BOMBE NEVE VIVI MORTI in un groviglio solo sui Calanchi di Ernesto Quadrone

BOMBE NEVE VIVI MORTI in un groviglio solo sui Calanchi WCKNANC gjLj AIÌLIPINI DELL' ^N¥KA^ BOMBE NEVE VIVI MORTI in un groviglio solo sui Calanchi INTRA, maggio. « O u rump - a a moeur ». Odora di caserma alpina, odore tutto diverso da quello dei corridoi delle navi da guerra. Sono fili uomini, che vivendovi esalano questi due odori diversi e caratteristici: uno di lana, l'altro di ferro. L'alpino dorme nel suo vestito, quando è in guerra, sempre nel suo vestito, per i/ìorni e mesi; il marinaio dorme o nella branda o sul ferro e q.iando fa caldo dorme nudo aiti ferro. Tutti e due hanno i corpi solidi, ì muscoli allenati e lo sguardo degli occhi del vero marinaio come quello alpino è chiaro e vede nel buio. Fatiche diverse, sacrifici diversi, eroismi diversi: quelli dei marinai rapidamente conclusi, quelli degli alpini a lunga scadenza e magari l'ultima ora viene dopo un'infinità di ore, tutte patite, tutte meditate. Il brindisi del maggiore Cornaro Dal giorno che quelli davanti a noi, sul Cimane, iniziarono il lavoro della mina all'istante prima di farla brillare passarono settimane e settimane e a turno i nostri minatori tenevano l'orecchio contro la roccia e misuravano sul ritmo perfetto dei tre battimazza che lavoravano interrati a molti metri sotto, l'avanzare della galleria e quando non si intese più nulla gli Alpini del Val Leogra, seduti nelle trincee, dissero che tutto era pronto. Durante la battaglia di Capo Matapan, che fino adesso è stata la più lunga, i marinai restarono trenta ore al posto di combattimento e quando uscirono dai compartimenti stagni o dalle torri o discesero dalle armi era come se fossero passati trenta mesi. La caserma del Battaglione Intra, tranne qualche modesto ornamento è restata tale quale la trovammo il giorno della inaugurazione. Le tre compagnie che formano il battaglione sono le Stesse: la settima, la ventiquattresima e la trentasettesimo. Adora le comandavano rispettivamente il capitano Scandolara diventato poi generale e passato al comando della | Milizia Coloniale dell'Africa set tenlrionale dov'è morto in un tra gico incidente automobilistico; il j capitano Peretti già reduce da Amba Alagi consegnata due volte', alla storia dalle epiche gesta dei : nostri soldati; e l'ultima dal capi-I (ano Marini pur esso combattente [ della prima campagna in Africa Orientale. Quando perla prima volta entrai nella caserma alla testa del mio « pioto » i! Battaglione era comandato dal maggiore Chiosai di Domodossola clic trattò a Derna la capitolazione di Enver Bej e al quale, uscendo egli la prima volta dalle trincee di Casa Aronne, sulla pianura Fteia, con un pittoresco ■manipolo di cavalieri beduini, gridammo il nostro commosso saluto giuncando a testa e croce se gli avrebbero o no fatta la pelle e lui, conscio di questa probabilità, s'era messo talmente elegante che certo avrebbe fatto una morte molto dignitosa. Poi alla Grande Guerra ci condusse il maggiore Cornaro, noto fra noi, fiamme verdi, per il prodigioso sulto di un burrone largo tre metri per andare a bere con i « cacciatori » francesi-, saliti dall'altra parte della montagna, un ealice di spumante ironicamente offertogli, tant'erano sicuri che quel vino non lo avrebbe mai bevuto. E invece lo bevve nel costernato silenzio che si era fatto mentre volava da un ciglione all'altro e poi ripetè il mortale esercizio piombando fra le braccia dei suoi nomini. Da allora quel burrone divenne storico e si chiamò il « burrone del camoscio ». La storia del Battaglione Intra di nuova formazione cominciò in Cirenaica e, per ■il momento, è appena finita alcuni giorni fa con il rimpatrio delle tre glorioso compagnie riduci vittoriose dall'Albania, dalla Jugoslavia e dalla Grecia. Il maggiore Mario Odasso che 10 comandò in quelle azioni che di successo in successo lo portarono al primo congiungimento con le truppe tedesche, disse ai suoi alluni poche parole prima di avviarli sulla linea di fuoco. Me le riferì la sera del mio arrivo a Intra il tenente Leonardo de Minerbi. Egli disse semplicemente così: « So che 11 Battaglione Intra ha una tradizione della quale noi siamo i custodi. Ci è stata concessa la fiaccola ardente della sua storia rapidamente creata, nel breve volgere della vita di un uomo, e noi non la lasceremo spegnere anche se tenteranno di soffocarla il fango dell'Albania e le nevi delle alte e\ impervie montagne della Grecia, .Pensate, Alpini dell'Intra, che i vostri padri, i vostri fratelli anziani, le popolazioni del lago e delle montagne vi guardano e vi giudicheranno. E i vostri giudici diretti sono appunto quelli che del Battaglione hanno creato la recente storia. Vi ho detto quello che dovevo dirvi e adesso possiamo partire con le coscienze avvertite e i cuori pronti... ». Tumulto di ombre nella tormenta Gli Alpini fecero giuramento con il loro grido di guerra di puro e duro dialetto ossolano: « O u rump - o u moeur », e partirono con le salmerie al seguito. Molti muli sono affondati e morti soffocati nel fango e i rimasti, che ora vede tenuti per la cavezza dagli * sconci*, fanno il giro d'onore nel cortile della caserma e. <:omc sono belli e tuttora in carne c senza piaghe sul garrese che, datii lasptipmptasechaimql'stpbdofrfaccerptbdnmqibA dopo tante fatiche, dovrebbero averci uno squarcio fino all'osso. Confesso che, insieme agli arditi, io metto in linea gli « .sconci », i bistrattati conducenti, sbrandellati lardellati male infagottati che, secondo il tempo che fa, inventano per conto loro, gli equipaggiamenti che più si adattano al sole alla pioggia c alla tormenta; sempre in movimento notte e giorno, su e giù per i fianchi di qualunque montagna, anche sconosciuta, anche senza l'orma di un sentierino e che fanno tutt'nno con il mulo, amalgamati dello stesso fango, impastati della stessa fatica e che, quando uno crolla, crolla anche l'altro, legati come sono dallo stesso vincolo: le munizioni e la pagnotta per i combattenti. Il Batti l'ione Intra arrivò in Albania il nove Gennaio e due giorni dopo era già in cammino per il fronte di Corizza, entrando nel fango fino alla cintola. Il giorno tredici raggiunge una certa quota di circa millecinquecento metri dalla quale viene fatto ridiscendere perchè l'attacco alle posizioni nemiche sarebbe prematuro. Il venti, flagellati da una bufera di neve che non li abbandonerà più, dopo una settimana insonne, i reparti risalgono la montagna verso le località dalle quali inizierunno l'offensiva. Alle otto del mattino, ancorché intirizziti dal freddo, dopo una breve preparazione della nostra Artiglieria, gli Alpini attaccano i «Calanchi*, strapiombanti pareti]di tufo sulle quali i chiodi delle'scarpe non possono avere nessun mordente. Quei dell'Intra, come frustati dalla difesa nemica che ha buon giuoco, prendono la. mano ai comandanti di plotone che, dopo]aver invano tentato di frenare'l'impeto di quella corsa in salita:durante la quale si sarebbe potuto \esaurire la resistenza fisica degli uomini, vengono letteralmente tra- scinati in tromba, di ufficiali ansimano affiancati agli uomini' toldatl armi bombe aninno neve vento vivi e morti. for-mano un solo groviglio. I qr<scidal ciglione sparano allaLunghe striscio di terra livida elevigata scappano di sotto ai piedi, si staccano dal tufo vetroso e col-piscono nel viso quelli che vengonota su quel tumulto di ombre rigale dalla tormenta che seguitano a salire, un passo avanti e. due indietro che il fango continuamente li risucchia. Bianchi come statue di ghiaccio dopo. Il fango entra nella bocca e negli occhi e le pallottole nella testa, mentre richiami grida scoppi esplosioni sono subito soffocati dal sipario di neve che ancora divide i nostri dalle trincee nemiche. Ormai si vedono gli uomini che le difendono e si possono già toccare con le mani. Il maggiore, in quel momento, perde per un attimo il controllo dei icnnrti c ti insanie c li scavalca '\m| loarcdtrapee. li supera tanto che, per sua confessìone, arriva con pochi sotto il bordo di fuoco, Sarebbe andata meglio se gliarditi non avessero preso la rincorsa per farla fuori corpo a corpo, «. Pois * di qui e « Paia » di là, e i primi si cercano, si urtano, si spingùno per far massa e i primissimi cadono. Al Comandante, se pro¬ >"'° vuol vedere i suoi Alpini, al-''ltrn M0W re!il" che rfi saltare nelì/vlklPP°- ""imi decisivi e "crebbero costati molto cari se \ 'Intra occupa le posizioni cinqui- «iute sulle quali viene contrat-'. "laccato in due giorni successivi mcon estrema violenza, ma i greci ! gnon riescono più a mettere piedi | sul terreno perduto. [cFatti i conti, l'assalto e la con-1 nquista (ti quella importantissima irposizione che si incuneava nelloìlschieramento nemico sono costati, I e oltre agli Alpini, nove ufficiali dei lquali quattro morti e cinque feriti.isQuei dell'Intra hanno raccolto sul] mcumpo quaranta medaglie al va- [Plore delle, quali tre d'oro alla, me- cmoria del sottotenente. Tosi, del [sSergente Maggiore Scarpelli è deh giovanissimo Alpino Zanello moribondo tra i moribondi, incita-\rva ancora i compagni a combattere. Al maggiore viene appuntata sul s .xt::r:^r-^r^ìo della sua compagnia. petto la nwdatftia d'argento m.yje- Al Battaglione Intra viene or- dinoto di lanciami all'insegnimen- to il' I nemico sulla Strada fi) Co- '"'<'»> se hanno più milizie. La bufera di neve avvolge le [rizza, jini> al confine greco. La i marcia è lunga e faticosa ed è compiuta a tappe forzate. La ven-[tiquuttresima Compagnia coglie|«/ volo, insieme al plotone Alititi, un elogio del Comandante d'Ar- ìuialii per aver compiuto l'aceer- eh/amento di preponderanti forze nemiche. L'altra, la trentasettesi-[ma .s impcpa solo la tormenta \m una corsa di centocinquanta cht-| lomeiri tanto che, per alcuni gior- arne altissime delle montagne eriesce difficile il collegamento un- che fra uomo e uomo Restare in- dietro vuol dire la morte sicura tanto più che. in quel turbinìo, gi- rano sbandati furti nuclei di «/-pigiani greci. La-«Trentasette» è introvabile e il maggiore si preoccupa pcnsan- ''lo che abbia, dato il naso contro ì/orze superiori dalle quali magari, «tote tagliata dal resto del Bri/- \ '«gitone impegnato in quella cor- «»« sparizione spunta finalmente'. " tenente Z'ivuttara con i suoi no- mini, bianchi come statue di ! ghiaccia. | La Compagnia, in tempo di [campionato, camminando sulla li-1 nera di cresta, è andata a cerca- ire il nemico centocinquanta chi-ìlometri lontano forzando la mar- I eira contro vento a circa due chi- lo metri e mezzo all'ora. Fatica ispettacolosa per chi conosce la] montagna. Quando l'Eccellenza [Pirzio Birolì riseppe la cosa, con- cesse alla Compagnia un elogio [speciale. Da questo fronte, cóme vedremoh M^iò^Pit^^'m^r^i\rrc„.ta. la sua. fama, viene inw«tol su quello jugoslavo. Ernesto Quadrone

Persone citate: Corizza, Cornaro, Enver Bej, Leonardo De Minerbi, Mario Odasso, Peretti, Pirzio, Zanello