I Quartieri poveri

I Quartieri poveri I Quartieri poveri Csidorgdnpccstlq(Sapevano, ma così, nebulosa-]cmente, con l'incertezza d'una leg-,tgenda, che Cristina era stata rie- ca. molto ricca. E poi la vede- ~ vano: non si muoveva, no, come una di loro, ma con la fierezza ^ l'eleganza d'una principessa. Uno sciallctto colorato, di pochi soldi, buttato sulle spalle le donava già un'aria di finezza distinta. Se lo fossi' messo una di loro: aveva un bel rifarle dietro i movimenti; ci voleva proprio quella sua figura, quel suo portamento. Un corpo slanciato, du« geni (senza reggipetto), una vita, un ventre e certe gambe, che se non si fosse saputo, proprio saputo con certezza, che Cristina aveva quaraut'anni (e poi il viso, sì : nel volto si vedevano tracce di sofferenze e di anni vissuti), la si sarebbe presa per una giovane di venti. «Cristina, venite a vedere il mio piccolo, ha la febbre». «Crislina, avrei bisogno d'un uovo, d'un limone, ce l'avete? •. «Cristina, che pena al cuore, come scambierei volentieri con voi qualche parola ». E Cristina andava, dava, consolava, sempre. Era da un anno in quel quarto piano «otto il tetto: camera <• cucina, e un poggiolino. La conoscevano tutti; la chiamavano addirittura dalla strada, quando la vedevano innaffiare i suoi gerani. Coi suoi fiori, con la sua presenza, con l'aria della sua vita aveva dato a quel quartiere, prima grigio e malinconico, un tono di gaiezza. E il sole, ora, penetrando ad angoli e a strisce nel vicoletto, trovava motivo di splendere e di far belli anche quei poveri vecchi muri. Oli stessi vicini avevano intonalo meglio le loro abitudini a quel dono did cielo e sapevano ch'era merito di Cristina; sentivano che se Cristina fosse scomparsa di là. così all'improvviso, come un giorno vi era capitata, sarebbe ricalata l'uggia sul triste quartiere. Eppure c'era tutto un mondo in cui Cristina viveva, e che non era il loro. E come nel mistero del suo passato non avevano mai potuto penetrare, così di quel mondo non erano riusciti nò tentavano ormai più d'oltrepassare nenie no la soglia. Cristina aveva un'arte speciale di spuntare la loro curiosità. Espansiva, cordiali . sincera, 6tava in mezzo a loro eoo semplicità, e con generosità donava tutto quello che aveva; ma di se, della sua vita intima lasciava arrivare agli ali ri soltanto l'irradiazione; le fonti, le celava gelosamente. Anche per questo, oltre che per il suo portamento, la sentivano appartenere a un'altra sfera della loro. Un uomo viveva con Cristina. Quanto lei era fusa con l'ambiente, altrettanto colui se ne considerava estraneo. Qualche parola la scambiava, una mano la metteva sorridendo sulle teste dei bimbi, si mostrava gentile con tutti, ma non attaccava. Se era in casa lui, da Cristina non entrava uessuno. Forse era stata lei stessa, con la sua arte persuasiva, a tenergli lontani gli altri ; ma avevan capito subito che quell'uomo non era avvicinabile. Ave va un certo modo di guardare che metteva in imbarazzo, le sue parole venivan sempre da lontano e volavano via appena pronunciale :■ come certi stormi d'uccelli esotici che si vedon [lassare in allo e lasciano negli occhi una traccia ili meraviglia e nell'animo il dubbio persino della loro esistenza reale. Lo stupore era che Cristina c; quell'uomo vivevano in un'armonia piena e chiara. Abituata per esperienza alle relazioni disarmoniche fra maschio e femmina, ai litigi, al corso irregolare dell'amore, la gente del quartiere non sapeva come spiegarsi la vita di quei due e ne restava abbagliata. Aveva finito con l'accettare quel mistero in mezzo al proprio mondo e, tranne una certa sospensione con cui attendeva che un .. . i -., . : o o I altro quel mistero sivali messo svelasse da se. aveva rinunciatoalla curiosità di sapere. Cernii degli uomini che aveli occhi addosso aCristina colf istintiva avidità, ma le lor donne potè ano suo poggiolino, mezza nuda nò vestiva mai troppo quel suo corpo di statua, ila poi ella s'era fatta perdonare anche codesta sua licenza. Messe al freno le ragazze ehe avrebbero voluto stupida niente imitarla, a lei permettevano di mostrarsi come volevaperchè avevan finito col capire che in fondo in lei c'era sempre qualche cosa di casto e di plice, senza malizia. Ch mini se ne innamorassero era na turale; ma Cristina era tutta soltanto innamorata de questo troncava in su ogni sentimento malsano. I,a vita del quartiere scorreva liscia. La mattina uno spalancarsi di finestre; gli uomini, pelo più operai, al lavoro, i ragazza scuola, le donne iti faccendeCristina eia tra le prime a spalancare le sue. Come facesse poa lavorare (e come lavorava !), cucinare e a mantenersi semprfresca e pulita, era un'altra dellsue /Htroi/n/irr, ehe in un primtempo le avevano invidiato m.senile gli uosuo: e nascere Cristina e il suo uomo, col saccoI sulle spalle ; ritornavano, carichi ili fiori e eli rami fioriti, la sera della domenica. Si capiva che ogni volta prendevano il treno e ritornavano dalla montagna. I giovani clic andavano in giro |„ domenica con le loro biciclette, non li avevano mai incontrati per i paesi vicini. Fu un lunedi mattina che gli uomini dalla strada s'accorsero che le finestre ili Cristina ciao rimaste chiuse e ne avvisarono le donne. 11 quartiere fu turbalo e come oppresso da un triste presentimento. E tutto il giorno attesero Cristina e non fecero che parlarne. Uià qualcuno immaginava una disgrazia e avrebbe vo-j luto chieder informazioni alla questura. La sera calò tristissima; la gente tardava a rientrare nelle proprie abitazioni. .Si sen-( (irono come abbandonati da gioiosa presenza che aveva reso loro la vita più facile. Il mistero di quei due esseri tornò ad affacciarsi alle nienti; le supposizioni intrecciarono e confusero gli si animi. Gioiti propendevano a dar la colpa a lui: l'orse l'aveva anche uccisa; quell'uòmo, che soltanto nel riflesso di Cristina era stato accettato e rispettato, ora. mancando lei, diventava oggetto di rancore e d'ostilità. 11 sonno' venne più lento quella sera per! tutti, tranne che per i bambini., stanchi d'aver chiassato fino a tardi nel vicolo (li avevano dimenticati e lasciati fare). La mattina dopo, i primi che aprirono le fmestr IIIIMIIIIIIIIMIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII IIÌ7 che poi avevano ammesso far parte della sua natura armoniosa, TI sabato li vedevano parlile, ~ o a o o e a a o a e r . a i n a i ; e miai Iaguardarono in su eoi, apprensione. «Ci sono. ,.; 0n.,„„ 1 , .,„) ruimi 1 .i Mino». Li notizia passo liilm - nea: Cristina era ritornata. Il suono dei suoi zoccoletti per le fu come il se-lpala età un pericolo. Hi lei era splendente nella nuova abbron 1 ,„„ _•-_„; :„fu,.; j>„-;„ zacura due giorni muli u ana lscale e per la via tu come il se gnale d'una festa. Si coi>gratu-jlavano con lei, quasi tosse scam- pala da un pericolo. E lei era|. Avviene qua Ielle volta elle Mli|quartieri poveri passi un'aria di primavera, cali un roseo nembo di petali si rifletta la luce d'un • , f . , eieio aperto e fantasioso: allora.Ula grama e malinconica esistenza che vi si conduce, trova uri sol-lievo si libera in un bel s„cr„o ■trevo, lucia ni ubi soglio, come se tosse toccata nana gra- zia. Nasce un mito, a cui tutti e di sole di montagna ! Sembravi! avesse portato giù la luce e il prò fumo dei prati alpini e li ver sasse sui volti emaciati e livid che le stavano intorno in annui razione. Ile volta eh gli occhi si volgono e si scaldano i cuori; la piccola e miserabile rete della vita quotidiana allarga le sue maglie, le anime intorpidite le sfuggono, si risentono nella nuova atmosfera, si nutrono d'altro, che non è il pane sudato, l'invidia, l'odio, il rancore tra umiliati. Cristina era la grazia, il mito del suo quartiere. Le chiedevano solo di respirare, di vivere tra di loro; e. sentendo ch'ella era come un dono inafferrabile, ma presente e benefico, temevano segretamente di perderlo. Giani Stuparich I Quartieri poveri I Quartieri poveri Csidorgdnpccstlq(Sapevano, ma così, nebulosa-]cmente, con l'incertezza d'una leg-,tgenda, che Cristina era stata rie- ca. molto ricca. E poi la vede- ~ vano: non si muoveva, no, come una di loro, ma con la fierezza ^ l'eleganza d'una principessa. Uno sciallctto colorato, di pochi soldi, buttato sulle spalle le donava già un'aria di finezza distinta. Se lo fossi' messo una di loro: aveva un bel rifarle dietro i movimenti; ci voleva proprio quella sua figura, quel suo portamento. Un corpo slanciato, du« geni (senza reggipetto), una vita, un ventre e certe gambe, che se non si fosse saputo, proprio saputo con certezza, che Cristina aveva quaraut'anni (e poi il viso, sì : nel volto si vedevano tracce di sofferenze e di anni vissuti), la si sarebbe presa per una giovane di venti. «Cristina, venite a vedere il mio piccolo, ha la febbre». «Crislina, avrei bisogno d'un uovo, d'un limone, ce l'avete? •. «Cristina, che pena al cuore, come scambierei volentieri con voi qualche parola ». E Cristina andava, dava, consolava, sempre. Era da un anno in quel quarto piano «otto il tetto: camera <• cucina, e un poggiolino. La conoscevano tutti; la chiamavano addirittura dalla strada, quando la vedevano innaffiare i suoi gerani. Coi suoi fiori, con la sua presenza, con l'aria della sua vita aveva dato a quel quartiere, prima grigio e malinconico, un tono di gaiezza. E il sole, ora, penetrando ad angoli e a strisce nel vicoletto, trovava motivo di splendere e di far belli anche quei poveri vecchi muri. Oli stessi vicini avevano intonalo meglio le loro abitudini a quel dono did cielo e sapevano ch'era merito di Cristina; sentivano che se Cristina fosse scomparsa di là. così all'improvviso, come un giorno vi era capitata, sarebbe ricalata l'uggia sul triste quartiere. Eppure c'era tutto un mondo in cui Cristina viveva, e che non era il loro. E come nel mistero del suo passato non avevano mai potuto penetrare, così di quel mondo non erano riusciti nò tentavano ormai più d'oltrepassare nenie no la soglia. Cristina aveva un'arte speciale di spuntare la loro curiosità. Espansiva, cordiali . sincera, 6tava in mezzo a loro eoo semplicità, e con generosità donava tutto quello che aveva; ma di se, della sua vita intima lasciava arrivare agli ali ri soltanto l'irradiazione; le fonti, le celava gelosamente. Anche per questo, oltre che per il suo portamento, la sentivano appartenere a un'altra sfera della loro. Un uomo viveva con Cristina. Quanto lei era fusa con l'ambiente, altrettanto colui se ne considerava estraneo. Qualche parola la scambiava, una mano la metteva sorridendo sulle teste dei bimbi, si mostrava gentile con tutti, ma non attaccava. Se era in casa lui, da Cristina non entrava uessuno. Forse era stata lei stessa, con la sua arte persuasiva, a tenergli lontani gli altri ; ma avevan capito subito che quell'uomo non era avvicinabile. Ave va un certo modo di guardare che metteva in imbarazzo, le sue parole venivan sempre da lontano e volavano via appena pronunciale :■ come certi stormi d'uccelli esotici che si vedon [lassare in allo e lasciano negli occhi una traccia ili meraviglia e nell'animo il dubbio persino della loro esistenza reale. Lo stupore era che Cristina c; quell'uomo vivevano in un'armonia piena e chiara. Abituata per esperienza alle relazioni disarmoniche fra maschio e femmina, ai litigi, al corso irregolare dell'amore, la gente del quartiere non sapeva come spiegarsi la vita di quei due e ne restava abbagliata. Aveva finito con l'accettare quel mistero in mezzo al proprio mondo e, tranne una certa sospensione con cui attendeva che un .. . i -., . : o o I altro quel mistero sivali messo svelasse da se. aveva rinunciatoalla curiosità di sapere. Cernii degli uomini che aveli occhi addosso aCristina colf istintiva avidità, ma le lor donne potè ano suo poggiolino, mezza nuda nò vestiva mai troppo quel suo corpo di statua, ila poi ella s'era fatta perdonare anche codesta sua licenza. Messe al freno le ragazze ehe avrebbero voluto stupida niente imitarla, a lei permettevano di mostrarsi come volevaperchè avevan finito col capire che in fondo in lei c'era sempre qualche cosa di casto e di plice, senza malizia. Ch mini se ne innamorassero era na turale; ma Cristina era tutta soltanto innamorata de questo troncava in su ogni sentimento malsano. I,a vita del quartiere scorreva liscia. La mattina uno spalancarsi di finestre; gli uomini, pelo più operai, al lavoro, i ragazza scuola, le donne iti faccendeCristina eia tra le prime a spalancare le sue. Come facesse poa lavorare (e come lavorava !), cucinare e a mantenersi semprfresca e pulita, era un'altra dellsue /Htroi/n/irr, ehe in un primtempo le avevano invidiato m.senile gli uosuo: e nascere Cristina e il suo uomo, col saccoI sulle spalle ; ritornavano, carichi ili fiori e eli rami fioriti, la sera della domenica. Si capiva che ogni volta prendevano il treno e ritornavano dalla montagna. I giovani clic andavano in giro |„ domenica con le loro biciclette, non li avevano mai incontrati per i paesi vicini. Fu un lunedi mattina che gli uomini dalla strada s'accorsero che le finestre ili Cristina ciao rimaste chiuse e ne avvisarono le donne. 11 quartiere fu turbalo e come oppresso da un triste presentimento. E tutto il giorno attesero Cristina e non fecero che parlarne. Uià qualcuno immaginava una disgrazia e avrebbe vo-j luto chieder informazioni alla questura. La sera calò tristissima; la gente tardava a rientrare nelle proprie abitazioni. .Si sen-( (irono come abbandonati da gioiosa presenza che aveva reso loro la vita più facile. Il mistero di quei due esseri tornò ad affacciarsi alle nienti; le supposizioni intrecciarono e confusero gli si animi. Gioiti propendevano a dar la colpa a lui: l'orse l'aveva anche uccisa; quell'uòmo, che soltanto nel riflesso di Cristina era stato accettato e rispettato, ora. mancando lei, diventava oggetto di rancore e d'ostilità. 11 sonno' venne più lento quella sera per! tutti, tranne che per i bambini., stanchi d'aver chiassato fino a tardi nel vicolo (li avevano dimenticati e lasciati fare). La mattina dopo, i primi che aprirono le fmestr IIIIMIIIIIIIIMIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII IIÌ7 che poi avevano ammesso far parte della sua natura armoniosa, TI sabato li vedevano parlile, ~ o a o o e a a o a e r . a i n a i ; e miai Iaguardarono in su eoi, apprensione. «Ci sono. ,.; 0n.,„„ 1 , .,„) ruimi 1 .i Mino». Li notizia passo liilm - nea: Cristina era ritornata. Il suono dei suoi zoccoletti per le fu come il se-lpala età un pericolo. Hi lei era splendente nella nuova abbron 1 ,„„ _•-_„; :„fu,.; j>„-;„ zacura due giorni muli u ana lscale e per la via tu come il se gnale d'una festa. Si coi>gratu-jlavano con lei, quasi tosse scam- pala da un pericolo. E lei era|. Avviene qua Ielle volta elle Mli|quartieri poveri passi un'aria di primavera, cali un roseo nembo di petali si rifletta la luce d'un • , f . , eieio aperto e fantasioso: allora.Ula grama e malinconica esistenza che vi si conduce, trova uri sol-lievo si libera in un bel s„cr„o ■trevo, lucia ni ubi soglio, come se tosse toccata nana gra- zia. Nasce un mito, a cui tutti e di sole di montagna ! Sembravi! avesse portato giù la luce e il prò fumo dei prati alpini e li ver sasse sui volti emaciati e livid che le stavano intorno in annui razione. Ile volta eh gli occhi si volgono e si scaldano i cuori; la piccola e miserabile rete della vita quotidiana allarga le sue maglie, le anime intorpidite le sfuggono, si risentono nella nuova atmosfera, si nutrono d'altro, che non è il pane sudato, l'invidia, l'odio, il rancore tra umiliati. Cristina era la grazia, il mito del suo quartiere. Le chiedevano solo di respirare, di vivere tra di loro; e. sentendo ch'ella era come un dono inafferrabile, ma presente e benefico, temevano segretamente di perderlo. Giani Stuparich

Persone citate: Giani Stuparich