MILIONI DI AFFAMATI tra ricchezze incalcolabili di Angelo Appiotti

MILIONI DI AFFAMATI tra ricchezze incalcolabili Documentari del tempo nostro MILIONI DI AFFAMATI tra ricchezze incalcolabili Angelo Appiotti percorse e studiò l'Algeria nella sua qualità ili giornalista, e sintetizzò nella Stampa, con una vivida serie di articoli i risultati delle sue osservazioni e delle sue indagini. Oggi, 10 stesso tema è stato da lui rimaneggiato per comparire in volume, con il sacrificio parziale dello scintillio che la frammentarietà del giornalismo esige ma con un conseguente stringersi in forma di documentario. Come tale, Jo ha pubblicato infatti Corbaccio sotto 11 titolo '< Sei milioni di affamati ». t Documentario N. 3). L'Appiotti ha considerato l'Algeria da un punto di vista sociale ed etico, esplorandola in profondità senza lasciarsi ingannare dallo della facciata esterna. Giardini, palazzi, alberghi granliosi, opere pubbliche e tutto , j ^,",,2!6 , ] i quanto rìTmodèrno ha inventato la civiltà, non gli hanno impedito di scoprire questa verità orribile-: m i sette milioni di indigeni che almeno sei hanno |l'Algeria conta. r fame. Se. come primo impulso, egli Iha gridato allo scandalo, subito IÌTf^tTs^O^ohI ìf^^fe ^e!« t,stlche?e le informazioni degli uo mini vivìi di quellii cioè_ rassegna ti soltanto in apparenza all'attua- e le schiavitù della propria patria, L'Algeria fu conquistata dalla . Francia per l'ardita iniziativa di . pochi uomini intelligenti e ne tras se « ricchezze enormi » ma permi- - « £™ ;< ^ , accentrassero nel, ,e m,mi ,n fti privilegiati». Il |nucieo essenziale, del gran male è ', tutto qui, poiché il denaro, loca-j lizzato in pochi punti, funziona da e calamita avida del rimanente e la e' miseria dilaga. o] Gli Algerini, con una terra che Lffi™*^** ^XlntiìA a ettoUtri-di vino, trecentomila quini;tali di f0gUe di tabacco, ingenti a quantità di olive, agrumi, datteri, -, cotone oltre le molteplici risorse -]minerali, dovrebbero passarsela aIallegramente. Invece, soffrono la è maldistri- o ta-mK perchè il tutto oìbiiitf) comg bell'ironica favola di -kjaserddin. La conoscete? Ra-|ser~Wm er'a un aEntone turco dal ni quale si presentarono alcuni coni ladini, affinchè egli dividesse tra n i loro un sacco di noci «.come a-vrebbe fatto il buoniDio ». Egli ac fcoU^ ehfdue l chi le fece e veflere soltanto e a chi assegnò to qualche gùscio; il resto, quasi tuto ! to il sacco, destinò ad uno solo, i]osservando che il «buon Dio divi- de cosi i beni della terra». Qui, e ! invece. Iddio non c'entra, ma opee]™™ soltanto la scelleratezza o, »^^^ & i vernativa, malanimo dei ricconi. I quali ultimi sono in maggio-Iranza ebrei. Ora, l'ebreo algerino. Inon va misurato alla stregua dei i!suoi colleglli europei; questi si n invano An_Paese_s_tramero dove hanno cercato e cercano di fare i pronri affari ma, salvo l'innato di. ' *zo razzistico per tutti gli aia tri poooli. non si spingono all'odio ri vero è proprio, come è invece alar- vico ed inestinguibile verso gli Aa-rabi. Gli Ebrei, come discendenti e- di Isacco, figlio di Sara moglie di 1 Abramo, considerarono sempre dall'alto in basso i discendenti di e e,\ismaèìe, tìglio di Agar concubina o-ìm Abramo, e nell'alternarsi delle r varie fortune storiche, i due grupt-ipi cercarono di farsi a vicenda il i- più gran male possibile. Fu cosi e-iche. per secoli, l'ebreo di Algeri ^- d°ve"e piegare il collo sotto il n- giog0 de] dominatore arabo che gli ''vietava di portare il fucile, di sa- lire a cavallo, di co, colore nobile, vestirsi di bianriservandogli il à'grigio e il nero: non lo ammetteva o i come testimonio in questioni di si 'tribunale, lo frustava a sangue se o\sed&ya- ln Presenza cl1 un mussulo i m gg g, avvicinava a un barn- Mn0. u interdiva l'uso della lamm- pada ad olio per percorrere di notdi ite le vie della città, eccetera. La -1uguaglianza di diritti elargita imei provvisamente dalla Francia pore- .»va gli Ebrei alla rivincita. Lao'fciati »Heri di manovrare in quel n ;™° tnJT^n Z£o£» a- te com'è il commercio, semillecite lCome la Borsa ed illecite come l'uoi|suia senza limite, essi misero la a- mano su tutte le ricchezze indi- gena strangolando il lavoro senza ti. |pietà.. In tale situazione che cosa fa la potenza «protettrice »? Connivente e coperta dal liberalismo, dorme. Il che porta l'Appiotti a con- ! eludere sostanzialmente con quea sfatto-di accusa: «Se colonizzan JL2^JH?n^SS?J5Si-dli?f ; terra non nostra, asservirne gli a- a- stanti, spodestarli dei loro campi a'.^ cieil0 loro capanne, mutare un e popolo libero in una turba di schiai- vi il cui lavoro si paga a prezzo di v^e, U più delle volte con paccottio, Slia rifiutata dai magazzini continentalt; se colonizzare vuol dire porre 1 indigeno al di sotto di ogni o flvello umano dargli masr-iri un e ridicolo diritto di voto e poi laa- sciarlo morire di tubercolosi, di sie Alide, di paludismo, nelle zone trori picali del sud o negli spaventosi e agglomeramenti urbani di Algeri, i- ldl Orano, di Costantino, senza che u- a- en- silgiafi" mentre il popolo della terra o, j conquistata trascina nella fame la o Piu miserabile esistenza del mondo: allora possiamo dire che la o!FrancIa na col°»izzato l'Algeria » nessuna misura intervenga a frenare la carneficina; se colonizzare vuol dire far denaro, soltanto deinaro. a beneficio di un piccolo ruppo di trafficanti e di privile- Ai

Persone citate: Appiotti, Giardini