I primi che strinsero la mano ai Tedeschi sul campo di battaglia di Ernesto Quadrone

I primi che strinsero la mano ai Tedeschi sul campo di battaglia TORNANO GLI ALPINI DELL' " INTRA „ I primi che strinsero la mano ai Tedeschi sul campo di battaglia INTRA, giugno, Avevo cominciato nell'altracorrispondenza un paragone framarinai e alpini che pòi ho ?a-sciato interrotto per l'urgenza dìsubito narrare le gesta del Bat taglione Intra. Riapro la parentesi prima di riprendere il racconto, che non voglio frodare neppure di un episodio, per passare poi, senza più divagazioni, a parlare degli altri Battaglioni e delle loro imprese che, nessunonell'ardimento è stato secondo al.l'altro, e neppure i Battaglionidelle Guardie di Finanza che —vedi un po' il miracolo del vero cameratismo e della fratellanza — sono diveniate le amiche sincere degli alpini. Non è provatamente vero che fra le due specialità non corresse buon sangue...... , ,ma è risaputo che la gente Mconfine, come avviene in tutti paesx del mondo, non prendesempre lo stesso sentiero. Laguerra li ha messi tutti sulla stes-sa mulattiera e nelle stesse trin-cee dove, finalmente, si sono cerni-Per ritornare al confronto — cli.ein questo caso non è per nullaodioso — tra l'alpino e il mari-presi e reciprocamente stimati. Alpini e marinai nato e che è diventato di moda specialmente tra coloro che hanno partecipato e partecipano alla vita dell'uno e dell'altro, io trovo che, salvo nel coraggio, non soltanto non sì assomigliano, ma non hanno neppure un lontano punto di contatto. Gli alpini sono assolutamente diversi dai marinai oppure, per non far torto a nessuno neanche nella precedenza dei termini, i marinai sono assolutamente diversi dagli alpiniTale differenza non soltanto formale, ma sostanziale nel modo dì essere degli uni e degli altrila si nota anche nelle piccole manifestazioni della spicciola vita quotidiana, la somma delle qualdà per risultato le loro diverse e addirittura opposte caratteristiche. Non è il caso di tirar in ballo i profondi problemi psicologicperchè nella massa di questa magnifica gioventù fortunatamente non esistono. Vengono candidcandidi, quando son di leva, dalla semplice e affettuosa vita casalinga portando con sè un bagaglietto di identiche nostalgie e iraggio dei loro pensieri non va generalmente, con qualche eccezione, molto più lontano dalle gonne detta mamma e dagli occhdella morosa se pur ce l'hannoche molti — ho visto io — con-fondono insieme i loro sospiri sull'unica fotografia custodita e sbiadita nel portafoglio del più in gamba della nidiata. Due libere uscite Consideriamoli allora, per poterli confrontare, nelle loro spontanee manifestazioni esterne, che quelle sono le vere e più sincereL'alpino in città è come paralizzato. Se nella sede del suo Battaglione c'è la stazione ferroviaria lui, in libera uscita, va alla stazione. Perchè ci vada non l'ho mai indovinato; quale fascino irresistibile eserciti la stazione sull'alpino, non l'ho mai capilo. Forse tra la folla di quelli che partono e arrivano non si trova tanto sperduto: guarda, si divaga, si stufa e ritorna in casermaGli alpini dunque in città non t esistono e perdono la betta persoìnalità che loro conferisce la mon\ta!>na d0le si so>!0 create le dinai8?ie del Crtts> det)U Herrin. dei Pee a e o tigaz, dei Maquignaz, dei Cartel e dì molti altri. L'alpino quando esce in a libera uscita » dalle caserme e discende in città — tutti quelli di libera uscita dicono che discendono in città — se non ha una stazione proprio sottomano, oppure « di là dal ponte un'osteria », volge le .\sValle alla strada e guarda le vei^!}ne-Sente U ^ente che gli passa — o a . dietro ma non si volta a guardarla e se anche vedesse uno sciame di conto ragazze, se è solo, non ne insegue una. In questo caso, se gli alpini sono in molti, si danno reciprocamente dei pugni nei {'anelli così potenti da svenire. Anche . .questo violento sistema per dimo- Matrare l'ammirazione veruna beU ì\ia. radazza, non l'ho mai capito bee'.ne_ ForHe derh)a aall'esempio dei a\gaìii cedroni che, sotto agli occhi -\deWamato bene, tutta moine e -\aveìltagliatc di coda, si danno del-jje beccate dell'altro mondo. Cercare la strada in una città sconosciuta per l'alpino vuol dire nfare la zona» e l'alpino in città non « fa la zona ». Lasciate libero e'.in alta montagna un Battaglione aìper due ore, anche dopo una mar-icia di dodici e non troverete più a a o a o o a . o o , a i e i e i a l a e i un alpino. Si sono squagliati tutti a « fare la zona » e quando ritorneranno puntualmente, vi diranno di aver trovata una nuova mulattiera non ancora segnata sulle carte, un sentierino, un passaggio per scendere e salire più in fret ta e, il novanta per cento, vi por-1teranno dei fiorì o del latte che'magari dovrete pagare voi alimontanaro che vi insegue. \460 Km. d'un fiato Se poi trovano la ragazza, non fan più complimenti e, soli o accompagnati, le tirati subito certe manate da farla saltare come una capra. Questione di altitudine e di trovarsi in casa. E' naturale che l'alpino quand'è in montagna, qualunque essa sia, si sente in casa. Il marinaio quando è « franco » e scende a terra, corre svelto svelto dove la città è più viva e ha il coraggio di dire « eccomi qua » senza spavalderia, ma libero da quell'impaccio e reticenza che generalmente fa arrossire i giovanissimi. Il marinaio non soltanto ha il senso, ma anche il gusto e il piacere della sua personalità così disinvolta e guizzante come se o'ulenhQ a sa„gue gli facesse le on - j de Cun le spalle e un p.jcde deU, e n e . o a o e a . n /amba piegata appoggiato al muro, leggermente inclinato in avanti sia lì, come una pennellata azzurra pronta a scomporsi in un rapido giuoco di colori per lanciarsi in quel movimento « portuario » che veramente è il suo elemento. I « veri » marinai sono abituati fin da bambini atta gazzarra dei porli, al linguaggio e alle scaltrezze detta gente che viaggia con poco da spendere ma che pretende però dalla vita quel tanto o anche quel poco che gli viene, purché il conto sia giusto. Mai nessuno avrà veduto un alpino starsene ai margini di una strada popolata con altrettanta sicurezza. Questo modo di essere e di comportarsi, anche se l'osservazione può- parere superficiale, costituisce viceversa la base fondamentale di giudizio e il pri- mo termine divergente fra i due uomini di guerra. Un mio collega, di parere contrario, mi faceva osservare una notte, mentre passavamo per i corridoi del bastimento scavalcando i corpi seminudi dei marinai immersi nel sonno come fossero simili, nella beatitudine del cilicio di ferro sul quale erano distesi, agli alpini che si adattano a dormire sul posto dove cadono schiantati dalla fatica, magari sui mucchi di ghiaia e anche perfino sui rotoli di filo spinato. Il fatto di poter dormire, se occorre, con la testa in giù e le gambe per aria, non avvicina per nulla il marinaio all'alpino ed anzi, forse proprio nel sonno, esiste una delle maggiori differenze. L'alpino può benissimo resistere per notti e giorni e anche per una. settimana e anche per uno spazio di tempo più lungo al bisogno di dormire. Per esperienza potrei citare, e il caso non è singolo, una marcia di quattrocentosessanta chilometri, compiuta in speciali condizioni dal Battaglione Val Leogra, tutta di un fiato e movimentata nei primi giorni daKundici combattimenti. Gli alpini,[durante quella, eccezionale mara tona naturalmente qualche volta hanno anche dormilo, ma una notte di sonno pieno non l'hanno mai avuta. Una fatica lunga, lunghissima, estenuante, ma che non ha impegnato nient'altro che le gambe e in minima parte il senso della responsabilità, e anche questa limituta al singolo individuo. Il marinaio non può neppure 1 concepire una «spugnata» simile 'e dilla quale fin anche ii suo peni siero rifugge perchè esorbita dui \ la sua educazione militare e dalla sua preparazione tecnica e spirituale. Il marinaio, quando non è in navigazione di guerra, esaurisce il suo compito in quattro ore, pas sale le quali, ne dorme altrettante per riprendere il suo turno di guardia che dura altre quattro, E così via. e Due giorni di lotta Gli alpini del Battaglione Intra, allorché finirono a bombe a mano la scalata dette impervie quote della catena del Dobrei, sulla quale respinsero i due micidiali attacchi sferrati dopo una tempestosa preparazione dell'artiglieria e delle bombarde avversarie, si lanciarono, come ho descritto nella precedente corrispondenza, all'inseguimento del nemico che trascinò appunto la trentasettesima Compagnia nella epica marcia dei centocinqvmta chilometri e subito dopo, primi assoluti, oltrepassarono il vecchio confine greco-albanese al valico di Kapestìtza. Qui presero contatto con le truppe germaniche che risalivano dalla Grecia, invasa nella parte pianeggiante, per la rotabile Florina-Vatakhorion. Tanto per la storia, concludo con un brevissimo diario riassuntivo delle operazioni e dal quale risulta che i primi soldati d'Italia ad incontrarsi con ì primi soldati del Reich sono state le fiamme verdi dell'a Intra ». 13 Aprile: superamento di una tenace resistenza di retroguardia sulla rotabile detta piazzaforte di Corizza appoggiata da elementi abbarbicati tenacemente al costone del Mali-Thaté. La ritirata greca, come disse il Comandante della IX Armata, fu imposta dalle azioni combinate del plotone Arditi e dalla Ventiquattresima Compagnia che attaccarono di notte e quindi raggiunsero il paese di Zvezda. La settima procede l'inseguimento nell'alta valle X del Devoli. 1.6 Aprile, il Comandante del Raggruppamento con il Battaglione e il maggiore Odasso occupano, con i soli arditi, la cittadina di Bilishti seguiti quindi da tutto il Battaglione. Il Comandante dell'Intra prosegue immediatamente e, con i soliti arditi, giunge atte 9.30 del mattino al valico di Kapestizta del vecchio confine greco-albanese. Un'ora dopo arriva la trentasettesimo che si sistema il valico a difesa spingendo pattuglie alpine per parecchi chilometri nel territorio greco-ellenico. Prima, del tramonto queste pattuglie, presso il paese di Cristallopigi, incontrano quelle germaniche co» mandate dal sottotenente delle truppe d'assalto Christ Adolf e dal sottotenente Friedrìche Hans. In serata, un nostro ten. colonnello di Slato Maggiore e il tenente germanico addetto al colle- KQamento, Gruber Bruno, allo sco[po di prendere ufficialmente con¬ e o e n o d l i a a tatto con le truppe del Reich arrivano e si fermano sotto al passo. 17 Aprile, i due menzionati ufficiali si incontrano con altri tre ufficiali germanici e raggiungono una compagnia tedesca. Gelo e cinghia Nel pomeriggio il colonnello comandante un reggimento di Fanteria, accompagnato dal maggiore Leiboldt dell'Esercito alleato, dà il cambio sul valico al Battaglione Intra che, liberato da questo fronte, viene mandato su quello jugoslavo dove, senza perdere tempo, partecipa all'azione del lago d'Ocrida mantenendo a difesa la catena dello Sebeni a quota duemìladuccentocinquanta. Sci giorni inenarrabili di vita d'alta montagna, sotto la sferza, di un'incessante tormenta, senza il magro conforto dei rifornimenti che sono quasi impossibili. Gelo e cinghia, « e con tue' sti peoci albanesi che ghem da tegni grass... ». Adesso le tre compagnie, la Trentasette che è « La nobil »; la Ventiquattro che è «La mare»; la Settima che è « V casti »; gli Arditi che sì accontentano di questo nome; i portaferiti che, pur avendo portalo tanti feriti e sepolti tanti morti, seguitano a chiamarsi molto dimessamente « i purghini »; i conducenti che son « gli sconci »; il Maggiore che è « V caimacan »; i Capitani che son « i veci» (dove sono i capitani?); i tenenti che anche gli alpini per i loro perenni « dissesti finanziari <>, chiamano « i taschini»: i muli e il cane del tenente caduto si godono le meraviglie del lago. Tant'era la nostalgia per questo Verbano così amato che li faceva diventar tutti poeti e il gicno che saltarono sull'avversario, il più vecchio dei richiamati, con una barbacela lunga un palmo e un grupno da far paura, cantava sul bordo di fuoco pensando a chissà quale donna: « Voglio offrirti una bambola rosa...» e mori con questo gentile progetto. Ernesto Quadrone

Persone citate: Alpini Dell, Christ Adolf, Corizza, Friedrìche Hans, Gruber Bruno, Herrin, Laguerra, Maquignaz, Odasso

Luoghi citati: Grecia, Intra, Italia, Mali