonarlo quando vogliamo ci prende il rimpianto di questo lavoro che sino all'altro giorno odiavamo, e con che amore, con che bella scritturu compiliamo le schede, con quale coscienza le contiamo e ne facciamo pacchi da cinquecento. Agosta si meraviglia. « L.-1 contate? Non calcolate più a occhio e a peso ? ». « No, sai, non ci sembra corretto... ». Anelli Fracassi cl guarda con stupore, anche I-alamà, che, rinunciato alla speranza, di veder rappresentata la sua tragedia in cinque atti, sta avviandosi a diventare un modello d'impiegato. Da qualche tempo il commendator Garlandi, che ha avuto agio d'apprezzare le sue doti, volge in mente di farne una specie di segretario, E questa notizia non lo ha addolorato, tutt'altro. Si direbbe, anzi, che lo abbia lusingato. Si sente un po', nei riguardi nostri, -.. superiorino ». « Per favore, Agosta, non canticchiare durante il lavoro ». v;£h! » fa Agosta, che sempre, sin dal primo giorno, ha canticchiato, e canticchierà, credo, per tutta la vita. «Ti dà noia il canticchiamento ? ». Con un gesto Palamà fa intendere: « Ho scherzato ». Ma non ha scherzato, ha detto sul serio. Ancora non ha il coraggio di rimproverare apertamente Agosta, ma quando sarà diventato una specie di segretario del commendator Garlandi, lo farà, e allora Agosta, come gli antichi cristiani, dovrà andare nottetempo a canticchiare nelle calucombe.- Fracassi, invece, nè come noi andrà via, nè come Palamà diventerà un <: superiorino »: è dol- cernente i-assegnato, ecco tutto. Sarà un bravo impiegato, e non per questo cesserà d'esser poeta. Certo, nelle sue poesie, con l'andar degli anni, ci saranno meno limpide acque, meno verdi rive, meno stelle lucenti in cieli sereni: Impallidiranno le stelle e si faranno nuvoli i cieli, ma Fracassi, da vecchio, anche ingiallito e polveroso come le carte che lo circondano, sarà sempre poeta, e per poco che sia il sole che entrerà dalla sua piccola finestra, continuerà a cantarlo, se pur con voce sempre più stanca, E Agosta? Cioè Toro Seduto? Ah, ci dispiace di lasciarlo. C'eravamo giurati: « Uno per tutti, tutti per uno », Si dice sempre cosi da giovani. « Se usciremo di qui, ne usciremo insieme ». Invece Buffalo Bill e il piccolo Cahiouse se ne vanno, e Toro Seduto rimane. Rimarrà a lavorare canticchiando, e finche gli durerà i'. sorriso della giardlnieretta potrà consolarsi della nostra partenza. Finito il sorriso della giardlnieretta, il tempo avrà sbiadito in lui il nostro ricordo, e il giuramento « Uno per tutti, tutti per uno » gli suonerà ancora, si, all'orecchio, ma lontanissimo, e non dolorose, ma allegro, quasi, come ogni ricordo di giuramento non mantenuto. E una promozione, o uno scatto di stipendio lo conso.eranno. Vecchio, canticchierà. Canticchierà le canzoni d'oggi che tra molti anni, all'orecchio dei futuri giovani avventizi, suoneranno come l'eco di bellissimi, mai vissuti tempi trascorsi, un'eco nè triste nè lieta, ma dolcemente mesta. Guardo Vitti che guarda me. * Bisogna dirlo a Toro Seduto ». « Senti, Toro Seduto... ». No, cominciare il discorso cosi non va bene. Abbandonare il dottor Agosta, forse, si può; ma non Toro Seduto, l'amico indivisibile di Buffalo Bill e del piccolo Cahiouse. « Senti, Agosta... ». E Agosta, che avverte qualche cosa di nuovo nella nostra voce, smette di canticchiare e si fa serio. « Noi ce ne andiamo ». « Tu e Vitti ? ». « SI ». «Tu e il piccolo Cahiouse?». « Sì, anche ». «E dove andate? » domanda Agosta che ancora non crede. Gli diciamo dove andiamo. « Quando? ». «Domani, dopodomani. Volendo, oggi stesso». « E io rimango con Palamà?». «Ma non ci rimarrai per molto. Vedrai che fia poco anche tu... ». Oh, già fingiamo; già, per consolarlo, diciamo all'amico non sincere e non credute parole... « Congratulazioni » dice Agosta immediatamente divenuto lontanissimo. E non sa più che dirci, e non sappiamo più che dirgli. Pstamà ha sentito. c Ve ne andate? », Sui ride, ma si vede che veleno l'ostentato miele. E non si vergogna di propinarci, con malignità malamente nascosta da saggezza, un proverbio: « Chi lascia la via vecchia per la nuova... ». « Chi non risica non rosica » risponde Vitti. « Chi va piano va sano e va lontano », ribatte Palamà. Ma Vitti non cede: «Chi non tenta, sempre stenta». E Palamà: « Chi si contenta gode ». Interviene sorridendo Fracassi: « Smettetela con questa gara di proverbi! Non vi vergognate? Per me fa bene Palamà che resta, e fate bene voi che ve ne andate. Chi faccia meglio, non si sa. Voi che sino a ieri odiavate questa vita. oggi, nel distaccarvene. la rimpiangete, e quasi quasi siete pentiti della decisione. Palamà invidia voi che ve ne andate, ma in segreto sorride all'idea di diventare il segrotaiio del commendator Garlandi. Non è vero, Palamà? Non è vero che attendi con impazienza il giorno in cui potrai ordinare ad Agosta di cessare dal canticchiamcntp? ». < Per me canticchi quanto vuole ». Ma Agosta ha tutt'altro che voglia di canticchiare. Non che ci voglia meno bene, ma gli sembra un tradimento, il nostro. Sembra dica, guardandoci: « Proprio voi... ». Proprio noi, sì. Toro Seduto. Chi vuoi che ti | tradisca, se non gli amici? Gli amici che, dandotisi l'occasione, avresti traditi tu, pur con dolore? La vita è piena di tradimenti che non si vorrebbero compiere. « Ciao. Palamà. Arrivederci, Fracassi, ti verremo a trovare spesso ». « Addio » risponde Fracassi che sa che non lo verremo più a trovare, pur se ogni sera in buona fede penseremo: « Bisogna proprio che vada a trovar Fracassi ». « E tu, Agosta, esci con noi ? ». Il commendator Garlandi che con rispettosa lettera abbiamo avvisato ci manda a chiama.'?. «Soffocavate qui dentro? Mi pare di sentirvi appena usciti: « Oh, finalmente, basta con quelle quattro mura troppo strette per noi. basta coi rimproveri, basta con l'orario, basta con quel lavoro che non ci dava nessuna soddisfazione, e infine, e soprattutto, basta con quell'odioso commendator Garlandi... ». «Commendatore, questo no. Noi vi abbiamo voluto sempre bene, e siamo sinceri se vi diciamo che tanto abbiamo desiderato di andarcene quanto ora ci dispiace ». « E s'io vi consigliassi: restate, ragazzi? » chiese Garlandi. « Commendatore... ». « Non restereste, lo so. La vita d'ufficio non è per voi. Vitti vuol diventare un grande industriale e tu, Mosca - - disse dandomi del tu per la prima volta, con affettuoso tono che non mi stupì — non so che cosa vorrai diventare, perchè non lo sai nemmeno tu. Sai soltanto che cosa non vuoi diventare; ti ribelli all'orario, al lavoro senza soddisfazione, alle cosiddette quattro mura del ministero, alla prospettiva d'ammuffire, nel corpo e nello spirito, fra le carte e le pratiche. Devi trovare ancora la tua strada. Da domani farai l'insegnante, e io prevedo che anche dalla scuola te n'andrai. V'auguro una felice riuscita, ragazzi: v'auguro di non pentirvi d'aver lasciato quello che con ironia chiamate il posto sicuro, il solito tran tran. Siete giovani, pieni di propositi, e l'augurio certamente s'avvererà. Ma sappiate che anche qui, al ministero, chi ha capacità può andare avanti; sappiate che anche il nostro lavoro può dare delle soddisfazioni; sappiate che qui dentro, senza eccezione, ci sono dei galantuomini il cui lavoro, se è oscuro, non è per quesfb meno utile di tanti altri. Quanto poi mallo stabilire se sia meglio una vita libera e piena d'incognite, ma tanto nel bene quanto nel male, piena di speranze ma anche di delusioni, o una vita monotona ma sicura, oscura ma sempre utile, senza la prospét- ,Uva di grandi conquiste ma pri- va della possibilità di grandi cadute, e, soprattutto, sicuramente, matematicamente onesta, questo, credetemi, nessuno saprebbe dirlo. ci sono e ci saranno finché esil « Qui dentro ci sono, e ci saranno finché esisteranno gli uomini, le piccole invidie, le piccole beghe, le questioncelle personali; ma non sono che evasioni di un minuto dalla regola di sacrificio, di dovere, di disciplina cui l'impiegato volontariamente si sottopone dal primo all'ultimo giorno della carriera. E non so chi abbia più coraggio: se voi o lui: voi che dite di voler affrontare la vita, o lui che non lo dice, ma la affronta umilmente nei suoi aspetti più duri. E' debolezza forse rassegnarsi a soffocare nel cuore tante speranze, a rinunciare in partenza alle grandi soddisfazioni, ai grandi premi? « E tu Mosca e tu Vitti, anche ammesso che raggiungiate il massimo delle vostre aspirazioni, sarete forse qualche cosa di più che un vecchio, onesto impiegato che per tutta la vita, senza un giorno di riposo o d'eccezione, ha compiuto il suo dovere? « Ragazzi, il posto sicuro non si chiama così solo per la sicurezza del modesto ma certo guadagno; ma anche perchè questo pretende di sicuro: onestà, sacrificio, lavoro. E non è retorica la mia. come le pre importanti parole pronunciate potrebbero far credere: è semplice verità •>. Con affetto il commendator Garlandi ci iUiuse la mano, e ci congedò. Uscimmo insieme Agosta, Vitti e io. Avevamo, come tutte le sere, appuntamento con la giardinieretta, la sartina e la zoppina. Per me e per Vitti era l'ultimo appuntamento. Dicemmo alle ragazze: « Ce ne andiamo !.. «In un altro ministero? Trasferiti?». & No! Noi lo lasciamo, il ministero ;>. Dolore, stupore. La giardinieretta domandò piena di spavento ad Agosta: « Anche tu? ». «No: io rimango», rispose sorridendo Agosta alla giardinieretta che gli sorrise felice. Ma la zoppina e la sartina non sorridevano, e non accettarono il braccio che loro porgemmo durante la passeggiata. « Non mi vuoi più bene? ». Non era che non ci volessero più bene: avevano perso ogni rispetto, ogni stima per noi: non eravamo più « funzionari .v. Agosta trionfava. La giardinieretta gli s'era tenacemente at- taccata al braccio e lo guardava piena d'orgo- glio. Oh. zoppina, che fiero colpo ti detti quella aeia- Zoppina e figlia di portinaia, pure era amata da un i funzionario ». Non più tale, ero diventato uno qualunque, di quelli che anche le doppine trovano a centinaia. E quella sera ci dicemmo addio. Ce n'andammo io e Vitti, e Agosta rimase con tutte e tre le ragazze, come un pascià, e quando fummo lontani ci salutò festosamente con la mano: «Ciao, ex funzionari!*, ma le vere parole di saluto che non disse ma noi nel cuore udimmo, furono: «. Addio, amici miei ». FINE. Mosca

Luoghi citati: Agosta, Mosca