STUDIO all'aperto

STUDIO all'aperto STUDIO all'aperto I parchi nelle città del nord sono come respiri in mezzo al soffocamento dei caseggiati. Specie in quel passaggio tra la primavera e l'estate, quando il fogliame è ricco di freschezza e tutte le aiuole mescono nell'aria leggera i loro profumi, Ranieri cercava i parchi della grande città straniera, dove un destino curioso lo aveva portato a compiere gli studi universitari. Quella stagione si combinava con l'epoca clegli esami ed egli aveva sempre con sè dei libri e dei quaderni di appunti. S'alzava presto. Il parco era, a quell'ora, un incanto: luci, effluvi, gorgheggi s'armonizzavano coi fiori e con le piante in una sinfonia ariosa, di cui godevano tutti i sensi. Gli toccava fare uno sforzo per staccare il cervello da tale godimento c guidarlo tra le pagine d'un faticoso libro di filologia. Innumerevoli le distrazioni. Ma, poi, con tenace volontà riusciva a concentrarsi nello studio e 6Ì concedeva soltanto di nutrirsi fisiologicamente di quel benessere che lo circondava. Persone di prima mattina, nel parco, ce n'erano poche e tranquille come lui; ragazzi che di- jVer sottrarsi a sturbassero, donne chiacchieranti non infestavano ancora i viali ombreggiati, le radure deliziose. -Merli, fringuelli, pettirossi passavano dai rami alla ghiaieti a del sentiero e da questa sulle rosse panchine, senza riguardo. Qualcuno si posava sullo schienale del suo sedile, gli faceva una gorgheggiata vicino all'orecchio e via. Ora, che un bel mattino, invece d'una cincia, gli si sedesse accanto una fanciulla, gli facesse una gorgheggiata e via..., fu una sorpresa troppo forte, perchè Ranieri potesse riprendere quel giorno, con calma, il suo studio. Kauieri, intendiamoci, era un giovane serio, di quelli che non si lasciano facilmente fuorviare dai loro propositi e che considerano l'amore non come una giostra divertente ma coinè un fatto d'impegno, un'esperienza grave di responsabilità. Se si lasciò confondere, non dimentichiamo che la sorpresa è fattore essenziale, non solo in guerra. La mattina dopo egli stette lungamente in forse davanti al maestoso cancello del parco, spalancato e invitante, se entrarvi o tirar di lungo, per cercarsi un altro parco, dove smaltire due «pensi»: quello del giorno prima e quello della giornata^» Ma, via — si disse all'ultimo momento — quanto sei ridicolo ; come se quella ragazza ci stesse di casa in questo parco; ieri è stata una pura combinazione»; ed entrò. ogni fantastiche¬ ria, si sedette proprio sulla medesima panchina sotto il gigantesco tiglio e s'immerse subito in un capitolo irto di ètimi e di derivazioni, trascurando persino d accorgersi dei merli che gli civettavano intorno. Tutte le loro modulazioni di fischi e gorgheggi si sperdevano inutili nell'aria; Hanieri sorrideva compiaciuto di sè e della propria volontà. Era un bel giovane, coi baffettin' mori e una zazzera assassina, nera come l'ebano, ondulata e lucente. Qualche passo sulla ghiaia del viale; ma egli non si degnò neppure d'alzare lo sguardo: l'ombra del solito vecchio col bastone e della servetta con la spesa, che attraversava il parco, gli passarono davanti. o Giuro che non me l'aspettavo», borbottò fra sè, quando due manine plaudenti gli fecero sollevare la testa; e vide, con una confusione, una vergogna, un batticuore indegni di lui, lasciato cadere il libro fra le ginocchia e corretta la positura, vide la fanciulla del giorno prima vo- lare verso la sua panchina, mul-11 1S ri ioue Una gonnella blu genziana e un grembiuiiiio scarlatto, un corpetto verde smeraldo e uua ca¬ micetta vaporosa e candida ; dif-jficile dire se dessero vita e viva- cità o se le ricevessero da quel corpo duttile, mai fermo sulk lunghe gambe indiavolate, vibra-to dalle braccia nude e finito da una testa luminosa d'oro. Ranieri, imbarazzatissimo, cominciò a balbettare: aveva dimenticato anche le poche frasi sicure che pur gli servivano a esprimersi in quell'idioma straniero, e sdrucciolava, con rabbia e rossore, giù per tutte le pertiche filosofiche, sulle quali, altre volte, aveva superato le vertigini della nuova lingua. Non poto rendersi conto, se nonmolto tardi, dopo mezzora d nHtontamente e altra mezzora d.risveglio, della maniera grottesca in cui s'era svolto il suo colloquio con la bella fanciulla. 11 parcos'era fatto rumoroso, suonava mezzogiorno ed egli teneva ancora il libro stretto fra le ginocchia, come serrato in una morsa dispettosa e feroce. Ciò che capiva adesso con certezza, era questo: un'altra mattina perduta (fra cinque giorni avrebbe dovuto presentarsi all'esame), il cervello incaotito, l'animo sconvolto. Rene a fatica invece, e come dentro un velo i iaXgìdo „ra tcIlebl.0SO, raCr | tattogl. da quella giovine =tega.IS». .1 »veva stregato: gli doleva-llo le ossa, sentiva i capelli m testa elettrizzati e un formicolio per le vene. Non si sarebbe sorjpreso d'aver messo radici e di ri trovarsi, da un momento all'al- tro, nella buccia d'un mirto o |d'uu querciolo, sotto la magia di quell'Alcina nordica. Gli messo le dita nei capelli K-ovava ancora il brivido), gli|aveva avvicinato la bocca alla | bocea (e gli bruciavano le labbra per quella fiamma appena acco- stata), gli aveva carezzato le spai- le. preso la mano, lo aveva av- volto, soffocato col profumo de! suo corpo fiorente... per coufes-Lsar^li che amava un altro, per|giurare ch'egli era del tutto si-jllale al suo amore, per supplì-jcario di correr in cerca di lui, di ritrovarglielo, di riportarglielo : j soltanto l«i> sì, soltanto lui po- teva... Come se egli dovesse co- noscere tutti ì propri oounaziò- llali, venuti a studiare in quel-Jmensa metropoli straniera, |come se l'Italia fosse un'ùoletta, Uil villaggio, un collegio. Studentessa, lei? Sì. studen-Ltessa d'arte. Oh, allora; anche ignorava la geografia (che laìrficie del «bel paese» misu- i-ava più di 300.000 chilometri |quadrati), non sapeva forse che!l'italia era piena di Tiziaui, di!Rall'aelli, di Antonelli da Messina (non era certo che d'Antonelli ce ne fossero molti : ma lui. avevaI(e ne|yun •e supe arte, non l'aveva studiata mai...). ,H zam,,.a e daJ baffetfcJ mori Nè sapt,rgli dire neppure| Che si fosse burlala « Ah, Kauieri, Ranieri, se fosse lombardo, toscano, sici-1 liano...! E il nome? Mario. Bel-i l'affare cercar un Mario tra glij Italiani. di lui' quando] |capitare quassù, sotto le foglie | dei tigli e delle betulle, in mez zo a questa austera città, dove 0gni portiere incute soggezione, per farti ciondolare il cervello da una forosetta ? ». Forosetta..., vestita era, sì, da coutadinella : L,a l'animo lo doveva aver pii |vamnat0 e scabro d'una cittadi jna navigata. Quel suo riso abbaj <rliante, quei toni di voce gai e patetici, quella furberia di sfrut j tare lo gamme e i trabocchetti della propria lingua, sapendo di far 00|po' s„ HIf poveretto che stentava a capirla. Ma come aveJva capito il linguaggio di quelle | Lrall,be, di quelle braccia, di que gli occhi! «Fresetta», u f uret ta» avrebbe dovuto chiamarla L<G'era uua ridda d'etimologìe nel la f»a testa), che gli aveva rubaìto la Pace> SL' "un P«>pno il cuo re' lanieri s alzo dalla sua pan |Vhlna ? S1 ebbe- per gratitudine, !1' sorriso di tre allampanate zi!teIle. che stavano appunto cero doveva aver piùImai t; st.[ lasciato tu abbindolare |Jalle ragazze.' Dovevi proprio cando un posto dove sedersi Bimbi in corsa vennero a sbat tere contro le sue gambe. Il cie-lo s'era annuvolato e l'aria era E gir provo per la prima volta |da che si trovava in quella citta 1 i j ] un senso di smarrimento ; ebbe nostalgia delle sue dolci colline e ricordò con mestizia l'ingenuo volto e il corpo sodo e ferino della Tina. Giani Stuparich

Persone citate: Antonelli, Giani Stuparich

Luoghi citati: Italia, Messina