Due popoli, una guerra di Leo Rea

Due popoli, una guerra Due popoli, una guerra Il pensiero e la parola del Duce trovano in Germania profonda rispondenza Berlino, 11 giugno. Il campo centrale dell'attenzione è naturalmente ancora tenuto dal discorso di Mussolini di cui i giornali sono pieni e che ha tracciato un cosi vivo e poderoso quadro degli avvenimenti di un anno di guerra italiana in cui si riflette e si assomma la guerra stessa dell'Asse; e insieme con ciò ha efficacemente segnato all'opinione del mondo col suo stile asciutto e inimitabile in qual punto e in qual senso del quadrante della storia si muova ormai l'indice degli eventi. Questo indice — è chiaro — segna la sconfitta ormai inevitabile anzi virtualmente in atto dell'Inghilterra che ha già perduto tutte le sue posizioni europee che nessun aiuto estemo — come il Duce ha detto — potrà mai più restituirle e che fatalmente dopo la sconfitta di Creta reca già affondata nel suo seno la spada dell'Asse pronta a colpire deliberatamente a fondo per scacciarla dal resto delle sue posizioni mediterranee. E' Parola questo il di verità m uueauj u succo concentrato icocenti traggono dal Idiscorso del Duce, e questo succo non può a meno dl ripercuotersi — si osserva — come ammonimento storico alla platea dei popoli e delle pubbliche opinioni fuori del conflitto che dalla indubitabile esperienza e da una esatta interpretazione del corso degù' eventi più ancora che dalle parole stes:e degli uomini di Stato delle parti in lotta devono essere indotte a trarne le conseguenze e gli insegnamenti. Nella guerra fra l'oro e il sangue il Dio dei popoli, come ha detto Mussolini, ha ormai già scelto; e la formula calzante dal Duce trovata è tale da B^n^wto morale"e ?^oiuziona°rio1 della guerra come aratro feconda-1 tore delia coscienza,e delia vita dei popoli verso un più giusto e prò- aa!eVsta£efe sociale tateriiazic>" Il carattere che più immediatamente si impone alla mente e al cuore del mondo questa volta come tutte le altre nella parola di Mussolini, carattere che è come il timbro stesso della sua voce e che costituisce ai suoi argomenti un salvacondotto incontrastato verso la convinzione di chi lo ascolta, è il tono assoluto di verità con cullegli parla, la testimonianza indù-1bitabile di veridicità ohe accom- pagna ogni sua parola cosi come ì'ombra figlia della luce accompa-igna sempre il corpo. Mussolini di-1ce sempre il vero; questo è il mot-lto che si può aggiungere a quel- laltro che Mussolini ha sempre ragione e che in sostanza lo riproduce in altra forma. E questa facoltà e volontà sobria e asciutta di Mussolini di dire sempre e crudamente il vero al suo popolo — non del resto al suo popolo soltanto, perchè egli lo dice anche agli altri, ed è questa forse come si osserva il massimo della sua diplomazia — costituisce non soltanto una prova dell'atmosfera di coscienza in cui la mente dell'uomo si muove ma oltre tutto anche un segno indubbio della maturità politica del popolo a cui egli parla e che egli-stesso ha addestrato alla dura scuola del vero. Infine, si osserva ancora, come questa indissolubilità del binomio Mussolini e verità in tutti i commenti, sia una delle ragioni più profonde e permanenti della inesausta crescente fiducia che il popolo italiano ripone nel suo Capo, fiducia della quale la manifestazione di ieri alla Camera dei ,„;Fasci e delle Corporazioni attorno,a a parola del_Duce e al glonoooiPaiagonate — scrivono i gioi-inali — la dirittura la chiarezza la ajciuttezza e precisione del di-,scorso Mussoliniano documentato \di verità e di consapevolezza della \bilancio di eroismi da lui presen tato di un anno di guerra delle Forze armate italiane, è riuscita una delle riconferme e delle rii.ffeririazioni più patenti e più espmplari da raccomandarne ai pii desideri! t natalizi * del signor Churchill. Due mondi in conflitto fropria forza con il documento di riste confusione e di ammorbamento mondiale costituito invece dal discorso che nelle stesse ore pronunziava alla Camera dei Comuni il signor Churchill ed avrete la rappresentazione e l'opposizione di due mondi. Il bilancio di Churchill, balbettio di confuse giustificazioni, di mistificazioni e di millanterie — osservano i giornali del Reich — non è stato in fondo che la conferma e la controprova cosi come il rovescio della medaglia reca con sè la controprova del suo retto, dell'affermazione della sconfitta da Mussolini gettatagli in faccia, quando ha affermato nel suo discorso che la sconfitta britannica risulta in maniera incontrovertibile dal fatto che J'Asse ha già ormai costretto l'expotenza britannica a invocare disneratauiente il soccorso di oltre mare La proposizione Mussoiimana trova conferma nella pura e semplice ammissione della sconfitta mediterranea che il sifenor Churchill ha dovuto fare riconoscendo l'inferiorità delle forze e dei mezzi britannici. «Quando si vuole essere sicuri dappertutto — egli ha detto — ai finisce col non essere forti in nessun luogo >. Mai un vinto ha confessato m maniera più tortuosa di questa ma anche in maniera più chiara di.questa la sua sconfitta e la sua inferiorità. In questa P™P.osu?onJ c?„U/; emiliana— così scrive la Boersen Zeituna — iTnghfltm wnta» che dall'ingresso dell'Italia in guerra, che ha dato la g€«itaUta di attaccare il cuore esterno della potenza britannica, ^oero britannico da una fonte di forza che era. è trasformato in una perpetua fonte dl pericoli per fjftóasa Se si paragonano queste odierne eEpresJioni churchiìliane con quelle di appena qualche mese da quando ! impero britannico veniva rap- presentato come la formazione « delle più inesauribili forze di riserva » che venivano baldanzosamente contrapposte a un'Italia di cui si rappresentava a ogni momento l'esaurimento e il crollo im jminente, si potrà avere una idea!del grado di rovina e di involuzio- ne a cui il contrasto con l'Italia ; h^iflif •cond?.tTtf°,?rma- la P°t.cnzaìoritannica; 1 Italia e in piedi ma l'Inghilterra già vacilla: ecco la formula conclusiva e impressionante con la quale detto giornale riassume la misura in lotta delle due potenze mediterranee. Il massimo dell'ottimismo a cui il primo ministro britannico si è spinto, osservano ancora i giornali, è stato quello di promettere agli inglesi di durare ancora per lo meno sei mesi per chiudere cosi grande capitolo della storia della Gran Bretagna. Questo capitolo evidentemente — osserva la stampa tedesca — è quello di quel tale - aiuto oltre marino i uue popoli e una guerra: eccoi I la form?llaP nella quali"U1 iSuc?-fea CUI l'A.S- 1 se, ha costretto la Gran Bretagna : e al quale ha accennato il Ducei e ancne qui l'ammissione e la con- clusione di Churchill dice tutto. Due popoli e una guerra: «co concludono i commenti di stampa — ha compendiato la situazione!polita dell'Asse E la formulihpotrà Lche allarearsi a auena di Fre po^li e unafolague?™ qua- lo™ questa politica di aiuti oltre-lmarini dovesse un giorno raggiun- ;gere interamente i suoi delittuosi ; obbiettivi di allargamento della guerra a un conflitto modiale; anche su questo punto il lungo sguardo del Duce non ha lasciato alcun dubbio. Sul piano della politica anglo-sasjsone di allargamento del conflitto !una nota del collaboratore diplo matico della Boersen Zeituna ri ; torna ancora oggi sulla diretta re- ìsponsabilità del?America nel caso siriano, responsabilità che su pera di misura se possibile anche quelle stesse della diplomazia di Washington finora assuntesi in altri casi tipici dai Donovan e dai Bullitt, nel caso cioè jugoslavo, e su su risalendo fino alla fondamentale opera incendiaria della vigilia quando la diplomazia americana assediò addirittura davvicino il governo francese sorvegliandone il compito di aizzamento della Polonia assegnatogli dall'Inghilterra. Il giornale mette a nudo anche tutta la flagrante azione di ingerenza della diplomazia i~i~..vr~jr~ur~" " •-—■:- - - fe^S4.MS'SEE 1 : am,enrTana nella P"!'1}™ eterna de.lla Francia nonché la costante mlnaccia dl occupazione fatta pe ?are SUI .Ppssedimenti francesi 1^°°?*^? infine la perfida a- del popolo francese al fine eviden- te di esercitare sul !le ^ esercitare sul governo di huel,° sconfitto paese la più cru da delIe Passioni e in sostanza di Conquistare la Francia efarselne.un P"nt0 d.' aPP0^10 alla pro ;Pna politica di ingerenza e di ag ; Sessione continentale, Giuseppe Piazza o il popolo americano ad entrare in guerra. Ulteriore e convincente prova di questo è data da varii scrutini nazionali i risultati dei quali indicano che fra l'ottanta e il novanta per cento del popolo americano vuol starsene fuori dalla guerra. Nello scrutinio Gallup è stata posta la domanda: se vi fosse chtesto di votare oggi sulla questione della entrata in atterra degli Stati Uniti contro l'Asse, come votereste — entrare in guerra o restare fuori della guerra? Le risposte sono risultate divise come segue: a favore della guerra diciassette per cento; contro l'entrata in guerra ottantatrè per cento ». Il giornale immediatamente dopo dice che i risultati dello scrutinio Gallup sono confermati da anelli dell'inchiesta fatta dal divettore dell'Istituto di Princetqwn il quale è giunto alla conclusione, che il novanta per cento degli americani pensano che gli Stati Uniti non devono entrare in guerra. Il giornale newyorkese fa il suo commento a questi risultali: «Evidentemente, esso scrive, se il popolo americano entrerà in questa guerra, entrerà contro la propria, volontà e contro il proprio considerato giudizio. La gente sa indubbiamente che il paese è pietosamente impreparato per combattere una guerra fuori di casa. Indubbiamente la gente sa anche che una guerra fuori casa sovvertirebbe le sue libertà ed impoverirebbe la sua economia, e la coinvolgerebbe o in un disastro militare o in egualmente disastrose conscguente politiche». Non aggiungiamo nulla a questo commento, ne tanto meno ai dati dello scrutinio citati in esso: avvertiamo semplicemente che essi spiegano molte delle cose dette in quella coi rispondenza dcllUerald Tribune che abbiamo citato più sopra. Quanto agli scioperi, quello di Inglewood ha avuto iersera e stamane momenti drammatici: iersera nn comizio di massa ha votato la ripresa del lavoro nella fabbrica occupata senonchè poco dopo che il turno di notte era entrato nelle officine tre degli operai che , ]fanno parte della commissione in- ***** sono stati accostati dalle guardie e portati ai cancelli. L'ufficiale che ha il compito di sorveglianza sulla fabbrica ha confermato che i tre sono stati « sospesi dal lavoro » ma ha rifiutato di dar spiegazioni sul provvedimento. Questo latto che gli ex-scioperanti considerano una rio-lozione della prò messa per cui nessun scioperante Iodi ebbe sofferto punizioni, hu 'fatto temere una ripresa dello \*if%er(}i dJiè <lif"»"l> ài stamane ; " _„.?._„ _ legram e il liloli Journal IAmerican tccawp titoli in cui si i'"r<; che " «presa del lavoro ad 'Inglewood e messa in pencolo dalla esclusione dei Ire leaclers operai. Altri giornali mettendo in seconda linea tale fatto nuovo, e insistendo sul prossimo ritorno alla normalità. citano l'affeimazione del comandante militare di fabbiica il quale ha annunciato che la capacità produttiva è ora del no- ., 1 '"'tc[rl'"?"F Ver penta e ! l Tutti i giornali di ogni però si occupano di una nlleiiore complicazione che ie.isera sembravo superala: si ti atta di questo: una fonderia di alluminio a Cleveland, impegnala nella produzione di parli per aeroplani, in sciopero da due giorni, è tuttora in sciopero; sembrava che la proposta fatta iersera dal comitato nazionale di mediazione (consistente nella promessa di aumenti vallanti fra. uno e cinque cents per oia lavorativa a condizione che gli scioperanti riprendessero il lavoro) avesse diminuito la crisi intorno a questo conflato. Invece stamane lo sciopero continuava. Oggi nel pomeriggio vi sarà un comizio di massa alla fine del quale vi sarà un voto sulla accettazione o rifiuto della proposta del comitato mediatorio nazionale. Questa fonderia occupa settemila operai e la sua produzione è essenziale per le fabbiiche di aeroplani. Il New York Times di oggi scrive che « se questo sciopero », insieme a quello dichiarato in un'altra allumineria di Detroit, continua, la produzione di aeroplani militari sarà portata ad un punto morto. Leo Rea