La marcia del Giappone e l'arretramento anglo-sassone di Alfredo Signoretti

La marcia del Giappone e l'arretramento anglo-sassone La marcia del Giappone e l'arretramento anglo-sassone Ieri, scrivendo della visita di Matsuoka nelle Capitali dell'Asse, mettemmo in rilievo come l'avvenimento fosse annunziato subito dopo che le Potenze del Tripartito avevano riportato dei decisivi successi diplomatico-militari nei Balcani e nell'Asia sud-orientale. L'aver posto sullo stesso piano per importanza e l'adesione della Bulgaria al Tripartito col conseguente ingresso delle truppe germaniche e la firma dei preliminari di pace fra la Tailandia e l'Indocina sotto l'influenza determinante della mediazione giapponese, non sembri essere stato dettato da un cortese parallelismo in omaggio all'Impero amico ed alleato. E quanti, anche per l'incalzare degli eventi in zone vicinissime, hanno fornito un'attenzione limitata e distratta alle lontane vicende sulle rive del fiume Mekong si ricredano, poiché il recente atto diplomatico di Tokio costituisce una consacrazione ed apre orizzonti di valore storico fondamentale per la vita e l'equilibrio dell'Asia e del Pacifico. Lo sviluppo espansionistico del Giappone ha veramente del prodigioso quando si pensi che il primo passo fu compiuto nemmeno mezzo secolo fa colla prima guerra contro la Cina nel 1894: sono appena quarantacinque anni che esso si è creata una testa di ponte sul continente asiatico in Corea. Non indugeremo a ricordare le incalzanti tappe attraverso le quali arrivò già prima della guerra del 1914 a Formosa e quindi al possesso di folti arcipelaghi sparsi in tutto il Pacifico orientale. Per varie ragioni interne ed estere (dai tremendi terremoti alla rottura della ventennale alleanza coll'Inghilterra) trascorse un periodo di raccoglimento e di preparazione durato poco più di un decennio. Poi un giorno, il 18 settembre 1931, data da non dimenticarsi perchè è un punto fermo e non solo per la storia del Giappone, la marcia fu ripresa: la Manciuria cadde come un frutto maturo e nel giro di pochissimi anni i nipponici vi profusero una tale attività che fu un capolavoro di capacità organizzatrice in un quadro di assoluto rispetto delle autonomie delle regioni e delle popolazioni chiamate ad un più alto grado di prosperità e di lavoro. Fin d'allora, e lo si vide chiaramente nelle agitate e inutili discussioni ginevrine, lo schieramento delle opposizioni e delle simpatie si precisò abbastanza nettamente. Tuttavia Tokio procede senza titubanze; quando il ten tativo sinceramente perseguito di collaborare sur un piede di uguaglianza ma fuori di ogni influenza straniera con Ciang Kai-Shek si esaurì, le armate nipponiche ripresero il cammino che le ha portate a controllare direttamente le parti più ricche e popolose della Cina che si affacciano sull'oceano e lungo le grandi, pulsanti arterie fluviali. A questo punto si innesta un grande equivoco alimentato dalla propaganda anglo-sassone : poiché il Giappone non si è spinto sino all'occupazione integrale della Cina (la cui estensione si avvicina a quella del nostro Continente compresa la Russia europea) e poiché ogni tanto hanno luogo degli scontri armati colle residue forze del governo di Ciung-King, fu col tivata la leggenda che il governo di Tokio, impantanatosi in un'impresa senza via d'uscita verso i confini interni irraggiungibili, avesse ormai perduto la forza dinamica di propulsione sugli ambiti obiettivi meridionali costituiti dai ricchi arcipelaghi che circondano l'Asia. Anzi ne nacque una presuntuosa spiegazione secondo uno schematismo pseudoscientifico ; si disse cioè che a Tokio aveva trionfato la corrente di espansione territoriale rappresentata dall'Esercito ai danni dell'espansione marittima patrocinata naturalmente dalla Marina. Si trattava di un errore di prospettiva che avrebbe fatto comodo ai nemici del Giappone, ma che non corrispondeva affatto alla realtà; se mai quelle due correnti fossero davvero esistite, esse non si eliminava' no affatto; un popolo di cento milioni, con una formidabile organizzazione culminante nella potenza delle sue Forze Armate poteva ben tentare e realizzare la sintesi delle due tendenze espressioni di un'identica necessità e volontà di espansione. La sintesi si è avuta appunto nella guerra che continua tuttora; pur prendendo saldamente piede nella terraferma, i giapponesi hanno avuto cura di impadronirsi d' aitti gli sbocchi marittimi della Cina da sazfrcIzC1tdncgmipt1ptsfimpuSacrdncgapSTflnmmvradGnTicszSptvpbudvntprsenvqgrads è Tien-Tsin a Sciangai, da Sciangai a Canton, da Canton all'isola di Hainan di fronte all'Indocina. Così quando si determinò il crollo della Francia, il Giappone si trovò in una posizione privilegiata per non aver delle sorprese, anzi per provocarne ai suoi nemici, in quella posizione-chiave che è la colonia francese. L'ipotesi gratuita ed illusoria di Londra e di Washington che il Giappone fosse ormai un Impero paralizzato dallo sforzo compiuto e da compiere in Cina cadde nella sua vacuità e 10 dimostrò la concessione ottenuta dalle autorità francesi di presidiare con unità nipponiche porti e strade dell'Indocina settentrionale; il colpo di grazia le è stato dato dalla mediazione nel conflitto sorto in seguito alla richiesta da parte della Tailandia di territori carpiti nell'epoca in cui 11 Siam era alla mercè delle prepotenze inglesi da una parte e francesi dall' altra. La storia di questi soprusi è edificante per capire l'amore disinteressato delle « grandi democrazie » verso i piccoli popoli. Nel 1904 veniva concluso un Trattato per cui l'allora Siam era costretto a cedere alla Francia alcune sue province; in compenso gli veniva garantita solennemente l'indipendenza. Ma non erano trascorsi nemmeno tre anni che la Francia, connivente la Gran Bretagna per baratti concordati su altri settori degli immensi imperi coloniali, reclamava dal Siam nuovi territori. L'Inghilterra credeva che la Tailandia fosse un suo eterno feudo; non appena vide profilarsi la situazione sboccata nell'accordo dell'altro ieri, si mobilitò insieme colla diplomazia della Casa Bianca attraverso le arti dell'insidia e del ricatto, di cui è maestra, tanto a Bangkok quanto a Saigon; dimenticava la presenza del Giappone nel golfo del Tonkino e alle stesse frontiere della Tailandia. Così la crisi che gli inglesi avrebbero voluto procurare a loro vantaggio si è risolta nell'indicare la delicatezza della posizione della stessa Singapore, pernio estremo dei privilegi finora goduti dalle potenze anglo-sassoni in quella vasta e ricchissima zona. La pace di Tokio è per la politica inglese più che ' una battaglia perduta, il crollo su uno dei contrafforti essenziali del suo impero; E il Giappone vede affermata quella funzione direttrice nell'Asia Orientale che gli deriva dalla sua potenza demografica e militare e che è limpidamente fissata nel Patto Tripartito. Ma evidentemente le ripercussioni e gli sviluppi di tanto avvenimento non si fermeranno qui; gli inglesi spalleggiati dagli americani cercheranno di reagire e d'altro lato vi sono altre situazioni equivoche che debbono essere chiarite sull'esempio della Tailandia e della Indocina, in primo luogo la posizione delle Indie Olandesi. L'urto ha un respiro oceanico; il suo destino finale è legato strettamente alle sorti della battaglia che Italia e Germania conducono su altri fronti contro la volontà di egemonia mondiale degli anglo-sassoni. Non c'è dubbio che la vittoria sarà totale su tutti i fronti. Alfredo Signoretti MIMH IMI I IH I IMI I IH i r 111 (Il 11111M 11 MIM111MI II 1111M11 11 11

Persone citate: Ciang Kai-shek, Matsuoka