Tendenze attuali dell'arte piemontese

Tendenze attuali dell'arte piemontese Ima Mostra del Valentino Tendenze attuali dell'arte piemontese Da anni non si vedeva nel pa-lazzctto del Valentino un'esposi-zione cosi accogliente e cordiale com'è questa che stamani s'inaugura, tredicesima del Sindacato Belle Arti e novantanovesima della Promotrice. Merito di RodcJfo Castellana e di Alessandro Orsi che animosamente guidano i due Enti e degli organizzatori che ogni primavera si prodigano nell'allestimento d'una mostra ch'è la periodica festa degli artisti piemontesi? Senza dubbio. Ma giova notare che. in maggioranza, all'amichevole invito dei dirigenti gli espositori risposero questa volta con un impegno che la fiduciosa severità dell'ora non ha per nulla turbato, se qui si allineano coi migliori frutti della loro intelligenza. Giova applaudire quei combattenti lontani che, da Piero Monti ad Amedeo Boschetti, pur sull'insanguinato fronte greco ricordarono, facendo inviar qualche saggio, il raduno artistico torinese, e s'unirono cosi al commosso omaggio qui reso alla memoria di due gloriosi Caduti: lo scultore Canavotto, solido ritrattista di Mario Gioda e di Padre Giuliani, ed il pittore Bora, le cui opere affettuosamente ricercate nel Biellese da Giuseppe Bozzalla ci appaiono oggi una promessa crudelmente troncata dal destino. Giova riconoscere infine il significato del ritorno, in mezzo ai giovani del Guf quali il Massaglia o il Cerrato o il Cottini, di maestri insigni come Edoardo Rubino, che col suo bellissimo Ritratto di giovane donna ha voluto ribadire un concetto più che mai imperiosamente vivo nell'arte italiana: che al di sopra della polemica delle tendenze conta soprattutto la calda virile fede in valori espressivi inconfondibilmente nostri, valori che riescono au tentici solo quando una profonda commozione umana li sostanzia di limpida poesia e un rigoroso stile conquistato con duro lavoro li traduce in un linguaggio aperto ed armonioso. Questa serena immagine di beltà sulla quale il Rubino ha diffuso il segreto riso della felicità creativa, questo ben timbrato volto femminile che dall' aureola della ondata chioma irraggia nello spazio una luce di letizia, sembra accentrare i richiami varii e concordi cui l'intera mostra, tolta la consueta zavorra che ingombra alcune sale, tolti i malinconici relitti di un tradizionalismo che non è tradizione, tolto l'abusato anfanare di pochi untorelli che s'illudono di inventar per conto loro la pittura e la scultura, garbatamente si intona. Rispondono con accenti stilistici diversi ma con uguale alta sincerità Michele Guerrisi e Quinto Martini: il primo ■— vedi il Nudo di giovinetta- purissimo e gentile, e i tre risentiti ritratti — sempre più intento a spogliarsi di ogni retorica per raggiungere una intima unione tra forma classica e sensibilità attuale, il secondo che riesce a bloccare un impressionismo di origine pittorica (Renoir) nella corposa solidità della sua Bagnante. Nè minore impegno di concisione plastica dimostrano il Mastrojanni con l'eloquente Ritratto dello scultore Sforza e il Moscatelli, nel quale tuttavia lo sforzo della caratterizzazione prevale. Non a caso s'è preso spunto dalla scultura per un cenno riassuntivo. Ancor? una volta i doveri che la rappresentazione ha verso la forma umana valsero, in un periodo di acute ricerche artistiche, a frenare l'abuso dei soggettivismi; e d'una cautela che non è pavidità ma coscienza di limiti non impunemente valicabili si vedono anche qui i risultati. Altri nomi si potrebbero citare, dal Gammelli ad Alloati junior, dal Borelli al Musso, dal Saglietti al Giansone, dal Comazzi a Claudia Formica e all'Audagna, come indici d'una funzione moderatrice che la scultura anche giovane svolse in anni di vasta elaborazione del gusto; ma da simili non inutili polemiche restano naturalmente esclusi — perchè fermi da tempo sulle loro posizioni —■ altri statuari qui presenti come G. B. Alloati o il Biscarra o il Giorgis o il Riva. L'accenno ad una moderazione di tendenze sarà preso da qualche elemento di punta per un omaggio a una pretesa rivincita del gusto borghese? Si muoverà anche a questa mostra torinese ?a frusta accusa di velleità reazionarie? Ebbene, si guardi come il « fiamminghismo » di Terzolo si sia francamente evoluto in un fare largo e sciolto, in un linguaggio che non è più d'approssimata cultura ma d'istinto; si guardi come la fantasia cromatica di Domenico Valinotti vada arricchendosi di note ampie, respiranti, uscito ormai com'è questo nostro robusto pittore, vittoriosamente, dal gelo di certi schemi nei guali la sua impetuosità si mortificava languente; si guardi l'agio con cui il De Macchi sa definire oggi un paesaggio non più « pensato » ma davvero « visto », e con quanta delicatezza il Sicbaldi rende fragranti le sue fresche vedute, e con quale spirito il Politi va disegnando; si guardi ancora la limpidezza pittorica dei giovani Ughetti e Ferraris; si noti la rinunzia a un primitivo mondo metafisico che Italo Cremona va compiendo per orientarsi con sempre maggiore convinzione verso espressioni non dico di «contenuto» ma indubbia niente più vicine ad una vita che chiamerei «sentimentale»; e forse per questo il suo colore è oggi caldo e mosso, sta picr.dendo un palpito umano che prima era e scluso dalla sua pittura. Tutto ciò deve pur avere una ragione; e forse si tratta di una liberazione da preconcetti ch'erano a loro modo una retorica: la retorica d'un preteso modernismo. Il fatto è che anche in arte le distanze oggi si raccorciano. Resta il divario delle capacità, ma i contrasti pur ieri tanto aspri si fondono in unità di gusto, d'un gusto che è sinceramente e non intenzionalmente moderno. Di sala in sala non si compie quasi alcun sforzo a passare dalle nature morte tonalmente squisite di Bertinaria, dalla estrosità cromatica di Spazzapan, da quanto di francese resta nei belli studi di Da Milano, agli intensi paesaggi di Becchis (pittore in continuo progresso), alle vigorose inquadrature di Levrero e di Caffassi, alle eleganti modulazioni di Emprin, di Bezzo, di Cravanzcla, di Chicco, di Martina, di Sartorio. E se il San Martino di Righetti è d'ispirazione culturalietica tanto che immediatamente richiama il celebre gruppo roma nico della cattedrale di Lucca e se nelle altre sue pitture egli confessa il suo amore per Van Gogh, poco più in là una pittrice vissuta in un ambiente di cultura quale Dafne Casorati pare invece avviarsi ad un tranquillo naturalismo: nè la osa stupisce, perchè la diversità delle predilezioni è superata dalla omogeneità di un clima spirituale. Profonda e proficua è indubbiamente l'elaborazione estetica attuale. Si osservino certi studietti del Montezemolo testé scomparso, raccolti su una parete a cura del Becchis nella stessa sala dove un'altra paretina ricorda il Vayra, pur egli morto di recente. E' innegabile che l'ora nuova era presentita anche da un pittore che nei suoi quadri non pareva di solito voler rinfrescare la tradizione del vecchio paesismo piemontese. Così un pittore vegeto e attivo come Camillo Rho avanzando negli anni ringiovanisce il suo romanticismo con inflessioni sempre più libere, con allusioni che avvicinano la sua georgica pittorica alle più vaste sintesi tosiane. Egli è perfettamente a posto nella sala dove Menzio presenta fra l'altro una delle sue più belle nature morte, trattata con la squisitezza pittorica di cui ormai è padrone, dove Paulucci dà nuova prova d'estro nella veduta di Pintore Navona, e il Benzi ricerca chiarezze vaporose. Se il discorso ambisce a definir correnti, forzatamente la cronaca tace. Nè ora si vogliono, fra il primo e la seconda, "stabilire gerarchie. Precedenza di ne mi non è precedenza di valori: Maggi, fra le allieve Ferraris e Bianchi, vuo-j le, per le marine già viste in una ! sua mostra recente, il salii'o che pienamente gli compete. Cosi Bo-, sia, così Sobrile, cosi Falchetti | pel suo saggio divisionista di non|so quanti anni fa. C'è qui un gtup petto di artisti ben noti al pubblico e che giustamente il pubblico ama : Lupo e Conterno, Bozzalla e Zolla, Boetto e Vellan, l'Alciati e Ajmone (e le sue vedute di Rodi interessano anche quali simpatici documenti); e si presentano anche essi in buona forma, fedeli a quei motivi e a quell'eloquio che a prima occhiata li fanno riconoscere. C'è Manzone con due Nevi eccellenti che segnine una sua robusta ripresa; e Micheletti e Romolo Bernardi e il Bof fa-Tari atta hanno ritratti confermanti indubbie facoltà rappresentative. Nè va taciuto Mario Reviglione, inconfondibilmente signore nella stesura delle sue pagine lievemente letterarie. Una chiara, preziosa pausa fra quadri e statue: ed è la saletta del bianco e nero curata con la solita eleganza da Boglione che v'ha collocato un Nudo a puntasecca, ammirevole. E intorno a lui Cuniolo coi suoi bellissimi disegni, Lea Leone, la Ferraris, il giovane Garelli, Boetto, Giusiana, Vagliasindi, Corsetti. Carutti, Vellan ed altri. Dei « vetri » di Gariazzo. gustosamente decorativi e tutt'altro che inadatti alla ritrattistica, già si parlò per la sua mostra di quest'inverno. Col catalogo alla mano il visitatore noterà quanto hanno esposto Gigi Morbelli e i due Gamero, Sinìonazzi, Boccalatte, Nicoletti e Rita Nicoletti Chiesa, Mennyey, Lalla Romano, Lomi, Zambelletti, la Bellotti, Cavasanti (un abile Ritratto), Corsetti e nella lunga galleria — novità di questa mostra ■— la Boswell, la Ferrettini, Velia Rinaldi, Guarnieri, Ferrerò, e nella sezione dell'acquarello i saggi di Ceragioli, Tavallini, Bo-]rotti, Mimi Schieroni, Noelli, Furletti ed altri. Ma non allungheremo un inutile elenco di nomi, ch'è il solito tributo giornalistico da pagare ahimè, alle mostre collettive. Si visiti invece la mostra. Non sarà tempo sprecato. mar. ber. itIi

Luoghi citati: Lucca, Rodi