TRECENTOMILA PRIGIONIERI di Alfredo Signoretti

TRECENTOMILA PRIGIONIERI La Grecia fuori combattimento TRECENTOMILA PRIGIONIERI PIENA RIVENDICAZIONE] La conclusione vittoriosa dell'epica lotta combattuta dall'Italia in Epiro per quasi sei mesi dal 28 Ottobre al 23 Aprile è il coronamento di un'impresa che solo alla luce degli ultimi avvenimenti ha avuto la sua piena rivendicazione: la campagna di Grecia fu una necessità; essa anticipò quello che doveva essere lo sbocco fatale degli eventi del Marzo e dell'Aprile. Quando in un'alba piovosa della fine dell'ottobre scorso poche nostre Divisioni varcarono il confine greco-albanese e da un lato puntarono verso il Kalamas e dall'altro verso il decisivo nodo di Metzovo alcuni si domandarono incerti e dubbiosi che cosa mai significasse nell'economia totale della guerra tale operazione: la canèa nemica parlò di vile aggressione contro una vittima innocente. Ma ecco subito le stesse vicende amare della lotta, collo spiegamento di formidabili forze nemiche riccamente dotate che impose il nostro ripiegamento sur un fronte più ristretto ed omogeneo, gettare dei bagliori di verità sulla situazione: la complicità della Grecia coll'Inghilterra non era ad uno stadio di fluida simpatia e di superficiale collaborazione, ma era una realtà funzionante con una preparazione metodica; essa non si era limitata ad occasionali favori nelle basi navali ed aeree ma faceva parte di un piano grandioso accarezzato fin dall'inizio dell'attuale conflitto, come fu poi abbondantemente dimostrato dai documenti tedeschi dell'ultimo Libro Bianco. Non era quindi l'impresa di Grecia una guerra marginale dell'Italia con certi suoi scopi immediati e particolari; l'Italia sapeva bene che la Grecia costituiva la principale zona d'infezione della politica britannica in tutto il settore balcanico e in tutto il bacino orientale del Mediterraneo; l'Italia voleva che il cancrenoso bubbone avesse il suo taglio netto. Le vicende della lotta non permisero che il risultato venisse raggiunto rapidamente; ma non per questo resta diminuito il merito del nostro Paese di avere messo a nudo una complicità latente e di averla combattuta apertamente con gravi sacrifici, cioè di avere iniziato nei Balcani la crociata anti-inglese e antiversaglista. L'Italia colla sua sensibilità acuta, per i problemi balcanici e mediterranei aveva compreso da tempo che la situazione in quelle zone era torbida, fondamentalmentie antiassiale e che non si sarebbe mai riusciti ad assestarla radicalmente con mezzi di persuasione pacifica. Gli errori e le ingiustizie dei trattati di pace avevano lasciato delle ferite insanabili e creato delle costruzioni artificiose; le caste dirigenti degli stati privilegiati nei negoziati di Versaglia erano infeudate e stipendiate dalle plutocrazie occidentali; l'abilità e l'impudenza di marca levantina avrebbero potuto prestarsi a compromessi e adattamenti momentanei, ma appena si fosse presentata un'occasione propizia o la voce dei padroni si fosse fatta più esigente, l'odio e l'animosità covate ne: cuori sarebbero esplose e i Balcani si sarebbero rivelati nella funzione auspicata da Londra, di un fianco scoperto dell'Asse. Di qui la necessità chiarificatrice dell'azione italiana contro la Grecia che ha avuto l'effetto di smontare e di far precipitare gli equivoci della politica della Gran Bretagna e dei suoi clienti e vassalli. L'ardente campo di battaglia dell'Epiro in mesi di relativa calma sui fronti europei è stato come uria calamita per lo sviluppo degli, avvenimenti che hanno avuto in primavera la loro maturazione vittoriosa. L'Inghilterra vi ha alimentato i suoi progetti avventurosi in un periodo di stolta euforia dei suoi Churchill, dei suoi Eden; la Bulgaria ha compreso a tempo il pericolo incombente, si è schierata risolutamente colle Potenze dell'Asse ed ha chiamato le Divisioni germaniche sul suo territorio minacciato ; la Jugoslavia liei momento cul¬ mcrematdgtctzrtdstsbtcnrznmGnfcvtupAchlie a a a a o e a . o n i ; è e e a ¬ minante ha avuto la sua crisi I cconvulsiva ma provvidenziale. ! lLe ipotesi virtuali della sto-jc;„ f_ „„ t_ j„u„ if- |slltria sono superate dalla realtà e quindi sono inutili per la somma dei fatti; però esse servono a capire il processo degli eventi e colla loro logica ab absurdo illuminano la storia. Immaginiamo che nei Balcani dall'autunno ad oggi non fosse successo nulla di grave, che vi continuasse a regnare una condizione di pace più o meno apparente sotto l'influenza corruttrice-delia sterlina, del dollaro, dell'Intelligence Service. A chi sarebbe stato soprattutto vantaggioso un simile stato di cose? All'Inghilterra senza dubbio, perchè essa avrebbe seguitato a godere delle multiformi complicità, perchè tutta la zona a sud del Danubio sarebbe rimasta estranea, anzi potenzialmente ribelle, al nuovo ordine europeo patrocinato da Roma e da Berlino. L'Italia e la Germania avrebbero dovuto tenere immobilizzate immense forze di sorveglianza insieme con un estenuante, volubile lavorìo diplomatico senza il vantaggio di essersi avvicinate ad uno dei centri hssrgpsnqstfdIzppiù vitali della I potenza britannica, il triangolo Alessandria-Caifa-Creta ( poiché gli inglesi praticamente hanno avuto sempre Creta a loro disposizione). La nostra impresa di Grecia tolse ogni esitazione bruciando le passerelle dell'equivoco e del mercanteggiamento; essa preparò e anticipò la tempesta purificatrice delle ultime settimane. Tale è il quadro dei vantaggi della nostra guerra di Grecia nel campo politico; ma in guerra non vi è differenza o soluzione di continuità tra fatti politico-diplomatici e fatti militari: il contributo italiano ha avuto un peso decisivo da un punto di vista e ad ogni effetto militare strategico. Non siamo stati noi a procurare un alleato all'Inghilterra; le forze armate greche erano da tempo uno strumento a completo servizio dello stato maggiore britannico; in ogni caso al momento scelto da Londra l'Asse se lo sarebbe trovato fra i piedi. In sei mesi di aspra guerra quotidiana i soldati italiani lo hanno logorato e sfiancato, dissanguato, e quando è venuta l'ora scelta da Churchill e da Wavell esso è stato inchiodato nella sua quasi totalità nelle montagne d'Albania; e si è mostrato incapace di schierarsi lungo tutto il fronte dall' Adriatico all' Egeo lasciando un vuoto pauroso che le divisioni di Wilson non sono riuscite a tamponare. Inoltre a*tutti è noto che l'esercito erà^reco per gli uomini ma era britannico per tutti i rifornimenti, per-tutti i mezzi tecnici. Il comando inglese ha potuto sì disporre di 500 mila uomini ma ha dovuto equipaggiarli, armarli, fornirli di reparti specializzati: l'aviazione che abbiamo incontrata nei cieli ellenici era un'aviazione al cento per cento inglese, si che non si esagera calcolando a qualche migliaio il numero di apparecchi aerei che è costata alla Gran Bretagna la campagna di Grecia. Lo sforzo inglese per sostenere gli alleati è stato immenso e naturalmente si è compiuto a detrimento degli altri fronti di guerra. Sulle montagne d'Epiro e di Albania l'Italia ha agganciato non la Grecia ma la Gran Bretagna (e ciò vale per un giudizio sincero sul corso delle nostre operazioni in cui abbiamo combattuto le forze greche e inglesi riunite, altrimenti coli' assoluto dominio dell'aria e del mare la soluzione sarebbe stata fulminea). La nostra campagna di Grecia durante l'autunno e l'inverno si affianca alle nostre campagne dell'Africa Settentrionale e dell'Impero nell'identica funzione di logorare all'estremo le forze dell'impero britannico in modo che giungessero alla primavera nell'incapacità di sopportare i colpi di maglio delle energie concentrate delle 7 Potenze dell'Asse. Il tremendo duello, gloria imperitura dell'Italia fascista, prova inimitabile di collaudo per il nostro diritto al posto che ci spetta, ha avuto fasi di alta drammaticità: se il nemico si fosse potuto cf congiungere alla Tunisia, se| l'attacco ostinato di due mesi c"ntro Berat e Valona avesse sbloccato per la marina inglese l'ingresso nell'Adriatico, forse la guerra avrebbe avuto un altro sviluppo. Ma i nostri soldati hanno tenuto duro e ai primi segni della primavera sono passati alla controffensiva vittoriosa. Ed è con fierezza che oggi insieme col Duce tutto il Popolo italiano saluta commosso i suoi combattenti e in prima linea i Caduti delle giornate dure quando il sorriso della vittoria sembrava lontano e il nemico tronfio e vile irrideva al sacrificio e al valore del soldato d'Italia. Alfredo Signoretti ♦»♦♦♦♦»♦♦»»♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦

Persone citate: Berat, Churchill, Duce