L'ULTIMA RISERVA dell'oro e di Giuda di Alfredo Signoretti

L'ULTIMA RISERVA dell'oro e di Giuda L'ULTIMA RISERVA dell'oro e di Giuda Nel discorso del 23 febbraio all'Adriano, il Duce cercò per l'ultima volta di convincere il popolo americano che nulla aveva da temere dalle Potenze dell'Asse, paragonando ironicamente un simile pericolo a quello di un'invasione dal pianeta Marte. In quell'epoca gli echi della campagna presidenziale non si erano del tutto spenti; le discussioni continuavano vivaci in seno al Congresso; già si capiva la piega degli avvenimenti, ma per uno scrupolo di responsabilità si poteva ancora compiere un estremo tentativo di precisazione delle rispettive posizioni. Da allora l'atteggiamento degli Stati Uniti si è inclinato nettamente verso l'intervento e non solo nel campo ideologico e propagandistico ma sul terreno concreto dei fatti : è stata approvata la legge degli aiuti all'Inghilterra; le navi europee sono state sequestrate e gli equipaggi sottoposti a inchieste illegali e a br-itali internamenti ; sono stati decisi i pattugliamenti e infine è entrata in vigore la legge d'emergenza che affida al Presidente tutti i poteri. Non vale più discutere, polemizzare; Mussolini, abituato a chiamar le cose col loro vero nome, ha affermato che ormai fra l'Asse e gli Stati Uniti vi è uno stato di guerra de facto. L'asserzione mussoliniana ha avuto una vasta e profonda risonanza di là dall'Oceano; qualcuno ha voluto furbescamente sofisticarvi e interpretarla come una dichiarazione di guerra; giuoco capzioso di falso sillogismo che non esce dal cerchio di politicanti di professione e che non modifica la vera impressione sulla massa dell'opinione pubblica, la quale ha compreso finalmente il punto tragico a cui è stata condotta dalla politica di Roosevelt. Se vi era ancora un velo di ipocrisia gettato sulla realtà della situazione, esso è stato tolto; gli Stati Uniti hanno compiuto e compiono tutti gli atti di ostilità possibili contro l'Italia e la Germania; non li arresta principio di morale e di diritto; se essi non sono arrivati agli estremi atti di guerra combattuta colle armi, ciò non si deve ad alcun motivo di conciliazione e di pace, ma esclusivamente a preoccupazioni egoistiche. Già altra volta, commentando il discorso di Roosevelt del 27 maggio, ci soffermammo sul triplice ordine di motivi che trattengono il dittatore dall'ultimo passo verso il baratro, e cioè: volontà di sfruttare sin quando è possibile l'esaurimento britannico col minimo dei rischi; attesa dell'incidente capace di sollevare un'ondata di esaltazione interna che travolga i diversi ostacoli e le varie opposizioni; tentativo di staccare il Giappone dalla solidarietà fissata in maniera inequivocabile nel Patto Tripartito. Dal 27 maggio quale è stata l'evoluzione di questi tre fattori? Sul primo gli americani non possono più fare che un relativo affidamento; l'Inghilterra non si contenta più di aiuti a metà, vuole, insiste perchè gli Stali Uniti intervengano totalmenic e immediatamente; la missione di Winant, dopo tante speciose ipotesi, appare nella sua interpretazione più naturale di disperato appello di Churchill. In quanto alla situazione interna l'assunzione di tutti i poteri da parte del più assoluto autocra ta che abbia conosciuto la storia di tutti i tempi non ha ottenuto gli effetti desiderati dal clan della Casa Bianca: le opposizioni non tacciono, gli scioperi dilagano, si è dovuti ricorrere allo smascheramento della ipocrisia democratica e umanitaria coll'uso aperto e brutale della forza armata. Ma più grave e più ansiosa di ogni altra è l'incognita giapponese : ^'illusione di potere addormentare l'Impero del Sol Levante non nominandolo nella conversazione al caminetto durò appena Vespace d'un matin. Vennero le categoriche dichiarazioni di Matsuoka mentre i cocenti problemi della Cina di Ciang-Kai-Scek e delle Indie Olandesi, veri protettorati americani, si acutizzarono. H Duce ha avuto verso il Giappone delle parole di ammirazione che è condivisa da tutto il Popolo italiano ; siamo dinanzi ad una Nazione che ha altissimo il senso dell'onore ; la firma ad un Trattato è un impegno sacro. H Giappone è arrivato al Tripartito non per avere in mano una arma di pressione verso le Potenze anglosassoni, ma perchè aveva compreso che ormai si combatteva una partita all'ultimo sangue; compromessi colI'Inghilterra e cogli Stati Uniti sono assurdi, e sarebbero mortali, perchè ove quelle potenze egemoniche riuscissero a riprendere il sopravvento si precipiterebbero contro il Giappone per ricacciarlo nelle condizioni preesistenti al secolo ventesimo ; la conquista dello spazio vitale nipponico dalla Cina agli arcipelaghi del Pacifico non è neppur concepibile se non attraverso la totale disfatta di Londra e di Washington. Roosevelt sa cosa significhi l'intervento giapponese ; Roosevelt sa che in caso di conflitto nel Pacifico la flotta americana nell'Atlantico dovrà essere ridotta ai minimi termini; Roosevelt sa che malgrado la campagna amplificatoria il suo paese non possiede un esercito degno di questo nome ed ha una aviazione appena sufficiente ai bisogni difensivi. Perciò i suoi sonni non sono tranquilli; no, egli non sente rimorsi di coscienza, poiché egli ha una coscienza giudaicamente coriacea; tuttavia non può chiudere gli occhi di fronte ai pericoli della realtà e non sa decidersi a passare dalla guerra de facto alla guerra de jure. I suoi amici incalzano esortandolo a concretare le sue parole; egli cerca di calmarli, come cerca di quietare le pressioni inglesi, esponendo cifre colossali di aiuti già prestati alla Gran Bretagna ; ma quanti di essi sono arrivati a destinazione ? Dubbioso, agitato, sconvolto Roosevelt ha i nervi a fior di pelle; ed è evidente che aspetta solo l'incidente occasionale che lo liberi da ogni esitazione e che lo lanci ciecamente incontro al destino. Ma non è questo un punto di partenza ideale per chi voglia dominare gli eventi; fatalmente gli Stati Uniti si sono posti in una condizione di inferiorità morale, politica, strategica; essi non decideranno della guerra, ne subiranno lo sconquasso. Per tante considerazioni il Duce, senza alcuna jattanza, Bur misurando tutti gli aspetti negativi dell'intervento del nuovo nemico, ultima riserva dell'oro e di' Giuda, ha serenamente valutata la partecipazione americana impotente a modificare l'esito del conflitto di due mondi, di due civiltà. Alfredo Signoretti