GINO ROCCA personaggio da romanzo

GINO ROCCA personaggio da romanzo GINO ROCCA personaggio da romanzo A poche ore dalla morte degli uomini è universale tendenza di collocarli in cristalline teche di necrologi appannati di lagrime, in epitaffi decorativi e laudativi un po' irreali. Direi che si modellano in fretta e furia simulacri di cera che assomigliano agli originali come le statue del Museo Toussaud agli uomini in carne ed ossa che si vogliono rappresentare. Sono simulacri, e non ritratti : lo stesso abbellimento delle fattezze, l'eccessivo carmino dato alle guance, il ringiovanimento plastico di una fisonomia che con le sue rughe riproduceva le fasi della vita, ne rispecchiava le passioni e le malattie, gli inebriamenti e le disperazioni, allontanano la commozione che vorrebbero richiamare. Non li sentiamo più di carne, quegli uomini; ma appunto di cera e quello che ce li faceva vicini al cuore e allo spirito, cioè la materia, la « loro materia non peggiore ne migliore della nostra ; ma soltanto diversa » è coperta dalla vernice stralucida di parole convenzionali. La storia deve poi lavare e ripulire il ritratto da quella vernice, proprio come fa il restauratore di pitture che riscopre i lineamenti originali e le velature della mano maestra sotto la crosta degli « abbellimenti » posteriori ed anonimi. Chi ci perde, in queste biografie agghindate e solenni, sono soprattutto non i contemporanei che le leggono o i posteri che le leggeranno; ma proprio i soggetti. Molte volte è il jmtos del biografo, affetto di amico o di collega, che detta o a caldo > il necrologio e lo devia dalla verità. A distanza da un mese dalla morte mi vien fatto di pensare a Gino Rocca come al personaggio di un romanzo e non perché egli si fosse ricalcato su qualche modello letterario (poche persone furono più di lui lontane dalla posa) ma perchè le sue qualità e i suoi difetti, la compagine della sua vita avventurosa e gagliarda ebbero uno stile e una caratterizzazione romantica. Chi descriverà in un vasto panorama il trentennio italiano che va dal novecentodieci al novecentoquaranta e avrà bisogno di un personaggio, magari di un protagonista, che sia veramente il « figlio del secolo », il simbolo di una giovinezza eroica, disincantata e pure poetica, pensi a Gino Rocca. Ci sono sue descrizioni pitto resche e drammatiche della pri ma Redazione del Popolo d Italia e un bel capitolo del futuro romanzo sarebbe proprio questo incontro di poeta e Condottiero, « inediti », avvicinati e intonati non senza destino davanti al crogiuolo della storia avvenire. L'Ottocento gli aveva dato la cultura letteraria e la raffinatezza, i suoi avi gli avevano tramandato la spavalderia e il senso cavalleresco e signorile del feudatario, la guerra gli versò nell'animo la umanità. C'erano troppe correnti in lui, troppi controsensi perchè fosse soddisfatto e felice nel senso boriili ese. della parola; uomo da minoranze, paladino degli accusati accusatore dei falsi-potenti, fu sempre dove non c'era « da guadagnare ». Tutte le esperienze lo tentarono ; anche quelle del giuoco, anche quelle dell'amore. Il rischio gli parve nobile in trincea e in redazione, davanti al tappeto verde e sull'orlo del'a lettera amorosa. E il suo ciclo è santificato dal passo di conquistatore col quale varcò i marciapiedi de1, dopoguerra vestito da granatiere, dal passo misero col quale negli ultimi mesi della vita barcollò, appoggiato alle stampelle sulla soglia di casa, simile a una procellaria caduta da un grattacielo. Infatti era caduto da un grattacielo ideale che lo aveva avvicinato alla gloria, all'amore, alla ricchezza, invano e per poco tempo. E anche questo mi fa pensare al donchisciottismo di Cervantes, il mutilato della battaglia di Lepanto, che trascinò gli ultimi anni nella sua casa di Valladolid. Bisognerà che il futuro romanziere si faccia descrivere la sua alta figura bionda che, al fronte, gli aveva guadagnato il soprannome di o kronprinz », si faccia descrivere il suo modo di gestitore e di sorridere, beffardo o melanconico. Aveva il pallore, il modo di porgere, la eleganza di certi grandi attori italiani del Palazzo Borbone. Watteau lo avrebbe eternato come Gilles. Per quanto abbia scritto romanzi, poesie e saggi critici il suo genio letterario era teatrale. Amava gli attori e la loro compagnia che molti letterati schifano; ne capiva la fatica e la missione, ne condivideva le debolezze, le accecate ire, le miserie. Il suo veuezianismo trape"lava nelle indulgenti predilezioni per le assurde donne della scena ; ei ricollegava in queste tradizionali vicissitudini, impolverate dal palcoscenico e dalla cipria, ull'esempio dei due commediografi rivali: il Gozzi e il Goldoni. E in nessun clima si trovava a suo agio come a Venezia. Abitò qual che anno una buia casa sulla Piazzetta della chiesa di San Gregorio, al di là del Canale, e gli piaceva proprio di essere nel buio, nella muffa, nella tristezza, di Venezia. Molti scrittori italiani e stranieri, grandi e piccini, ospiti di Venezia avevano seguito la falsariga e la falsa vita degli euStrlgPab«eMvscdfiscmcdsdtslmtnfvefnmmsleptipevvntvmgrlretIplddietls~SncdArtvnfvDlplcrvIepocgtdpunbtlafAl e o e o e a e i e fi n o a i , i i oo i eroi del « Fuoco »; epigoni di un modo byroniano di vivere. Senza levrieri, senza giardino o terrazza sul Canal Grande, si sarebbero sentiti poveri e spregevoli. Gino Rocca, rifuggendo dai grandi caffé cosmopoliti della Piazza San Marco © dagli sbarri alla moda, frequentava la « Carbonéra » e a II Colombo » il « Caffé del Trovatore » a Rialto e il pergolato cinquecentesco di Montin. Prendeva a preferenza il vaporetto parendogli la gondola snaturata dal ruffianesimo dei canzonieri. Le ombre della calle del Ridotto e di San Moisé, dove faceva traghetto, gli suscitavano intorno i fantasmi dell'amato settecento. Aveva con sé una piccola corte, amici fidatissimi e limili, che sapevano ascoltare anche i suoi vaneggiamenti polemici dettati da uno spirito donchisciottesco, da un bisogno di condannare i proprii vizii, di pentirsi pubblicamente, a alla russa », dei proprii trascorsi. A chi lo vide o lo conobbe superficialmente parevano ostentate e contradditorie le sue bizzarre alternative di fede, di opinione, di affetto. E rispondevano a un suo violento e spontaneo essere e non essere, a un suo amletismo di fronte al bene ed al male che però non intaccava le radici dei sentimenti profondi. I suoi atteggiamenti oscillavano nella parte visibile alla luce e fiorita, mentre le radici come quelle di cèrte piante acquatiche rimanevano attaccate alla terra. Così, se nel suo infatuamento degli anni giovanili parve sedotto dalle complicazioni e dalle emanazioni della città dove lo avevano inebriato le rotative, le danze, le eleganze, le vanità mondane e letterarie, in realtà rimase provinciale. Era provinciale, direi addirittura a comunale », avendo maniere, liu- UlmhsscrPssscrdppqncsnsutguaggio, 6tile da « gran signo re ». Le donne erano attratte dal-\lle sua imprendibilità, dalla appa-j". ■ r i i5- ■ '.nrente inermita che, d improvviso, J be quando meno si pensava, met teva gli artigli e lasciava il segno. Inatteso e imprevedibile ad ogni parola, quasi ad ogni gesto Roc- qbasti era l'antitesi di quel figurino!tletterario che si era venuto creali-!?do dagli imitatori dell'egotismo,6, 6 . .... °. 'qdannunziano o wildiauo. Aveva il pudore del proprio buon cuore ; e con lui si poteva parlare di tutto tranne delle sue « buone qualità ». Le sue virtù umane e i suoi meriti letterarii erano tabù itzsuvr~ ^. . .. • iSViava il discorso o, se pioVTÌ°'8non aveva modo di evitare letlodi che gli ei rivolgevano, preferiva di parlare delle sue opere future. Anche questo era un segno del riserbo provinciale ed aristocratico del suo carattere. La provincia, oculata, riflessiva e ironica proprio rinnegando i profeti che ha creato abitua i giovani a diffidare della vanagloria. Direi che i più eroici ardimenti, le santità più austere, gli studii più profondi sono modellati nella quiete delle vie tacite e antiche, sotto i porticati gotici o barocchi che smorzano le luci delle vetrine e le «arie» dei passanti. In provincia il peso degli edifici e delle tradizioni secolari, della parsimonia o della meditazione obbligatoria, è come la pressione che schiaccia la molla e immagazzina la virtù che la farà più tardi scattare. La provincialità di Gino Rocca era di questa tempra e aveva ricevuto il filo di una fierezza nordica dalla immanenza delle montagne che incombono su Feltre. Se egli era uscito da una fanciullezza crepuscolare, se egli stesso per certi suoi atteggiamenti poetici (Riverberi) fu definito un crepuscolare, furono le aurore ad affascinarlo. Aurora della guerra, aurora della rivoluzione. Fu chiamato da esse come il viandante che è di retto nella sua strada dall'alone di luce visibile molti chilometri lontano sul cielo notturno delle città moderne. Nella trama della sua vita, come in molte trame dello sue commedie, motivo dominante fu il contrasto tra l'ideale sognato e la realtà dell'ideale; l'insofferenza di tale delusione gli suggeriva i motti talora amari dei quali si compiaceva. A una vecchia a preziosa! ridicola» che gli confessava di| non amare le sue commedie ri ctlEccnÌ•i j T_ „.»;,.„ spose sorridendo: «lo non scn\oiper gli antenati, scrivo per 1 po steri ». Veramente e profondamente egli amò i poveri e i soldati : per loro non scriveva commedie; ma spendeva le parole della consolazione della raccomandazione j„ii„ ì.„ii„„„„ „„ ,,„„ delia tolleranza con una pazien-lza fraterna, a Bisogna essere uini-ili e coraggiosi •, lasciò scritto neltestamento al figliuolo: e anche: ti -, , 3. , , . «Ho ritrovato Dio nel tuo primovagito». Qualcuno gli domandò di scrivere una parola, una paroletta perchè un soldato fosse, non proprio imboscato; ma richiamato in licenza per un breve tempo. Rocca era a letto, affranto dai dolori ferocissimi dell'arto tagliato, vinto, se co6Ì si può dire dalla carne, presago della fine che si augurava prossima: a Non posso — disse — io, ufficiale dei granatieri». Nemmeno in extremis volle compiere un gesto mediocre. Raffaele Calzini

Persone citate: Cervantes, Gino Rocca, Goldoni, Lepanto, Montin, Raffaele Calzini, Rocca

Luoghi citati: Rialto, Venezia