LE SCARPE COI CHIODI

LE SCARPE COI CHIODI LE SCARPE COI CHIODI Tutti iti piedi, le mani giunte, recitavano le preghiere, il <t prefetto » dava la buona notte e la camerata si scioglieva impestando nel corridoio ed ogni collegiale spariva nella sua cameretta. Bisognava essere a letto pochi minuti dopo perchè la luce si spegneva ed il vicedirettore ri porta in porta scrutava dalla spioncella. Sotto le lenzuola, ran nicchiato, mi facevo più picoolojed ogni sera piangevo, dispera- tamente piangevo.-.!! guanciale]divenlava umido e tepido per le mie lacrime sulle quali m'addor- mentavo. !Era quello, tuttavia, il mo- mento migliore della lunga gior- nata: perchè, finalmente, il groppo al cuoi*e si slacciava, la strozza alla gola s'allentava ed Iuna liberazione, pianto era Cosi, solo, affondalo nel mate-1rasso, le "coperte oltre i capelli, ini sentivo, singhiozzando, quasi !felice; numeravo le ore di quella.1libertà senza comunanze, senza schiavitù, senza umiliazioni; le ore durante le quali potevo es- sere me stesso: dalle nove di se ;ra alle sei del mattino: nove ore, mamma, quale «sollievo ; no-1ve ore mie, da non patire. Ma icontavo dieci anni e l'angoscia, presto, era schiacciata dal son-1iio. L'inserviente entrava all'ai-1lia, accendeva la luce, spalanca- va le imposte, mi dava il buon giorno. Allora risentivo la stroz-riza, ritornava il groppo col primo baluginio imbambolato degli oc chi cisposi. Usufruivo della «grazia» in quel convitto di ricchi"figli dellanobiltà e della borghesia più co- enieiio ,Uì\a «,»,.;„»;, «. i„ „.„f. eói^ i '.ngiai iit.itKtosi, iippte\a aita io.liurna: «che fortuna per vo- do figlio iii un collirio simile ,- e min pagare, che lori una!». L , , i- la mamma ne andava orgogliosa • ° ~, ■ e ringraziava il Cielo con fervi-dò cuore ed ogni domenica, ne salone delle visite, racomandava pure a me di ringraziarlo. Ep i 1 puro anche ogni domenica, in quel salone, io soffrivo: — Mamma, potresti metterti almeno il cappello... — Come? Non eto bene con la veletta? E' fine, sai... — Sì, mamma, stai bene, ma capirai... Lo portano tutte il cappello... — Caro, quelle son tntle ricche signore !... Tutte ricche signore, infalli, le mamme dei miei compagni: tutte impellicciate, dai cappellini vistosi, i guanti di pelle, e certe borsette e certe scalpine e eh io di profumo. Alla porta, molle, avevano -la carrozza padronale; in portineria erano discese sorridendo e frusciando e il direttore le aveva accolte con inchini. La mamma mia, invece, era passata insinuandosi, il velo a metà della faccia, in un soprabito liso e nero strascicalo sui piedi, i guanti di filo grosso da iei stessa agucchiato ed un manicotto di pelo costituiva la sua eleganza, un manicotto che custodiva con riguardo e non infilava, che alla domenica, per venire da me nell'ora delle visite. Un'ora di festa pei miei compa-gni i quali gongolavano per lasorpresa di un dono: una scafo-In di dolci, un libro illustrato diSalgari, una palla, da calcio. Io, tutt'al più, ritornavo in camerata con un cartoccio di' noccioline, sicché nessuno più mi chiedeva,ualcuna si muoveva in un cer-oramai che cosa mi avesse por-oramai, cue co.a. im ateme poi. tato la mamma, fingevano dine avesse parlato e ancora miavesse chiesto «era tua mammaquella della veletta?», mi sareb-- " quella veletta è belli«ima!...,. Dei doni, alla fin fine, me neinfischiavo. Mi doleva assai piùbe sembrato che la domanda f??."se volutamente sprezzante. Giàuna volta ero insorto: «stupido,i.ii. - ù_iw„j i ' . miei testi scolastici fossemmalconci ed imbrattati, perchecomperati di seconda mano; e.soprattutto, che la mia uniforme per la passeggiata — di un celeste marino coi bottoni nichelati — fosse logora ed approssimativa perchè smessa da un convittore, regalala alla guardarobiera e su di mo arrangiata con minima spesa. Che bottoni brillanti e che panno morbido, al contrario, nelle divise degli altri: e quel berretto dai fili d'oro e quella visiera che avresti detto uno specchio ! Il mio berretto portava, sì, i fili, ma l'oro s'era come ossidato e la visiera scrostata mostrava il cartone. Nondimeno facevo il disinvolto e marciando per due, attraversoia città, mi davo ugualmente uncontegno, pur sapendo che il mioronieguu,.piu -»|i"uo tue il miocompagno affiancato aveva pròtestalo col «prefetto» non voléridomi accanto e squadrava la miaivria scostandosi il più possibile,n isa scostandosi il più possibileA quella età 1 estetica e un ordine sociale. Ben poco invece mi giovava lannando nei vialdisinvoltura quando ni i vialdella perileria si rompevano lfila. Spesso .purtroppo, ci seguivenditori ambulanti, quelvano \enuitoii aminiittiiui, queilo delle perecotte, del castagnacciò, dei canditi, ed io trasalivoscorgendoli sudavo freddo, l,„'=,•..,' Perchè sciolte lemaledicevo, i-ercne, scioire *righe, tutti li attorniavano, apiivano i borsellini, spendevanosi saziavano dibilit"ciiiii pelavano tante delizie. I.a mia possi economica, due o tre soldi la srt Umana, sfumava presto e prett dovevo mettermi in disparte, isolarmi da quell'assalto giocon-! do ed ogni volta schermirmi:j„ non sto bene il castagnaccio nii brucia lo stomaco, i canditi non\li digerisco,,. Viceversa inghiot- tivo Saliva amar, per |a golosi,;,:e la rabbi,. ,„, Lr di nasco,,- dere la verità chissà cosa avreiIi verità chissà cosa avrei inventalo. Il mio voto quolidia- no era perciò che diluviasse e bjpasseggiata l'osse sospesa: bene- dicevo la pioggia, il maltempo e pel disappunto dei miei rompa-; glii che imprecavano contro le nuvole, lo sorridevo contento, |„ collegio s'indossavano ahi!i' borghesi e compiva miracoli mia madre affinchè io l'ossi decente: veri miracoli, povera era, rnm-l tnendando pantaloni e. giacche sino all'inverosimile, tassellandoli, a ripetizione. Ma le cravatte, ad cravatte, a esempio, tradivano l'origine spu ria: resti di seta di qualche sua, camicetta fuori uso e ch'ella sa-'-mnava alla meglio. 11 guaio grosso lo rappresentavano le scarpe d'i cui mangiavo le suole — diceva la inanima — quanto il pane, mentre la spesa della ri- suolatura era grave. Per quafito mia madre fu costretta ad eseo-geare un rimedio e un giorno ini portò un paio di scarpe costellate di chiodi : «speriamo che queste ti durino I ». Come, le cai- «ai divenni lo spasso clamoroso dell'intera camerata. Scarpe con ri chiodi non un avevano mai vi- ste i miei compagni se non aipiedi di miserabili" senza arte neparte od a monellàcci dei sob-borghi; così si divertivano adjaggredirmi di sorpresa sull'im- piantilo marmoreo dei corridoi perchè sdrucciolassi: o a darmi « strattoni sulle scale i , . . affinchè mi aggrappassi alla rin- gll,el'a ruzzolare; e tilt- ti, dileggiandomi si sganascia- vano ner e risate K ncrsino una P 1 -1 .' ' . • " { J , canzone imbastirono da cantarci- 1 ! lai . in coro durante la Zio II 0 ; ricrea- /■; U scarpette con 1». brorchet-■ - sima In moria. In novità!.. te - sono In moda, la novità!., Fu il colmo; non avrei più sop- portato tanta crudeltà cui non potevo ribellarmi senza denun- ciare la mia inferiorità e confes-'are il mio cruccio: fuggire, scappare, non importa come, nononde di da-:importa dove. S andava ogni mattina alla scuola pubblica, mescolandòsi nell'aula con gli al- tri alunni: e ci disliifgueva un berretto duro di velini,., col ,„„.iiogratuma del convitto. Se avessi . , rei «tat oniù un''!''•le^^"''" in" rei fctHto più un collegiale, re in- vece d'imboccare il corrile di de-jsl7a avessi imboccato quello disi-nisira avrei raggiunto la strada ela ]u,-\[k' ,?r««*f« siorMÌ '''"'quell'idea fissa, delirando, sin-he un mezzogiorno, uscito dalleè un mezzogiorno lezioni, approfittai di un cappel-lo ch'era nel guardaroba, lo eal-cai sulle orecchie e via, alla veu-j.ura Che avrei fatto, dove sarei an-dato? Nessun pregetto: m'eroproposto di scappare e nient'al-tro. Evitai le strade frequentate sgattaiolai pei vicoli, ma se qua!- (MitiiiiiiifiiiiiiiiiiTMiMiiiMiiiiMiMiiMiritiiiitiiiiiicri cuno compariva e mi sfiorava, rabbrividivo, infèbbrato dal ter l'ore d'essere riconosciuto; camminavo svello come incalzato da gente clip urlasse: «acchiappa- !eI°' acchiappatelo !.. Raggiunsi] '? „ circonvallazione, ni inoltrai, j """a 1"™,' *'' , U'°vavo fingente ilI deserto nel \gW?P dl m,a nebb!a ">*''"' ' ?" ,ninc,° a piovere, tn accucciai in " <?fjna 1 - bile di mia siepe; avevo fame, tanta; avevo freddo, tanto; ma "iaprii gii occhi ;"' *«».<> ir»«^ dl »-"-■ S'"P«> Ita,,ta!.aveVo fre.fldo' ,:,r,!° sonno VPI,I"J 1 *« fcrSmonUva Oramai bisognava assumere la responsabilità della propria azio Sfinito, madido, pesante in travedevo luci lontane che sfora vano la nebbia; procedetti bar'■«»«'"J». 11 l"lio,",i favoriva, po- tevo •ffw.nftare la citta con nu "ori pencoli. Arriva, a casa. su. l'u' d' cnr™ al.cll,lnto P,ano- R" , v.a, Retando dalla fessura seor- si la mamma. Slava di fronte ai focolare, in piedi ; la mamma piangeva ; la faccia, nel riverbe pianerottolo; la porta era socchiusa, il mio cuore rimbomba- gii occhi affossati col fazzoletto , ' ro del luo^appanva sfigurata paonazza piangeva §eva Jft lacl'"»e. 1 i )"! Che hai fattoi ! Mi venne incontro con le mani alte imploranti e goti ti singhiozNoti parlai: lutto svaniva, utlo mi svuotavo — umilia- t,,,- i zioni, sofferenze. ribellioni — da vanti a quel pianto. Non censi aeravo che il volto della mairijma devastato, le sue labbra tre,mant 1, gli occhi ingigantiti dal Ad|dolore: non la riconoscevo più. p^rl una volontà prepotente in isirne sopravvenne, una sola: darei» anche la vita, pur che finisseL quel pianto. L mormorai: «neii-i i'ro, mamma, rientro...». Allora\c:"» abbracciò d'impeto, balbettò: « „,,„, , ,.,,,,:,,., ,„i,,,...,., la «caio, caio». La cucina odorava f del sanguinaccio che stava fng-;, siendo per la povera cena. Poie-ìs vo «ridare alla mar,una eh. 8 .. - , ... sanguinaccio li, preterivo oue! "' || ' da"e\b succulenze de! collegio, che tui-lq■la la sua miseria sarebbe stata'"ÌV*1 mp- ulla ricchezza pur di non ritornare a patire! Volevo sol-l viritornare a pat tanto che »°>l piangesse, volevo soltanto riconoscere la sua faccia quale io la conoscevo, serena, |soave i e replicavo: «rientro, sai, perdonami, rientro», i Ml riaccompagnò poco dopo. «ss»sper «li ai- ni così costosa! Perciò fui ob- -!Minato a ricomparire subito nel icrià in accorrlo còl direttore ner i g1* atemao col iniettore pei \e f'he (l' lllllla' "'''"• 10 parlassi, co- "«< accaduto: une [mandalo, uno scandalo innredi- . bili'che proprio un graziato aves- ; '«'■ uiostrato di disdegnare quel-[l'opulenza colici-1 " I ri così costosaT Perciò fui ob-I . -|W»g«to a ricomparire sululo nel refettorio e sedere a mensa differèntemente, tra i camerati. Ma il direttore nell'ispezione kmtavole, tratto tratto mi fife-! jn. -| e 'Un h.'tavole tratto trattomi" fi* ì - 8° le i^0"?- tratto r ano mi tu,-\e 9ava i'"" """ sguardo torbido eUbruciante. Xè> quello sguardo lori■'-l -|smiij.R I""1 -pl™*"™** |clie, nel contronto di tutti resto dell'annata ogni m'incontrava: capivo mi -1giudicava un discolo una pellaeo cla> 9?liza ",lb°io »» tristo che -|' li issa nella vita cosa sarebbe riuscito... Giuseppe Bevilacqua

Persone citate: Giuseppe Bevilacqua