La barbabietola da zucchero

La barbabietola da zucchero Un'autarchia raggiunta La barbabietola da zucchero coltivazionl 1 avUna delle prime che nel nostro paese si è mcssa|pein linea per la battaglia autar chica è stata quella della barbabietola da zucchero. Chi lo avrebbe detto quando, una quarantina d'anni or sono la bieticoltura muoveva i primi passi in mezzo a contrasti acuti, a diffidenze molte, a sfiducia diffusa? C'erano allora i liberisti che tuonavano in nome del buon mercato perchè si abolissero i dazi doganali, dialscvaesnizaarW««Sraquanto l'estero poteva fornirci a minor costo di produzione. E' doveroso riconoscere che gli industriali zuccherieri e i bieticoltori hanno precorso i tempi, e prima ancora che ogni altra battaglia autarchica fosse bandita, ci seppero assicurare tutto lo zucchero occorrente al paese, creando ottime condizioni all'agricoltura sia per rendimento che per le migliorate rotazioni. Fin verso il 1024 si dovevano importare grosse quantità di zucchero dall'estero. Oggi abbiamo 53 zuccherifici contro i 34 dell'anteguerra; si 6 giunti fin dai 1927 alla completa indipendenza dagli apporti stranieri di zucchero e anzi si fanno ora scorte e riserve. Si è puro in buona parte raggiunta l'emancipazione pel seme bietole e si è dato un-forte aiuto alla produzione dell'alcole carburante. ch<llDpL'ultimo anno gnato un massimo raggiunto nella produzione nazionale di zucchero: si sono ottenuti 53.43fi.263 nulnt. di bietole su di una superficie di 172.R59 ettari, con una media produzione di quintali 309.1 l'ettaro mentre l'anno precedente non se ne erano avuti che 249,9. E' vero: la stagione decorse assai favorevole, ma è innegabile che ha influito sul buon esito della campagna, il progresso tecnico nei metodi colturali che la gara nazionale, egregiamente mise in luce. Progresso che non si deve arrestare, ma che \tnil 1940, ha se-jj;tinora| dinlacmT,AVgTGbisogna consolidare e incremen-|Ftare, che non è sull'estensione\cdella superficie che si deve pun-\Qtare. Già lo scorso anno si accreb-l he del 17 per cento la superficie [Bin confronto al precedente 1939, ! MRVLArGNCSBMMrfma quest'anno sarà contenuta per estendere, se mai, quella a granoturco o a canapa. L'aumento nei prodotti zucchero e alcole che il paese richiede si può assolutamente ottenere con una tecnica sempre più perfezionata che ci consenta di avere i massimi di zucchero per ettaro. Tale tecnica è spronata dalla convenienza economica, che gli accordi fra coltivatori e industriali assicurano con prezzi redditizi; è sussidiata dalla ricerca e dalla sperimentazione guidate da quel grande maestro che è Ottavio Munerati della Stazione bieticoltura di Rovigo; è, infine, stimolata da una ottima propaganda fatta dai nostri bravi antichi cattedratici oggi ispettori dell'agricoltura, e da una gara nazionale saviamente indetta per merito del Consorzio zuccheri e sorretta dal Governo. E' riconosciuta senza possibilità di dubbi che con le comuni varietà di bietole zuccherine non è affatto difficile aumentare la produzione in peso di zucchero per ettaro. Già l'esperienza d'ormai un quarantennio ha mostrato che la bietola da noi coltivata è andata migliorando il suo tenore zuccherino lentamente ma costantemente, passando dal 12,68 per cento dei primi anni, ai 14, poi ai 15,69 del periodo 1934-38, fino ai 16 degli ultimi anni. Ma più ci si avvicina a tali limiti massimi più è difficile ottenere ulteriori miglioramenti. Ma una media di 300 quintali di bietole ad ettaro, come media nazionale, col 16 per cento di zucchero è già quanto basterebbe. E la si può raggiungere sicuramente. Ha dato in proposito degli eccellenti consigli l'egregio dott. G. Mori Checcucci che ha una cosi lunga e illuminata soda esperienza in materia. Bisogna soprattutto, egli dice, che la bieticoltura italiana cerchi di vincere il suo maggior nemico: la siccità estiva. Nove anni su dicci il raccolto è scarso per deficienza di pioggia da giugno a tutto agosto. Bisogna perciò portare l'accrescimento della bietolainel periodo che precede la siccità, »sCdltccdpPcdcccfpmlnfcnanticipando lavori e cure per modo che quando il secco arriverà, essa abbia già un profondo sistema radicale e possa meglio resietere all'andamento climatico. Si devono aver pronte le piantine pel diradamento a fine acrile o al primissimi di maggio nel centro e nel settentrione d'Italia. Una bieticoltura degna dei tempi e rispondente ai bisogni del paese deve basarsi innanzitutto su di una profonda ed accurata lavorazione del terreno, poi su di una concimazione abbondante, non con solo letame ma con concimi complementari. Non si dimentichi che nelle terre a tendenza acida i concimi alcalini come la calciocianamide sono i più indicati. La calciocianamide è efficace nel periodo della prima vegetazione, ma ha il vantaggio di agire in un secondo tempo con azione graduale mantenendo fogliame fresco e turgido con resistenza alla cercospora. Si tratterà di darne da due quintali nelle terre fertili ben letamate a 3 e anche 4 nelle povere. Quanto al perfosfato se 1 4 o 5 quintali sono sufficienti per i paesi centrali e meridionali, bisogna andare a 6 e a 8 nell'Italia set tentrionale ove si produzioni e si hanno terre che rispondono bene a questo concime. Circa la potassa il Mori Checcucci ricorda le conclusioni di Menozzi e Munerati che portano a ritenere i nostri terreni bletoliferi già sufficientemente provvisti di potassa assimilabile. Solo nei terreni sabbiosi e sciolti potrà dare qualche vantaggio l'aggiunta di solfato o salino potassico. Quanto a calce si consiglia di spargere, tende ad alte assieme agli altri concimi, da 5 a,6 quintali di gesso ad ettaro. La semina va fatta quanto più'precocemente sia possibile. II se- me italiano può non essere bello (ma è buono. Come dose, dice il Mori Checcucci che è bene usarnejcla 25 a 30 kg. secondo le località ; e hi natura- dei terreno—fra—dl^wstanza fra le file sarà d« 35 a 40-centimetri. Le Ale abbinate do- jvrebbero però avere un grande ; avvenire. Il numero delle piante : per metro quadrato deve essere Idi circa dieci al raccolto e perciò al diradamento saranno da la-1 sciare da 12 a 14. Il diradamento <va compiuto in due tempi: e conjesso si deve zappare con cura tut-1 nitrato lungo le file. 'Di notevole importanza sono le'zappature. Una prima va fatta armena, le piantine seo-nnnr, i„ fi W^tìLiTl^L^^ li m ra'dàinemoT u^°pr3a° ó^ar-'lchlatura tutte le volte che la su-l<lltllIIII!ll[IIIMIIIIIIIIIll[IIIIIM[|llllllMI1l[IIMMirill1IM perfide del terreno è asciutta do-1 po la pioggia per captare l'acqua! caduta; un'altro, zappatura o sar-l chiatura più profonda fatta a! ; Più tardi anche a costo ili rom- pere qualche foglia. Vi sono sar-j chio-arieggialori ottimi che faci-1 Ulano questi lavori. I quali Bieco- w dtof.o aria e freaeheBgit-ai-tiH^g-no. combattono le malerbe, tm.\pediscono la perdita d.acqua per evaporazione, fugano alcuni In- setti di superficie ecc., sono fra'g't elementi principalissimi per ottenere vistosi raccolti, Con queste norme che e lecito aPeiare alano rese cognite nei lero particolari dai nostri bravi tec riici agrari a tutti i coltivatori di ■ crescente parte, anche in alcole,. JC™ bisogno di estendere ulte- mcnte auPerfic'. sara quale il paese abbisogna, quale il paese è sicuro di ottenere dai nostri otti-. 1"1 agricoltori. ; . Arturo Marescalchi '

Persone citate: Arturo Marescalchi, Checcucci, Menozzi, Mori Checcucci, Munerati, Ottavio Munerati

Luoghi citati: Italia, Rovigo