La fine dell'Inghilterra e il suo impero di Alfredo Signoretti

La fine dell'Inghilterra e il suo impero La fine dell'Inghilterra e il suo impero Uno dei dieci punti del discorso del Duce si riferisce alla fine dell'Inghilterra e alla sorte del suo impero. Quando la Gran Bretagna sarà sconfitta, anche se tenterà di trascinare l'agonia in qualche lembo delle terre rapinate in tre secoli di violenze e di raggiri, dovrà considerarsi perduta e la guerra sarà sostanzialmente finita anche se dovessero permanere dei residui di perturbazione specie nei traffici oceanici. Ma il Duce ha intravisto e indicato, sia pure con riserbo, un'altra prospettiva, che cioè i paesi dell'impero, dove già qualche cosa fermenta, realizzino la loro indipendenza: i cambiamenti nella carta politica del mondo sarebbero incalcolabili. Vediamo un po' particolarmente le posizioni delle varie parti del gigantesco e camaleontico impero. L'Irlanda ha rotto ogni legame di diritto e di fatto con Londra; ma gli inglesi amano spesso riferirsi ad una partecipazione irlandese alla compagine imperiale. La realtà è che il governo di Dublino ha preso l'occasione della guerra per mostrare nella maniera più concreta la sua assoluta indipendenza dall'Inghilterra proclamando la più ferma e la più rigida neutralità. Si sa che l'Irlanda trae parte del suo prestigio politico internazionale anche < '.Ila numerosa, prospera ed aUiva colonia dei suoi immigrati negli Stati Uniti, gente cacciata di là dall'Atlantico dalle tremende carestie volute ed esasperate dalla tirannica oppressione inglese; il governo britannico ha cercato di giovarsi della immorale e assurda solidarietà della Casa Bianca per esercitare delle pressioni su De Valera in modo da fare dell'isola un bastione contro la guerra dei sottomarini dell'Asse; malgrado insidie, manovre, allettamenti di ogni specie, Dublino ha tenuto duro e tien duro anche ai più ripugnanti ricatti economici. Non si può passare la spugna su lotte secolari mentre una parte dell'isola è ancora divisa per volontà britannica. Non c'è dubbio che colla sconfitta inglese l'unità irlandese si realizzerà pienamente dando un nuovo impulso di vita ad una nobilissima nazione quanto mai fervida di genio, fedelissima alla religione cattolica il cui spirito l'accom pagnò nei tempi lunghi e tristi e feroci della tirannia britan nica. E la storia dell'Irlanda brillerà sempre più luminosa, documento inoppugnabile del più alto grado di barbarie inglese. Nel Canada gli inglesi, sia per le tradizioni storiche e culturali, sia per le leggi stesse della demografia, dovrebbero trovarsi in una posizione secondaria; se così non è la ragione deve essere ricercata nella corruzione della classe dirigente di ogni origine asservita al domi nio plutocratico. Il Canada partecipa attivamente alla guerra a fianco della metropoli, o meglio della matrigna, soprattutto nel campo industriale e economico limitando il suo contributo di uomini e di sangue che invece fu notevolissimo nel conflitto dal 1914 al 1918. Si rivela perciò sempre più affine la sua posizione a quella degli Stati Uniti che ormai lo controllano anche strategicamente col possesso delle basi di Ter ranova. Anche il dominion del Canada è destinato a seguir le sorti di quello che fu l'impero britannico nell'emisfero occi dentale: gli amici ed alleati americani ne saranno gli affossatori. Australia e Nuova Zelanda ripetono su più vasta scala e con minor comprensione dei profondi rivolgimenti operantisi nel mondo l'errore passato; inviando i propri figli a combattere e a morire lontano dalle loro terre si illudono così di protegger meglio la loro indipendenza. In verità, favorite dalla loro situazione geografica, avrebbero fatto molto meglio a pensare esclusivamente ai loro interessi particolari sia sul terreno diplomatico che sul terreno militare. Dissanguandosi non muteranno il destino della Gran Bretagna ed accen tupogrdospteinnambisoCprchanl'oradegufrtechavneteimmDtuimIMb tueranno quella scarsezza di popolazione che è il segno più grave del loro avvenire. Nè i dominkms oceanici potranno sperare nell'efficacia della protezione degli Stati Uniti, come invece può avvenire per il Canada. Passiamo al Sud-Africa. Qui termini del problema sono molto chiari. La maggioranza bianca è di origine olandese; sono i celebri boeri presso cui Churchill fece le sue armi da prigioniero; gente fiera, diritta, che non si piv^ò se non dopo anni di lotta eroica. Questa era l'occasione per riprendere intera la propria libertà e indipendenza; purtroppo una delle figure più equivoche e insidiose fra tante prezzolate dall'Inghilterra, quel gen. Smuts che anche nella guerra anglo-boera aveva svolto un giuoco oscuro, nell'ora decisiva seppe abilmente eliminare l'incerto Hertzog e impossessarsi delle chiavi di comando agli ordini di Londra. Da allora funziona una dittatura spietata; i nazionalisti so¬ imiiMimiiHiiiiiiiiiiiiimiiiiiiiiiiimimiiMiHiMiiMiM no irrequieti e lo dimostrano i frequenti incidenti repressi con una violenza usata finora soltanto contro le popolazioni negre. Ma l'ora contro Smuts suonerà certamente; invano egli cerca prestigio con pose napoleoniche nei piani di guerra contro l'Etiopia, invano nel momento disperato venderà Città del Capo agli Stati Uniti; suonerà l'ora della sua fine che segnerà l'affermazione integrale della libertà boera. Dai dominions si scende ai possessi coloniali di diretto controllo britannico. Fra essi sono le Indie, nonostante delle apparenti concessioni costituzionali che alla prova dei fatti si sono rivelate puramente illusorie. Il fermento nazionalistico è indubbio; gli inglesi non sono affatto amati; ma il movimento di rivolta dovrebbe assumere aspetti ben più decisi per guadagnarsi quella libertà che pur tanto infiamma i cuori delle generazioni nuove. Forse non è innaturale il sospetto che la propaganda e la corruzione inglesi siano riuscite a permeare ambienti dall'etichetta nazionalistica sia colle arti ben conosciute dell' Intelligence Service sia sfruttando una certa ingenuità di alcuni circoli progressisti verso le formule superate del liberalismo e del parlamentarismo. Gli indiani illuminati do¬ iiiHiiiiiiiiiHiimn vranno presto, molto presto risolversi per metodi di lotta più audaci e intransigenti. Vi sono dei diritti che si conquistano col sangue e non soltanto coi sacrifici altrui. Questa eterna legge della storia vale anche per altri paesi che sono coscienti dell'oppressione e dello sfruttamento dell'Inghilterra; ma tollerano il proprio vassallaggio accovacciandosi all'ombra del bastone che li percuote. Fra questi paesi è l'Egitto, dove alcune coscienze non crollano, ma dove troppi inchini e messaggi si elargiscono a Eden o a Wavell dimenticando i massacri di Alessandria e la miseria di quindici milioni di fellah a profitto dei cotonieri del Tamigi. Eppure altri paesi arabi offrono un esempio di dignità e di fierezza, come l'Hegiaz di Ibn Saud; eppure altre contrade malgrado il terrore- sono ini istato di ribellione endemica co-i me la Palestina. Per i popoli assetati di libertà dalla schiavità politica ed economica inglese passa la grande ora dell'audacia e del sacrificio; bisogna afferrarla per non restare semplici spettatori in una attesa parassitaria e vile ai margini della strada maestra che le Potenze dell'Asse stanno aprendo con sforzi eroici. Alfredo Signoretti

Persone citate: Churchill, De Valera, Duce, Hertzog, Ibn Saud