FANTASIO

FANTASIO FANTASIO A cent'anni dalla sua nascita ."Firenze, 30 luglio 1841), Ferdinando Martini ci 6cmbra più virino di quanto non acci.da di stililo in tali celebrazioni. E non soltanto perchè era vivo ancora nel 1028, ma- perchè era toccato I a lui quel che si osserva talora]nella vicenda e nel giuoco delle generazioni, l'or ogni uomo, scocca nella vita un'ora, in cui egli presenta di se un ritratto compiuto : in cui la varia attività bj raccoglie dalle sparse fila e ri vela il suo significato. E quel-j l'ora, che pure fu giusta « fe- \lice, venne tardi per il Martini. Fra i suoi contemporanei veri e propri, fra coloro ch'erano na-lti con lui e avevano viaggiato sulla stessa nave, era stato una figura, non certo secondaria, ma insomma episodica, e confusa nel gruppo. Quand'egli si potè quasi dire superstite, i più giovani guardarono a lui con ammirazione, s'accorsero d'un pregio, d'una virtù perduta, che in quell'uomo era ancor presente ed operosa; sarà stato un attimo, ma in quell'attimo il Martini apparve come il vero scrittore italiano. Nella scia della secolare questione della nostra lingua, che il Manzoni aveva ripresa come un problema essenziale del Risorgimento, e che accompagnò, ed assillò per tutta la vita il I Carducci (fino all'ultimo scatto, fastidito e violento, delle Muschi cocchiere, dov'è nominato anche il Martini, ma in un modo che non gli piacque); fra le contese, ì e lo riforme e i programmi, il! Martini seguì una sua linea age-Ìvolo e diritta. Fiorentino, e no-1 un di gusto, e di cultura : alie 1 1 no dal manzonismo che s'impo nova, piuttosto gretto, nelle 6CUO-Ile (mentr'era professore allei« Normali» di Vercelli, intorno al 1870, e scriveva ficcato c pe- nitenza e Vili sa il gioco non I I'iii.it tini. aveva a combatterei con un direttore, che non lo gin-j dicava abbastanza toscano:), la (questione egli l'aveva già risoltalnaturalmente, con una"chiarezza i ed 1111 garbo signorile, che gli furono poi sempre consueti. Tanto consueti, che il suo dono appariva ai lettori una cosa piacevole e semplice: non più di questo. Ma quando la vena letteraria del classicismo carducciano si arricchì di tutti gli ori e di tutte le gemme dannunziane, e fra gli artisti minori e minimi si propagò un vezzo, ed un'etl-1 fasi, e un barbaglio, tutta lina | maniera speciosa e faticosa, che finì col venire a.noia, allora gli scritti in cui il Mai!ini procedeva col suo fare nitido e schietto, (piasi a rammentare le doti <li un'italianità nativa, spontanea, punto sciatta, per nulla provinciale, offrirono — come, fosse una. cosa nuova, una lieta sorpresa — il loro sapore familiare ed antico, che si manteneva così bene ed era così moderno. C'erto, a chi domandi, d'uno scrittore a tal punto esemplare, quale sia il libro che ne racchiude l'immagine piena e sicura, non è facile additare senz'altro 1111 titolo: che dei racconti, dei proverbi drammatici, a cui il Martini dovette la sua nominanza giovanile si può riconoscere la grazia, ora vispa ed ora commossa (o tipico dei]'Oriolai), ma egli stesso —jo spensierato, o 'leggermente ;deluso — non vi attribuiva una grande importanza, IVeserciz i"o I idel narratore, e dell'autore di, teatro, era come un noviziato, L'o una riserva, a cu. un glorila- lista letterato di quel tempo non .polcva rinunciare: e pensiamo a due esempi, scelti a caso fra quelli che, in un modo o nell'ali io, il Martini incontrò sul suo laminino: Yittorio Bersezio e Hocco De Zerbi: pur così diversi e lontani di spirito e di icarattere. Ma al centro, e noii^ai margini, di quell'attività letteraria, era il giornalista ; e Ferdinando .Martini era. col suo nome di battaglia, Fantiwo: il Failtasio del FunfuUa tifila Do- .c poi della Domenici spigliato, uni .. ch'estese fino|in etnea Ititi rana, arguto al Giornale per i liuiiilniii (per■ il ,„ale seppe indurre ™™ senvere le Acnnturc il, 1 <-|Di questa Mia larga, intensa attività, che venne alternando con le giostre parlamentari, ci rimangono i saggi.più vivaci neiquesti sono i dare una sua guata. Nella erit ibri elle i ni ni il i possono T'ine ade- i etteraria, j suoi!argomenti prediletti erano il tea-1tro italiano (che paradosso, non tutto il Goldoni, cu cgn semi c spiego con una finezza ed una simpatia-profonde; la letteratu- ra francese riosità ed di cui aveva una . una conoscenza, . solo per imitare 1 che nessun articolo può andar senza un tocco, o una punta di malizia, ricorderò certi u emistichi del Rabelais e del Montaigne », che figurano intatti nelle successive edizioni di Al teatro. e che non si sa proprio che cosa possauo essere...1; e poi, i libri nuovi che nettinava mìand'era iiiio\i. cne pettinava quano eia n.cessano, con un allegri cru- delta, lche non sempre si pareggiavano fesuo esempio ' TI taglio, l'intonazione de I dell'estrema — ove jl Guerrazzi ]e il Brofferio risorgono in ima uce tagliente, accusando ogni oro tratto più espressivo eri in- ii 1 scritto àinriialUtirn lscritto giornalistico, nel senso irmigliore, con tutta la vigorìa, tcol fermo disegno ch'erano pn>-'npri del Martini, si riti,„ „,„ „ i- ... ■• , , ° tnegli studi storici, come nei ftae vove il Guerrazzi ! ccEdnvquieto — e nelle relazioni e nel libro sul VA ffrica italiana («Affrica, sempre, almeno m prosa*: confortava il Card luci cj aggiunge di questi giorni il Dia \rm eritreo'. Ed eccoci dinanzi a! Martini deputato. ministro. commissario civile in colonia, led alla sua attività politica: la piale fu scettica (conio gli fu con non li ri li ro giudizio, e fu sena quando gli si consentiva di a"irc frutto. L'accento nobile e grave era estraneo al suo discorso: ne abusò, e credo non l'abbia finto mai ; quando risuona nelle sue pagine, vi si riconosce una schiettezza virile. Pochi anni innanzi la morte diceva si I fede a propositi sull'istruzioni cazione linguistica risii ì chiari dalle sue aulolo». ! scuole medie ÌProxa vira il'o 1 del 180(ì, e< va .'ili si laedc'nv.vquando lo |napposto (ante volle). scetticismo copriva un più ama-Icppml mIolgendo- Magli amici, per un convegno a ìsui dubitava di potersi ancora*trovare: «Se il caso si desse clic io non ci fossi, dite voi con le mie stesse parole che anelli' fra ili addii dell'ultimo sole io serbai Italia lungamente so- Ulete,vBn**a" »■ is\ ogho ancora notare che i suoi 1ll'edu- iatano ben |rper 1 originale fra 1 /agia del Carducci iemalmente' dalla lu1. calimi. aala Lgili sitalo, eh e|la un suo carattere jga bellissima A alo-1bpu. Ipiù severa, e j florilegi del iscoli, aperti a tutti i venti f ogni cinguettìo. Nella scella Martini I per far i mercanti, a soldati, a diaristi, j ad ambasciatori: «i quali tutti, (perchè avevano qualche cosa di limportanl gdqnUpb1 sardua Pa ad! del 1 letterati si stringono posto a viaggiatori, a) inaniie l'osa di clire, stimarono il sda i meglio fosse dirlo rapidamente einsemplicemente n. Ch'era tutta !yItI arte del comporre, cosi per cFantasio come per l'eccellenza I lMartini • I pi fFerdinando Neri Itiimiiiiimiiiim iNiiNiiiiiiiMiniiiimi 11 i

Luoghi citati: Firenze, Italia, Vercelli