CRONACHE DEL TEATRO

CRONACHE DEL TEATRO CRONACHE DEL TEATRO I critici, il pubblico e gli autori -- Apparenza e sostanza di un problema •Proposte inutili alla critica teadisertarc la prima esentazione e di preIla seconda. E le ragioni sarebbero queste. Le prime sono appannaggio di alcune persone che « amano esser presenti a tutte le manifestazioni della mondanità ». Sempre quelle. Uno degli autori più applauditi da questo famoso e, a quanto pare, detestabile pubblico delle prime, Gherardo Ghcrurdi, ce lo descrive così su Scenario: ..è uno strano pubblico, monotono, uniforme, dove tutti si conoscono (inchini alla marchesa; ossequi alla biondona; hai visto la contessa?; un nuovo cavaliere; buona sera, questa prima non ci voleva, avevo un pinnacolo, pazienza speriamo che sia corta; dice che la prima donna ha una bella parte, ina che tutto il resto fa schifo; se si potesse andare a mangiare qualche cosa dopo e via dicendo; quello là è il critico che stronca sempre, spassoso; io non ci capisco niente, ma lo leggo sempre; quello là invece dice sempre bone di tutti, quello scrive difficile; mi piace lincilo perchè non riesce mai a scrivere più dì un terzo di colonna e si fa presto; sarà una delie solite cose dt (inesto aiuoie. e difficile dire quel che succederà* HW1 ,'■ sc2, ;">'"" "una commedia del genere dell'ai tra e questo proprio non si può ammettere, io sono per la specializzazione, o dentista o neurologo, bisogna decidersi! ». Oh, finalmente sappiamo di che sorta di rammolliti è fatto quel pubblico che saluta con ventine e trentine di chiamate, e ne decreta i grandi successi, le commedie degli autori italiani di oggi! Pliche, se i successi non si possono nega ro, non si può ugualmente negareche sia proprio quel pubblico, cosiargutamente descritto di sopra.che lì elargisce con abbondantemagnanimità, Intendiamoci, noi non abbiamomai difeso, e non abbiamo nessu- >ia intenzione di difender, quelle poche migliaia di persone che fre-quentano abitualmente il teatro diprosa — abbiamo sempre. itHribui- r- . Ili' • io piopno a questo puub.ico boj- ghese una delle cause della attuaIcsituazione della nostra scena di prosa, e abbiamo sostenuto la necessità di rivolgerci ad altro pubblico, al popolo, se vogliamo ridonar aria e salute al teatro italiano — ma ci sembra per lo meno ingeneroso, e un pochino esagerato, prendersela tanto con quei bravi signori che alimentano col loro denaro — e, dati i prezzi, solo essi possono alimentarla — la vita del teatro italiano, autori inclusi. Perchè, parliamoci chiaro, che cosa sì vuole " un pubblico meno | esigente o un pubblico più intel-lligente? Se la logica non è una,opinione un pubblico più intelli-,gente sarà perdo stesso più esì-1 gente, e un pubblico meno esigen-Ite sarà perciò stesso meno intellì-]gente. Conseguenza rapportata anfatti: i grandi successi consacrati da ventine e trentine di chiamate ! sono autentici? E allora di che sillamentano gli autori italiani ' Av-\vertono essi — nobile sollecitudine — quel tanto di falso che c'è in codesti verdetti strappati coi denti ^ con tutte le astuzie e le male arti Uj un mestiere che li ha stancati e U /"-,c'u insoddisfatti? E allora perchè prendersela col pubblico : .perchè scrivere per questo pubbli-1co? perchè solledtare il giudizio di questo pubblico' perchè conti-'nuare a lusingarlo facendogli tre-, dere di stimarlo riportando insi-,stentemente sulla scena la casisti-ica delle sue avventure, quando lo]disistimiamo? perchè continuali,] a far la corte «firn cadavere? E'. inutile che ci affanniamo nella ri-ìcerca di giustificazioni; le nostre]giustificazioni stanno dentro di\noi, e siamo noi che dobbiamo] prendere e mantenere l'iniziativa,' siamo noi che dobbiamo ijuidare, [raddrizzare, rifare il austo del pub- bUco — di tutto il pubblico, com-] presi i. signori borr/hesi; — sia-1 mo noi che debbiamo cerc.ireUcreare arroventare l'atmosfera' del combattimento, che l'arie è nn contìnuo combattimento, e ri- ..om»,,,,Pn«,»v, i * " jscftiaie e perdere e in/(scaiarsene.l Non ha nessuna importanza che il critico vada alla prima o alla seconda rappresentazione. Se critico è uomo intelligente seni bile e colto, come dovrebbero es sere tutti i critici, le reazioni questo o di quel pubblico non avranno nessuna influenza sul suo spirito e sul suo giudizio. Gherardi autore teme codesta influenza; Gherardi critico, si passi una mano sulla coscienza, non l'ha mai subita. «C'è — scrive Gherardi — chi dal fragore degli applausi è llratto a consentire, c'è chi dai fi\schi è tratto a disapprovare, c'è coi viceversa per antipatia (d' 1 proprio così) verso qualcuno d, quelli che applaudono o fischiano o per amore d'indipendenza, de eide sempre in senso contrario». Ma andiamo, queste son Mse che .Gherardo Gherardi non dovrebbe 1nemmeno pensarle. Son illazioni, le sue, frettolose e artificiose, che egli non saprebbe confortare di una dimostrazione qualsiasi, e al,le quuli, per la stima che abbiamo idi lui, noi crediamo che egli stesso ]non creda. ] Ma Gherardi, ad un tratto, si .accorge di averlo maltrattalo Iropìpo Usuo pubblico, e vuol correre ]ai ripari. Il rimedio è peggiore del \m.alè. Leggiamo; « Un pubblico sì ] utile può, si, esprimere il suo giù'disio su una commedia, ma non può dettare norma, perchè è uni-hit ertile e artefatto. borghese r>.\]Gherurdi porta vasi a Santo. Eglii1cioè, ne! tentativo di valorizzarciUl giudizio emesso da miei pubbli-!' I — - - — |lco»t«iedie rappresentate in gues(i|co borghese unilaterale e artefat- to, viene implicitamente ad affér-\mare che i grandi successi delle TEATRO ultimi anni,— di cui purtroppo siidimenticano velocemente persino i\titoli — sono dovuti proprio al loro carattere borghese unilaterale e\artefatto. Non si applaude una\coia cfte non piace, una cosa che\non risponde al misto e al costu-\me di chi giudica. Quel pubbiico\non può dettar norma. E perchè]gii autori si adattano ancoia alla'^sua norma? sarebbe, che creatóre sarebbe «tlolche sija imporre la volontà e làmenialità dal primo venuto? Il poeta non ubbidisce che alla pro-,pna ispirazione, al proprio demo- \ne, alla propria fantasia: egli non pensa a vivere, ma a sopravviver'-, Va bene ciie i poeti oggi aspirano dalla necessità, di infischiarsene diìquello che duo o non dira i.' pub- bheo, c creare opere di bellezza secondo il proprio estro e il proprio genio. L'alchimia, l'adattamento, la condiscendenza, la furberia non hanno niente a che fare con l'arte. I critici vadano alla prima o alla seconda o alla decima, scrivano il loro articolo subito o dopo una settimana, non risolve nulla: il problema è ben più alto e ben più arduo e investe il contenuto, l'essenza del teatro contemporaneo. Ora se è un problema di contenuto è problema di autori: il pubblico e la. critica sono in attesa del nuovo verbo. Lo confessa lo stesse \Gherardi quando scrive che « non ic'c spettatore di quelli stessi che i frequentano le prime, che non si !aspetti qualche commedia nuova | ------- ... -—•»- — -» — - w »vv»w, |s/orsi di rinnul'amento,quellostcs-[ nel vero senso della parola-». Ma\ aggiunge che all'atto pratico, di' ironie- ni tentativi di novità, 'tali so pubblico fa il viso dell'armi e rifilila non solo il suo consenso, ma persino il suo rispetto. Se rifiuta il suo consenso vuol dire che non riconosce nei « tentuit»vi» e negli «sforzi», l'opera \d'artc compiuta. Questo è. Ed ha, ci sembra, pieno diritio di farlo, \E quanto al rispetto, se ne parla \'f.0l'Vo- ?er ».°" tornar tanto in\dlatro> alìt di Pirandello fa\covamo " pugni nei corridoi dei \ieiltrt> e gli insulti volavano e sì ]"wroc,avano da tuttG le parti a '^'Vano levalo e a sipario calato; eppure, con tutte le mancanze di rispetto, Pirandello è lì, immortale. lS^J^^é** angamo — è un b°l à^eiTavrSlSvuto tncamll po' nurcì, — ma gli autori non deb- ,uono flri tirare con le corde deb \ \™° %™clu£ in testlZ^ml^i non arriveremo mai. E non si consoli Gherardi, e non tenti di consolarci, col dire che qualche cosa ìall'estero». Gherardi di noi come avvi a hi.tu \j \,, ott-f C- I UU-JHI U/'Ul'l C -[sarà necessario azzuffarci per conosce medie lo scambio dei prodotti teatrali. E del resto è noto che il teatro è scaduto dappertutto. Ma appunto per questo la situazione si presenta favorevole: se noi riusciremo a dire la parola attcsu, se noi sapremo esprimere artisticamente il senso umano della nostra vita di oggi, se arriveremo a cogliere il significato universale del nostro tormento, noi daremo ancora una volta al mondo la prova della nostra superiorità spirituale, della nostra chiaroveggenza mediterranea, della nostra inesauribile e ricorrente giovinezza. Non dobbiamo, e non vogliamo, anche in questo campo, barattare il diritto di primogenitura per un pia.lv di lenticchie Non importa il pubblico, non imporla la critica; l'importante è a\saper dire quel che dev'esser deti,to e come dev'esser detto, l'imvori tante é creare l'opera d'arte Sa