L'indiavolata "soubrette,,

L'indiavolata "soubrette,, I11F 111 € 1U IP UE C HI E | C C /H IP A 111 C N C L'indiavolata "soubrette,, Verso la mezzanotte del 27 aprile 1907, i « brumisti » che sonnecchiavano in serpa delle carrozze situate presso il Foro Bonaparte, furono ad un tratto svegliati di soprassalto da un urlo improvviso che giungeva dal teatro Dal Verme. Era la folla entusiasta, che acclamava frenetica al felice battesimo della Vedova Allegra. Battimani, evviva e fiori fiori fiori in palcoscenico. Tutta la bella Compagnia Città di Milano era schierata al proscenio: fra i vaporosi vestiti delle ballerine spiccavano le marsine impeccabili di Gino Vannutelli, di Alfredo Petroni, del Bernini e del Fattorini. Ma il pubblico reclamava a gran voce: — Veda! Veda! Cosi fu giocoforza che — a mezzo struccata — la meravigliosa Emma Veda si presentasse per l'ennesima volta alla ribalta per sorridere alle poltrone, ai palchetti e al loggione, dispensando baci a destra e a manca con la punta delle dita. Allora l'entusiasmo divenne delirio, gli applausi divennero frenetid e la folla in piedi non seppe gridare che un nome: — Veda! Ci volle del bello e del buono per indurre gli spettatori a lasciare la sala. Ed ancora due ore dopo per via Manzoni e per la Galleria giovanotti in haut-deforme in compagnia di allegro donnine avvolte in tortuosi boa di struzzo, cantavano festosi, sotto i baffi ai vigili notturni: E' scabroso le donne studiurj son dell'uomo la drisperazion. Dentro e fuori mister sempre son. Donne! Donne! Eterni Dei... Se il 1492 segna una data fatidica per la scoperta di un nuovo continente, il 1907 indica nel mondo del teatro leggero la fine dell'operetta in costume e la na- scita dell'operetta in frac. Mal- grado i grandi successi di Fan- fan la Tulipe, di Madama An- got, del Duchino, delle Campane di Corneville e di cento altri lavori di indiscutibile valore, il repertorio francese era andato pian piano declinando verso una mediocrità che preludeva a un prossimo tramonto. Occorreva un colpo di scena che sollevasse le sorti dell'operetta: e il colpo dì scena giunse da quella Vienna, che per le sue eleganze e le sue deliziose follie, aveva rubato a Parigi il primato di capitale della gioia. Giovanile, fresca, allettante, il nuovo genere — banditi i costumi e l'armamentario di scene macchinose — si presentava elegante, in abito da sera, in situazioni moderne, più aderenti al tempo e, sull'onda voluttuosa del valzer, dava finalmente al soprano brillante la parte di mattatrice assoluta. Quattro anni dopo il successo della Vedova Allegra, Vienna riconfermava la sua vittoria con il Conte di Lussemburgo, che ebbe a protagonista la celebre Stefy Cilak. Questo nome, oggi ormai nel dimenticatoio, va ricordato invece con grande rispetto, poiché fu la Cilak a lanciare in Italia il nuovissimo ruolo di soubrette. E la Cilak sostenne con tale maestria la parte dina- mica e sbarazzina di Giulietta, che tutte le soprano brillanti furono tentate di imitarla anche in operette ove tale ruolo non era ancora trattato. Dopo il Conte ii Lussemburgo non ci fu ape- retta che non vantasse come parte centrale quella della soubrette, fin che si crearono repertori appositi, fatti su misura per determinate attrici che si chiamarono Gisella Pozzi, Gea della Garisenda, la celebre Mascotte, Emma Veda, la insuperabile Gipsy dell'Elia e Wilia della Vedova Allegra, Elodia Maresca, deliziosa Casta Susanna. Eppoi Maria Donati, Minia Lises, Lia Corsini e quella Cristoforeanu che da Duchessa del Bai Tabarin ascese al ruol° di sigaraia nella Carmen. Venne infine il famoso terzetto: Nanda Primavera, Nella Regini e Ines Lidelba. Poi l'operetta mori, e con lei declinò la «' soubrette » vittima — oltre che della mancanza di repertorio ■— del prevalere imperioso della rivista. Da mattatrice assoluta, la soubrette fa oggi qualche apparizione nei finali di atto: scende la scala, inalberando pennacchi di struzzo e sfoggiando vestiti inverosimili. Canta un ritornello con voce opaca, indi risale sulla scala agitando le mani. E' il canto del cigno. La soubrette non esiste più. * Che cosa fosse effettivamente la soubrette ve lo potrebbe nar- rare chi ebbe la ventura di assi stere ai suoi trionfi ed ai suoi fasti. Ma meglio ancora vi con vincerebbero gli idioti libretti, ove alle trame banali facevano da buon contrappeso i versi più impossibili. Il comico e la .soubrette dovevano essere artisti ben di talento se riusdvano a mandare in visibilio il pubblico, ad esempio col duetto dei piccioni della. Mascotte: — O Pippo mìo. se guardo to le fibre mie tremar io sento — Ed io, nettimi, ho un non so elie2 ehe mi par gioia od è tormento, — Se dai a, me in ninno in man mi nu'r sentir ilell'imbarazzo (sii:) — E se tu a me sei ben viein ho goggezion come un ragazzo — Vo bene ai miei pu-rioni... — Vo bene ai miei montoni... — Quando lamio il loro ehi giù Sin giù giù {Imita il verso dei piedoni) — Quando l'anno il loro beeee. (Imita il verso dei montoni). O pastorella (falsa come una figurina di Watteau), o princi pessa dei dollari o duchessa del Bai Tabarin, la soubrette ci risveglia alla mente il celebre cartellone della Vedova Allegra ove Metlìcovich la ritrasse, bella e svenevole, in un gruppo di gaudenti in marsina e monocolo, le braccia levate nel brindisi. Lontano, in fondo alla sala, celata da una foresta di palme, una orchestra sta suonando a in sordina » (allora era di moda così) un languido valzer viennese. Poiché la soubrette fu l'incarnazione di quell'epoca allegrona mangiona e spregiudicata. Beato tempo dei nostri padri! H mondo, quasi per una reazione ai dubbi pessimistici dei fin-desiècle, parve volersi prendere una lunga vacanza: il nuovo secolo, come un bambino, pargoleggiò e col can-can dell'Orfeo all'Inferno stordì gli zerbinotti e gli ufficialetti dalle divise tutte bottoni e ghirigori. Perfino gli uomini posati, con tanto di bar- ba e pince-nez, non disdegnarono di puntare — dal palchetto di proscenio — il binoccolo su quella strisciolina di coscia delle ballerine che serviva da <■■ terra di nessuno » fra le cnlottes a pizzi (ah, quelle trine morbide!) e le calze nere. Quando poi sulla scena appariva la soubrette, chi poteva più resistere? Ah che delizioso brivido alla « Madama Angot ». quando Lange scopriva per uno spacco della veste il fianco trasparente dal maglione rosa! Fu l'epoca d'oro dei gioiellieri. Svagati granduchi, inviavano in omaggio alle dive preziosi maz- zi di orchidee, negligentemente strette da un vezzo di perle. Ed in cambio essi non chiedevano ehe un sorriso ed una giarrettiera, che custodivano poi gelosamente fra i ricordi più belli della loro scapigliata giovinezza. Sicuro. Negli scrigni che i nipoti guardavano con malcelata cupi- digia, già pensando alla cospicua eredità, riposavano forcelle invisibili, tappi di spumante e giarrettiere. Soprattutto giarrettiere. Con sì largo consumo di codesti utili ingredienti vezzosamente ricoperti di raso e adorni di mazzolini di violette, vien fatto di pensare a magnifiche femmine perennemente occupate a tirarsi su le calze per applicarle provvisoriamente alle culottes con gli « spilli di sicurezza » di recente invenzione (decaduta la moda di donar le giarrettiere, il loro uso trovò un'altra pratica applicazione e si chiamarono « spilli da balia »). In ta- le scomoda ma attraente posi- zione scorgiamo quelle donnine nelle tavole a colori del Journal Amusant, mentre fanno con l'amica dei discorsi assai singolari. — Ti sei comprata un letto magnifico. — Mia cara, quest'estate conto di ricevere molto. Discorsi zozzaglioni, calembonrs audaci, barzellette a senso unico. Le signore leggevano <•: Madame Bovary », gli uomini maturi si stuzzicavano con « Les confessions d'une femme de chambre »; e gli studentelli nascondevano nel vocabolario di latino « II tempietto di Venere » e le «Rime di Argia Sbolenfi». In tutto quel mondo di mediocri desideri insoddisfatti e di borghe- fsi aspirazioni, diva e dominatrice indiscussa troneggiava la soubrette, l'archetipo della Donna, l'idolo degli uomini. Era il non plus ultra, la méta che agognavano segretamente le ragazze di allora: Emma Veda era la loro Greta Garbo, Gea della Garisen- da la loro Isa Miranda. Al Molinari, ad un tavolo si parlava dell'affare Dreyfus, a due si chiacchierava dell' eccidio dei Boeri; ma a dieci tavoli, là dove la discussione era più fervida, si trattava il problema del giorno: — La Minia Lises? Non c' è che lei per 11 birichino di Parigi. — Non è nulla, in confronto della Gisella Pozzi. — Nè Lises nè Pozzi. Per me esiste un solo Birichino : la Cilak. — Bubbole! — Le vedremo alla prova. Nel giro di sei mesi passeranno a Torino e daranno tutte tre II birichino di Parigi. Sentiremo gli applausi. •— E chi perderà offrirà la ce- na al « Cambio ». ■— Accettato! Nel vedere le fotografie ingiallite di quelle soubrettes non possiamo fare a meno di pensare: ma son proprio queste donnone grassocce e prosperose quelle di cui favoleggiano i nostri padri? Le gambe costrette nell'aderente maglione rosa, il corpo asserragliato nel busto a stecche di balena, le braccia nascoste in prolissi guanti glacés, richiamano al paragone i corpi snelli dalle forme sinuose di una qualsiasi odierna girl di fila. La soubrette è lì, impettita; l'han- no fotografata (« Studio d'Arte Berlinzoni ») nella sua elegante villa liberty, fra il comico Mar- chetti e il tenore Gargano che la guardano ammiccando. In primo piano è un tavolino esile con sopra un fonografo dalla grande tromba e — come sfondo — troneggia uno specchio solcato nell'angolo da un iris di iegno. Questa fotografia l'abbiamo vista riprodotta in un settimanal?, con la dicitura: «Vanda Osiri, De Sica e Melnati di quarant'anni fa Molti giovanotti hanno ri- attorno ai laghetti popolati da cigni neri. Occhi e gioielli gareg- so e molte signorine hanno esclamato: — Fantastico!.,. Eppure noi, che a quei tempi non eravamo ancora nati, se chiudiamo gli occhi, riviviamo i giorni d'allora e risalendo alle origini dell'operetta ci ritroviamo come per incanto in un parco popolato di principi consorti, di regine belli3sime e di bionde baronesse moribonde, perdutamente malate d'amore per dei granduchi emaciati e bruni, cui la tragedia si addensava negli occhi foschi. Oh fantastica visione della nostra adolescenza, quando — di fronte ai nostri occhi stupiti — si avvicendavano le proiezioni della Vienna imperiale, attraverso i vetrini colorati della lanterna magica! Nell'imperiale parco del Prater la luce bluastra e irreale dei fanali a gas, simili a lumi velati di un'immensa stanza nuziale, suscitava ombre fantastiche fra gli alberi secolari. Molte carrozze passavano incrociandosi e svoltando per le eleganti curve giavano di splendore, chiari abiti fasciavano le ricche membra delle grassottelle pollanche viennesi, verso le quali si chinavano gentiluomini e ministri galanti, in solino e in tuba, per mormorare frasi maliziose, sfiorando con le barbe o le fedme le spalle delle soavi compagne. Sui tilbnry trascorrevano gruppi di uffi- ciali in giubba bianca, clecoratis- simi, rubizzi dopo la cenetta ap- petitosa (caviale, patè-de-foie gras, Porto, finanziera coi tartu- fi, lepre in salmi, frutta in ghiac- sio, champagne), coi baffi di capecchio, i collettacci a capestro e lunghissimi sigari sorretti dalle mani guantate; in dog-cart qualche lion annoiato in cilindro volgeva il viso negligente come un Dorian Gray senza speranze. Si è riso crudelmente di quest'epoca. Tutto è stato stroncato con quella ferocia che i posteri soltanto sanno avere. Le barbe e i tubi di stufa, le redengotte e le pettinature maschili a conpde-vsnt, i favoriti e gli stivaletti elastici, gli ombrellini dal manico snodato, i costumi da bagno a rigoni orizzontali, le cappelline alla marinara, i gruppi fotografici, le esposizioni universali, i viaggi in pallone, le gite in tandem, il pattinaggio e Io skating, il cricket, lo stile liberty, i fiori finti, le automobili alla Ridolini coi fanalacci di ottone... tutto fu passato all'acido solforico del ridicolo, senza pietà e senza distinzione. Voi che ridete sfogliando l'album fotografico lasciatovi dalla vecchia zia, non pensate o incon- siderati, che fra vent'anni Greta Garbo sarà grottesca come oggi la Be:la Otero? Attenzione ai ni- Poti! E' tempo di metterci d'ac- cordo per far bella figura coi po¬ steri; ritiriamo dalla circolazione certi mobili razionali, rompiamo i ninnoli, bruciamo le carte' da bridge, gli itinerari della crociere, i settimanali illustrati coi foto- montaggi da torcicollo. Auspi chiamo l'avvento di un novello Savonarola che organizzi nelle pubbliche piazze altri e più terribili bruciamenti delle vanità yj. Attenzione ai posteri! Nizza e Morbelli Sul fronte greco-albanese: una oolonna di salmerie verso le prime linee