Nell'Impero di Roma

Nell'Impero di Roma Nell'Impero di Roma Un libero Popolo che dopo ottocento anni risorge a nuova vita di piena indipendenza, si volge a Roma per avere la designazione del suo Sovrano fra i membri dell'augusta e gloriosa Famiglia che regge il nostro Paese; da Roma, su uno dei colli sacri alla storia della civiltà, il Re Imperatore designa il nuovo Re che inizia la nuova Dinastia di Croazia. Sono eventi che hanno lo splendore del mito; l'animo è colmo della commozione più intensa, mentre la fantasia afferma il suo diritto, in questa giornata, di rievocare le date più luminose della nostra storia tre volte millenaria e di fissare con uno sguardo anticipatore i destini della Gente italica a cui è connaturato, quasi per una legge imprescrittibile della Provvidenza, l'Impero. Poiché quanto è ieri avvenuto a Roma è un atto vivo e fecondo dell'Impero italiano, esso esce da tutta la vieta impostazione di problemi, da tutte le viete concezioni e si irradia quale esempio di nuovi principi, di nuove idee, insomma della nuova civiltà, la civiltà del secolo, il Secolo del Fascismo e di Mussolini. Le armi e solo le armi avrebbero potuto rompere tutte le incrostazioni di interessi, di ideologie e di pregiudizi che ebbero a Versaglia la loro massima esaltazione e la loro intrinseca condanna; quindi le armi dissero la loro parola decisiva. Ma ecco il prodigio; sulle strade battute dagli eserciti vittoriosi dell'Asse rinasce, vendicatrice di ingiustizie e di soprusi, la vita dei popoli, riconfermando la necessità della Rivoluzione e della guerra dell'Italia e della Germania. Un popolo è subito in piedi coi suoi ideali e, per virtù di un Capo oltraggiato, condannato e costretto all'esilio, si ritrova subito in grado di essere padrone di se stesso, in una adesione perfetta ai tempi e alla rivoluzione europea; questo è il merito fondamentale di Ante Pavelic e del suo movimento; il suo spirito, la sua mentalità erano maturi e coscienti del profondo rinnovamento in atto. Sicché, appena un mese dopo il crollo dell'aborto jugoslavo, la Croazia ha una sua fisionomia integrale nelle frontiere territoriali, nella organizzazione interna dello Stato e, soprattutto, nella sua anima. Tanta rigogliosa esplosione di vitalità di un Popolo e di un Capo ha avuto negli atti compiutisi a Roma il suo coronamento e la sua consacrazione. Gli atti stipulati e iirmati fra l'Italia e la Croazia provengono dalla libera decisione di due Governi;, ma essi non sono il risultato di mercanteggiamenti e di compromessi che nascondano delle riserve mentali; essi rispondono ad una suprema legge di collaborazione e di integrazione che domina e dominerà i rapporti fra i due Paesi. Naturalmente dovevano essere fissati dei confini; ma l'atto di delimitazione delle frontiere, malgrado la sua importanza, non costituisce l'angolo esclusivo di visuale per inquadrare gli avvenimenti attuali e le relazioni future fra Roma e Zagabria. Tanto è vero che l'Italia garantisce tutte le frontiere del nuovo Stato. La Croazia nasce, vive e vivrà nell'orbita imperiale italiana; né vi è antinomia fra la sua libertà e tale condizione che è una necessità di vita, che è la base della sua stessa indipendenza. Gli accordi conclusi o in via di concludersi sul terreno della politica estera, sul terreno militare e nel campo economico, indicano chiaramente la natura dei rapporti che, se da un lato affermano la funzione direttiva di Roma, dall'altro lato sono essenziali allo sviluppo autonomo della Croazia: una sovranità della Croazia fuori dall'orbita imperiale dell'Italia è inconcepibile; e Ante Pavelic, che se ne era reso conto nelle tormentate meditazioni degli anni di esilio, confortato dalla cordiale, affettuosa ospitalità italiana, ha dato a tale intima consapevolezza una espressione concreta nell'aver chiesto un Re italiano, nell'aver voluto una serie di accordi che formano un tutto organico e indissolubile. L'Adriatico è la pietra di prova di questo orientamento; la Croazia si affaccia sulle sue sponde; ma il dominio assoluto e completo spetta all'Italia; la Croazia non vi costruirà opere di guerra, non avrà una sua flotta da guerra; ma non si tratta di una imposizione e nemmeno di una rinunzia; all'Italia spetta il compito della libertà nelle acque adriatiche e della loro difesa nell'interesse della stessa Croazia, la quale partecipa al sistema di ordine stabilito dall'Italia per quelle zone e quindi non può né vuole essere una pedina al servizio di mire straniere contro l'Italia. Da qualsiasi punto di vista si considerino i rapporti fra i due Stati e i due Popoli, si assiste a un processo integrativo; come tutte le costruzioni politiche, esso ha bisogno di una creazione continua che coordini, perfezioni, potenzi; ma già oggi si può sicuramente affermare che esistono le carte fondamentali costitutive, che non sono l'espressione di abili negoziati diplomatici, ma il risultato di insopprimibili condizioni storiche, geografiche, politiche, economiche e morali, illuminate dal genio comprensivo dei Capi. Nelle felici realizzazioni di oggi, nella visione di un avvenire operoso e fraterno, il pensiero degli Italiani e dei Croati si innalza alla figura di Aimone di Savoia-Aosta. Il Re Imperatore e l'Italia hanno donato alla Croazia un Principe e un Soldato ricco delle più alte virtù della sua Stirpe, attorniato dall'amore e dalla venerazione di tutti i cittadini italiani. Aimone è dell'identica tempra del suo maggior Fratello che sta scrivendo la più eroica pagina di questa guerra; Aimone, per le prove di coraggio fomite sui mari e nelle ambe etiopiche, per le capacità di co-mando dimostrate negli incarichi navali affidatigli, è uno dei nostri Capi su cui la Patria riponeva le più sicure speranze. Ma Aimone sul trono che fu di Zvonimiro non è un grande figlio perduto dall'Italia; Egli e i suoi successori impersoneranno l'unione indefettibile dei destini d'Italia e di Croazia, per ogni tempo e per ogni evento. Alfredo Signoretti La solenne cerimonia in Quirinale: il Re Imperatore risponde all'indirizzo di Pavelic e designa Re di Croazia il Duca di Spoleto. (Telefoto) Mussolini e Pavelic alla stazione poco dopo l'arrivo della Delegazione croata. c Il Duce e il Poglavnik rispondono al saluto della folla acclamante che si addensa in piazza Venezia. Nell'Impero di Roma Nell'Impero di Roma Un libero Popolo che dopo ottocento anni risorge a nuova vita di piena indipendenza, si volge a Roma per avere la designazione del suo Sovrano fra i membri dell'augusta e gloriosa Famiglia che regge il nostro Paese; da Roma, su uno dei colli sacri alla storia della civiltà, il Re Imperatore designa il nuovo Re che inizia la nuova Dinastia di Croazia. Sono eventi che hanno lo splendore del mito; l'animo è colmo della commozione più intensa, mentre la fantasia afferma il suo diritto, in questa giornata, di rievocare le date più luminose della nostra storia tre volte millenaria e di fissare con uno sguardo anticipatore i destini della Gente italica a cui è connaturato, quasi per una legge imprescrittibile della Provvidenza, l'Impero. Poiché quanto è ieri avvenuto a Roma è un atto vivo e fecondo dell'Impero italiano, esso esce da tutta la vieta impostazione di problemi, da tutte le viete concezioni e si irradia quale esempio di nuovi principi, di nuove idee, insomma della nuova civiltà, la civiltà del secolo, il Secolo del Fascismo e di Mussolini. Le armi e solo le armi avrebbero potuto rompere tutte le incrostazioni di interessi, di ideologie e di pregiudizi che ebbero a Versaglia la loro massima esaltazione e la loro intrinseca condanna; quindi le armi dissero la loro parola decisiva. Ma ecco il prodigio; sulle strade battute dagli eserciti vittoriosi dell'Asse rinasce, vendicatrice di ingiustizie e di soprusi, la vita dei popoli, riconfermando la necessità della Rivoluzione e della guerra dell'Italia e della Germania. Un popolo è subito in piedi coi suoi ideali e, per virtù di un Capo oltraggiato, condannato e costretto all'esilio, si ritrova subito in grado di essere padrone di se stesso, in una adesione perfetta ai tempi e alla rivoluzione europea; questo è il merito fondamentale di Ante Pavelic e del suo movimento; il suo spirito, la sua mentalità erano maturi e coscienti del profondo rinnovamento in atto. Sicché, appena un mese dopo il crollo dell'aborto jugoslavo, la Croazia ha una sua fisionomia integrale nelle frontiere territoriali, nella organizzazione interna dello Stato e, soprattutto, nella sua anima. Tanta rigogliosa esplosione di vitalità di un Popolo e di un Capo ha avuto negli atti compiutisi a Roma il suo coronamento e la sua consacrazione. Gli atti stipulati e iirmati fra l'Italia e la Croazia provengono dalla libera decisione di due Governi;, ma essi non sono il risultato di mercanteggiamenti e di compromessi che nascondano delle riserve mentali; essi rispondono ad una suprema legge di collaborazione e di integrazione che domina e dominerà i rapporti fra i due Paesi. Naturalmente dovevano essere fissati dei confini; ma l'atto di delimitazione delle frontiere, malgrado la sua importanza, non costituisce l'angolo esclusivo di visuale per inquadrare gli avvenimenti attuali e le relazioni future fra Roma e Zagabria. Tanto è vero che l'Italia garantisce tutte le frontiere del nuovo Stato. La Croazia nasce, vive e vivrà nell'orbita imperiale italiana; né vi è antinomia fra la sua libertà e tale condizione che è una necessità di vita, che è la base della sua stessa indipendenza. Gli accordi conclusi o in via di concludersi sul terreno della politica estera, sul terreno militare e nel campo economico, indicano chiaramente la natura dei rapporti che, se da un lato affermano la funzione direttiva di Roma, dall'altro lato sono essenziali allo sviluppo autonomo della Croazia: una sovranità della Croazia fuori dall'orbita imperiale dell'Italia è inconcepibile; e Ante Pavelic, che se ne era reso conto nelle tormentate meditazioni degli anni di esilio, confortato dalla cordiale, affettuosa ospitalità italiana, ha dato a tale intima consapevolezza una espressione concreta nell'aver chiesto un Re italiano, nell'aver voluto una serie di accordi che formano un tutto organico e indissolubile. L'Adriatico è la pietra di prova di questo orientamento; la Croazia si affaccia sulle sue sponde; ma il dominio assoluto e completo spetta all'Italia; la Croazia non vi costruirà opere di guerra, non avrà una sua flotta da guerra; ma non si tratta di una imposizione e nemmeno di una rinunzia; all'Italia spetta il compito della libertà nelle acque adriatiche e della loro difesa nell'interesse della stessa Croazia, la quale partecipa al sistema di ordine stabilito dall'Italia per quelle zone e quindi non può né vuole essere una pedina al servizio di mire straniere contro l'Italia. Da qualsiasi punto di vista si considerino i rapporti fra i due Stati e i due Popoli, si assiste a un processo integrativo; come tutte le costruzioni politiche, esso ha bisogno di una creazione continua che coordini, perfezioni, potenzi; ma già oggi si può sicuramente affermare che esistono le carte fondamentali costitutive, che non sono l'espressione di abili negoziati diplomatici, ma il risultato di insopprimibili condizioni storiche, geografiche, politiche, economiche e morali, illuminate dal genio comprensivo dei Capi. Nelle felici realizzazioni di oggi, nella visione di un avvenire operoso e fraterno, il pensiero degli Italiani e dei Croati si innalza alla figura di Aimone di Savoia-Aosta. Il Re Imperatore e l'Italia hanno donato alla Croazia un Principe e un Soldato ricco delle più alte virtù della sua Stirpe, attorniato dall'amore e dalla venerazione di tutti i cittadini italiani. Aimone è dell'identica tempra del suo maggior Fratello che sta scrivendo la più eroica pagina di questa guerra; Aimone, per le prove di coraggio fomite sui mari e nelle ambe etiopiche, per le capacità di co-mando dimostrate negli incarichi navali affidatigli, è uno dei nostri Capi su cui la Patria riponeva le più sicure speranze. Ma Aimone sul trono che fu di Zvonimiro non è un grande figlio perduto dall'Italia; Egli e i suoi successori impersoneranno l'unione indefettibile dei destini d'Italia e di Croazia, per ogni tempo e per ogni evento. Alfredo Signoretti La solenne cerimonia in Quirinale: il Re Imperatore risponde all'indirizzo di Pavelic e designa Re di Croazia il Duca di Spoleto. (Telefoto) Mussolini e Pavelic alla stazione poco dopo l'arrivo della Delegazione croata. c Il Duce e il Poglavnik rispondono al saluto della folla acclamante che si addensa in piazza Venezia.

Persone citate: Alfredo Signoretti, Ante Pavelic, Duce, Mussolini, Pavelic