A SPALATO COL TRICOLORE di Antonio Antonucci

A SPALATO COL TRICOLOREA SPALATO COL TRICOLORE La tradizione romana e veneziana ha rotto rapidamente la sottile crosta lasciata sulla città da ventanni di dominazione serba SPALATO, maggio. Secondo la scuola futurista, Spalato sì potrebbe definire cosi: Roma, Venezia, cemento. Negli ultimi tempi, il cemento, cioè un fatto industriale, ha cercato di sopraffare Rotila e Venezia condensando Spalato in Split, attraverso un eccidio di vocali che non aggrazia di certo. Il cemento è la principale risorsa, della città e del porto di Spalato; è vero che, nel suo territorio, si trovano pure altre ricchezze ma il cemento le domina. Sulle alture di Prapatnice c'è un deposito di asfalto molto ricco in bitume; a Imoski c fra Verlika e Sinj, si trova ferro; a 'Sin;, c'è una formazione di carbone fossile composta di argilla bruna, di marna friabile e di legno bituminoso; negli scoglietti di Ooj e Borovac nonché alla sorgente del Jadro, si trova poi la cosiddetta breccia delle ossa, un amalgama di ossa di animali ruminanti, conchiglie e pietra che costituisce per lo meno una curiosità turistica. Dobbiamo anche ricordare qualche acqua minerale, di cui una, sulfurea, è particolarmente indicata per le malattie della pelle. Ma, in primo piano, rimane pur sempre il cemento. Derivazione del nome Formazione geologica artificiale, il cemento non è monopolio di nessuna nazione, ma può diventarlo per questa o quella moneta. Se le mie informazioni sono esatte (ed è arduo isolare la verità in tempi movimentati per cambiamenti storici), noi controllavamo appena un quarto della produzione cementizia di Spalato, mentre il resto andava ai cecoslovacchi, americani, inglesi e francesi, tutta gente che preferiva chiamare la città con il nome di Split, magari per l'arida soddisfazione di farci un dispetto. In realtà, Split non significa nulla; non vanta nemmeno una bizzaiTia etimologica alla quale attaccarsi, mentre Spalato ne ha due, il che è certificato dì antica nascita. Si vuole che Spalato derivi da palatium (precisamente ex-palatio), perchè la città cominciò a svilupparsi quando i barbari distrussero Salona; i superstiti, dapprima rifugiatisi nelle isole, tornati sulla terra ferma c rimasti senza case, si ficcarono neil'ex-palazzo di Diocleziano, una cinta fortificata di 216 metri per 175, che costituisce tuttora il vecchio nucleo di Spalato: ex-patio, Spalato. Accetti chi vuole. Altri sostengono che il nome derivi invece da aspalathon, una specie di gramigna abbondante nelle vicinanze della quale, forse, erano ghiotte le greggi, non essendovi altra spiegazione verosimile della sua importanza. Comunque, per Split, non milita alcuna ragione, all'ìnfuorì di un irrelent'ismo linguistico creato ad arte. Se la storia si ripete, è anche lecito ripetere notizie conosciute ma che talvolta si dimenticano o si trascurano: la maggioraiiza di altra origine, dominata dai Veneziani in Dalmazia considera senza nessunissimo orgoglio, se non addirittura con sprezzo, i propri dialetti usati in famiglia e per le transazioni umili. Grande aspirazione era. giungere a parlare italiano, tendenza viva fino a ieri. Venti anni di prepotenza serba, preceduti dall'antica centralizzatrice di Vienna, hanno devastato l'italianità della Dalmazia e, oggi i bambini non conoscono che poche parole della nostra lingua; ma quasi tutti coloro che hanno più di quarant'anni la parlano. Non vogliamo polemizzare, se non in semplice riflesso della vista di Spalato. Nè la nostra è polemica, ma è cronistoria. Possiamo anche scendere alla cronaca spìcciola e frivola, fermandoci a chiacchierare con questo giovane servizievole che ci offre lamette per barba a prezzi irrisori, che insiste nel pregarci dì cambiare le nostre lire con ; suoi dinari a Kit tasso di concorrenza con lo sconto ufficiale e che dispone di ragazze « giovani e brave »; ma, per coincidenza, ci troviamo a parlare con lui, proprio sotto la statua di Marko Manilio (14501520), un vecchietto striminzito e bisbetico, intento a tracciare, con lo stilo, lettere misteriose sopra un quaderno di bronzo che non riempie mai. E costui ci riporta al punto di partenza. Egli è II, ancor più buffo perchè artistico, come un esponente della poesia o lingua croata, ma, in realtà, si chiamava Manlio, e, umanista italiano, scrisse massima parte in latino. Un vescovo antiromano Più caratteristico ancora è il monumento al vescovc Gregorio di Nona, opera dello scultore Mestrovic, un insolente colosso di bronzo, deliberatamente insolente, Ipiantato nel peristilio romano colme un pugno sul tavolo, dì fronte \alla chiesa cattolica. Dalla sua ttunica rabbiosa, che ricade in un \enorme blocco di bronzo, saltuno fuori una barba russa, un naso semita e mani arteriofclerotiche, con un librone che sintetizza il suo i atteggia mento imperativo. In un [concilio tenuto a Spalato verso l'anno 1000, egli avrebbe difeso l'uso della lingua liturgica slava in luogo di quella latina... Sareb¬ be cioè un antiitaliano e un antìromano per eccellenza, roba passata che possiamo anche pei donargli; ma, a parte il fatto che il concilio famoso sembra dubbio, il signor Gregorio visse per lo meno un secolo dopo... Ma basta, basta, ritorniamo a passeggio tra le architetture secolari che si incastrano una nell'altra come bimbi in cerca di rifugio. L'ex-palazzo di Diocleziano è un bazar di cose belle o curiose che non ci stancheremo mai di ammirare, anche se la popolazione, di una povertà spinta talvolta all'estremo, ne guasta i contorni con un pittoresco che non odora. I poveri — o i meno ricchi — si sono via via raccolti nell'arte: presso la cattedrale, tuguri comunali sono a disposizione, gratis, dei miserabili che non possono pagare neppure un dinaro di affitto. Il cemento, con tutta la sua ricchezza e che si precipita alla periferia con le sue immense costmzionì a scatola, non ci fa davvero una bella figura. Sarebbe stato facile costruire case popolari, facile e poco costoso, invece di addossare l'ospitalità a Roma e Venezia... Forse nessuno ci ha pensato; andiamo. Fuori è un brusio, come quando si esce di casa in giorni di fiera. La gente ozia presso il mare, facendo ala ogni tanto al passaggio delle nostre truppe. E più ne passano, più l'ala si allarga, in ammirazione cordiale. Ma che cosa pensano veramente questi spalatini, splitiani compresi? Nulla. Nel loro cervello, mulinano i ricordi confusi delle ultime tempeste, delle penultime e di quelle lontane, senza però incanalarsi verso una sintesi che conciliaci. Una volta, la felicità era stata loro promessa sotto forma di Jugoslavia ma si presentò nella veste dei Serbi... Allora, fu prolicato che bisognava divìdersi dai Serbi, e venne il separatismo croato. Le opinioni espresse su i muri non sembrano entusiaste: una dice: * Abbasso Macek: troppo caro! Prima di andarsene i Serbi hanno portato via quasi tutto: il pensiero principale gira sul vettovagliamento e sul lavoro. . L'Italia porterà l'uno e l'altro ? Se si, viva l'Italia. La gente passeggia, non pensa. E' gente stanca, desiderosa soltanto di vivere. E' buona, laboriosa, pronta a obbedire. Le bandiere croate che pullulavano perchè i politicanti tenevano nota degli assenti, sono scomparse tutte, da sera a mattina, dietro il semplice invito di un altoparlan-\te... A Spalato, e in tutta la Dal-ìmania, una sola sete brucia: sete di giustizia e di buona ammini-ìstrazione. Il resto, è chiacchìe-{lume, j Ma, di nuovo, trascinati dal-, l'ambiente, siamo ricaduti nella, ipolitica j Questa volta basta sul serio. Aiutiamo verso l'alto, sul monte Mariano, dove lo spirito si riposa tra pini ed abeli. La strada a zig ag è seminata di panchine perì •innamorati, per sognatori o perso-] se soltanto tranquille. Da una non ìsi vede l'altra ma si vede il cielo \ le talvolta il mare... Nuovo idillio i I In tutto il suo specchio sereno, • il mare lo vedremo poi dalla vetta >e il suo respiro abbraccia la terra. Chi ha detto che la Dalmazia c un'isola? Questo paradosso ap¬ < parente si respira quassù, comeìuna verità tangibile.. Ma che cos'è questo ruggito in¬ termittente? Un leone/ proprio un leone. Vivo, e, tolte le ali, so- [miglia a quello di Venezia. Niente ì\da fare, è un destino: ricadiamo\sempre dove vogliamo fugnire.\Anche questo vecchietto solitario • \che legge il primo numero del |Novo boba, con accanto la suaI traduzione letterale di Era nuova. \lei riporta verso considerazioni se-ì'rie... Soltanto una scimmia volga-' Ire, l'essere più chiassoso di qneì-sto zoo minuscolo, ha la virtù di distrarci... Essa strepita, si agita, s'inquieta: non può ammettere che ci si occupi di altri all'infuari idi lei... Forse è una scimmia viziata. Infatti i bambini (grandi e , piccoli) le fanno vedere di lontaI no cioccolatini colorati e l'acquo' lina sbava dalla sua bocca prima \di poterli afferrare con le lunghe Uiita e scartarli... Com'è buona la 'cioccolata! Ma &è anche il maliano che, nel minuscolo involucro, [avvolge Soltanto dei sassi. Non I\".IP°1 L\™?.1\™*°™J SOZZI ; la scimmia ingliiottc con identico gusto, dopo averla masticata, la carta. Grazie per averci distratti, o •piccola scimmia. Che cosa vuoiIancora' Che cosa guardano lei jftie pupille umide di avidità? La sigaretta.' Non esagerare... Resta nei limiti dei giochi possibili, di'quelli proporzionati alla tua clas ise zoologica... Il fumare è nn'arj te che nemmeno gli uomini gran,di conoscono a fondo... Ma se proprio insisti, se la felicità del tramonto è irrimediabilmente collegata a questo tubetto di tabacco, eccotclo pure... La piccola scimmia prende la sigaretta, se la caccia rapidamente in bocca dalla parte accesa, e la mangia. Antonio Antonucci ,

Persone citate: Marko Manilio, Novo