Il nemico confessa di Alfredo Signoretti

Il nemico confessa Il nemico confessa Le truppe tedesche si sono mosse all'alba del giorno sei; martedì otto verso mezzogiorno esse raggiungevano il Vardar a Uskub; in poco più di due giornate di aspri combattimen¬ ti la campagna era decisa, poi che l'esercito jugoslavo era tagliato nettamente dagli eserciti alleati schierati a mezzogiorno fuori dall'unica base di collegamento e di rifornimento. Lo Stato Maggiore germanico, colla sua abituale ferrea logica ha puntato con estrema decisione sull'obiettivo risolutivo; ciò era nelle previsioni, ciò era negli stessi precedenti di campagne belliche condotte in epoche re-centi sullo stesso terreno d'ope-razioni. Ma cosa han fatto, co- sa avevano predisposto gli av- versari? I serbi ciechi, megalo-mani, dalla mentalità di con- giurati e di briganti, hanno la sorte che si meritano ; hanno tradito in un bieco istinto di follìa senza aver la minima co- scienza e delle proprie capaci- tà e delle forze del nemico che provocavano e che aveva già fornito prove memorabili della sua formidabile potenza offen-siva. Ma più che per i serbi e per i greci a cui non era valso l'esempio di un Ridzi Smygly la vittoria folgorante dell'Asse nei Balcani dà il colpo di grazia ad un qualsiasi residuo di prestigio politico e strategico della Gran Bretagna ; i suoi ministri e i suoi generali scatenano con tutti i mezzi della corruzione e dell'intrigo un conflitto per cui rivelano alla prova dei fatti la più completa impreparazione. Ogni inazione, ogni passività, ogni viltà nelle campagne di Polonia, di Norvegia, di Francia sono di gran lunga superate in questa camipagna balcanica; questo era il 'fronte che Londra aveva prescelto attraverso i sicari di Atene e di Belgrado, attraverso le complicità ignominiose di un Roosevelt; si era magnificata una organizzazione condotta sotto la guida del loro presunto Napoleone; si era persino tentato di spiegare il disastro della Cirenaica colla necessità di portare le migliori divisioni in Grecia e quando scocca l'ora voluta, desiderata dell'urto i soldati dell'impero britannico non si trovano a combattere là do¬ | ve avrebbero dovuto essere per " j |la più elementare prudenza strategica cioè a protezione della valle del Vardar, anello di congiungimento, trincea di re- sistenza ad oltranza tra greci ;e serbi. Mai l'onore di una nazione è giunto ad un più basso livello; ed il cinismo di velenosa soddisfazione con cui si registra a Londra il fatto che i tedeschi non abbiano incontrato sul loro cammino le truppe inglesi j accresce la nausea, come pure j le goffe scuse di un Churchill i che indica fra le ragioni della I disfatta l'impossibilità per 1 Eden e Dill di essersi recati a 1 Belgrado ! Ma non accettando i battaglia l'Inghilterra non si j può illudere di avere comunque 1 allontanato i tremendi pericoli ; che la minacciano. A parte la perdita totale di prestigio che | non potrà non essere un fatto re determinante nell'atteggia • mento di altri Stati e delle po i polazioni oppresse, i dirigenti idi Londra non solo non sono j riusciti a creare quel nuovo i fronte su cui si sarebbero do1 vute logorare le forze dell'Asse, ma hanno avvicinato gli eser citi e le squadre d'Italia e di Germania al nucleo vitale dell'impero che avevano voluto salvaguardare: ormai la nuova . , ■ ,..,..;„ fase bellica che si preannunci con segni inequivocabili va oltre la cacciata degli inglesi dal continente europeo, è la battaglia per il Mediterraneo Orientale. Lo stesso Churchill ha dovuto confessarlo oggi ai Comuni quando ha dichiarato che gli a:uti inglesi ai greci non potranno essere che limitati e che non si combatte più pei' la Cirenaica ma per la difesa dell'Egitto. In tale riconoscimento del nemico è l'elogio più significativo per la parte decisiva svolta dall'Italia contro l'egemonia inglese. Siamo noi che in cinque mesi di durissime lotte lo abbiamo costretto ad uno sforzo ed ad un esaurimento che lo hanno ridotto al momento cruciale dell'urto in una situazione di smarrimento e di incapacità a misurarsi coll'Asse su quel fronte che aveva prescelto. Le numerose migliaia di britannici caduti dinanzi a Cheren (e quali sono le perdite degli altri contingenti che nan- no dovuto aprir la strada ai padroni ?) testimoniano da un lato l'errore fatale che ha nell'orgoglio di Eden il massimo respon mnlnsabile, dall'altro laio l'epicità ejnil vantaggio recato alla causai cdella vittoria dalla nostra tena rissima difesa. Per cinrjue lunghi durissimi mesi dalle sconf.nate pianure somale alle ambe j etiopiche, dai deserti della Mar|marica e della Sirte alle aspre giogaie dell'Epiro, dalle acque If ;<jei Mar rosso agH insidiosi p.-is-igmddspVr e o a saggi del Mediterraneo e dell'A- edriatico, l'Italia fu l'ala operan-jp12 dell'Asse. Tutto fu tentato'dper metterci in ginocchio; ma (pquando con calcoli freddamente jsperfetti sia nel campo politico csia nel campo militare i Condot-1tieri d'Italia e di Germania de- cisero il momento di assestare Iil colpo di arresto all'iniziativa ;avversaria, il nostro Paese fu in j linea con un coraggio, con una jintiepidita che hanno suscitato ! l'ammirazione e che fanno spu-; tar di rabbia Churchill e i suoi ; consorti. Audacemente la nostra flottai ando a scovare la superba flot- ta nemica quasi a coronare con una sfida temeraria quel capo- lavoro della strategia maritti-Mma che è stato il trasporto del-1 le divisioni corazzate italiane e tedesche in Tripolitania e che I ha costituito la grande sorpresa dell'inizio della primavera e dinanzi a cui Churchill è rimasto interdetto balbettando vaghe parole di giustificazione. Subimmo delle perdite ma non furono invendicate come di igiorno in giorno siamo docu-i i ,g^■ ' mentati dai racconti dei marinai inglesi e dall'invio del Malaya iti riparazione in un bacino d'oltre Oceano. E ciò avve niva alla vigilia della guerra colla Jugoslavia che noi abbia- ficate negli infami mercanteggiamenti dei trattati del 1919 mo affrontato ben consapevoli delle incognite che essa racchiudeva dalla frontiera giulia allo schieramento albanese; noi sapevamo che la posizione di citV care al nostro cuore e sacri- era oltre modo precaria: noi sapevamo che la testa di ponte dell'Albania nella sua debole profondità avrebbe potuto costituire un polo di attrazione circondata da ogni parte dai vecchi e nuovi nemici; e ciò era certamente nei piani e nelle aspirazioni britanniche. Ma l'Ita |ia ha marciato senza la minima esitazione. Protagonista di questa stupenda pagina di storia che non ha confronti se non nei periodi più gloriosi della storia di Roma è il Popolo italiano; in una generazione, la generazione di Vittorio Veneto e del Fasci sm<\ sl e compiuto il prodigio; venticinque anni fa esso non a vi ebbe osato guardare in faccia M coloss? I"331 mltlco dell Im Pero britannico, oggi dopo il raccoglimento operoso di un ventennio, dopo le sfide epiche riineuu jnuuiciu d'Etiopia e di Spagna, colla guerra implacabile che sta conducendo in uno stile serio e impassibile, ha conquistato il diritto al grande posto che gli spetta nel Mediterraneo e in Africa. Alfredo Signoretti

Persone citate: Churchill, Roosevelt