LA GRANDIOSA IMPRESA dei sommergibili del Mar Rosso

LA GRANDIOSA IMPRESA dei sommergibili del Mar Rosso LA GRANDIOSA IMPRESA dei sommergibili del Mar Rosso Uno alla volta, di notte, con mare tempestoso, escono da Massaua eludendo la vigilanza nemica, sfuggono a una rabbiosa caccia, fanno il giro del continente africano e, compiendp 14 mila miglia in 80 giorni, raggiungono felicemente la loro base (Nostro servizio particolare) Agli inizi della primavera scorsa la minaccia inglese suU'Impero si delincava in tutta la sua gravità. Wavell, docile alla puntigliosa volontà di Eden, ne secondava, con fedele meticolosità, U gravissimo errore di disperdere, in un settore non. decisivo ai fini della gìierra, i mezzi raccolti dalia Gran Bretagna sui fronti africani. Il presidio di Chercn resisteva con sforzo sovrumano alle soverchianti schiere nemiche, ma la sorte della lotta era segnata dalla grande sproporzione delle forze in contesa ed era facile prevedere che, alla lunga, l'Armata del NUo avrebbe avuto via libera verso il tnare. Le truppe sud-africane; mosse dalla frontiera del Chenia, premevano su Mogadiscio. Si avvicinava il momento in cui l'Italia avrebbe perduto le sue basi nel Mar Rosso. L'incubo del Mar Rosso La situazione si segnalava alla considerazione del nostro Comando navale per la sorte che si delineava alla nostra flottiglia subacquea del Mar Bosso. Si trattava di alami sommergibili che, da oltre un anno, erano stati l'incubo dei convogli inglesi nel Mar Rosso. Instancabili e inafferrabili, i piccoli scafi avevano compiuto uno sforzo straordinario rendendo ardua la navigazione al nemico. La vita, in quei torridi climi dove si respira male con il ventilatore, non è comoda nè facile; le nostre basi non avevano che un'attrezzatura iin/prowisata, rudimentale, di fortuna; la scarsità dei rifornimenti d'ogni genere portava dure priva stoni; lo sforzo richiesto al fisico degli uomini era stato il più, lago rante che potesse imporsi ad organismi umani. Pure, i risultati di quell'anno di lotta erano stati eccellenti. Invano le navi e gli aerei inglesi avevano dato rabbiosa cac eia ai nostri sommergibili. Questi erano riusciti sempre ad eludere i tentativi nemici, fedeli alla consegna di durare e lottare più a lungo possibile. Era la stessa consegna data alle valorose truppe terrestri. Unitaria era la funzione nel quadro generale della guerra dello scacchiere di guerra africano. Ma il compito fu assolto dai nostri sommergibili con dedizione ugualmente strenua. L'Inghilterra non potè avventurarsi nel Mar Rosso che con convogli fortissimamente scortati. Anche quando si trattava di modeste formazioni mercantili di due o tre navi la guardia era montata da un minimo di due incrociatori e di quattro cacciatorpediniere. Una bella usuro per la flotta nemica; ma al tempo stesso quale rischio continuo per i nostri somnergibUlsti! I quali riuscirono, tuttavia, ad infliggere al nemico perdite sensibili in vittoriose azioni, di cui si potrà parlare diffusamente a guerra finita. L'aggravarsi della situazione impose, dunque, al nostro Comando il problema di far rientrare la flottiglia nelle basi della Madrepatria. Caduta la costa in mani nemiche, essa non avrebbe avuto altro scampo che in una autodistruzione. Ma si trattava di uomini e di macchine preziosi, che bisognava salvare alla Marina. Impresa ardua. Il passaggio attraverso Suez non era neppure concepibile. Occorreva tentare il periplo africano. Quattordicimila miglia da compiere, senza scalo, nel più breve termine possibile consentito dall'autonomia degli scafi e delle riserve di viveri, cioè in poco più di due mesi. Si pensi che la circumnavigazione del continente africano era stata aia compiuta dai nostri sommergìbili di grande crociera, ma in circa sei mesi, facendo scalo in tutti i porti. Eppure la prova era apparsa superba ed era stata esaltata dai tecnici di tutto il mondo! Il periglioso viaggio Si tentò. Uomini già duramente provati, uomini che avrebbero avuto bisogno e diritto di riposo, si accinsero all'arduo e periglioso viaggio. Il comandante della flottiglia, il capitano di fregata Spagone, che per riportare le sue navi in Italia dove lasciare a Massaua la giovane sposa e una figliuoletto, avrebbe voluto, per imbarcare il massimo quantitativo di cambustibìle, lasciare a terra gli uomini meno robusti fisicamente e non assolutamente indispensabili ai servizi, ma riusci solo in parte nell'intento, che alcuni degli esclusi si ritrovarono a bordo in veste di viaggiatori clandestini dopo la partenza! Essi avevano preferito affrontare i rischi.e i disagi che si preparavano agli equipaggi, pur di seguire la sorte delle loro navi. lsi cenoviapemcinpogezipoveimvefuesplzichimstcocosptofisofuagfaLasurelug7iiTmvdapmdseadssstul'cspmtilesargtdTsgdstLLa partenza avvenne in condizioni che non erano le più facili. Lo stretto, dinanzi a Massaua, misura appena sette miglia. Un quarto di luna splendeva sul mare, dava all'acqua una eccezionale fosforescenza, navi ed aerei nemici, presagendo facilmente il tentativo di fuga, erano all'agguato. Il -tnare era agitatissimo e tale si mantenne per tutta la du rata del viaggio («avemmo di regola due giorni cattivi e il terzo pessimo: sola eccezione il giorno di Pasqua », racconta il comandante Spagone. « Al largo del Madagascar fummo anche presi in un ciclone e non fu certo un divertimento »). I sommergibili erano partiti di nottetempo a ventiquattro ore di distanza l'uno dall'altro. Si erano appena staccati dalle basi che dovettero salvarsi, con una lunga immersione, da una rabbiosa caccia e da un intenso bombardamento. Lungo tutto l'itinerario, alla metà della circonferenza terrestre, si astennero rigorosamente da comunicazioni radio, per il timore che potessero essere intercettate dal nemico e rivelare la loro posizione. Si procede quasi sempre in emersione, ma in stato prenne di allarme, pronti a rapide immersioni. Tuttavia non si incontrarono che navi mercantili neutrali, e il viaggio fu, fuori delle acque del Mar Rosso, perfettamente tranquillo da questo lato. Quello che mise in allegria gli equipaggi fu la conoscenza diretta di branchi di capidogli che avanzavano in gruppi sterminati, come convogli di 8. M. I. Britannica. L'incontro avrebbe fatto la fortuna di una flottiglia di baie niere. C'era da coprirsi d'oro.. ZlvTcplihzfslvgsndt , o Purtroppo i sommergibili, con loro cannoni e i loro siluri, non si prestano alla pesca dei grossi cetacei, e i nostri marinai avevano altro per la testa. E' facile oggi da raccontare un viaggio di SO giorni con mare pessimo, lungo rotte insidiatissime, in condizioni d'isolamento, cinquanta e più uomini stretti in pochi metri cubi di spazio, assoggettandosi ad ogni sorta di privazióni, prima di tutte quelle imposte dalle scarse riserve di viveri. Il lettore, può facilmente immaginare, che altra cosa è viverla una tale vicenda. Pure tutto fu superato con buona volontà esemplare. Non si ebbero a deplorare neppure quelle manifestazioni di nervosità, di insofferenza che in casi simili esplodono in improvvisi litigi fra persone costrette ad una comunità di vita così monotona e penosa. Le difficoltà furono tutte superate con spirito ammirevole di adattamento ed ogni fatto fu pretesto al fiorire di felici arguzie. Un gabbiano, che seguì uno dei sottomarini lungo tutto il viaggio, fu denunziato dai marinai come un agente ch'Intelligence Service c fatto segno a lazzi salaci. La notizia della capitolazione greca Un gruppo di volonterosi si assunse,'in mancanza di un barbiere a bordo, l'incarico di tosare le lunghe barbo e le prolisse capi gliature che davano a quei prodi 7iiarinai l'aspetto di eremiti della Tebaide, ed è facile indovinare come fossero commentati i capota vori che uscivano dalle forbici t dai rasoi maneggiati dagli im provvisati parrucc7iieri. Un co mandante, dotato di bella voce e di buon orecchio, organizzò una serie di trattenimenti lirici assai apprezzati, e le divine armonie dell' opera italiana risuonarono spesso sotto le cupe volte degli scafi. Non meno ingegnoso fu il sistema adottato in uno dei quattro soiiDnergibili per dare agli uomini, se non la licenza, almeno l'illusione della licenza: a turno ciascun marinaio aveva diritto di starsene in un piccolo locale appartato tutto per lui, e li fumare, mangiare, dormire, ricevere visite, libero di ogni servizio, padrone in casa propria. La Pasqua fu solennizzata con qualche maggiore sontuosità culinaria e anche <n altre . >correnze festive fu autorizzato qualche «scialo » fuo.i regola-. Un'altra volta fu organizzata una lotteria che non era dotata di premi paragonabili a quelli di Tripoli e dì Merano, ma appassionò nondimeno gli equipaggi. Ma il momento più bello di ogni giornata fu l'ascolto quotidiano del Bollettino. Era questo il solo scopo per il quale venisse usato l'fdsgglcsismmrdclEpneblmardzPsldeombnlfpcmdtlaèpmsfgtcmgtliutlllllllllllllltlltllllltllllllltllllllllllllllllillllllllllll o o l'apparecchio radio. Con che gioia fu appresa, a bordo, la notizia della capitolazione greca! A nessun cuore d'italiano l'atinuncin giunse più infervorante che a quel gruppo di uomini in lotta per l'esistenza, a decine di migliaia di chilometri, dalla madre Patria, soli, ignorati da tutti, esposti ogni istante alla più oscura- delle morti! La sciabola dell'ammiraglio Indipendentemente dal nemico, momenti drammatici non mancarono a bordo. All'altezza del Madagascar, durante l'infuriare del ciclone, un colpo di mare spezzò l'albero radio del capo flottiglia. Era l'isolamento totale, era l'impossibilità di ascoltare ogni giorno quel Bollettino di guerra che era l'unica voce che giungesse a bordo dal mondo e dalla Patria lontana. Il nostromo Cuomo e il marinaio Castagnola si offrirono a riparare il danno. Uscirono fuori, si legarono alle sovrastruttnre dello scafo, iniziarono in condizioni proibitive il rischioso lavoro. Più volte il mare li strappò dallo scafo, ma ogni volta riuscirono, legati com'erano, a risalire a bordò, fino a che l'albero fu riparato e il legame col mondo riannodato Per fortuna la salute fu sempre ottima a bordo. Nessuno ebbe un mal di testa, nè una linea di febbre. E con che orgoglio, all'arrivo nella base, fu sciorinata al vento la lunghissima fiamma. Era una fiamma sproporzionata a quei piccoli scafi di piccola e media crociera. Era la più lunga fiamma che mai abbia sventolato su di un sommergibile. La fiamma, tutti sanno, è una bandiera trico lare strettissima la cui lunghezza è in proporzione della distanza percorsa. La flottiglia dei sommergibili del Mar Rosso aveva stabilito un primato imbattuto e forse imbattibile. La sorpresa più grande, per gli uomini scesi a terra, fu quella di non saper più camminare. Ottanta giorni dì immobilità avevano diseducato le gambe. Ci volle un allenamento. Ora i bravi marinai, die hanno riportato a casa le navi da guerra tanto lontane, salve tra le insidie della navigazione e del nemico, trascorrono lietamente i giorni del loro riposo in famiglia. Torneranno domani a lavorare e a combattere con nuova lena. Tra i cimeli della gloriosa crociera essi hanno riportato in Italia una sciabola e una sciarpa azzurra. Sono la sciabola e la sciarpa di un ammiraglio comandante della base di Massaua. Il valoroso soldato voi le personalmente consegnare al comandante Spagone perchè non cadessero in mano al nemico. Enrico Matte! lllllllllllltlllllltlllllllttllllllllllllllltlliuilllllltlllllllllt

Persone citate: Castagnola, Cuomo