La baia di Suda popolata di carcasse nemiche

La baia di Suda popolata di carcasse nemiche Nelle acque di Creta prima e durante la battaglia La baia di Suda popolata di carcasse nemiche L'incrociatore "York", sventrato da tm siluro* giace su un fianco mezzo sommerso Trofei e cimeli nelle mani dei nostri marinai (DA UNO DEI NOSTRI INVIATI) Penisola dì Akrotlri..., giugno. Dopo un'ora circa dal mio arrivo in questa casetta tutta bianca in vetta alla penisola di Akrotiri che protegge dal nord, con alti bastioni di rocce e colline la baia di Suda, mi si è presentato un marinaio per consegnarmi una busta da parte del comandante F. di una nostra torpediniera arrivata qualche giorno prima di me nella rada di Suda. Aprii la busta e tolsi un elegante cartoncino sul quale erano stampate queste parole: « The captain and officerà H. M. S. York at Home... (seguiva il mio nome). Ero dunque invitato sulla nostra torpediniera a mezzo di una carta d'invito del comandante e degli ufficiali dell' incrociatore York che, come voi sapete, giace appoggiato sul fondo della baia di Suda come uno scoglio di ferro e di acciaio informi, bruciacchiati e rugginosi. Andai a bordo della nostra silurante e dagli ufficiali venni a sapere alcune interessanti notizie sulle navi nemiche affondate o danneggiate che contornano con una tragica siepe di fumaioli, alberi e torrioni, slabbrati e contorti e ancora fumiganti, la baia di Suda. Sulla baia di Suda, che gli inglesi avevano formidabilmente armata tanto che sembrava impossibile soltanto ravvicinarsi dal mare e dal cielo, è passata la più singolare delle guerre: una guerra fantastica, terrificante e violenta. La nave morta I raccapriccianti segni della lotta per la conquista dell'isola dì Candia — ritorniamo ad usare l'antico nome veneziano — sono così appariscenti in questo cimitero di navi, che ciascuno può rendersi ragione delle drammatiche vicende svoltesi in questo stretto braccio di mare dove gli inglesi si sentivano protetti e sicuri come in 'un fortilizio. Nel quadrato della nostra torpediniera fa bella mostra di sè tra due fiamme — una inglese e una greca — lo stemma dell'incrociatore York: la « bianca rosa di York » in campo d'oro, sormontata dalla reale e imperiale corona britannica. Lo stemma venne tolto dai nostri marinai dalla carcassa dell'incrociatore, che fu affondato il 26 marzo dai nostri mezzi speciali d'assalto. Allora un pugn di uomini, di eroi, forzarono gli sbarramenti e le insidiose difese deUa baia di Suda e silurarono, con leggendario ardimento, l'incrociatore York e alcuni piroscafi che ora giacciono morti lungo le coste della baia. L'incrociatore York — ora è possibile ricostruire la vittoriosa azione dei nostri eroici marinai venne colpito al centro. L'esplosione fece scoppiare una caldaia. L'unità nemica, ormai fatalmente Immobilizzata e resa inservibile, venne fatta arenare dal auo equipaggio su un basso fondale allo scopo di poter salvare il salvabile. Lo York era finito; finito come arma bellica nonostante che gli inglesi avessero voluto paragonarlo al riostro San Giorgio, l'eroico difensore di Tobruk. Il San Giorgio non venne mai colpito nè dalle bombe nè dai siluri degli aerei, che si incastrarono nelle reti di protezione, nè dal fuoco delle artiglierie navali: il San Giorgio poteva prendere il mare e sparava cosi bene con i suoi cannoni antiaerei e navali che il nemico lo battezzò nave fantasma. E come un fantasma che si consuma nel fuoco, il nostro vecchio incrociatore venne fatto saltare dal suo eroico e tenace equipaggio. Tutto questo però non si può dire dell'incrociatore York che, sventrato dallo scoppio del nostro siluro, giace appoggiato sul fondo della baia di Suda. L'acqua ne lambisce il primo ordine dei portellini di batteria. Fino dal 26 marzo, lo York era morto. Quando i nostri marinai vi salirono a bordo, mentre ancora si combatteva nella zona meridionale dell'isola di Candia, venne trovato soltanto un cumulo di macerie e di rottami. Le artiglierie contraeree erano state trasportate a terra; lo York era solo uno scoglio informe di ferraccio contorto e bruciato. I depositi di munizioni erano stati allagati subito dopo l'esplosione, conseguenza dell'attacco dei nostri mezzi speciali d'assalto che avevano finito, come nave da guerra, questa unità nemica. Gli Stuka germanici distrussero e devastarono le sue sovrastrutture. I due fumaioli so r.o aperti e contorti per l'esplosio ne di una bomba caduta nel centro Jella nave. Le torri prodiere e poppiere hanno le corazze dlvelte e scoperchiate. Le volate dei cannoni accatastati e squarciati. Due mani gigantesche poi hanno contorto i tubi lanciasiluri come le lavandaie strizzano un lenzuolo prima di stenderlo ad asciugare. Le vittime di contorno Sotto l'infuriare della battaglia aerea, gli inglesi abbandonarono la loro nave. Distrussero tutti i mezzi ottici: bussole, telemetri, colonnine di punteria e riflettori; e lasciarono intatti i depositi di viveri, che hanno magnificamente servito i nostri marinai e le truppe germaniche. Tanto fu precipitosa la fuga dei marinai inglesi, che i nostri trovarono nei locali inferiori dell'incrociatore le micce pronte per far saltare la nave che è ancora là nella baia di Suda a testimoniare la nostra vittoria e l'efficace bombardamento degli aerei tedeschi. Molti cimeli interessanti 3ono stati trovati a bordo dello York. Nel camerino di un ufficiale vennero trovati gli appunti per una lettera, dai quali si è appreso che 10 York, in quella nostra «eroica notte del canale di Sicilia » colpi 11 cacciatorpediniere Artiglierie, a bordo del quale il comandante Margottini, medaglia d'oro, trovò una morte eroica, in tutto degna delle nostre più gloriose tradizioni marinare. Il tenente di vascello che scopri questo importante riferimento storico, ricuperò una bandiera dello York e la inviò alla vedova del comandante Margottini oggi vendicato dai nostri marinai. Furono trovate inoltre alcune interessanti fotografie che documentano la violenza dei bombardamenti della nostra aviazione sulla flotta inglese. Vicino alla carcassa dello York giace inclinato su un fianco il caccia greco Leon dal quale fu tolto un bronzeo stemma. A fianco del Leon si sono autoaffondate su un basso fondale due navi inglesi stazionarie in Oriente, che furono inviate a Suda come posamine. I marinai di queste abbandonarono le loro navi calandosi in mare dalle cime di prora e lasciarono le tavole imbandite. Interessante infine, per l'apporto dell'America alla guerra degli inglesi ,è lo scafo contorto e incendiato della Eleonora Maersk. una petroliera danese noleggiata dagli americani e armata di due cannoni. Quando venne colpita dagli aerei germanici era carica di benzina che bruciò quattro giorni illuminando sinistramente la baia di Suda. Altre navi giacciono affondato nella baia di Suda: nere carcasse di « carrette » inglesi, greche e australiane; una cornice di ferro arrugginito alla guerra che è passata di qui con la violenza di un ciclone. Oggi, a tanti giorni dalla vittoria dell'Asse, non rimangono che questi relitti ammonitori ed una lunga fascia di nafta che la corrente allinea nella baia. I veri dèmoni Vicino alla mia casetta bianca sulla punta della penisola di Akrotiri, è stato trovato un classico ma attuale «tclesma»: una colonnina di marmo che i soldati greci in fuga dal Peloponneso eressero, eccitati da una fanatica follia religiosa che altro non è che la riprova del carattere demoniaco e pagano della religione greca. Il « telesma » è una statua, o un tronco di colonne, che i greci antichi e moderni innalzano all'ingresso delle città per preservarle) dalle invasioni nemiche. Un « telesma » venne eretto anche sulla vetta della penisola di Akrotiri per preservare dall'invasione la baia di Suda. Ma fu un vano tentativo. La colpa non è delle « Maskelades », specie di dèmoni in foggia di asini, come dicono ora gli impauriti contadini cretesi che incominciano a scendere a valle dalle loro impervie montagne dove si erano rifugiati, ma degli inglesi, una specie di Lamìes malefici, altra razza dì dèmoni... che i greci hanno imparato a conoscere. Vero Roberti Il biglietto da visita del comandante dello « York » utilizzato dagli italiani.

Luoghi citati: America, Sicilia, Tobruk