TEATRO SPAGNOLO di Ferdinando Neri

TEATRO SPAGNOLO TEATRO SPAGNOLO Forse per reazione ad un a'n-lsog-tpagnoli "vtpvgppptomloitclepcloeLcrzgdcad un certo punto sdegnala, la cultura italiana si piacque, da! Settecento in poi, di rompere via via i ponti col pensiero c la I letteratura spagnola, Lo stesso Romanticismo, che per tutta Europa risollevò quella poesia, e quelle leggende, e quel fasto di colore locale, fu tra noi misurato e cauto, quasi restìo, di fronte al ramaiiccra e alle comedia». La civiltà spagnola figurava appena nell'ombra, confusa ed infida; come nei Promessi Sposi. Nel risveglio di studi sulle letterature straniere, è giusto che la Spagna, in quanto ha di propriamente originale, nelle linee maestre della sua storia poetica — (ante, volte 'ardita, accesa e possente —, sia conosciuta più addentro e compresa nei suoi valori effettivi, non soltanto dai filologi, dagl'ispanisti, ma dal pubblico di media cultura, che si mostra anch'esso curioso delle grandi opere del passalo. S'ispira a questo fine il Tratto spagnolo; Raccolta ili (Inumili e commedie dulìe orìgini ai nostri giorni, a cura di Elio Vittorini, edito or ora dal Bompiani: un grosso volume, composto alla brava ; con brevi, anzi rapide, notizie, con illustrazioni tolte dai pittori spagnoli: alcuni primiti, vi, poi il Greco, Velasquez, Goya e Picasso (di preferenza, il Picasso che disorbita gli occhi). Al lavoro si sono alternati vari traduttori, non tutti ugualmente felici; e avverto che del Mago prodigioso, «che mai finora era stato tradotto in italiano» si ha, fin dal 1920, un'eccellente traduzione di Angelo Monteverdi nel primo volume dei Drammi del Caldèrón. JMa anche questi libri giovano, e forse, con la loro presentazione agevole, vistosa, possono conseguire una più larga diffusione. La raccolta si apre con la Celestina, o tragicommedia di Calisto e Melibea (che risale alla fine del Quattrocento), nella riduzione di Corrado Alvaro: ch'è uno scrittore di tempra, e ha serbato tutta la vivacità, e la crudità, di queste scene di costume, d'un impetuoso realismo: scene ravvolte da un'aura di maleficio, che pare il senso segreto ed ultimo dì ogni passione. Ricordo co me al Teatro di Torino, anni so no, la Celestina (che il Copeau aveva inquadrato nel tema delVIIIitxioiic di Pier Compiile) apparisse ancora d'un singolare vigore drammatico. E', in questo vecchio teatro spagnolo, un prodigo rigoglio, una dilatazione della struttura scenica, che abbraccia l'effusione lirica e la narrazione romanzesca, e, senza curarsi di nessun limite più o meno logico, di nessuno schema di «novità», finisce per rappresentarci una 9iia vasta visiono della vita: ch'è precisa, nitida, vorrei dir carnosa, nei particolari, e poi, nel complesso, ha qualcosa di simbolico, di allucinato, un alone immenso di mistero. Nel periodo più ricco e fecondo, fra il secolo XVI e il XVII, questi caratteri nativi si affermano nella loro pienezza. TI volume di cui discorriamo non offre un'immagine adeguata dell'ope-l ra gemale ai Lope de Vega, il|creatore energico e fantasioso, ch'esercitò sulle scene una splendida signorìa. Nò dato per saggio il dramma Fucnteovejiina rsmgntbpgrcnpltrloletllm„vtccftdnc(nella traduzione del Ferrarin): che appartiene a quel tratto di «massa», o tli folla, epicamente spagnolo, in cui i vari personaggi si confondono in un'unica coscienza, in un sentimento, in una legge; tutto un paese insorge, dalla cronaca di un episodio violento, in atto di liberatore e di giustiziere. E' da Fiienteovcjiiiia il C'aldcròn trasse la sagoma e l'azione dell'Alcalde de Za' lamca. Nel teatro di Lopo de Vega .— se lo sguardo si estende a tutta la sua fioritura —, e del Cervantes, cosi brioso, avventuroso, impensato negl'intermezzi comici, e così grave nella tragedia di XumancM, e di Tirso de Jlolina, e di Jtuiz de Alarcón, si svolge una grande varietà di favole, con una freschezza e un'audacia inesauste. Ma sopra ogni altro l'età romantica, in Germania,.e sull'esempio stesso del Goethe, esaltò lo spirito severo del Caldèrón, ch'era tutto assorto nel dramma del destino umano. E Caldèrón non sarà il più grande drammaturgo spagnolo, ma è un grande poeta. Se si riconosce quel carattere che fu detto «verticale», cioè tutto in elevazione, proprio dell'arte e della poesia spagnola, e più Btrettameute -casligliana, con-vien dire che il Caldèrón ne al tingo la suprema espressione. Per questo, se non la Divoziont dilla Croce, se nou il Principe Costante, la Vita è sogno, anche se più nota e divulgata in Italia (più volte tradotta; e studiata dai nostri critici, dal Carducci e dal Graf sino all'opera maggiore del Farinelli), non avrebbe dovuto mancare iu un Teatro s/mgitolo. Il poeta vi ha racchiuso tutto il suo slancio; e la sentenza di Federico Schlegel, che nel dramma di Caldèrón l'enigma della vita non è soltanto e*poeto, cowo negli altri poeti, ma è ri- solto, ha nel suo arbitrio e nr "uà i:inti»i un accento di—rei li a : vale per immagine, a farei sentire l'esigenza imperiosa, l'appello sicuro, la fede profonda e vincitrice, ondi' il porla tragico governa la sua creazione. E' vero che nel Caldèrón lo persone drammatiche si fanno più spettrali; la loro ossatura è più gracile, sebbene tengano lauto spazio: sono le immagini sterminate, le vaste ombre d'una lotta, che va oltre la srena. L'uomo vi si avventa e si sea iena, come una forza della natura: rome una pura violenza: come una torcia infiammata dalle passioni. Ed è una forza tanto più tenibile in quanto le sue facoltà umane esacerbano il male, lo rendono più aere, più astuta e crudele. L' impostazione del dramma spagnolo, bisogna ammetterlo, è più di una volta quella del circo; lo spettacolo si apre con l'irrompere di una belva, ebbra e cicca, avida di sangue. Il destino di Sigismondo è tutto segualo tli rivolte e di stragi. K la [grandezza del dramma spaghi [è che una forza più alta si ini" sura con quella fiera: la soverchia, l'abbatte, la soggioga; è [una l'orza morale e religiosa. ! Quando la seconda forza sorge jdalla stessa anima dell'eroe — o di colui che « diventa» ai nostri occhi l'eroe -—, e nell'urlo delle [furiose vicende si effonde rome [una luce di cielo sulla tempesta i terrena, allora ci sembra che tutjto il dramma dell'umanità, nella i conquista e nella rivelazione del Isuo destino, sia raffigurato da quel gruppo di creature titaniche. dividilo vittorioso, si sente bene in Caldèrón ch'esso rappresenta legalmente, superbamente, la coscienza religiosa della tragedia : e una finale serenità, in cui si scopre, la sua più intima e vera poesia, si leva dopo la mischia, che vanisce rome il sogno e come la vita, anelala e sofferta. K pianto, ed inni, e delle Parche il canto. Una tale concezione drammatica accresce il senso della fugacità d'ogni evento e "ogni sembianza, nel dolore e 'nella «ima; il rapido mutare delTaiiimo affretta il corso dell'esperienza comune: e certe scene assumono la dolcezza mortale di un sacrificio, poi che tutto fu tentato, e tutto fu conosciuto... Ardore, e abbandono; fra cui si tesse il fascino di questo teatro di poesia. Nei tempi moderni (e gli autori 'he seguono a Caldèrón sono Ramon, de la Cruz. Leandro Molatili, e i più recenti, sino a Federici) Garcia torca, che morto in nei primi giorni della guerra civile», nell'estate ilei '36) si accostano maggiormente alle linee Vlel teatro europeo, anche dove isi attengono a un «ispanismo» cittadino e regionale, di cui talvolta è palese la consapevolezza | letteraria. Ferdinando Neri

Luoghi citati: Europa, Germania, Italia, Spagna