La battaglia dei dieci giorni

La battaglia dei dieci giorni La battaglia dei dieci giorni Come le forze italiane spezzarono le reni air esercito greco dopo aver fatto i conti con quello serbo ■ Gli Alpini del battaglione "Morbegno,, sul Ouri Topit vincono a prezzo di sangue ■ Il 4° Bersaglieri si prodiga, emulato dal 225° e dal 207° Fanteria e dal 164° batt. Camicie nere ■ L'ultimo colpo sparato il ventitré aprile alle 18,30 (Da uno dei nostri Inviati) Tirana, 25 aprile. Vorremmo scrivere ora la storia dell'ultima battaglia combattuta dall'esercito italiano nei Balcani. La battaglia dell'Epiro. La le tamcadccapitbattaglia dei dieci giorni iniziata '■ rfeil giamo di Pasqua 13 aprile eivaconclusasi il 23 con la resa senza condizioni dell'esercito greco. Ma mentre riordiniamo dentro di noi fatti, cifre ed episodi, appunti alla mano, ci rendiamo conto che l'esercito italiano d'Albania ha cominciato in realtà l'ultima battaglia almeno dal mattino del 6 aprile, quando si sono iniziate le ostilità sulla frontiera della cessata Jugoslavia. La battaglia dei dieci giorni diventa così una campagna di diciotto giorni combattuta su almeno sette importanti settori: la regione dei laghi fra Ocrida e Presba, il Kossovano, lo Scutarino, l'intero fronte della nona armata, il massiccio di Klisura, il fronte d-ell'vndicesima armata dal Tomori al mare. L'esercito italiano doveva entrare in azione sul fronte greco il 4 aprile. Ma il colpo di stato jugoslavo consigliava sin dal 27 marzo di ritardare l'attacco. Bisogna aggiungere che il nostro comando era già da qualche tempo perfettamf ::te informato ohe la Jugoslavia veniva effettuando segretamente un piano di mobilitazione generale. Il 24 marzo pertanto i nostri uffici d'informazione potevano stabilire che la Jugoslavia poteva contare a quella data s» un milione e ducentomila uomini sotto le armi. Dal 26 marzo al 6 aprile comunque il comando italiano si trovò nella necessità di rivedere quello schieramento che aveva organizzato e curato nei minimi particolari contro l'esercito greco lungo un fronte di circa 250 chilometri, che dal lago di Ocrida, settore di Pogradec, arrivava fino all'Adriatico. Una nuova frontiera si apriva come un'arcata dal lago di Sentori al lago di Ocrida. Una frontiera enorme, di oltre quattrocento chilometri. Bisognava improvvisare dunque, mentre la crisi politica precipitava, su quella spropositata fascia di confine un dispositivo di sicurezza tale da poter trasformarsi rapidamente, quando gli avuenimenti fossero venuti a maturazione, in uno schieramento offensivo. Si addivenne quindi alla tempestiva creazione di tre nuovi comandi di corpo d'armata rispettivamente con sede a Litrasht, ad Alessio e-a Scutari. Quattro divisioni a prezzo di reali sacrifici vennero pertanto rapidamente spostate dal fronte greco sulle nuove posizioni. In un caso, quello della divisione corazzata Centauro, la distanza percorsa per raggiungere il nuovo schieramento fu di quasi seicento chilometri in poco più di 48 ore. 650,000 greci e serbi Oltre a queste quattro divisioni iniziali, altre giunsero daU'ftalia a rinforzare il presidio della frontiera jugoslavo-albanese. Qualcuna, quando la crisi serba si andava delineando, aveva iniziato le sue operazioni di sbarco nei porti albanesi. Questo è il caso della « Messina », che quelle operazioni compì a tempo di primato e arrivò in tempo per partecipare brillantemente all'avanzata in territorio jugoslavo occupando Cattaro e Cettigne. I punti nevralgici dello scacchiere jugoslavo erano sostanzialmente due: Scutari e il lago di Ocrida. Il comando ne curò specialmente la difesa. Infatti era a sua conoscenza che i serbi avrebbero tentato tutto per tutto, sia per conquistare quella città sia per operare il congiungimento delle forze jugoslave con quelle greche alle spalle dello schieramento della nona armata e più precisamente nella regione di Litrasht. Le forze dell' esercito greco proiettate contro di noi assommavano a circa quattrocento mila uomini combattenti di prima linea, esclusi i servizi. Si calcolò che la Jugoslavia avrebbe tentato di buttare nella lotta contro di noi almeno 220 mila uomini. Non si andò molto lontani dal vero: i serbi gettarono nella fornace 250 mila uomini. Contro queste forze operò l'eseicito italiano d'Albania. Si conoscevano le forze greche: quattordici divisioni ciascuna su tre reggimenti. A queste andavano aggiunte quelle jugoslave: due divisioni dette del Vardar, due divisioni Kcssovo, due divisioni Zeta, più la divisione Catturo, più altri elementi. Ogni divisione serba quaternaria, in tempo di pace, all'atto della mobilitazione, formava immediatamente una divisione bis. Alle divisioni in pace e in guerra corrispondevano due reggi menti d'artiglieria. Dunque, contio di noi, al ritmo di una velocissima, mobilitazione, si andavano ammassando sette divisioni, in tutto ventun reggimenti di fantelia, più quattordici di artiglieria. A queste formazioni regolari si aggiungevano bande di comitagi follemente organizzate, i così detti cetnizi. Du patte nostra, abbiamo detto dello sforzo compiuto dal comando. Alcune oande albanesi si sono portate veramente bene. Stando al comando di una banda di Malissori, è rimasto ferito in combattimento il vice-segretario del parti, ■ ..•«'> la albanese. .•u uìarni prima dell'inizio del e pcateril cogligndudeil Legngngiroriscain vequgotòmalpriCeraregislocdidaa i stTmpistcecotazibrinocoslintoMnbvdzclamdvvlarsezcctggsSdfgi lcsavldndsdgmnztnIgg le ostilità con la Jugoslavia, esattamente il Jf aprile, i greci attaccarono furiosamente sul settore dc\ terzo corpo d'armata. Attaccarono furiosamente sul Ouri Topit, presidiato dalla divisione Tri rfe»"»'«. ? « Kollak. Vennero avantl. Prlma con «n battaglione , o d i e e r i i a e i a i di ea a a t. o aa iò o oi si rieotre no ue ielba alane in gi nsno in eia. si agi etto nno al sotitiel e poi gradatamente buttarono nel calderone tre reggiménti di fanteria, esattamente il 21.0, il 32.o e il 19.o. L'urto sul .Guri Topit fu contenuto a prezzo di sangue dagli alpini del battaglione Morbegno; su Kollak vennero impegnati due reggimenti di fanteria, il 225,o dell'Arezzo, il 207.O della Taro e il 16lf.o battaglione Camicfe nere. Le nostre operazioni hanno inizio Si può dire die quest'anione segnasse l'inizio della nuova campagna di primavera. Occorre aggiungere che le nostre perdite furono sensibili anche se le greche risultarono fortissime. Il significato di questo tentativo operato in direzione del lago di Ocrida venne in chiaro due giorni dopo, quando le operazioni verso la Jugoslavia ebbero inizio. Rappresentò questa battaglia furiosa l'estremo disegno dei greci di arrivare al collegamento con le linee serbe prima dello scoppio della crisi? Certo clic lì era il punto di sutura del nostro schieramento con la regione dei laghi. Quando il confine jugoslavo due giorni dopo diventò il fronte jugoslavo, il nostro comando aveva gli occhi su questo settore, il settore di Passo Ciafatan, Struga, Ocrida, Monastir. Il giorno dopo, il 7, si condusse a termine la prima azione contro i serbi. Fu quella per la conquista dei cippi di confine sul Mali Tan, in vista di Struga. Questo monte domina l'intera conca del piano di Ciafatan. Era una finestra aperta sull'Albania ed era necessario passasse sotto il nostro controllo. L'operazione fu compiuta in trenta minuti sotto la protezione delle nostre artiglierie. Due battaglioni del li-o bersaglieri arrivarono alla quota, ne presidiarono le cime, sloggiandone il nemico prima che un reggimento jugoslavo mandato di rincalzo potesse intervenire. Il congiungimento con l'esercito tedesco che sopragginnse da Monastir fu operato il giorno lì nella zona di Ocrida. L'azione fu brillantissima. Gli jugoslavi avevano preparato Struga come pedana di lancio per la loro operazione di congiungimento coi greci a tergo dello schieramento della nostra nona armata. Fu la sera di quel giorno memorabile che il vostro corrispondente venne ricevuto dall'Ecc. Cavallero. Vedevamo per la prima volta il generate da vicino e per la prima volta ci potentino rendere conto di quanta calma, quanta serenità, quanta capacità organizzativa e quanto lucido giudizio coesistessero sotto la più semplice e cordiale delle apparenze. « Ci rimane da risolvere la situazione nello Scutarino, disse il generale, che è stata sino ad oggi piuttosto tesa. Ma abbiamo disposto ogni cosa per il meglio. Saldata la partita jugoslava ci dedicheremo poi completamente al fronte greco; tutti saranno pagati ». Il generale aveva visto giusto; i serbi sarebbero stati messi con le spalle sul tappeto prima dei greci. Tuttavia, prima che a Ragusa, Catturo e Cettigne, prima che ad Antivari e a Podgorizza, arrivammo a Corda. pueral'OVanogeressioramaIl generale Cavallaro Arrivammo a Corda il 14 aprile. Bisogna dire che la sera stessa del nastro arrivo a Ocrida, una nostra colonna partì lungo la strada dei laghi per forzarsi un passaggio sino a Bilishti. Il comando, pur dopo un duro inverno di guerra di posizione, non aveva mai cessato di considerare la manovra, lungo le linee di comunicazione che definiva « canali adduttori delle forze », come la soluzione finale e unica della campagna. Il comando aveva concepito la guerra di posizione come una diga dietro la quale aveva divisione per divisione e unità per unità costituito e organizzato l'esercito italiano d'Albania. Il gen. Cavallero era stato nominato capo di stato maggior generale all'inizio di dicembre. Arrivava in Albania il 4 dello stesso mese e il 30 Assumeva direttamente il comando delle operazioni in Albania. Il comunicato ufficiale seguì dopo qualche giorno. Da allora il gen. Cavallero si può dire che non abbia più lasciato l'Albania. Egli giorno per giorno modificò, perfezionò, mise a punto lo schieramento. Da principio obbedì necessariamente a un disegno rigorosamente difensivo. Erano i greci che attaccavano furiosamente su tre grandi direttrici, operando ■ in tre settori distinti, con l'occhio ai tre grandi obiettivi: Elbassan, Berat, Valona. L'esercito italiano fermò i greci. I greci avevano uno schieramento offensivo a testa d'ariete: più pesante al centro, in corrispondenza del massiccio di Klisura. Il nostro comando organizzò due grandi settori difensivi, quello corrispondente ai bucini dello Sknmbini e del Devoli e l'altro in rispondenza ai bacini della Voiussa e del Drin, sino alla zona litoranea. Affidò la guardia del primo settore da Pogradez al Tomori alla nona armata, e quella del secondo settore, dal Tomori al mare, all'undicesima armata, II Fbato ponodeogderasagrmasedi comnopeglil opmla chalPodiquGriomrapelitnetostsbcognstapmtrPvs\to3ntamgtQatlagipScqspsrrpddNadcsdn e a ì u a r a o l o. al ; n eue ipunto di sutura delle due armate era sul Tomori e sulla valle deil'Osum. Quando la pressione su Vaiano si fece più minacciosa, il nostro comando organizzò fra gennaio e febbraio il colpo d'arresto di Klisura. Quando la pressione su Berat diventò preponderante, ci furono le giornate di marzo dal 9 al 19. ia a asndi va aatoa. la ine oto ldi io ia udo opo n. bfilo eno i aci, ti, tireae: risuzò elllo in ustorimodel al II 9-19 marzo Furono questi dieci giorni di battaglia che logorarono l'esercito greco. Fu durante questo tempo, gennaio febbraio marzo, che non solo i greci vennero fermati definitivamente, ma perdettero ogni speranza di vincere prima dell'arrivo dei nostri alleati. Durante la battaglia di marzo, la più sanguinosa di questa guerra, i greci dovettero mobilitare e chiamare a raccolta tutte le loro forse. Il proclama del re spogliato di tutta la sua retorica questo confessava: abbiamo passato il momento più duro della guerra. Intanto i tedeschi si attestavano alla frontiera greco-bulgara, perfezionavano la loro meravigliosa macchina di guerra. Il 13 aprile, quando arrivò per il nostro comando il momento di operare, due grandi direttrici di marcia segnarono la direzione della manovra: la porta di Bilishti che si affaccia sulla Macedonia alle spalle di Corda, e quella di Ponte Perati che conduce al bivio di Kalibaki e all'Epiro. Unisce queste due porte d'ingresso alla Greda vera e propria un corridoio, e doè la strada di arroccamento Bilishti-Erseke-Ponte Perati. L'ingresso delle nostre truppe a Corda, il 14 aprile, fa facilitato dalla presenza sul fianco nemico di una nostra colonna autocarrata che, percorrendo la strada dei laghi fra Ocrida e Presba, puntava verso Bilishti. Fu la colonna che incontrammo impegnata in combattimento sulla strada di Ersekc la mattina del H aprile. Il ^nostro comando disegnò una manovra a larghissimo raggio, con tre obiettivi successivi, Bilisthi, Perati, Kalibaki; che presuppone va: 1" l'aggiramento dell'intero settore di Corda; 2" l'aggiramen \to del settore centrale di Klisura 3" l'aggiramento totale delle forze nemiche. I compiti furono ripartiti come segue: la nona armata avrebbe dovuto, funzionare da ala mardante e avvolgente, raggiungendo uno dopo l'ultro i tre obiettivi: Bilisthi, Perati, Kalibaki. Quanto all' undicesima armata, avrebbe agito nelle valli, lungo tre direttrici; rispettivamente della Voiussa, del Drin e del litorale.Mentre l'azione si andava svolgendo metodicamente, il comando italiano vide arrivare il momento propizio per un'offensiva nello Scutarino. Abbiamo più volte accennato al piano serbo per la conquista di Scutari. L'esercito jugoslavo aveva meticolosamente preparato la sua macchina in questo settore e non cessò di combattere se non quando la divisione corazzata « Centauro » si apri un passaggio col ferro e col fuoco davanti a Hani Holi nella piana di Podgorizza. Nostra offensiva nello ScutarinoL'eserdto italiano d'Albania fu a Catturo, a Cettigne, a Ragusadove operò la saldatura della «circonvallazione adriatica » con la seconda armata due giorni prima dello scadere dell'armistizio. Il giorno che la Serbia depose le armi fu anche quello in cui le nostre truppe entrarono in Argirocastro. Questo equivale a dire che il bastione di Klisura era stato espugnato, che i nostri soldatsi erano lasciati dietro le spalle iGoliko, il Trebiscines, lo Scendale ogni cosa costituente la chiavdi volta dello schieramento offen sivo avversario. Il piano di ripiegamento grecsotto l'incubo della metodica a vanzata tedesca in direzione dePindo e la violenta pressione degli attacchi italiani era un buon piano. Sinché hanno potuto, i greci vi si sono attenuti ed è nostrlealtà di avversari scrivere chl'esecuzione almeno nella primparte ne fu ottima. Questo piano dunque consisteva in un ordinato ripiegaymentofacendo perno sull' ala sinistr(ed esattamente in corrispondenza del Mali Spadaril) dell'interschieramento gieco. Prima dmandarlo in esecuzione, i gred allo scopo di evitare l'imbottigliamento lungo la strada mandarono indietro qualche divisione sula linea fortificata Kalibakv-Kalamas. Subito dopo iniziarono ripiegamento ritardando la nostravanzata con numemse interruzione stradali da gran tempo predisposte, facendo saltare dietro di loro ponti, passerelle e non solo lungo le direttrici principalma anche sulle linee di arroccamento fra vallata e vallata. Dove il piano falli fu nello sfondamento anticipato dell'ala sinstra operala dalla nostra undicesima armata e nella conquista dmassiccio di Klisura. Erano questi, insieme alle posizioni di Erseke, i punti di arresto calcoladall'avversario per condurre termine senza entrare in crisi delicata operazione della ritiratdi un intero esercito. Come abbiamo altre volte comunicato,greci disposero in retroguardia loro migliori truppe, circa tre dvisioni, munite di armi automatche, mortai, pezzi anticarro; posero a guardia dei nodi stradli, e dunque delle principali c p e a a . , o . rovinose interruzioni; e cercarono sino all'ultimo di condurre in porto il loro ripiegamento. Furono battuti nel tempo e furono battuti nella manovra. Il comando italiano aveva logicamente previsto la situazione e previsto i nodi della resistenza: ordinò quindi un inseguimento, mentre l'ala mardante della nona armata raggiungeva il confine a ^onte Perati, a colonne parallele che si aprirono un passaggio nelle valli. Subito al seguito dei reparti di arditi e di rottura, furono immesse nelle colonne piemie unità del genio pontieri in avanguardia delle fanterie; seguivano le artiglierie someggiate o autotrosportate, allo scopo di battere e infrangere metodicamente le resistenze. Da ultimo venivano le munizioni e i viveri. Là dove si raggiungeva il successo, il comando incuneava immediatamente i reparti celeri e perseguiva lo sfruttamento dell'azione senza dar respiro all'avversario. Come i greci sono stati battuti La concezione dell'attacco non fu- mai rigida. A un certo momento della battaglia il 25" Corpo si è trovato ad avere gli automezzi a ridosso delle avanguardie. Segno che le interruzioni stradali lungo questa direttrice o era* no meno profonde o furono più prontamente riparate. A sua volta l'ottavo Corpo d'armata si venne a trovare con le avanguardie sino all'altezza di quelle del 25" Corpo, -ma con gli automezzi ancora molto indietro, quasi suUe posizioni di partenza. Atlorq, U comando ordinò: « Avanti il 25°! ». Eppure l'ottaixt Corpo è uno dei principali protagonisti di quest'ultima battaglia. E' l'ottavo Corpo che ha sfondato sul fronte dell'undicesimo, armata a quota 731, al Monastero, a Ciafa Cidocut. Ed è affacciandosi sul valico .oltre la 731, che l'ottavo Cor-;inacciaio, A cmvtPlqpgglsdqcnslmaaqSspo per primo ha mi poi dilagando a valle, le spalle del nemico. Ma il comando, seguendo passo a passo l'avanzata, decideva- di volta in volta di buttare il peso delle divisioni di manovra laddove il successo si delincava, laddove lo schieramento avversario s'icrinava seguendo le linee di minore resistenza. Anche questo era stato' previsto sin da principio: ogni colonna dell'ala che condueeva l'attacca frontale in direzione di Kakavia avrebbe sino all'ultimo collaborato con le colonne laterali esercitando così un compito « sbloccante ». In parole povere ogni colonna sapeva che se il suo attacco frontale veniva ritardato, l'azione sarebbe in ogni modo sboc- j lf) scompaf)im,mento e la ; rfl-,_n,,,2. cala nel successo, in virtù della manovra alle-sue ali. Questo si è verificato intorno a Malia durante l'azione su Erseke e Ponte Perati. La colonna, composta di quella stessa « Venezia » e di quel quarto reggimento bersaglieri che primi entrarono in Corda aggirava Erseke e due sere fa era già oltre il confine a Borgo Tellini. Sul litorale il corpo d'armata speriate « Messe » ha combattuto da solo, si può dire. Ma anche in questo settore, dopo il fortunato colpo di mano su Porto Edda, i nostri oltrepassavano il confine. Accerchiamento graduale In died giorni la nostra ala destra, l'undicesima armata, realizzava pertanto settanta chilometri d'avanzata, mentre la nona arnuita ,ala sinistra mardante, aveva compiuto un balzo in avanti di 150 chilometri durante il quale Corda veniva oltrepassata. Si arrivava così all'accerchiamento graduale dell'avversario nel settore di Ponte Perati. Ma, a questo punto non bisogna perdere di vista che l'intera battaglia dell'Epiro è stata combattuta in stretta collaborazione col Comando tedesco. A un certo momento, quando l'aviazione italiana scatenata sul collo di bottiglia di Ponte Perati lo incrinò fortemente martellando l'avversario fra il confine e il bivio di Kalibaki, i tedeschi hanno fatto la loro apparizione sul passo di Metzovo e scese le pendici del Pindo e oltrepassata Gianina si sono fatti paurosamente vicini al Kalibaki. L'ultima speranza dell'eserdto greco di raggiungere la linea di resistenza Jonio-Egeo andava in frantumi. L'Esercito italiano aveva tenuto aggandato implacabilmente l'avversario, lo aveva costretto a rallentare i tempi della sua ritirata DnDtmditpttdtscesznll a , i a a a - dissoluzione, e dilagato a sua voi-j la oltre tutto il confine greco. Tre manovre aifvolgenti erano! in corso sulle divisioni greche uaoÌ-\te dalla strettoia albanése quan- do i tedeschi operarono il con-1 giungimento coll'Esercito itnlinno! d'Albania. La tenaglia tln/o-lede-j sca stava per chiùdersi implaca- Miniente .sull'esercito flieco, sul- l'avventura sanguinosa dell'eser-\cito greco. Gli inglesi erano jnj fuga. Non rimaneva ai greci che scegliere fra la distruzione e la resa. Si sono arresi alla fine senza condizioni. L'ultimo colpo è 3tato sparato la sera del 23 alle ore 18,30. Era un bellissima razzo verde tirato con una pistola Very. IGian Gaspare Napolitano