L'America e lo spettro del dopoguerra di Amerigo Ruggiero

L'America e lo spettro del dopoguerra L'America e lo spettro del dopoguerra NEW YORK, giugno. ITra. gli argomenti preferiti de- l'interventisti è quello che l'in- ervento imprimerebbe un formi-:abile impeto al programma di di-1esa nazionale. La falsità di tale[sserzione è stata messa in evi- cnza da coloro, e sono una-molti-udinc, i quali vorrebbero che America conservasse in questo momento difficile tutta la sua cai- ma e non prendesse decisioni in- onsiderale e irreparabili di cui la Iopolazione avrà a dolersi permolti anni a venire. E' incredibileome gruppi di persone amanti el proprio paese e noti nel campo egli studi sociali ed economici ossano sostenere la tesi che gli lati Uniti dovrebbero entrare in uerra accanto all'Inghilterra allo copo di accelerare l'attuale pro-ramma di difesa. Dal punto di ista economico l'argomento è cosi oco solido da rappresentare pere stesso un assurdo. La produ- ione bellica attuale — dicono gli ppositorl dell'intervento — peruanto ancora limitata sta di già reando un falso boom » le cuionseguenze non si possono preve-cre. Sarebbe una cosa criminosa ingiustificata alla luce di ogni ano principio economico l'espan- dere una produzione che non portaalcun utile al paese fino ai limiti giganteschi che sarebbero richiestidall'intervento armato. Lo spettrodei dopoguerra già si affaccia adisturbare i sonni delle classi do-minanti. Il pensiero di quello cheavverrà quando milioni di giovanichiamati alle armi ritornerannoalla vita civile inveleniti, pieni dirancore e pronti a impostare l'in-lerrogativo delle responsabilità,preoccupa seriamente l'elementoresponsabile, il quale insiste chefin da ora vengano preparati pi aniper far fronte alla tempesta chesi scatenerà negli anni che segui-ranno alla guerra. E che cosa av-verrà quando cessata la produzio-ne bellica gli stabilimenti si chiù-deranno mettendo sulla strada in-finite torme di affamati che nonsapranno dove voltarsi per procu-rarsi da mangiare da un giornoall'altro? E' di necessità vitale, sripete da molte parti, che si guar-di agli anni che seguiranno allaguerra. La presente struttura eco-nomica degli Stati Uniti non re-sisterà all'urto di una nuova de-pressione post-bellica e se gli an-ni successivi al conflitto sarannocosi magri come quelli che segui-rono alla guerra passata — e tut-to indica che saranno anche piùmagri — con ogni probabilità siscatenerà una conflagrazione interna assai più catastrofica di unaguerra esterna. Fin quando— dicono gli avversari dell'intervento — l'Americasi asterrà da una partecipazionjarmata essa potrà conservare un apparenza di stabilità. Questa baSe di normalità accoppiata ad un programma a lungo termine mii-ante a bilanciare la stasi industriale' che seguirà alla guerra e ad attenuarne la rovina, sarà il fattore che varrà a prevenire un erollo economico con le ripercus-isioni sociali inerenti alla disorga- nizzazione mondiale. Oggi l'Amo- , ina è la più potente forza neutra-' |e che esista al mondo. Essa è as- sa! pili ricca, bastevole a se stes-'Ra e infinitamente più forte di quanto non lo fosse nel 1014 e sa-( rà, perciò, ili condizioni di eser- citare una funzione di prim'prdine nella ricostruzione mondiale. Ogni' sua influenza sarebbe perduta nel caso decidesse di partecipare al- la guerra. Mantenendo la sua for- za intatta, questo paese potrebbe essere d'immenso aiuto all'umani- tà non solo col curarne le feritema col contribuire allo stabilimen- to di un nuovo ordine politico e sociale, un sistema, cioè, informa- to a spirito di giustizia ed al prò- posito di assicurare la stabilità economica a tutti i popoli e a tut- ti gli individui. La preoccupazione del futuro è cosi impellente ed immediata da far passare in seconda linea la stessa decisione della partecipa- zione o meno alla guerra. Da parti donde uno meno se lo aspettereb-.be vengono dichiarazioni che ras-'somigliano stranamente a quelle'fatte ripetutamente dalle persona-lutà più rappresentative degli Sta-.ti totalitari. La cosa sarebbe sta- ta impossibile solo dieci mesi ad- idietro. Ciò significa che, contro|ogni ostinazione teorica, gl'inse- gnamenti dei fatti e la realtà ine- esorabile, impossibile ad essere sop-'pressa da ragionamenti capziosi,. vanno lentamente smantellando iposizioni preconcette. Una delle 'più note commentatrici quotidiajne della situazione politica mon! diale nell'esaminare il più recente ! discorso di Eden si abbandona a jconsiderazioni che destano la più profonda meraviglia quando si pensa che uno degli « sport » pre | feriti dell'autrice è di spulare fuojco e fiamme contro i governi to ; tali tari. Ma qui essa riconosce cheji «leaders» delle nazioni anglo- sassoni non si rendono conto del.! carattere rivoluzionario dell'attua-|le conflitto mondiale. Essi non di-'stinguono e tanto meno sono alicaso di dirigere le principali cor- Irenti sociali e politiche dei tempiìnostri. Sono rimasti con l'animo e | con la mente al 1018 invecei ohe adattarli alle necessita del 1941:-! quello ch'è peggio ritengono che ia mondo del 1918 possa essere re- Istaurato con piccole modifiche che- non ne intacchino l'ossatura. Oraa quel mondo disordinato e senza e forma che si chiamava falsamenate regime di libertà, non può es sere risuscitato. E un assurdo pensare che dopo la guerra attuae — dice la scrittrice — possa essere rimessa in piedi un'Europa divisa in cui le nazioni continuino ad essere aizzate le une contro le altre al solo beneficio dei maneggioni internazionali che tirano i fili dietro le quinte. Quest'idea era già morta nella mente dei popoli che parteciparono all'ultima guerra mondiale e il non averlo i loro governanti compreso è stata la causa principale della guerra presente. Ecco perchè la ripresa deil'antico motivo della colpa originatia della Germania e il fine professalo di proteggere l'Europa da questa nazione non suscita la reazione favorevole che i governi capitalisti si aspettavano. Tutta la Europa e tutta la civilizzazione ocridentale deve trovare un sistema di mutua protezione contro queste guerre che possono chiamarsi ci vili, continuamente ricorrenti nel cuore di un mondo a cui tutti apparteniamo. Il problema dell'Europa è quello di integrare le nazioni in tale maniera che la forza e il genio di ciascuna diventi la forza e il genio di tutte. Ma se si ricomincerà con la politica di accerchiamento e di limitazione della potenza industriale e della ca pacità organizzativa e lavorativa di quella che possiede al massimo tali qualità e si cercherà di mantenerla in uno stato di soggezione e di debolezza perenne solo perchè rappresenta un formidabile concorrente, allora non vi potrà essere speranza d'instaurazione di un ordine morale, Amerigo Ruggiero ' . .

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