IL FRATELLO ARTIGLIERE ALPINO di Ernesto Quadrone

IL FRATELLO ARTIGLIERE ALPINO TORNANO QUELLI DEL "MONDOVI' „ IL FRATELLO ARTIGLIERE ALPINO "Brevi i Math„: settore critico del fronte greco. Le batterie sparano per quattro ore, respingono quattro assalti, radono al suolo il nemico. E ogni mezz'ora bisognava spalare la neve, che seppelliva uomini e pezzi MONDOVI', Caserma Artiglieria Alpina. Faccio un mezzo passo indietro e rettifico che, quelli dell''- Intra i> e del « Mondavi » mi hanno dato l'u attenti » perchè io metta a fuoco due episodi, che li toccano da vicino, e hanno ragióne e io non voglio far torto a nessuno. Intanto, alla, svelta ringrazio il portalettere di Novara, Parelli Sìmone che, dandomi finalmente notizie del mio attendente Cerri Benedetto, conclude cosi la .tua lettera: « ...sono decorato della medaglia eli Simo di non essere Alpino Bravo Simone, //li Alpini sono gli Alpini, ma la Fanteria c tutte le altre Armi, gli altri Corpi o Specialità, senza distinzione, si sono ben meritata la riconoscenza e l'ammirazione degli Italiani. Quelli dell'* Intra » dunque e quelli del « Mondavi » desiderano, ed hanno ragione, che siano precisate due cose. Il primo assoluto a collegarsi con le truppe motorizzate germaniche è stato il « Pieve dì Teco » sul bronzo ma spiacentis-i fronte innestavo e precisamente na Dlbrà dove, conio ho detto, inìttesta del Primo Alpini è en-\nIrata la salma del Maggiore, Me- edarjlìa d'Oro, Annone, fulminato dda un proiettile proprio quando .paveva appena terminato da poco «tempo le preghiere, che, ogni gior-\ no e alla stessa ora, il « Santo alprcrilava inginocchiato nella nevc\le vigilato dal suo Aiutante Mag-'.tgiore perchè nessuno lo doveva'udisturbare in quel momento « soì-ì ftanto il nemico se fosse giuntolaperò a cento metri di distanza i i e non un centimetro di meno». I «Il primo Battaglione Alpino in-:gvece, ad incontrarsi con i Tcde-ìpschi sul fronte Greco è stat,o\cl'« Intra» che, mentre la « Cu.-\sa a o e o e e o sn oe a ra oo oti ea he aa. n nnle) ea ri la nsggli nlve ecineense » raggiungeva il confine Jugoslavo, nella zona di Monastero, c precisamente nel settore Mali Spadariz della XI Armata ov'erano radunati qualcosa come undici Battaglioni appartenenti anche al « Secondo », alla « Cuneense ;•> e alla « Pusteria », passava nuovamente agli ordini della IX e si schierava sulla estrema sinistra della Divisione Arezzo, sul Mati-Scebcnic. Qui gli Alpini dell''!. Intra » odono per la prima volta l'urlo dei lupi e scoprono sulla neve, alta alcuni metri, le tracce del recente passaggio di una coppia di orsi. Il venerdì e il sabato Santo incomincia l'inseguimento dei greci e, a partire dal lago di Ocrida, si inizia poi la spettacolosa marcia della Trentasettesima Compagnia. Durante lo svolgimento di questo episodio decisivo le pattuglie dell'* Intra » incontrano ciucile tedesche. Ed ecco precisato e cir constanziato quello che i due gloriosi Battaglioni desideravano giustamente che fosse messo in evidenza. Di gloria ve n'è per tutti, quin di non era il caso che io, involon tariamente, assegnassi aW'dntra» quello che era del «Mondovì» e viceversa. Non si direbbe, ma gli Alpini, anche se hanno l'aria di lasciar andare, sono precisi, ed appunto nella precisione e nel metodo consiste una delle loro spiccate caratteristiche. Truppa d'assalto L'Alpino, anche il più esteriormente trascurato degli Alpini, è un pignolo e fa bene di esserlo; in montagna, con tutti gli imprevisti che presenta la montagna, la pignoleria non è mai troppa e i montanari, anche se non sono soldati l'applicano a tutte le manifestazioni della lor vita quotidiana che, se potessero conterebbero i passi e i bocconi. La Caserma Brichetto che forse trae il suo nome da un episodio delle prime Campagne Napoleoniche, da principio era un Convento, poi divenne Ospedale e per ultimo, come lo è tutt'ora la « Casa » del ".Gruppo Mondovì» dipendente dal Quarto Reggimento «Artiglieria Alpina » che ha il Comando e la sede a Cuneo. Non svelo un segreto militare perchè i reparti di questa specialità tirano sempre il collo sui fianchi della montagna, il loro naturale elemento, dov'è difficile pescarli per non dire impossibile. Il Gruppo « Mondavi j> è battezzato con il nome di uno dei tre Battaglioni del <; Primo » che in guerra ha sempre lautamente servito di fuoco con i tiri dì sbarramento, d'interdizione, di preparazione e anche, denominazione che ncn esiste ma die ve benissimo, di « assalto » e per me, quando uomini muli e cannoni son in li-nea con gli Alpini diventano truppe d'assalto. L'Artiglieria Alpina, in ordine di parentela sarebbe, nel gergo tradizionale « cugina » degli Alpini, ma forse piuttosto sono sorelle dato che l'ima non può fare a meno dell'altra e che gli uomini delle due specialità con il reclutamento regionale son tutti « Pais » e che finalmente dalla nidiata di una stessa famiglia vicn quasi sempre fuori un fratello artigliere e l'altro alpino. Una volta l'Artigliere Alpino si chiamava Artigliere da Montagna e forse, l'impressione acustica di quest abbandonata denii ne, era senza dubbio più descrit-\ltiva. avendo una cadenza, un suo-'sno e anche un respiro più. largo1 b eprofondo; magari m'incanno, ma in direi quasi ritmato alle fatiche 'mprolungate e lente che sì svolgo-ìv «o sui severi percorsi alpestri. \ d Dicendo invece « Artiglieria Al- vpina » si sente nell'orecchio cornei clo squillo annunciatore di una fà-\dtica quasi lieta e, dall'idea che]duno se ne fa pronunciandolo, vien\v fuori un richiamo e una visione di dagilità da truppe celeri Viceversa, sillabando la parola « Montagna » sale sulle labbra un gusto come di cosa solenne, forse per la collocazione di quei due «A» che insistono, cadendo, con uno spazio lungo e ponderato come il o e l o o e , o -\ o e o a i » i i i a i - passo dell'uomo e del mulo. Ma queste sono osservazioni che non contano. Bei suldà, bei mùi, bei canini.,, Non mi escono di memoria — l'aneddoto in tempo di guerra può anche sembrare fuori luogo, ma guai se i combattenti sentissero sempre il peso della croce e che invece, ve lo assicuro, non sentono inai o forse, soltanto qualche volta nelle giornate più nere — le tre esclamazioni con le quali, uno di quei vecchi capitani degli Alpini che in montagna erano dei Padreterni, ma che adesso sarebbero un' anacronismo, accolse al collo del Giogo che, in valle d'Aosta unisce il corso dell' Evancon con quello della Dora, una Batteria di Artiglieria Alpina, sbucata improvvisamente dal folto di una abetaia. Si era in manovra e i due partiti contrapposti erano rappresentati ciascuno da una Compagnia di un certo Battaglione. Il Capitano che comandava il partito « Azzurro » doveva ostacolare la discesa nella valle dell'altra Compagnia, l'invasore, e che costituiva il partito «Rosso». Il vecchio Capitano quando vide comparire il tenente comandante di quella Batteria e che appunto arrivando gli salvava la situazione, gli andò incontro a mani tese senza neppure salutarlo. — Bei mui! — Signorsì! — ammise il tenente piantandosi sull'attenti. — Bei suldà! — Signorsì! — Bei canuti! — Signorsì! — Tenent a pud ria nen tire 'n culp '.' — Signorsì! In un niente la Batteria si piazzò e sparò un colpo. — Bel culp! La manovra era finita. Quello che può esserci di ingenuo in questo episodio è largamente compensato da due fatti che anche adesso tornerebbero ad onore dei due reparti. Quel colpo era costato alla Batteria una notte di marcia, che già allora gli Artiglieri andavano in montagna come camosci, e i pezzi erano stati portati a spalle fin sul « Giogo » e non so quali altri sol dati di una qualunque altra na zione avrebbero potuto farlo. La Compagnia Alpina, anche se il Capitano non era come quelli di adesso, aveva manovrato senza risparmio di fatica ed era ar rivata in linea senza essere avvi stata dalle pattuglie del partito « invasore ». Le tre esclamazioni, anche logorate dal tempo, non hanno perduto nulla del loro intrinseco valore di fatto e di giudizio che è poi stato il lontano punto di partenza per le vittorie di cinque guerre. Voglio ancora dire che V edu cazione alpina, se pur mancava deli' indispensabile mordente al quale oggi si ispira, fin da allora era già basata principalmente sul l'amore della montagna. Tanto per rievocare il sistema con il quale nel testone degli Alpini era inculcato il senso del dovere senza passargliene liscia neppure una, dirò che a quelli che durante un « marciometro » si davano ammalati il « veciu », cioè il capitano, applicava un controllo tutto speciale (sistema che credo escogitato dagli « angeli » del Quinto) e che consisteva nel consegnare l'ammalato o finto amma- e lato ai portaferiti i quali dovevano subito caricarlo e trasportarlo in barella. Se questo era veramente ncile condizioni di non poter camminare, « disgrassia », come dicevano quelli ai quali capitava una doppia, razione di fatica, ma se in vece fingeva di esserlo, vi assicuro che dopo pochi minuti raggiungeva di corsa il suo posto nella fila «ihdiana» e magari con un occhio livido che i portaferiti erano dei diagnostici di pochi complimenti o o i o r a l a a l o o l - e picchiavan sodo. Artiglieri sul ciglio di fuoco Fin'ora il Gruppo Artiglieria Alpina del Mondovì mi è restato nella penna ma ho premesso che questa corrispondenza non è che la, presentazione di un programma da svolgere in quelle che verranno. Allora vedremo quello che ha fatto con i tre Battaglioni del « Primo » servendoli di fuoco sulle roventi posizioni del fronte greco nel settore del Brevi i Math che è stato il più difficile da tenersi. Le batterie erano in posizione a quota millesettecentotrentuno agli ordini di un famoso artigliere, il ten. col. Rossini e rispettivamente comandate dai capitani Donnini, Colonna e Chiapasco. Il reggimento era agli ordini del colonnello Rossi e la Divisione a quelli del generale Ferrerò, notissima figura di Alpino piemontese. Gli artiglieri del gruppo « Mondovì », il giorno ventiquattro gennaio dunque, con un tiro di interdizione, alla distanza di duemila metri, dalle due alle sei del pomeriggio hanno raso al suolo i reparti d'assalto nemici, condotti con somma irruenza e in quattro ondate successive dagli sciatori che erano i più decisi e agguerriti degli avversari. Durante tutto il combattimento gli artiglieri oltre che sparare anche hanno dovuto spalare la neve che, cadendo con tanta abbondanza, ogni mezz'ora, copriva e seppelliva i pezzi. Basterebbe questo particolare per descrivere le fatiche di quella giornata vittoriosamente conclusa con l'ultimo colpo di cannone sparato a notte avanzata nella schiena del nemico in fuga. Il mattino seguente il capitano Chiapasso, l'inseparabile compagno delle prolungate ispezioni notturne del maggiore Annone, essendo caduto, esausto dalla fatica, in un sonno profondo, venne sommerso lui e la tenda sotto qualche metro di neve tanto che, svegliandosi, ha dovuto ricorrere al telefono da campo e chiedere al Comando l'invio di artiglieri perchè lo ricuperassero... Delle azioni del Quarto Artiglieria Alpina del quale appunto fa parte il gruppo Mondovì parlerò in seguito e dirò come gli artiglieri abbiano liberato a cannonate il Battaglione Ceva che, isolato dagli altri dall'infuriarg della tormenta era stato attaccato di sorpresa. La « vedova » In seguito parlerò anche della Guardia alla Frontiera, specialità che, secondo il mio modesto parere, dà luogo ad una questione grossa e interessantissima per lo svolgimento e la soluzione di molti e importanti problemi alcuni dei quali quasi vitali per la nostra Nazione. Per intanto quelli della Guardia alla Frontiera portano il cappello Alpino, ma la nappina si chiama « la vidua », cioè la vedova, perchè alla nappina non è innestata la penna. Che i « Frontieristi » abbiano la penna non costituisce una questione e certamente non tocca a me di metterla sul tappeto, che il naso, certo non lo metto dove non devo, ma intanto sono già stato a trovarli e non è poco risapere che da decine e decine di mesi vivono a quote altissime e ancora adesso con la neve fino alle ginocchia. Sono uomini induriti e rotti a tutte le fatiche dell'alta montagna, da rispettarsi quanto gli altri anche se, appunto per i compiti che debbono assolvere, non lianno combattuto. Povera vedova, senza penna. Ernesto Quadrone