La Croazia inizia il suo cammino di Alfio Russo

La Croazia inizia il suo cammino La Croazia inizia il suo cammino ( ( , jSpirito e pensiero dominanti dei capi e del popolo: unita e punta nazio-" ~ r r r r naie, sviluppo sociale e razziale rivoluzionario - A colloquio con Ante Pa-velie nel palazzo di Zagabria dove si forgiano i J„T Ci._i_destini del nUOVO MatO | (dal nostro inviato) Zagabria, lu maggio. Questa Croazia che è nata dalla catastrofe della Jugoslavia ha una faccia bonaria con un pizzico di marzialità. Zagabria divetata capitale non ha perduto il sapore e l'odore di città ottocentesca, un po' grassa c gaia, il suo tono distaccato e scanzonato; la piazza più grande è sempre un mercato pieno di buone cose, arance mele verdure e giocattoli e vestiti d'uomo e di donna, e in mezzo c'è sempre, sul cavallo di bronzo, il generale Jellaric. C'è in più la novità degli ufficiali tedeschi che passeggiano ammirati ed applauditi. Zagabria non ha messo superbia, è affabile e cordiale come era prima. La gente affolla le strade, ma rincasa presto perchè la sera c'è un bel buio che è poi il solo se- K^^sil finimondo, a Zagabria la gente prendeva in giro le raccomandazioni di non affacciarsi alle finestre, la stampa non sapeva nientejdella guerra, nessun discorso cju- Igoslavo-, nessuna a.lusione allaiJugoslavia trovava posto nei gior- hllali, 1 quali invece raccomanda-jvano la calma, la concordia e la di- usciphna che tutt'insicme avrebbe-ro salvato il popolo croato. I nazionalisti, gli « ustasce », diventavano, dopo venti anni di fatica e di prigione, 1 capi del Paese. vsAlla Corte del Bano Davvero, la Croazia s'è staccata | n11 vento l'agiti lievemente; 1 solda-1 «ti hanno gettato le armi i ponti1 me le strade sono intatti; i treni Pcamminano, le campagne hanno c. . , - *■ t* , .. i nappena visto il passaggio delle co dalla Jugoslavia come una pcraimmatura che cade dal ramo appena ?i solda-1 flonne tedesche e la fuga del reggimenti jugoslavi. Da Zagàbria a Zemunche ora si chiama Semlino, tutto è chiaro e sereno, qualche centinaio di metri più in là, Belgrado mostra il suo tragico volto che spunta da un grande mozzicone del ponte sulla Sava, un lavoro di qualche anno fatto dai tedeschi come riparazione dei danni dell'altra guerra, un lavoro che era una meraviglia. Dovevano metterci certi cavalli di bronzo del Mestrovic, una ventina di milioni che obrsarebbero andati insieme alle altre I „M^.,a,! ^3C^ ^12J?UnSLo,J Ti £>«» iit&P"Le'! guarda Belgrado la folle: città che vi .Vi Itoi %rì io o-Tiot^ i S 2LE? - i ?r?Tf. !è finita e i tedeschi attorno a Belgrado stanno facendo pulizia, rimettono ordine, ravvivano una città che era diventata uno spaventoso cimitero. Il nuovo Governo croato è nel Banski Dvorovi, che vuole dire la Corte del Bano, un palazzo ottocentesco placido e modesto pàveiicjdove'irpoelavnlltrohe" tradurre < Capo ». Ante Pavelic I pensa e detta le leggi. Lo Stato 'è ancora in fasce, cosi tenero che I appena vagisce, e Pavelic con la siia faccia di gladiatore e Kva-|ternik, soldato e gentiluomo. e:tutti gli altri sono chini e intenti: alla culla perchè la creatura ere- j sca sana e robusta. Gli ustasce. j in italiano potremmo dire i rivoluzionari, fanno la guardia all'en-' trata del palazzo, un bel gruppo di uomini che durante il vecchio regime hanno rischiato la vita e hanno riempito le galere jugoslave. Gli ustasce sono una milizia | buona per la guerra e per la Et ce, sono la forza politica del _ verno, la leva del popolo croato che è chiamato dopo mill'anni a dar vita ad uno Stato libero e sovrano. Non so quanti sieno, ma è certo che sono la spina dorsale del regime, lo spirito che alimenterà il motore del nuovo Stato. Pli Mk Pavelic e Macek Antonio Pavelic, del quale voi conoscete la vita e la ventura, èil Poglavnik, il Capo, il creatore del nuovissimo Stato; Mile Bu un dak. un fine scrittore e un "uomo politico d'alta tempra, è il Dogla-vnik, il vice Capo; Slavko Kva- ternik comanda le forze armate che egli ricava e organizza dairesti dell'esercito jugoslavo, suofiglio Eugenio è il capo della po-ìizia. un giovane che ha meritato 1 suoi galloni. Puk, Artukovic, Suscis. Zanic, tutti gli altri, unaminoranza elettissima, chi è sta- to in prigione, chi emigrato, chi condannato a morte e ha scam-palo il capestro per una fortunamiracolosa. Il Tribunale SpecialeV- — ^ --^rlavoro. Ha scioltoinvitato 1 suoi seguaci a rispetta-re il nuovo Stato e non ha chie-sto nulla per sè. Il destino aiquest'uomo è curioso. Da ventia Belgrado ha decretato negli ultimi sei anni quarantottomila condanne contro croati, macedoni, montenegrini, albanesi. Ai croati è toccata la maggior parte. Il Governo che è sorto da un paio di settimane ha cominciatosveltamente il lavoro. „ i partiti, che pei erano due. gli al-tri non contavano, e tutt'e dueaffiliati a Macek, che ora è a Kupiriaz, un villaggio qua vicinoQualche dirigente ha protestato con poca convinzione. Macek hadestino di Da ventianni combatte per la liberazionedel popolo croato, ha cambiatospesso d'umore, ha sciupato il suo-prestigio mitigando e ammorbidendo lo spirito rivoluzionario delle masse contadine, arrivando infine all'accordo di Belgrado, che concedeva l'autonomia alla Croazia nel quadro dello Stato jugoslavo. La verità è che Macek non è stato mai un rivoluzionariotutt'al più è stato un secessionista. L'accordo del '39 gli parve unavittoria smisurata, un punto d'ar-Macek divenne borgheserivo perdette la più gran parte dei gio vani del suo Partito che passarono a Pavelic, il rivoluzionario, l'assertore di una Croazia assolutamente libera e indipendente. Macek è un democratico, ha frascheggiato tra l'autonomia, il federalismo, l'indipendenza, s' è contraddetto fino all'ultimo minuto quando ha accettato di entrare nel Governo di Belgrado un Governo dpazzi criminali, per salvare la ca pra croata e ì cavoli jugoslavi. Pa-t nvelie invece ha marciato dritto, ha \ i respinto il compromesso, ha de- { e nunziato gli errori di Macek, gli laerrori di Belgrado; è un rivoluzio- st: fiIl Governo dunque ha comincia- cLto il lavoro. Alla creatura che è C.dstoria dei popoli, dice soimincia veramente da pnario che ha vinto. clebnata dal terremoto jugoslavo vuo- cule dare un volto e un'anima nuo- f°vissirfrì." La Favelle, comincia veramente >. questa guerra, non vogliamo avere niente dal passato, vogliamo ri- soroclDcestncostruire ed" accrescere la cultura del popolo croato, dare a questo popolo una fisionomia chiara e lucida. Intanto egli ha cominciato a scrivere una legislazione sociale che ha le radici nella nostra, fascista; i contadini, gli operai, tutti „i lavoratori sono il nerbo, la vita la ricchezza dello Stato. Ha con cesso cento milioni sra^l^ma; accrescerà le scuole programma d'insegnamento origi- naie e, ricordando che la Croazia *A che ha parcntele con lje cattolica Ij] grande ceppo latino malgrado il iSangue siavo. vuole rimettere sulhe rotaie latine la cultura del pojpoi0 croato che i serbi hanno av u-iuta. Pavelic ricorda che l'Amiti1 ta del Tasso prima che in italiano fu stampata in croato, tradotta dal manoscritto di Dominico Slataric. Un punto del programma di Pavelic che appare essenziale è questo: i croati devono vivere soli | ne.lla. propria terra Ora si sa che. cmPBdmlabtPtsmrbono cin- se al- c1 «■*»•"}" iuu»uiuniu, ou per ì g1 mussulmani il problema e risolto m P<>>che essi vivono d accordo con ì cr°a51' che cosa avverrà dei serbi | s i nr* i Ari ne ci ' i.i m d ti e i nt'n Yìi f\ 1 Ti vor- i nimisti ai croati cattolici ?ucf ° seicentomila ortodossi 1 frettanti mussulmani. Se per ì ortodossi? Li manderemo in Ser-|zbia, li scambieremo con i croati che primarranno fuori dai confini; noi. pdicono, vogliamo stare con noi ' cstessi. E cosi pare che avverrà idquando il nuovo Stato croato avrà' cle sue lince di confine. Bìc I a IprirtP ra77Ìalp nrnr-lamato.' i_d icyye i cuccile fjl uwdiiidld,La figura territoriale della Croazia non è ancora esatta, ma la sua figura politica e morale spunta chiara e netta, il che è più importante di un pezzo di terra in piU 0 in meno. La tragedia della non e forte perche e largo e vasto, La Croazia capisce che l'unità ei l'armonia sono le fondamenta del-!la crescita e della durata. Le fron-tiere del nuovo Stato saranno trac- ciate, come si sa, per un accordo che interverrà fra l'Italia e la Ger-mania da una parte e la Croazia isantamila ebrei che sonò diventati:dall'altra; e si sa già che l'accordo sarà chiaro e preciso. Un problema che il Governo croato dovrà risolvere è quello ha P'ù.1» ses santamila ebrei che sono diventat per una sene di ragioni i padroni d,eH economia croata. Si può dire che meno la terra, tutta la ricchezza della Croazia e nelle mani deSl' ebrei. Il nuovo Governo ha Ria vietato agli ebrei di conchiudere affari per più di centomila di-' , , ,, ari, trentamila lire, ha annullato h contratti degli ultimi due mesi g ora studia una legge che rimetta ila ricchezza allo Stato, che la di-|Ztribuisea con giustizia e con pro-iatto. La legge razziale è stata prò-! DLai11at_a._Icll1_?c!'a_pcr )a quale ?UidV i sorta con ono insomma messi al bando con sparecchia rigidità. vlamata ie"iì sera brei non possono avere contatti tu sorta con gli ariani, non pos- t°J]° SlSSSL ^?Ì»t°C*i' uJvHE."-£!: |P Wuc.s" Pr?1w?4mJ lfleall\ morali, fiociali, Favelle li ha messi in enia- : no m una lunga conversazione 'llic abbiamo avuto nel Banvki ; pDvorovi Egli ha cominciato di- ienrio che noi italiani dovremmo tare a Zagabria come in casa ostra e che fra Italia e Croazia un legame diplomatico. °" d^S^S 7ànV™i '♦«^Vi,™ *ann° f*"<Lnel ScmV° pct are la lazza e 11 "aesc' S confini disegnato ha ricordato le mescolanze che turchi e austriaci r sfigupaese. Secondo Pavelic anche i musulmani della Bosnia sono croati come i serbi della Croazia che sono ortodossi ma croati d'origine. Etnicamente a Croazia non ha problemi; j serbi della Lika sono appunto croai di religione ortodossa che la Patriarchia di Belgrado ha voluto chiamare serbi. Che se poi rispuntassero minoranze autenticamente serbe, allora esse sarebbero scambiate con i croati che probabilmente resteranno fuori dai I croati di Novi Bazar saranno richiamati nella patria che non potrà arrivare fino laggiù per differenze geografiche moit0 nette, La Bosnia è per Pavelic una specie di santuario dell'idea na n* a « n 1 n nunn t n . T">... A |zìonale croata: Bagnja Luka è laipatria de! movimento ustascio e poiché lo Stato croato nasce e cresce sulle radici dei principii idei movimento ustascio, allora si capisce l'amore di Pavelic per iBagnja Luka che ha la religiosità che manca a Zagabria. ^ Pavelic ha detto appunto che bigo!,na dare al paese un'anlma rivoluzionaria, una religione rivo- luzionaria, stringere tutti i croati in un solo fascio. Chi conosca la Croazia, chi abbia seguito le ero-nache degli ultimi anni, sa che il compito è bello e ardito. Pavelic ha spiegato le cose con seguendo un Slo logico che neanche i suoi avver- Sari potrebbero criticare: egli è animato dalla volontà di creare uno Stato che sia vitale e prenda forma e spirito dai principi tota- litari. che abbia una personalità più che moderna, uno spirito at- tivo che non si perda nella ricer-ca di sistemi antiquati o nel bi-zantinismo di una discussione. Pavelic parla un italiano assainetto, con una lieve marcatura toscana, non dice una parola più *JL»!S? necessarie^ jpiepare^U concetto, risponde fermo alle domande. Poche carte sul tavolo, molte idee nella testa con le parole aDpropriate all'espressione. In realtà, egli è l'uomo più vivo e più moderno della Croazia. Alfio Russo