Pellegrinaggio a Italica la città dei legionari di Riccardo Forte

Pellegrinaggio a Italica la città dei legionari VESTIGIA ROMANE IN SPAGNA Pellegrinaggio a Italica la città dei legionari (Dal. nostro inviato) .puSIVIGLIA, marzo. stC'è nella lirica castellana una mpoesia che è tenuta per modello I cedelle elegie e che è proposta agli studiosi di giovane età quale un ! Qperfetto componimento poetico, fclbreve e compiuto nella sua beni lavorata forma, garbatamente or-! dinato dall'esordio all'epilogo, conjaun ritmo grave e un accento do- ! loroso che salgono di strofa in strofa dalla tristezza al dolore, dal dolore al pianto, dal pianto alla riflessione non sconsolata, ma serena e pacatamente amara: è l'Elegia alle rovine d'Italica, di Rodrigo Caro, poeta che fiori in Ispagna nella prima metà del secolo XVII, c di cui certamente quei versi che riproducono, esal- bpdbntano e compiangono l'italico gen-, til nome sono i più puramente li-1 arici, i più degni di sfidare il tempo: e difatti saranno ricordati e- ternamente. Il poemetto è vcra- hvtmente un piccolo capolavoro, una! di quelle composizioni di buona co-' Glata, fatte tutte d'un pezzo, in cui dl'artista mescola, senza sforzo, la.aschiettezza del getto poetico con : I ia perfezione della veste in cui si : presenta: fusione delle supreme '- qualità artistiche, che è dato soltanto ai migliori e ai più. fortunati di raggiungere, e non tutti i giorni. Si chiamava Paco, ma non era quello « Le rovine d'Italica cosi s'intitola la poesia del Caro e cosi viene nominata ancor oggi Italica fra dll| cI c,drs; gm^Spagnoli. Italica non è una, citta, un puntotopografico^ dove | vquasi amorosamente: come dire, i il fu Tal dei Tali. Anch'io, quan- ido, a Siviglia, ho cercato un mec'eanico e soprattutto una automo- mle fornita di qualche litro di ben- _= „ „„^„.„ ;„ „„ii«™»ìV,o^^,« , z na P«\™?a.re in pellegrinaggio alla citta di Traiano, e riparare l'ingiusto oblio dei più, la mia fretta colpevole delle tante volte che era venuto in Andalusia, e ho -' chiesto di essere trasportato a Ita Hcai nli sono sentito correggere da - una risposta precisa: —- Alle rovi-!"e d'Italica? - E di certo questi i Andalusi non sono portati alla - tristezza e al pessimismo. Gli è che Italica non vive più. E gii An- -:dalusi non sono avvezzi a dar un m ■ nome vivente a ciò che non vive, ni o ci si possa incontrare, qualche cosa che viva nella vita di tutti i giorni; no, Italica sono le rovine, e non si parla della città romana senza farne precedere il nome da quella parola lugubre, ma che è pronunziata senza insistenza, zuqpatadmdalstlsqadcRIl meccanico è un certo Paco. 1 .. .L Andalusia fornisce 1 migliori guidatori e meccanici di Spagna; -: di quello che ricordavo 10. inquie-|a to ma fedele conduttore del colle- fa dun.g,o,nale ronjf"0 durante - " SerVjZ'° T f';°n^ » ^"u- ^ i a : vevo dimenticato tutto fuorché .1 nome, assai generico e diffuso iia, Ispagna; e l'ho cercato con l'insi- stenza di chi sostiene una causa , I disperata. -ì — Come volete na. che si cerchi un meccanico sa mi hanno ri¬ ^ÌT^L^J^^^^^e', ™ "'"-''V" ""=**«h"vv ; -'Pencio cne si eniama mo. Le nei - e uno. di Paco, a Siviglia!». - -Ma è un ragazzo che dà nel- - rocchio, un tipo d. ragazzaccio,Uo bruno, con l'aria prepotente... a """volete" Darlare"dì"aueÌ"paco' -„ha ,Q„„"LP„„a „i?TtJ?"J0 ■ che lavorava con gl'Italiani, du- . """""" e i r£mte la guerra o ~ Perbacco, avete azzeccato. l Sapete dove abita? i II viaggio cominciava bene: eci co, dicevo fra me e me. una vec,. li ^T!^. "li..!?t -^ /'tornato a quei tempi. E .irut-ra la mattina oiomn orati a ta. tutto contento: — Eccolo, signore. E' arrivato, -ì — Ma chi? a, — Paco! ■ o- - Questo non c Paco, rispondo, - ie]uso a - Si chiama Paco, ve lo garan-ì "li. *t 1 tf t f t i, ^u"a la mattlna siamo stati a te-j - lefonare a casa di Paco, che ve-i o nisse che si spicciasse. Quand oc-ji co che. verso mezzogiorno, entra ;nella rimessa un giovanotto sciai-1 ^la^^rit^^n^,^ - ba paludo, biondastro, con una ì'?!^.^^.!!!. padrone ml -'tìsco- *ffn cercavate Paco? o — Gla. »• ma... o.- H falso Paco, che era Paco per'-, davvero, mi guardava triste e si-1 l-lenzioso, aspettando che mi deci-1 - dessi a rassegnarmi; e a un certo e iiiiiinMiiiiiMii punto pensai che era di cattivo gusto fargli vedere che ero rimasto male Perchè non era il Paco che cercavo. — Va bene, dissi alla fine, Quanto mi prendete, Paco, per anclare :l Italica? — Sessanta pesete, signore, — Eh! Sono dieci chilometri aPPcna ~ 1Ia sapete, signore — Ma sapete, signore, che la benzina costa nove lire al litro. — Avete ragione anche voi. E' pronta la macchina? — Pronta, no. Se si potesse andar domani, sarebbe meglio. — Invece bisogna andarci oggi. — Gli è che... la macchina ha bisogno d'una pulita, signore. — Una pulita? E perchè'? — Vi dirò. Con questi contadi- bnvcslcgisApncni. è un gran guaio. Non ci sono ; , - — » » — -----1 1 autocarri, non Ce benzina, e jenl hanno noleggiato la mia bella | vettura per trasportare una vitella. E la vitella! Basta, basta, ho capito, ' Guardate di pulir la macchina in due ore. E poi mi siedero accanto .a v01' davanti, : Cosl sono partito, nella vettura disponibile a Siviglia per le vitelle e altre persone. La grande dimenticata Dieci chilometri di campagna, lungo le rive del Guadalquivir. Ec| co un'umile borgata sperduta fra I campi di grano e oliveti, riparata ,da una molle ondulazione del terreno: Santiponce. Si passa il paese, e un chilometro dopo si rag; giunge il bivio per Italica. Sul margine opposto della strada mae- , che da „ suo nastro po, | verogo fra ,e campagne a è - n , in direzione di Huelva e del Portogallo, una bianca casa rustica, adorna di qualche magro albcretto, ccn un porticato davanti, alla maniera andalusa, e qualche seggiola, il tutto povero e secco, come tanti aspetti di questa terra cosi ricca, dove gli uomini hanno spesso fame, e che non per nulla ha prodotto Seneca, insomma una venta andalusa che parrebbe una spe-1 lcnca se l'accoglienza non vi fos [1 lse così cordiale! offre al viandan- ' te il suo po' di ristoro. E la venta \l'hanno intitolata, questi Andalusi che vogliono cantar sempre, questi Napoletani di Spagna, che ianche se hanno una pena in corpo debbono burlarla con frasi ilariLe canzonanti: La alegrìa de Italica.\Rcdrigo Caro aveva cantato, nel-ia sua nobile elegia, la tristezza del pellegrino di fronte all'opera che il tempo aveva compiuto a Italica. Gli Andalusi del posto . 1 hanno trovato, per battezzare una .. osteria di campagna, una insegna i che è tutto u contrario: La ale- ; "rfJl^^a." t^" bVanca V,.7a -|' - campeggia in un panorama di de- solata solitudine, offre il suo vino e e le sue acciughe col pane giallo^ i cti puro mais in mezzo alla cam-1 silcnziosa e vuota dove una, - J?0jj fa a ¬ diciassette o diciotto sesi ergeva una città splendida di vaste sale e di giardini, che riempiva e popolava tutta queta vasta distesa di terra ondula- ^.^ era non s'ergono che i fu ; sti sinistri degli spaventapasseri. ei italica può dirsi «la grande dimenticata -> - Pocho settimane fa l'attenzione ,U, pubblico in Ispagna e ancheo' tu°v' di ,qi!! è Stata «chiamata su 0 "alica dalla scoperta, nel sotto- . suolo di una casa di Santiponce di una bellissima Venere romana che l'Ufficio di difesa del patrimonio artistico ha subito preso sotto la sua protezione, e sulla . quale attualmente sono chini gli t archeologi di Siviglia e di Madrid E Vado , =ecie,.e la*Venere. ma vai . . .... ' La storia di Italica è una delle , meno note, 1 suoi resti, secondo quello che ne mostrano le fotogra- ■ fie, sono poco espliciti, perchè an-, che sulle vestigia rispettate dal tempo s'è accanita l'umana bestia- -ì lità. Qui non si tratta di rossi; " ~ — -~«w»w, . U -j do soprattutto a vedere Italica, a -i plegarml sugll aparal aegnl del auo -jap]endore e sul mister0 ancor più a ;fi'tto della aua dLstruzione. -1 ^ Dove si stendeva la città a r'sue ire represse; qui l'incuria -1 l'abbandono, l'ignoranza di passa-1 ti governi hanno danneggiato, colo pito, distrutto e parrebbe incredinessuna fazione politica ha pre¬ so Italica quale bersaglio delle bile, con più implacabile precisione di quanto potessero fare altrove, come a Poblet, un vandalismo cosciente e un odio settario. Trascurata per molti secoli dal popolo che avrebbe dovuto ospitarla con geloso e fiero amore, questa gioia della romanità fu devastata in pochi decenni in una gara di stupido dilettantismo distruttore. Almeno fosse stata passione di parte; ma neppur questo. Dinanzi alla venta dell'Aorta nasce una stradicciuola, perpendicolare alla strada maestra, che sale, per una leggerissima ondulazione di terreno, sulla quale una falsa casetta romana, costruita nel secolo passato, e dove è stato diligentemente ordinato un museo degli oggetti di ceramica e dei frammenti architettonici scoperti 1 l nella citta, annunzia che siamo | 1 iunti a Italica. Davanti al museo c'è uno spiazzo ben ripulito c coperto di ghiaia e appena pagato il biglietto d'ingresso ci s'inoltra per un viottolo che porta all'immenso anfiteatro, vicinissimo. Vi si accede per tre grandi archi, tre porte di cui una sola permane, restaurata abbastanza bene, e delle altre restano poco più che vestigi. Lo spettacolo, tutt'intcrno, è di una desolata maestà. Il sole splende come in un giorno d'estate. Da Italica si domina un gran tratto di pianura, mossa come il mare, sulle cui pieghe scendevano, verso le rive del Guadalquivir, che scorre silenzioso e ampio poco distante, le cas^ e gli orti dei legionari. La città era tutta distesa, aperta in quel respiro e sotto quella luce che son proprii agli abitanti romani: e che ritroviamo nel [tracciato delle strade di Italica, 1 chiare, ben distinte. Italica giace sotto questa terra cittadina, in questa campagna impastata di lussuosa urbanità, nella quale affiorano i bellissimi mosaici e si staccano e si separano e s'impongono, stracciando qua e là il manto di desolazione e di morte che hanno tessuto diciotto secoli, li resti delle mura, le fontane, i ' pavimenti delle s tanze .le vasche, \a lastricato delle strade. Queste nnrihiì /ir\aa irh»,*it-i r-i nel unni a • «-»<-«_ poche cose rivivono nel nome: così dolce, cosi lieve, così puro; più i rnusicale che gli altri nomi roma ni, e che porta a noi, insieme allo stupore magico che suscita ogni \cos*dl Roma, insieme a quel senìfffdl maschia forza e di cosa per- fetta e definita e di salute e di ìbeliezza slcura.' gli effluvi di una Presenza più vicina a noi, più freo untala, più vivamente amata a perchè ancora viva. Italica non è a : PeF «joisoltanto una città romana. - ;Polche ln °.uel nome- che non.le f» a i?08.^ Per caso sono riassunti tut- *? " nostr° sentire, i nostri palpi 'ti, la nostra vita. o oLsPIra »n aere tiepido e leggero. -ìUna grande pace regna nella camniPagna. che Io sguardo abbraccia , - ifino al convento di Santiponce. A sinistra s'indovina il Guadalquivir dalle brume che s'innalzano sul gran fiume affollato di barconi e navicelle e sporcano un orlo del cielo. Riccardo Forte Pellegrinaggio a Italica la città dei legionari VESTIGIA ROMANE IN SPAGNA Pellegrinaggio a Italica la città dei legionari (Dal. nostro inviato) .puSIVIGLIA, marzo. stC'è nella lirica castellana una mpoesia che è tenuta per modello I cedelle elegie e che è proposta agli studiosi di giovane età quale un ! Qperfetto componimento poetico, fclbreve e compiuto nella sua beni lavorata forma, garbatamente or-! dinato dall'esordio all'epilogo, conjaun ritmo grave e un accento do- ! loroso che salgono di strofa in strofa dalla tristezza al dolore, dal dolore al pianto, dal pianto alla riflessione non sconsolata, ma serena e pacatamente amara: è l'Elegia alle rovine d'Italica, di Rodrigo Caro, poeta che fiori in Ispagna nella prima metà del secolo XVII, c di cui certamente quei versi che riproducono, esal- bpdbntano e compiangono l'italico gen-, til nome sono i più puramente li-1 arici, i più degni di sfidare il tempo: e difatti saranno ricordati e- ternamente. Il poemetto è vcra- hvtmente un piccolo capolavoro, una! di quelle composizioni di buona co-' Glata, fatte tutte d'un pezzo, in cui dl'artista mescola, senza sforzo, la.aschiettezza del getto poetico con : I ia perfezione della veste in cui si : presenta: fusione delle supreme '- qualità artistiche, che è dato soltanto ai migliori e ai più. fortunati di raggiungere, e non tutti i giorni. Si chiamava Paco, ma non era quello « Le rovine d'Italica cosi s'intitola la poesia del Caro e cosi viene nominata ancor oggi Italica fra dll| cI c,drs; gm^Spagnoli. Italica non è una, citta, un puntotopografico^ dove | vquasi amorosamente: come dire, i il fu Tal dei Tali. Anch'io, quan- ido, a Siviglia, ho cercato un mec'eanico e soprattutto una automo- mle fornita di qualche litro di ben- _= „ „„^„.„ ;„ „„ii«™»ìV,o^^,« , z na P«\™?a.re in pellegrinaggio alla citta di Traiano, e riparare l'ingiusto oblio dei più, la mia fretta colpevole delle tante volte che era venuto in Andalusia, e ho -' chiesto di essere trasportato a Ita Hcai nli sono sentito correggere da - una risposta precisa: —- Alle rovi-!"e d'Italica? - E di certo questi i Andalusi non sono portati alla - tristezza e al pessimismo. Gli è che Italica non vive più. E gii An- -:dalusi non sono avvezzi a dar un m ■ nome vivente a ciò che non vive, ni o ci si possa incontrare, qualche cosa che viva nella vita di tutti i giorni; no, Italica sono le rovine, e non si parla della città romana senza farne precedere il nome da quella parola lugubre, ma che è pronunziata senza insistenza, zuqpatadmdalstlsqadcRIl meccanico è un certo Paco. 1 .. .L Andalusia fornisce 1 migliori guidatori e meccanici di Spagna; -: di quello che ricordavo 10. inquie-|a to ma fedele conduttore del colle- fa dun.g,o,nale ronjf"0 durante - " SerVjZ'° T f';°n^ » ^"u- ^ i a : vevo dimenticato tutto fuorché .1 nome, assai generico e diffuso iia, Ispagna; e l'ho cercato con l'insi- stenza di chi sostiene una causa , I disperata. -ì — Come volete na. che si cerchi un meccanico sa mi hanno ri¬ ^ÌT^L^J^^^^^e', ™ "'"-''V" ""=**«h"vv ; -'Pencio cne si eniama mo. Le nei - e uno. di Paco, a Siviglia!». - -Ma è un ragazzo che dà nel- - rocchio, un tipo d. ragazzaccio,Uo bruno, con l'aria prepotente... a """volete" Darlare"dì"aueÌ"paco' -„ha ,Q„„"LP„„a „i?TtJ?"J0 ■ che lavorava con gl'Italiani, du- . """""" e i r£mte la guerra o ~ Perbacco, avete azzeccato. l Sapete dove abita? i II viaggio cominciava bene: eci co, dicevo fra me e me. una vec,. li ^T!^. "li..!?t -^ /'tornato a quei tempi. E .irut-ra la mattina oiomn orati a ta. tutto contento: — Eccolo, signore. E' arrivato, -ì — Ma chi? a, — Paco! ■ o- - Questo non c Paco, rispondo, - ie]uso a - Si chiama Paco, ve lo garan-ì "li. *t 1 tf t f t i, ^u"a la mattlna siamo stati a te-j - lefonare a casa di Paco, che ve-i o nisse che si spicciasse. Quand oc-ji co che. verso mezzogiorno, entra ;nella rimessa un giovanotto sciai-1 ^la^^rit^^n^,^ - ba paludo, biondastro, con una ì'?!^.^^.!!!. padrone ml -'tìsco- *ffn cercavate Paco? o — Gla. »• ma... o.- H falso Paco, che era Paco per'-, davvero, mi guardava triste e si-1 l-lenzioso, aspettando che mi deci-1 - dessi a rassegnarmi; e a un certo e iiiiiinMiiiiiMii punto pensai che era di cattivo gusto fargli vedere che ero rimasto male Perchè non era il Paco che cercavo. — Va bene, dissi alla fine, Quanto mi prendete, Paco, per anclare :l Italica? — Sessanta pesete, signore, — Eh! Sono dieci chilometri aPPcna ~ 1Ia sapete, signore — Ma sapete, signore, che la benzina costa nove lire al litro. — Avete ragione anche voi. E' pronta la macchina? — Pronta, no. Se si potesse andar domani, sarebbe meglio. — Invece bisogna andarci oggi. — Gli è che... la macchina ha bisogno d'una pulita, signore. — Una pulita? E perchè'? — Vi dirò. Con questi contadi- bnvcslcgisApncni. è un gran guaio. Non ci sono ; , - — » » — -----1 1 autocarri, non Ce benzina, e jenl hanno noleggiato la mia bella | vettura per trasportare una vitella. E la vitella! Basta, basta, ho capito, ' Guardate di pulir la macchina in due ore. E poi mi siedero accanto .a v01' davanti, : Cosl sono partito, nella vettura disponibile a Siviglia per le vitelle e altre persone. La grande dimenticata Dieci chilometri di campagna, lungo le rive del Guadalquivir. Ec| co un'umile borgata sperduta fra I campi di grano e oliveti, riparata ,da una molle ondulazione del terreno: Santiponce. Si passa il paese, e un chilometro dopo si rag; giunge il bivio per Italica. Sul margine opposto della strada mae- , che da „ suo nastro po, | verogo fra ,e campagne a è - n , in direzione di Huelva e del Portogallo, una bianca casa rustica, adorna di qualche magro albcretto, ccn un porticato davanti, alla maniera andalusa, e qualche seggiola, il tutto povero e secco, come tanti aspetti di questa terra cosi ricca, dove gli uomini hanno spesso fame, e che non per nulla ha prodotto Seneca, insomma una venta andalusa che parrebbe una spe-1 lcnca se l'accoglienza non vi fos [1 lse così cordiale! offre al viandan- ' te il suo po' di ristoro. E la venta \l'hanno intitolata, questi Andalusi che vogliono cantar sempre, questi Napoletani di Spagna, che ianche se hanno una pena in corpo debbono burlarla con frasi ilariLe canzonanti: La alegrìa de Italica.\Rcdrigo Caro aveva cantato, nel-ia sua nobile elegia, la tristezza del pellegrino di fronte all'opera che il tempo aveva compiuto a Italica. Gli Andalusi del posto . 1 hanno trovato, per battezzare una .. osteria di campagna, una insegna i che è tutto u contrario: La ale- ; "rfJl^^a." t^" bVanca V,.7a -|' - campeggia in un panorama di de- solata solitudine, offre il suo vino e e le sue acciughe col pane giallo^ i cti puro mais in mezzo alla cam-1 silcnziosa e vuota dove una, - J?0jj fa a ¬ diciassette o diciotto sesi ergeva una città splendida di vaste sale e di giardini, che riempiva e popolava tutta queta vasta distesa di terra ondula- ^.^ era non s'ergono che i fu ; sti sinistri degli spaventapasseri. ei italica può dirsi «la grande dimenticata -> - Pocho settimane fa l'attenzione ,U, pubblico in Ispagna e ancheo' tu°v' di ,qi!! è Stata «chiamata su 0 "alica dalla scoperta, nel sotto- . suolo di una casa di Santiponce di una bellissima Venere romana che l'Ufficio di difesa del patrimonio artistico ha subito preso sotto la sua protezione, e sulla . quale attualmente sono chini gli t archeologi di Siviglia e di Madrid E Vado , =ecie,.e la*Venere. ma vai . . .... ' La storia di Italica è una delle , meno note, 1 suoi resti, secondo quello che ne mostrano le fotogra- ■ fie, sono poco espliciti, perchè an-, che sulle vestigia rispettate dal tempo s'è accanita l'umana bestia- -ì lità. Qui non si tratta di rossi; " ~ — -~«w»w, . U -j do soprattutto a vedere Italica, a -i plegarml sugll aparal aegnl del auo -jap]endore e sul mister0 ancor più a ;fi'tto della aua dLstruzione. -1 ^ Dove si stendeva la città a r'sue ire represse; qui l'incuria -1 l'abbandono, l'ignoranza di passa-1 ti governi hanno danneggiato, colo pito, distrutto e parrebbe incredinessuna fazione politica ha pre¬ so Italica quale bersaglio delle bile, con più implacabile precisione di quanto potessero fare altrove, come a Poblet, un vandalismo cosciente e un odio settario. Trascurata per molti secoli dal popolo che avrebbe dovuto ospitarla con geloso e fiero amore, questa gioia della romanità fu devastata in pochi decenni in una gara di stupido dilettantismo distruttore. Almeno fosse stata passione di parte; ma neppur questo. Dinanzi alla venta dell'Aorta nasce una stradicciuola, perpendicolare alla strada maestra, che sale, per una leggerissima ondulazione di terreno, sulla quale una falsa casetta romana, costruita nel secolo passato, e dove è stato diligentemente ordinato un museo degli oggetti di ceramica e dei frammenti architettonici scoperti 1 l nella citta, annunzia che siamo | 1 iunti a Italica. Davanti al museo c'è uno spiazzo ben ripulito c coperto di ghiaia e appena pagato il biglietto d'ingresso ci s'inoltra per un viottolo che porta all'immenso anfiteatro, vicinissimo. Vi si accede per tre grandi archi, tre porte di cui una sola permane, restaurata abbastanza bene, e delle altre restano poco più che vestigi. Lo spettacolo, tutt'intcrno, è di una desolata maestà. Il sole splende come in un giorno d'estate. Da Italica si domina un gran tratto di pianura, mossa come il mare, sulle cui pieghe scendevano, verso le rive del Guadalquivir, che scorre silenzioso e ampio poco distante, le cas^ e gli orti dei legionari. La città era tutta distesa, aperta in quel respiro e sotto quella luce che son proprii agli abitanti romani: e che ritroviamo nel [tracciato delle strade di Italica, 1 chiare, ben distinte. Italica giace sotto questa terra cittadina, in questa campagna impastata di lussuosa urbanità, nella quale affiorano i bellissimi mosaici e si staccano e si separano e s'impongono, stracciando qua e là il manto di desolazione e di morte che hanno tessuto diciotto secoli, li resti delle mura, le fontane, i ' pavimenti delle s tanze .le vasche, \a lastricato delle strade. Queste nnrihiì /ir\aa irh»,*it-i r-i nel unni a • «-»<-«_ poche cose rivivono nel nome: così dolce, cosi lieve, così puro; più i rnusicale che gli altri nomi roma ni, e che porta a noi, insieme allo stupore magico che suscita ogni \cos*dl Roma, insieme a quel senìfffdl maschia forza e di cosa per- fetta e definita e di salute e di ìbeliezza slcura.' gli effluvi di una Presenza più vicina a noi, più freo untala, più vivamente amata a perchè ancora viva. Italica non è a : PeF «joisoltanto una città romana. - ;Polche ln °.uel nome- che non.le f» a i?08.^ Per caso sono riassunti tut- *? " nostr° sentire, i nostri palpi 'ti, la nostra vita. o oLsPIra »n aere tiepido e leggero. -ìUna grande pace regna nella camniPagna. che Io sguardo abbraccia , - ifino al convento di Santiponce. A sinistra s'indovina il Guadalquivir dalle brume che s'innalzano sul gran fiume affollato di barconi e navicelle e sporcano un orlo del cielo. Riccardo Forte

Persone citate: Poblet, Rodrigo Caro, Seneca, Traiano