Fame nelle terre ucraine le più ricche di grano del mondo

Fame nelle terre ucraine le più ricche di grano del mondo AVANZANDO CON LE. TRUPPE Fame nelle terre ucraine le più ricche di grano del mondo (Da uno dei nostri Inviati) Dal fronte dell'Ucraina, 1 settembre. La camera che l'ufficiale del Quartier Generale mi aveva irovato era un androne nudo e imoto. Altri mobili non c'erano che il mio lettino da campo, lo- mia cassetta e le mie valigie. Per scrivere mi sedevo sul bordo del lettino, poggiato al davanzale della finestra. Un giorno un contadino russo passò varie volte lì davanti. La prima volta tirò diritto con la solita aria trasognata. La seconda mi sbirciò con la coda dell'occhio. La terza si fermò. E, più a gesti che a parole,.mi chiese se desideravo un tavolo e una sedia. Alla mia risposta affermativa se ne andò per ritornare poco dopo con un tavolo sgangherato e una sedia più sganghe rata ancora. Per ricompensarlo gli offersi alcune monete. L'uomo le rifiutò sorridendo. Erano rubli sovietici che un collega mi aveva dato a titolo di ricordo. Sorrisi anch'io e gli allungai una man data di lèi romeni. Egualmente rifiutò. E cosi per le lire e i pen gó ungheresi, per il marco di occupazione. Per un po' restammo a guardarci in silenzio. Stavo già pensando che l'uomo non voleva compensi per la sua cortesia, quando egli, portando la mano destra all'altezza della bocca, mi fece un gesto significativo e inequivocabile: aveva fame, voleva del pane. Inuna mia valìgia vagava da giorni una pagnotta di frumento e di miglio, ultimo residuo delle provviste fatte in Romania. Era dura come un sasso. Gliela porsi egualmente. E tosto il suo volto trasognato e spento s'illuminò, la bocca sì aprì a un largo soniso, gli occhi brillarono. E l'uomo baciò il pane e baciò la Viano che glie l'aveva offerto. Nelle campagne, per miglia e miglia all'intorno e fino al limite dell'orizzonte io non vedevo attraverso la finestra che covoni, covoni, covoni di grano. Ora, in questo paese che produce fino a sazietà, fino alla vertigine la cosa più preziosa del mondo, il grano, un uomo aveva fame, i suoi figli avevano fame. Tutta la gente dell'Ucraina aveva fame. In tutti i villaggi che i nostri soldati hanno attraveisato per raggiungere i loro obiettivi la- moneta^di scambio con la popolazione era una sola: il pane. Gli italiani sul Dnieper Come ho detto nella precedente corrispondenza, il nostro Corpo di spedizione ha rat/giunto il suo nuovo punto di attestamerto in un settore di quel (/rande arco teso che è l'ansa del Dnieper. Per arrivwc sin lì ha percorso otti e 700 chilometri di strade, che solo nell'ultimo tratto cominciarono a migliorare leggermente. Ho descritto queste strade, per lo più solchi tracciati nella campagna dai cingoli dei carri armati, ho descritto la loro polvere e il loro fango. Ho accennato altresì al paesaggio: un succedersi monotono di dune nihbose su cui una grpattteppcoruavvchaintitaqcdtrmctitssvrddqrdolasdsPpcszhrcdvcpcmldccqsrlcvectesdctnpdcpsqtluce scialba e livida stende come\Bun sudario il suo biancore. Non\hho accennato intere ai villaggi alle alitare e soprattutto alle popolazioni e allo stato in cui oneste vìvevano sotto i bolsca-ichi e allo stato in cui vennero lasciate. L'ho fatto apposta: temevo parlandone di emettere anticipazioni affrettate, di trarre conclusioni che i fatti e una più lunga osser- qSnqgasslgpparlavadi stritolate, fra il 1928 e li 37, nel- l'ingranaggio del comunismo Me- gralc e di cui sette_ per la solavazione aviebbe-ò potuto smentire in seguito. Insomma volevo vedere. Per anni quasi ogni giorno i giornali di tutto il mondo dedicarono ampi notiziari alla Russia so-j vietica, notiziari in cui parole du-\ re, terribili come fame, carestia,\arresti in massu e deportazioni,i processi sensazionali e fucilazioni\ si susseguivano alternandosi, so-\vrapponendosi con una frequenza; impressionanie. Si portavano dati, si raccontavano episodi, si ritirai- no cifre; per tutta la Rustia sii parlava di undici milioni di vittime-Ucraina. Affinchè tale cifra non sembrasse inventata a scopo di propaganda anticomunista, veniva citata une frase di Krìlenko, Commissario del popolo alla giustizia: « Anche se venti milioni di uomini muoiono, ce ne resteranno sempre abbastanza per continuare il nostro lavoro. E poi che importa? Purché il comunismo viva!*. Malgrado ciò. un certo scetticismo planava sempre in fondo all'anima dei lettori. Si sapeva, o per lo meno si sentiva dire, che riessiti! stranioo poteva circolare liberamente in Russia. E chi wcompiva un viaggi*} — giornalista,professionista o'turista che fosse— doveva accettare uno dei quat-Irò o cinque itinerari preparatidalZ'Inturist, itinerari il cut prò- grammo- era stabilito nei minimi particolari,: alberghi, vìsite, gite, ttatri e svaghi. La guida-interprete era obbligatoria. E derogare dal programmò impossibile; come impossibile era parlare a tu per tu con un operaio o un contadino russo. Io stesso nel 1937, sapendo che andando in Russia, avrei Jinito per vedere tutto quello che avrebbero voluto farmi vedere e non quello che avrei voluto vedere, rinunciai al viaggio e decisi di condurre una inchiesta tra coloro che erano stati in Russia, non però tra i visitatori stranieri ai quali mancava quasi sempre la possibilità, la cultura e l'imparzialità per giudicare in fretta e bene, e neppure tra i i-ecchi emigrati del 1918-19, ma tra gli emigrati russi più recenti, tra coloro che per un motivo o per un altro avevano lasciato negli ultimi tempi il loro paese, ma che per anni avevano vissuto nel nuovo clima bolscevico la vita di ogni giorno, avevano lavorato nel meccanismo gigantesco dei piani quinquennali. Triste realtà bolscevica Tra le testimonianze di decine di costoro io scelsi e pubblicai quelle che mi apparvero le più veritiere, quelle, cioè, non dettate dai bisogni di una causa, da paura o da vendetta, ma quelle che per la loro semplicità, naturalezza e schiettez?" potevano permettere di vedere come in Russia si vivesse, si gioisse e magari si soffrisse. Pure,'malgrado lo sforzo e la atra posti nel vagliare, nel tritare i racconti di costoro, io debbo confessare che di fronte a certe narrazioni di stragi e di orrori anch'io ho dubitato e lo scetticismo affiorava anche nella mia anima. Esagerazioni ? In buona o in cattiva fede non poteva trattarsi di partito preso? E chi mi parlava poteva davvero restare sereno, calmo, imparziale? Adesso che ho percorso centinaia e centinaia di chilometri in territorio russo, che mi sono fermato in decine di villaggi, che ho parlato per mezzo degli interpreti onesti e precisi, con uomini e donne, con vecchi e con giovani, posso affermare che quanto è stato scritto sulla Rus sia bolscevica e quanto mi è stato riferito è vero. E aggiungo: in taluni casi è inferiore alla realtà. E adesso scrivo questo, non perchè mi siano stati raccontati nuovi orrori, nuovi massacri e nuovi episodi raccapriccianti; ma perchè ho visto l'enorme contrasto tra lo squallore della popolazione e la ricchezza del suolo, perchè ho sentito la disperata rassegnazione di questa gente che non crede più, che non spera più, che vive soltanto perche vive. In vaititre anni il Regime bolscevico non ha portato che la miseria, se n'è andato e non ha lasciato dietro di sè che la miseria. La miseria ha un suo odore particolare, un odore caprino che sa di sporcizia, di muffa e di acqua stagnante. La si sente all'entrata di ogni villaggio. Mentre in e redcdhtivtrdildeataaclugdgcgsgdNvcrTdzfnVtodtitie dlarausepvrinsiUlAcdirpbmu«pbmdCb\Bessarabla e in Buccinna i russi \hanno incendiato tutti i villaggi qui ìn.vece li hanno risparmiati. Sono tutti intatti, a parte quelli nelle aii vicinanze si è svolta qualche battaglia. E sono tutti eguali questi villaggi, appiccicati ai fianchi delle colline, allineati sulle rive dei fiumicciattoli o schiacciati tra le pietre delle vallate: di lontano, nella campagna gialla e rasa, appaiono come tanti punti bianchi tra gli alberi. Squallidi villaggi K2scvssgsllsnn ^W^^» Hfl-\'Nl- Ja che esisterli sotti, gh Zar; ì boi- „e- sceicchi non l'hanno modificata.[aa\Le costruzioni in muratimi .si con-'*i -j /„ Ucraina gli alberi non esi-\ stono che nei villaggi o attorno ai ,\villaggi. Le fareste sono rare e ,i piccole. Non vi sono che le imi\ mense foreste di grano, di (/ra-\noturco e i campi' di girasole. I a; punti bianchi sono le isbà, cupani, ne i» trrrn battuta con il letto'''- di paglia, hi casa del contadino'sii ucraino. qi'-IUi che esisteva ai\ie-tempi dell invasione tartara, quel-\NtcpddbcnvenCicne2on di va ma: ni re o? il o he re russo, dei paglierica accumulati wìnegli angoli, degli 3traca sparsi a,\qua e là e sulle pareti scrostate e se'rigate dall'umidità, lembi di oleot-, grafie, forse ritratti di Lenin e ai ti'Stalin stracciati. Bui davanzali ò- delle finestre, davanzali profondi .s^gT^-l^^^Zt^ìanni"! solkhoz e i Kolkoz Hutto-rie di Slato o fattorie collettive; i mulini, la casa del Commissario] e i casermoni della Ghf-peù. Io sono entrato in molte isbà. Ogni volta mi sono fermato sulla sòglia. L'odore di miseria mi prendeva alla gola, mi solleticava le nari. E una volta entrato che cosa vedevo? Qualche mobile sgangherato come la tavola e la sedia che mi portò il contadino e tozzi, mai un vaso, mai un fio re. Ho l'impressione che il contadino ucraino non ami i fiori. E come può amare i fiori, sorriso della terra, lui che con la terra ha soltanto una comunione di fatiche e di stenti? In una isbà ho visto una icone: «L'abbiamo ri trovata ancora intatta nel nascondiglio. Una volta quando non c'era il segretario del Kolkoz, le icone dì Cristo, della Madonna, dei Santi erano in tutte le case... » mi dice attraverso l'interprete il proprietario dei/'isba. E' un uomo sui £5 anni. Porta un berretto a visiera cerata ed esibisce due zigomi pun luti e sporgenti, occhi bleu e ci glia giallastre e una barba bion da molto sfilacciata. E" uno dei pochi uomini ancora giovani che siano rimasti. Pare che si sia nascosto fra i covoni di grano. Gli altri dai 16 ai 50 anni se non erano già partiti per la guerra, i capi comunisti, andandosene, li hanno portati via tutti Nei villaggi ora non vi sono che vecchi, dònne e bambini. I vecchi, con quelle loro lunghe barbe,ì rassomigliano a personaggi dii Tolstoi o Dostojevski, personaggi dal volto impastato di rassegnazione e di fatalità, gente ormai fuori della vita. Tra le donne che vedo poche sono le giovani, molte le vecchie. Vecchie veramente? O non piuttosto logorate, corrose, sciupate da una vita pesante di fatiche quotidiane? La linea del corpo, i tratti del volto si indovinano semplici e robusti. Quello che non si guarda è lo splendore della vita e della giovinezza. Manca ogni esuberanza. Vi sono soltanto i segni di un vigore che avrebbe dovuto essere e che non c'è. Le decadenze precoci hanno qualcosa di commovente cui l'anima non può. non sa rimanere insensibile Nelle città nostre tali casi si notano pure. Es- si formano però l'eccezione. In Ucraina invece da anni sono di- lentati la regola. E i bambini? Anche senza avere l'occhio medi-,9pco, di bambini cachettici se ne vedono ad ogni svolta. Molti hanno il ventre gonfio, molti gli occhi arrossati, come rosi da una febbre perenne. E questi sono i più robusti, quelli che posseggono una maggiore vitalità, i superstiti di una mortalità infantile che negli «itimi 15 anni ha toccato il 114 per mille. Malati senza soccorso tQuesti bambini ucraini dovreb- bero mandarli in blocco alle colo-- me. Quali colonie? Quelle marxne\della Crimea e quelle montane del Caucaso, che la stampa e la radio (bolsceviche hanno decantato tan- Kirow con 60, uno a Odessa con 200. Il 95 % dei tubercolotici, dei sifilitici e dei cancerosi ucraini si consuma e muore nei rispettivi villaggi senza soccorsi e senza assistenza da parte dello Stato bolscevico e dei suoi rappresentanti. A una cosa ha provveduto il regime: ai cimiteri e alla loro conservazione. Non intendo fare della macabra ironia. Ma in ogni villaggio dall'avvento del bolscevi smo è stato creato un cimitero nuovo, un cimitero dove le lapidi non debbono portare le croci, ma simuoli del comunismo: falce, tella rossa, cimitero, quello con bandonato da tempo. \'Nessuno 'può esservi seppellito, „p„„„n „,,a „,relre i„ tomba dei [a^m^^^a^^i^ m. -'*' —- raVPresentanu ool ''', ari èlio'e "iti ' j, ,,ecc/iio \ia rrnrè è ab \Np„..,,,' „,,j to? Ma queste colonie non sono che dodici e servono appena appena per i figli dei Commissari e dei grandi., responsabili. Ai figli dei contadini ucraini non resta che bagnarsi negli stagni insieme ai cavalli, alle mucche e alle capre, negli stagni che si trovano in ogni villaggio e dove gracidano i rospi e pullulano le zanzare. E così per quanto riguarda i sa notori. 7" grandi sanatori della]Crimea e dèi Caucaso non sono perii tiibercoZotici, i sifilitici e i can- cerosi dell'Ucraina Per 40 mi/io-ni e più di abitanti in Ucraina non esiste che un sanatorio a Kiew con 220 tetti, uno a Uman con 75, uno o Jekaterinoslaw con 125, «no a Paolo Zappa .scevichi vigilano, stanno attenti: ^ì^ 8PP#°? "n parente o cura -)']'" '<""'"> wene deferito al Tri; ch"°|! e sj'esso p"mto con to fu' o]

Persone citate: Lenin, Paolo Zappa, Viano