ATTRAVERSO L'IRAK IN AUTOMOBILE di Italo Zingarelli

ATTRAVERSO L'IRAK IN AUTOMOBILE ATTRAVERSO L'IRAK IN AUTOMOBILE strani incontri e ordini ignoti (Dal nostro Inviato) Frontiera fra Irak e Siria, giugno, ritardato. La faccia del gendarme di Mossili mi fece subito capire che volendo sul serio proseguire per Kirkuk e Bagdad occorreva sbrinarsi, e trovare ad or/vi costo una automobile: aeroplani non ce n'erano. Malgrado l'ora, mattutina, andai dal comandante della piazza, un bravo signore anziano che da giovane doveva aver servito sotto i turchi e che mi ricevè nel suo ufficio in borghese, ma non mi potè dare nessun aiuto. Viceversa dal posto di polizia, telefona a destra, telefona a sinistra, avendo per giunta fatto intervenire l'ufficio per la requisizione delle macchine, un'automobile si riuscì a scovarla; e nell'attesa che venisse a prendere me e la mia scorta (un graduato che sollecitò un posticino anche per la sorella), mi disobbligai verso il solerte funzionario risolvendo il problema dell'impianto del campanello elettrico dall'esterno dove si teneva la guardia — sino al suo tavolo. In questo viaggio, i campanelli, deb bo riconoscerlo, hanno sostenuto una ponte di primo piano, direbbero i critici teatrali miei collegivi. Ed avevo anche dato istruzioni sommarie per l'impianto del ventilatore sotto il soffitto di la miera ondulata poggiata su travi di legno, allorché giunse la macchina e mi toccò partire, dopo di avere ingoiato due uova in un ri storante — il migliore della città — nel quale c'erano più rondini che clienti; i clienti stavano silenziosi ai tavoli, le rondini si posavano sui bvacci delle lampade elettriche per degustare, senza pagare diritto, il cibo portato di juori. «Fila, buon arabo!,,.» sua1,cacofodefrboBalfacasrQveleespvoscmmminsEnnmCTI guidatore arabo salì in macchina per un viaggio che avrebbe potuto durare chissà quanti giorni senza fagotto o valigetta personale: soltanto appese al paraurti anteriore un ohe in pelle rettangolare, che riempi d'acqua per il motore e per lui, sistema al quale la prossima volta voglio ricorrere anch'io, perchè i thermos al primo urto si rompono. E voglio anch'io emanciparmi dal sapone, e strofinare la pelle con la sabbia, che noi occidentali schifiltosi adoperiamo solo per le stoviglie. — A chi appartiene la palazzina sulla destra? — Al vice-console inglese, che ci è rimasto. Lo guardiamo a vista d'occhio e gli abbiamo tolto radio e telefono. Nella palazzina dalle persiane verdi ben chiuse, il vice-console forse non prova il nostro caldo e non si sente arrivare, ogni tanto sul naso o sul collo una cavalletta affannosamente alla,, ricerca di saldo piede. Ne volano a nugoli, c dicono che l'anno scorso fossero di più: secondo gli arabi, però, da ogni cavalletta in un anno ne dovrebbero nascere mille, ed è una bella prolificità, conveniamone. Nel deserto i beduini le mangiano arrosto, ma non arrivano a mangiarne troppe: indigestioni non se ne registrano. Gran fortuna che quest'anno le cavallette siano arrivate a raccolto finito, altrimenti addio pane. — Quanto ci vuole fino a Kirkuk? — Quattro ore. Sono 195 chilometri, ma la strada non è tutta buona. Col cammello trenta gior ni; i cavalli ce la fanno in do dici. L'arabo sostiene che l'automa bile impiega in media un terzo del tempo del cavallo; e dopo di avere scetticamente sorriso di questo suo criterio io ho dovuto convincermi che è giusto, essendo le macchine costrette a limitare la velocità: col caldo, le gomme fanno presto a. scoppiare. Alla prima fermata, il guidatore ha anzi provveduto a diminuire la pressione. Al successivo posto di controllo ci raccontano che una parte dei membri del Governo Gailani è a Mossul e che poco prima di noi, al mattino, è passato di là il Reuccio, diretto verso un castello del nord. — Chi è rimasto a Bagdad? — Gailani e il Gran Muftì fino a poche ore fa c'erano ancora. — Gl'inglesi? Gl'inglesi sono alle porte di Bagdad; la ferrovia di Mossili è già interrotta —. Era dunque questo il motivo per cui ci- ave vano fatto ritornare indietro. Fila, buon arabo, fila, il ponte KstctsdnscalttBqndgapcndccdrti 11 i ■ 11111111 ! 1111 i 111 r d 1111111 i 1M1 1111 ■ s 11 ! 1E1111 ■ > l sul Tigri è intatto: e noi smino a1, suo sbocco mentre ne esce un camioncino coloniale ricoperto, con bei sedili sui quali degli avia- —fori armati se ne stanno tcnendo\tdei magnifici fucili a tiro rapido fra le ginocchia. Fila, buon arabo, fila: io spero che gl'inglesi a Bagdad non c'entrino, e voglio allora entrarci io. L'ispettore mi dice che è stato fatto prigioniero dagl'iracheni un capitano aviatore inglese che sragionava. Sragionava perchè? Quando gli hanno chiesto di dove venisse, ha risposto: — Dalla Palestina, ma non credo affatto di essere nell'Irak. Sapete o non sapete che ho volato centoventi volte su Berlino? Vi pare uno scherzo, a voialtri? —. Però, matto o non matto, l'avevano mandato dai compagni. Il terzo ponte è rotto: passiamo a- guado facendo una svolta in discesa sulla quale s'è rovesciato un camion troppo carico. E per fortuna s'è rovesciato bene, altrimenti non passava piti nessuno. — E' lontana Kirkuk? Tre ore di cavallo, una di macchina. Fila, buon arabo, fila. eCarri armati di 40 secoli fa e o e e e o a i c o a a e. o e e i a r o a o di di o nie e. e e lte ni di à ano di è ue e te Nel sottosuolo della zona di Kirkuk, ch'è montuosa (la città sorge a 365 metri), c'è dappertutto petrolio. Il petrolio è la ricchezza e la sventura di questa terra, così come il canale di Suez s'è dimostrato vanto e disgrazia dell'Egitto; quando l'inaugurarono nel 1S69, disse infatti il presago Kedivè Ismail, a mezza voce: « Speriamo che sia- il canale ad appartenere all'Egitto e non l'Egitto al canale». Ma del petrolio discorreremo un'altra volta, perchè oggi ho premura. Per parlare da Kirkuk con Bagdad non c'era altra linea che quella fra gli aerodromi, ed io sono arrivato all'aerodromo poco dopo l'attcrraggio d'una squadriglia di caccia che aveva di fresco abbattuto due Gloster e forse colpito seriamente un terzo. Bagdad comunica che la situazione è buona e che le truppe tengono, ina die si sente sempre più la mancanza di difesa antiaerea e di cannoni per affrontare i carri d'assalto, ai quali la fanteria non resiste. — Penso re, osserva uno, che ì carri d'assalto li conoscevano in Asia Minore quaranta secoli prima della venuta di Cristo e che furono impiegati perfino al tempo delle guerre puniche. — Bravo, e com'erano? — Erano macchine di guerra armate di falci destinate a tagliare i polpacci degli uomini e dei cavalli. Greci e romani non li utilizzarono mai; la Gallio, li mise fuori uso prima della conquista dì Cesare. E in Gallia riapparvero poi nel '17. — Peccato che adesso siano riapparsi qui. Ma 4 carri russi, in Carelìa e in Lapponia, i finlandesi sapevuno immobilizzarli pure senza artiglieria, anzi, siccome non potevano sempre adoperare la famosa bottiglia con la benzina, erano diventati maestri nel buttare ceppi fra i cingoli. — Il finlandese è uomo del nord e uomo colto; la lotta con le armi e contro l'armi meccaniche esige cultura. Intanto andiamo o non andiamo a Bagdad? — Decideremo domani. psvnacsucpogs—ddpClaoaMdrinUgKsbsalsCtdmldnclasTorno a Mossili A Kirkuk, cittadina di quindicimila abitanti, c'è un albergo che si chiama Palace nel quale io ho affittato, assieme alla stanza, un letto sul terrazzo, per passarci la notte. Nelle stanze non si dorme, d'estate, che di giorno, fra le 14 e le 17, ore in cui, nei periodi normali, la vita cessa. Ho trovato la gente di Kirkuk servizievole e gentile, e molto entusiasta di potere aiutare un italiano (solo l'albergatore cercò alla fine d'imbrogliarmi sul conto, ma dovè ben diffalcare la metà). Conservo delle sue case e strade il ricordo che prcss'a poco si conserva di tutte le città arabe, che tutte si rassomigliano, e ne rammento i rari alberi bassi e il polverone. Il polverone riusciva particolarmente sgradevole Siili'aerodromo, dove gli apparecchi erano costretti a levarsi a uno o due per volta, perchè alzandosi in frotta quelli della seconda e del la terza riga non avrebbero visto più nulla. E se al mattino si po- luminili I iiiiimmiiiiiiiiiiiiiiiiiiimiiiuiuiii tevfl e no levare a pieno carico, di pomeriggio la manovra non era semplici:, in quanto il caldo provocava, una fortissima rarefazione dell'aria. E' stato appunto all'aerodromo,, alle 19,15 di venerdì 30 maggio,] che ho appreso non esser più possibile andare a Bagdad, avendo un nuovo Governo iracheno concluso un armistizio con gl'inglesi, penetrati in città da. nord e da ovest. Alla domanda dove bisognasse dirigersi, qualcuno ha risposto', da Bagdad, in inglese; — A Teheran. Bisognava dunque far di notte duecento chilometri di pista nel deserto nota solo alla gente del paese, raggiungere la frontiera a Chanikln, a un centinaio di chilometri da Bagdad, e filare poi attraverso l'Iran per altre dieci o dodici ore: — Signori, io torno a Mossiti. — A vostro rischio e pericolo: Mossili è forse occupata. — Non credo; se mai, lo sarà domattina da aeroplani, ma io sarò passato prima. Ho indovinalo nel senso che gli inglesi, per nulla premurosi, hanno occupato Mossili non la mat-. Una del 31 maggio, ma il S «MI giugno. Verso la fine del percorso da Kirkuk a Tel Cochek, frontiera siriana, il mio bravo autista, arabo dava però segni evidenti di stanchezza e m'è toccato aiutarlo a tenere gli occhi aperti, se no la gita avrebbe subito un arresto su quell'ultimo disagevole tratto. C'è costato un po' di fatica, al ritorno, il, traghettare l'affluente del Tigri, a motivo del. gran numero di macchine: con buona volontà, buone parole, accesi i fari delle automobili, questa operazione è tuttavia riuscita, senza recare danno alle gambe e alle costole degli arabi che distesi al suolo dormivano tranquilli malgrado il rombo dei motori e il vociare. i Fra le macchine si aggiravano sacerdoti musulmani e soldati che dalla tenuta riconoscevi subito per volontari: — Dove andate? — Andiamo in Palestina: la guerra è appena appena incominciata. Era una scena da bivacco e biblica. ■ Italo Zingarelli

Persone citate: Cristo, Gailani, Gallia, Greci