IL BAMBINO PRODIGIO

IL BAMBINO PRODIGIO IF 11 € IL) IR UE C UHI E § C jjD M IP A 11 jjD N AD IL BAMBINO PRODIGIO I n materia, Mozart fu un precursore. Non aveva che sci anni, dicono i suoi biografi, e suo padre Giovanni Giorgio Leopoldo, vedendolo cosi abile a suonare il clavicembalo, si determinò ad intraprendere un viaggio con lui e la sua sorellina, maggiore di qualche anno e già così abile anche lei sulla tastiera. Il buon Giovanni Giorgio Leopoldo portò i due figlioletti da Salisburgo a Monaco e a Vienna. Nella capitale dell'impero il piccolo Wolfanghino si esibì davanti a Maria Teresa, alle dame e ai gentiluomini della corte. Fu un successo clamoroso. Tutti lo abbracciarono, lo vezzeggiarono. — Ditemi signor Mozart, esclamò l'imperatrice. Quanti anni ha vostro figlio? Sei, avete detto, appena sei! Ma sapete che è molto bravo? Bene, bene! Sei anni e già suona così! Bene, bene! Avanti di questo passo chissà dove va a finire. Bravo Wolfanghino! La grassa grossa e autoritaria Maria Teresa diede alcune caramelle al piccino, traendole da chissà quale profonda tasca del guardinfante. Se lo prese in braccio, lo baciò sulla guancia destra, in punta in punta, per non guastarsi l'incipriatura del viso e i nei posticci alla moda di Parigi. Lo baciò in punta in punta per non scompigliare la parrucchina che Wolfango aveva in capo, truccatura di prammatica per i ricevimenti a corte; lo accarezzò adagio adagio, per non scompigliargli il fracchettino gallonato, d'obbligo per presentarsi all'imperatrice. Il piccolo discese dalle ginocchia dell'imperatrice, fece a ritroso due o tre passi e, afferrata con la destra l'impugnatura dello spadino, si sprofondò in un perfetto inchino (il buon papà aveva pensato a tutto, aveva insegnato tutto). Le dame dì corte aprirono le boccuccie a cuore per esclamare: — Quant'è carino! Quant'è carino! Era nato l'enfant prodige. Il paiià, non contento del viaggio a Monaco e a Vienna, trascinò i due figlioletti fino a Parigi passando per il Wurttemberg, Magonza, Francoforte, Coblenza, Aquisgrana e Bruxelles. Mozart fu un bimbo prodigio davvero. Tanto più prodigio in quanto poi, da grande, rivelò del 4,^1110, e eguale genio! Insomma non si guastò, ten- ne fede alle promesse. Le cara- melle dell'imperatrice e le escla- inazioni delle dame di corte, gli applausi di Vienna e di Parigi, non lo rovinarono. Potevano an- che farlo, anzi lo avrebbero fat- to con qualunque altro, bambino. Wolfanghino si salvò malgrado tutto. Anche malgrado suo pa- dre... Perchè, ciò che è soprattutto interessante non è tanto l'enfant più o meno prodiga, quanto i suoi genitori. Sono interessanti i babbi e le mamme, i babbini e le mammine di bambini così carini e intelligentini, che hanno fatto dei progressini così notevolinj da riscuotere tutti gli applausini dei pubblicini del mondino. lì enfant prodige si scopre. Si scopre ad un tratto. Si rivela subitamente. Non tutti i bambini dicono ingenuamente a sei sette anni, alla classica domanda: « Che vuoi fare quando sarai grande ? », non tutti dicono: — Il tranviere. Non tutti rispondono: ■— Il generale. No, no. Alcuni tacciono. Non dicono niente. E per questo, solo per questo, taluni babbini e mammine già pensano che il loro bambino agiti nella mente un grande sogno. II grande sono c'è. Si tratta ora di applicarlo ad una delle tante discipline dello scibile. Ad uno degli sconfinati campi della genialità. Sono talvolta i disegni scoperti in margine del quaderno. Si sa che i bambini disegnano bene, cioè disegnano ingenuamente, hanno una maniera cattivante (ahimè, quanto poco lontana dalla maniera di certi pittori intenzionalmente ingenui di nostra conoscenza!). Disegnano così, fanno del Novecento, senza accorgersene, senza saperlo. Poverini! Senza volerlo (per questo appunto noi li amiamo). Oggi i bambini disegnano tutti. Da Frobel in poi, i diversi sistemi in uso nei giardini d'infanzia, prescrivono il disegno. « Aprire la mente attraverso le immagi- ni ». Una volta, no. Ai bambini, un tempo, si faceva sillabare stolidamente: •— Be a, ba... ba e be, babe, be i bi, babebi, ecc.. I disegni sui margini del pri- mo quaderno erano quindi alta- bente significativi. I babbini e le mammine li guardavano con alta ammirazione. La domenica, quando il vecchio zio, fratello del nonno, la cugina Carolina e il cavalier Bertolotti venivano a trovarli essi andavano di là a prendere il quaderno e lo mostra- vano: Guardate, guardate! Osservate quella Casina, con la porticina, il comignolino che fuma... Non è meraviglioso ? — Ma certo, è meraviglioso, dicevano ad una voce lo zio, la cugina Carolina e il cavalier Bertolotti. — E questo pastorello, con le pecorelle e il cagnolino? Avete visto il lupo nascosto dietro i cespugli? Non è fantastico? Chi gli ha insegnato a fare queste cose? Nessuno. Da se, tutto da sè. Sarebbe un peccato non coltivare le sue naturali disposizioni. Ne faremo un pittore. Su. da bravo Gigino, vieni qui, fa un inchino allo zio. Il fratello del nonno, la cugina Carolina e il cavalier Bertolotti, avevano le lagrime agli occhi: — Ecco il nostro pittore! E avanti a parlare sulla pittura, sullo mostre, sulle glorie, sui premi. Veniva pure fuori l'episodio di Giotto e Cimabue. Giotto, quel bravo ragazzino che disegnava le pecorine sulle pietre aspettando il passaggio di un pittore celebre. Gigino, serio serio, ben ravviato, ammodino, compunto, ascollava tutti quei discorsi. Era più che naturale che il giorno dopo si desse delle arie, facesse i capricci, vivesse in casa come un despota. Chi gli aveva insegnato a far le pecorine così bene? Nessuno. E allora: nessuno poteva interdirgli di man¬ giarsi tutto il cartoccio di caramelle. Nessuno. Si provassero a strapparglielo di mano. Cosi Gigino era destinato pittore. Due mani di più offerte alla pittura, due braccia sottratte all'agricoltura, al manovalato. I pittori, la maggior parte dei grandi pittori, vengono fuori invece da famiglie che contrastano la loro carriera, secondo il grande detto di Renan: «Bisogna scoraggiare le arti >>. Di quanti scrittori grandissimi i padri volevano fare degli avvocati o alla peggio degli agricoltori, degli ingegneri, dei braccianti, ma non degli scrittori? E il ragazzino primo in componimento nella seconda ginnasiale? (Ne faremo uno scrittore!). E quello così bravo a fare le costruzioni con il meccano ? ( « Il nostro Pierino è un ingegnere nato! »). Tutti noi siamo stati almeno per un'ora, almeno per un giorno, dei bimbi prodigio, il cieco affetto dei nostri genitori ha visto in noi qualche cosa che magari non c'era. Poi crescendo, o la saggezza loro o la nostra, hanno fatto si che si abbandonassero le strade di eccezione, per prendere le più diritte, le più agevoli, più appropriate strade percorse da tutti. Ci sono invece i genitori che si ostinano. Peggio, ve ne sono di quelli che tentano di sfruttare, di impiantare l'affare, sulla bravura del figlioletto o della bambina. Oggi questa specie va scomparendo. Ma fino ad una diecina d'anni fa abbiamo visto tutti quel certo padre con il figlio che suonava il piano a sette anni, girare dai direttori di sale di concerto, dai presidenti di associazioni culturali, nelle anticamere di giornali, da tutti gli enti bisognosi di un concerto, da tutti i comitati sorti per una inondazione o per un terremoto, girare e supplicare, piatire, affinchè nel programma della manifestazione ' benefica figurasse, anche solo trascurabil¬ mente, come intermezzo, la suonatina del figlioletto, cosi bravo e sveglio. Erano organizzatissimi. questi signori compunti e entusiasti, già rassegnati in partenza a non essere mai altro che padri del bimbo prodigio. Giravano con un album sul quale avevano incollato la fotografia del piccino i ritagli di giornali, i programmai in carta patinata, dove figurava in elzevirino bastardo, piccolo piccolo, fra i nomi in grassetto dei tenori, quello del meraviglioso « pianista in erba ». Non si capiva bene perchè lo facessero, pareva sempre che fosse per entusiasmo. Si sapeva poi che ad un dato concerto era venuta fuori una bustarella, magari piccola, magari modesta. Si capiva che quell'entusiasmo era un' industria, sistematicamente impostata e funzionante. La musica è il campo preferito per i bimbi prodigio. Infatti il ragazzetto che dice bene le poe sie le può dire fin verso i dieci, undici anni. Quando la voce gli si ingrossa, la figura gli diventa goffa, quando gli spuntano i peli sulle gambe, non può più decentemente presentarsi ed esibirsi negli intermezzi di una recita a pio dei bimbi encefalitici letargici. La musica, no. Si porta sempre. Va bene a tutte le età Smessi (forse un po' tardi, almeno il più tardi che si può) i capelli lunghi inanellati, fluenti sul colletto'di pizzo alla Rembrandt, deposti l'abito di velluto nero, i calzini bianchi e le scarpettine scollate, si presenta adolescente, con la scriminatura da una parte, ben impomatato, il giubbettino corto nero, i pantaloni grigi e il collettino alla Eton. Sa fare gli inchini, sa sorridere, sa ringraziare. Sa perfino arrossire pudicamente, sotto gli scrosci degli applausi. Fa tutto bene, con diligenza, co», precisione. Si videro bimbi prodigio musicisti, dirigere orchestre di cento professori. Salire sul podio sicuri, afferrare la bacchetta, dare i colpettini di richiamo sul leggio e il segnale di attacco Quindi menare avanti la sinfonia. I pubblici li applaudivano frenetica- niente, senza elargire un batti- ',mano ali orchestra che era anda- ta avanti da sola, tino alla fine, 1senza direttore e aveva salvato tutto. Per i cento professori, niente. La paga, la vile paga. Per il bimbo prodigio, tutto. Gli applausi dello zar, del kaiser e del presidente Poincaié. Il braccialetto d'oro di Nicola, la grossa medaglia di Guglielmo, le frutta candite del primo magistrato della terza repubblica. E poi i baci, le lagrime, le carez- ,ze delle signore. I fremiti di tilt- ita una folla alle note della sin- !fnnia del ni..rii,.imo TpU TuttF■ n^PrttavnTp, e »»™ Tutte queste diavole!le aveva- no origine in un episodietto ap- parenteniente trascurabile: 11 piccino, tornato a casa da un iconcerto in piazza, della banda dei tramvicri, si era messo a scimmiottare e imitare' così gra- ziosamente il ^allrmatìssimó di- rettore ri,* h-fh hinrilIn m-.rn ratore, che il babbino e la mani- mina aveva esclamato: — Guardalo! Non sembra un direttore vero? Questo ragazzo ha una seria disposizione per la musica. Gli ultimi bimbi prodigio furo- 110 quelli del cinematografo. Jac- kie Coo^an Jackie Tooner Shir Vlt , 1 . Lo°?er' TfanlI> ley lempie t quaicne altro. 1 pri- mi due sono cresciuti, la terzacresce. Poveri bambini! Hanno fatto e fanno tanta pena. Strap- pati alla dolce intimità della ca- sa, ai loro giochi, ai loro sogni, alle loro ingenue preghiere del mattino e della sera 'Portati in un ambiente spaventoso canni hói = h" sPavtn,tnS0' canni- paiesco ai invidie, teroce di in- teressi. corrotto, amorale. Spinti dai genitori, che li hanno assi- stiti mentre li truccavano e li ab- bigliavàno da bimbi ricchi o da monelli da strada spinti sotto la cruda luce dei fari, ad effettuar nrove e nrove tante 01.info ha prove t prove, tante quanto ha- stano per ottener la naturalezza del pianto, del riso e del sorriso Spinti dai genitori ad un me- stiere che massacra anche gli a- riniti, ad un'esistenza che abbre- via la vita. Mentre il piccolo attore digio sta girando, il babbino mammina passano alla cass„ a ritirare le pingui settimane, dal produttore. Tramonto del bimbo prodigio'' Sicuro. Jackie Coogan, diven- tato un giovanotto, ha fatto cau- sa ai -enitori Si è accorto eh* miando era piccola? U babbino e quanao era piccolo. 11 pannino 1 la mammina lo derubavano. Nizza e Morbelli